REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Enrico MANZON – Presidente –
Dott. Giuseppe FUOCHI TINARELLI – Consigliere Rel. –
Dott. Lunella CARADONNA – Consigliere –
Dott. Filippo D’AQUINO – Consigliere –
Dott. Pierpaolo GORI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12271/2018 R.G. proposto da
(OMISSIS) (OMISSIS) rappresentato e difeso dagli Avv.ti (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Umbria 388/3/17, depositata il 2 novembre 2017.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) (OMISSIS) impugna per cassazione, con un motivo, la sentenza della CTR in epigrafe che, in riforma della decisione della CTP di Perugia, aveva ritenuto legittimo il diniego di rimborso Iva per l’anno 2014 in relazione alle fatture di acquisto di beni strumentali all’attività di soccidario esercitata in forza del contratto di soccida tra il medesimo (quale soccidario) e (OMISSIS) (soccidante).
L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso il contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 19 d.P.R. n. 633 del 1972 in connessione con gli artt. 2170, 2178 e 1362 c.c. per aver la CTR escluso il riconoscimento del diritto alla detrazione sull’Iva, ritenendo quindi legittimo il diniego di rimborso, assolta dal soccidario sugli acquisti dei beni strumentali all’esercizio dell’attività di allevamento in soccida.
Erroneamente la CTR aveva escluso la soggettività passiva Iva del soccidario sull’assunto che la commercializzazione dei prodotti era stata effettuata dal solo soccidante mentre il primo si era limitato a fruire degli utili per i quali il contratto di soccida aveva stabilito, quale modalità esclusiva di ripartizione dell’accrescimento, la monetizzazione della quota di riparto spettante al soccidario.
La soggettività passiva del soccidario, infatti, derivava dalla natura stessa del contratto agrario in essere, senza che assumesse rilievo la distinzione tra soccidante e soccidario; in ogni caso, la cessione al soccidante della quota parte dei prodotti era stata regolarmente fatturata, con separata indicazione dell’Iva dovuta in rivalsa, sicché il contribuente aveva effettuato regolari operazioni imponibili, senza che rilevasse, a tal fine, che la cessione fosse avvenuta al soccidante anziché a terzi soggetti.
2. Il motivo è fondato nei termini che seguono.
2.1. Questa Corte, con la sentenza 987 del 14/01/2022, ha infatti precisato che «la circostanza che l’attività di allevamento viene svolta mediante il contratto di soccida semplice comporta che la stessa è da considerarsi una attività agricola, come si desume sia dalla sedes materiae (essendo il contratto di soccida inserito tra i contratti tipici agrari) che dalla espressa formulazione dell’art. 2170, cod. civ., secondo cui nella soccida il soccidante ed il soccidario <si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame», che, infine, dall’interpretazione sistematica, atteso che al soccidante è riconosciuta la direzione dell’impresa, quindi partecipa del rischio di impresa, al pari del soccidario» sicché «gli stessi sono contitolari dell’impresa di allevamento e, quindi, sono entrambi imprenditori agricoli: il dato normativo, invero, attribuisce ad entrambi lo status di contitolari dell’impresa posto che, come detto, per il tramite del contratto di soccida, l’impresa è svolta congiuntamente dal soccidante e dal soccidario, sia pure con obbligazioni diverse»
Ne consegue che, essendo entrambi imprenditori agricoli, sia il soccidante che il soccidario, con riguardo alla cessione dei prodotti di cui alla tabella A, parte I, allegata al d.P.R. n. 633/1972, derivanti dal comune esercizio dell’impresa di allevamento, sono soggetti passivi ai fini Iva e possono avvalersi del regime speciale di detrazione dell’Iva di cui all’art. 34 d.P.R. n. 633 del 1972 per le operazioni compiute verso terzi.
A maggior ragione, dunque, sia il soccidante che, come nella specie, il soccidario possono portare in detrazione l’Iva relativa agli acquisti di beni strumentali per l’esercizio dell’attività e, in ipotesi, ricorrendone i presupposti di legge, chiedere il rimborso del credito Iva medesimo.
2.2. Infine, va rilevato che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, non assume rilievo la circostanza per cui, in forza del contratto di soccida, sia prevista la monetizzazione della percentuale di accrescimento spettante al soccidario posto che tale profilo attiene ai rapporti interni tra gli associati e non all’attività d’impresa agricola, sicché essa integra un indice estraneo e non pertinente ai fini della qualificazione dell’attività del
Una tale operazione interna, del resto, ancorché fatturata, non può, in sé, mai costituire operazione imponibile per la carenza del requisito della onerosità e del fine del conseguimento di introiti, traducendosi in una mera operazione, in forma di equivalente monetario, di riparto degli utili dell’attività d’impresa tra soccidante e soccidario.
3. Il ricorso va dunque accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va accolto l’originario ricorso del contribuente.
Il recente consolidamento della giurisprudenza giustifica l’integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente.
Compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.
Deciso in Roma, il 20 aprile 2023.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2023.
SENTENZA – copia non ufficiale -.
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