La Consulta sul divieto di circolare con un veicolo immatricolato all’estero per chi è residente in Italia da più di sessanta giorni (Corte Costituzionale, Sentenza 3 giugno 2022, n. 137).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giuliano AMATO;

Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 93, commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 7-bis e 7-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come introdotti dall’art. 29-bis, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132, promosso dal Giudice di pace di Massa nel procedimento vertente tra D. M. e J. D. e la Prefettura di Massa Carrara – Ufficio Territoriale del Governo di Massa Carrara, con ordinanza del 7 ottobre 2020, iscritta al n. 2 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visto l’atto di costituzione di D. M. e di J. D., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 26 aprile 2022 il Giudice relatore Stefano Petitti;

uditi l’avvocato Giovanni Battista Conte per D. M. e J. D. e l’avvocato dello Stato Pietro Garofoli per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 26 aprile 2022.

Ritenuto

che il Giudice di pace di Massa, con ordinanza depositata il 7 ottobre 2020, iscritta al n. 2 del registro ordinanze 2021, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dei commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 7-bis e 7-ter dell’art. 93 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotti dall’art. 29-bis, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132;

che tali disposizioni vengono censurate per il fatto, in particolare, di prevedere un divieto, per chi ha stabilito la propria residenza in Italia da più di sessanta giorni, di circolare con un veicolo immatricolato all’estero (comma 1-bis), tranne per il caso in cui il veicolo sia concesso in leasing o in locazione senza conducente da parte di un’impresa costituita in altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo, ovvero sia concesso in comodato da un’impresa costituita analogamente all’estero a un soggetto residente in Italia legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione (comma 1-ter), pena la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 711 a euro 2.842, unitamente al sequestro del veicolo e all’eventuale confisca (comma 7-bis);

che il rimettente riferisce di essere stato adito da D. M. e J. D., i quali ricorrevano nei confronti della Prefettura di Massa Carrara per ottenere l’annullamento della contravvenzione elevata nei loro confronti dalla polizia stradale per violazione dell’art. 93, comma 1-bis, cod. strada;

che i ricorrenti sono stati sanzionati perché D. M., residente in Italia, è stato colto alla guida dell’autoveicolo immatricolato all’estero di proprietà della coniuge J. D., residente in Slovacchia e solo temporaneamente soggiornante in Italia;

che il giudice a quo lamenta la violazione degli artt. 3, 10, 11, 41, 42, 77 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 18, 21, 26, 45, da 49 a 55 e da 56 a 62 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130;

che, secondo l’ordinanza di rimessione, sarebbe, innanzi tutto, violato l’art. 3 Cost., in ragione della disparità di trattamento tra le fattispecie previste ai commi 1-bis e 1-ter dell’art. 93, cod. strada; laddove il primo, infatti, pone un generale divieto alla circolazione in Italia di veicoli immatricolati all’estero da parte di chi risulti residente in Italia da più di sessanta giorni, il secondo prevede delle eccezioni a tale divieto, riferite al caso in cui il veicolo in questione sia concesso in leasing o in locazione senza conducente da un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva, ovvero all’ipotesi di veicolo concesso in comodato a un soggetto residente in Italia e legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione con un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva;

che, sostiene il rimettente, nessun motivo ragionevole giustificherebbe la diversità delle due discipline, con la conseguenza che «appare irragionevole distinguere tra veicoli europei immatricolati all’estero in proprietà di persone fisiche residenti all’estero e in proprietà di persone giuridiche con sede all’estero, in quanto si tratta pur sempre di veicoli immatricolati all’ester[o] e circolanti in Italia»;

che la «normativa recata dal nuovo art. 93» contrasterebbe con l’art. 3 Cost. anche sotto il profilo della sua intrinseca irrazionalità;

che essa, infatti, è stata introdotta dal d.l. n. 113 del 2018, come convertito, ed è stata inserita nel Titolo II, Capo II, di esso, contenente «[d]isposizioni in materia di prevenzione e contrasto alla criminalità mafiosa»;

che, tuttavia, la disciplina in questione non parrebbe perseguire le finalità per cui è stata introdotta, perché essa sanzionerebbe «comportamenti del tutto leciti e meritevoli di tutela giuridica», come quello del residente all’estero che conceda la guida del proprio mezzo a un residente da più di sessanta giorni in Italia perché stanco o vittima di infortunio o perché ha bevuto alcolici;

che, inoltre, le asserite finalità della norma sarebbero chiaramente apparenti, poiché non vi sarebbe alcuna difficoltà a identificare il responsabile di eventuali contravvenzioni commesse da veicoli esteri e a riscuotere le eventuali somme, tenuto conto della «cooperazione amministrativa ed assistenza reciproca operante tra gli Stati membri, regolati da note Direttive e Regolamenti europei»; così come apparenti sarebbero le finalità di contrasto al fenomeno della «esterovestizione» degli autoveicoli, che risulterebbe già regolato da convenzioni internazionali rivolte a evitare la doppia imposizione;

che un ulteriore profilo di disparità di trattamento e di violazione dell’art. 3 Cost. è poi rinvenuto dall’ordinanza di rimessione nel fatto che i commi 1-bis e 1-quater dell’art. 93 cod. strada sottoporrebbero a oneri ingiustificati tanto i cittadini italiani con vettura immatricolata all’estero, quanto i cittadini europei, «rispetto a quanto accade per i cittadini italiani con veicolo immatricolato in Italia», perché si troverebbero a sopportare costi di immatricolazione aggiuntivi rispetto a quelli già sostenuti per poter circolare con la propria autovettura nel territorio italiano;

che l’art. 93, comma 1-bis, cod. strada sarebbe parimenti lesivo dell’art. 3 Cost., anche congiuntamente con l’art. 42 Cost., perché l’apparato sanzionatorio che accede alla violazione del divieto da esso introdotto appare irragionevolmente spropositato, oltre che lesivo dell’«esigenza di proporzionalità» tra «l’importanza del fine di contrastare il fenomeno dell’esterovestizione dei veicoli e la sanzione che in ipotesi potrebbe essere irrogata nella misura di euro 2.848,00, oltre al sequestro ed eventuale confisca del veicolo»;

che, prosegue il giudice a quo, le censurate disposizioni di cui all’art. 93 cod. strada, introdotte in sede di conversione del d.l. n. 113 del 2018, potrebbero inoltre essere sindacate anche alla stregua dell’art. 77 Cost., e in particolare «per carenza dei presupposti di attivazione della decretazione d’urgenza, nonché per carenza del requisito dell’omogeneità delle misure introdotte con il decreto in questione»;

che la normativa oggetto di censura si porrebbe in contrasto anche con gli artt. 11, 41 e 117 Cost., perché la disciplina da essa introdotta si ripercuoterebbe in una «limitazione di diritti, di alcuni cittadini europei, all’interno dello spazio europeo», consistente nel divieto di utilizzo di un’auto immatricolata in un altro Stato membro dell’Unione europea «alle persone che risiedono in Italia per più di sessanta giorni»: tale divieto si tradurrebbe, infatti, in un obbligo di immatricolazione in Italia, aggiuntivo rispetto a quello già espletato nel paese d’origine, o, in alternativa, in un obbligo di esportazione del proprio veicolo all’estero, sulla base di un documento e di targhe provvisorie rilasciate dagli uffici della Motorizzazione civile;

che, ad avviso del rimettente, il complesso di tali adempimenti determinerebbe, quindi, una discriminazione a carico di cittadini europei in base alla loro nazionalità, perché gli oneri investirebbero questi ultimi in modo più gravoso di quanto non avvenga per i cittadini italiani, i quali possono liberamente circolare con la loro autovettura anche all’estero «in quanto in nessun altro Stato europeo è previsto l’obbligo della nazionalizzazione dell[’]auto dopo così breve tempo»;

che, infine, l’obbligo di immatricolazione limiterebbe le libertà di soggiorno e di stabilimento dei cittadini di Stati membri dell’UE, come nel caso dei lavoratori stagionali o di chi soggiorni per motivi turistici o di studio;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate;

che, preliminarmente, l’Avvocatura generale dà conto del fatto che il medesimo giudice a quo ha sollevato, nel medesimo giudizio, rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, con ordinanza del 16 giugno 2020;

che, nel merito, non sussisterebbe alcun contrasto tra la normativa censurata e l’art. 3 Cost., perché essa sarebbe giustificata da motivi imperativi di interesse generale e comunque idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito;

che tale obiettivo, ad avviso dell’Avvocatura, consisterebbe soprattutto nella «tutela dell’equilibrio del mercato dell’assicurazione della responsabilità civile automobilistica e della formazione dei premi assicurativi che dovrebbe corrispondere all’ammontare effettivo del rischio assicurato derivante dalla circolazione di un autoveicolo»; inoltre, la normativa in esame non eccederebbe quanto necessario per perseguire tale obiettivo, poiché essa lega l’obbligo di immatricolazione in Italia all’acquisto della residenza, ciò che denota un soggiorno di lungo periodo, e si applica indifferentemente al cittadino italiano o straniero;

che non sussisterebbe neanche il denunciato contrasto con l’art. 77 Cost., atteso che le norme censurate si raccorderebbero all’obiettivo del d.l. n. 113 del 2018, consistente nella prevenzione e contrasto della criminalità mafiosa;

che con riguardo, infine, al contrasto con i parametri di diritto dell’Unione europea, l’Avvocatura osserva che le disposizioni contenute nell’art. 93 cod. strada non integrerebbero alcuna violazione del principio di parità di trattamento, perché il divieto sarebbe rivolto tanto ai cittadini italiani, quanto ai cittadini di altri Stati dell’Unione, e sarebbe legato a un requisito, quello della residenza in Italia, privo in sé di qualsiasi portata discriminatoria;

che si sono costituiti in giudizio D. M. e J. D., aderendo alle prospettazioni e alle conclusioni del rimettente;

che la difesa delle parti private ha depositato memoria in prossimità dell’udienza pubblica, prendendo atto della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 16 dicembre 2021, in causa C-274/20, GN, WX contro Prefettura di Massa Carrara, nella quale è stato ravvisato un contrasto tra le norme censurate dal giudice a quo e l’art. 63 TFUE, nonché dell’intervenuta abrogazione delle medesime ad opera dell’art. 2 della legge 23 dicembre 2021, n. 238 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2019-2020) e della loro contestuale sostituzione con la disciplina introdotta nell’art. 93-bis cod. strada;

che, alla luce di tali circostanze sopravvenute, la medesima difesa chiede pertanto a questa Corte di ordinare la restituzione degli atti al giudice a quo per una nuova valutazione della rilevanza delle questioni sollevate;

che anche l’Avvocatura generale ha depositato memoria in prossimità dell’udienza pubblica, insistendo affinché questa Corte dichiari non fondate le questioni sollevate dal Giudice di pace di Massa anche alla luce delle richiamate sopravvenienze normative e giurisprudenziali.

Considerato

che il Giudice di pace di Massa, con ordinanza depositata il 7 ottobre 2020 (reg. ord. n. 2 del 2021), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dei commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 7-bis e 7-ter dell’art. 93 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotti dall’art. 29-bis, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132;

che tali disposizioni vengono censurate per il fatto, in particolare, di prevedere un divieto, per chi ha stabilito la propria residenza in Italia da più di sessanta giorni, di circolare con un veicolo immatricolato all’estero (comma 1-bis), tranne per il caso in cui il veicolo sia concesso in leasing o in locazione senza conducente da parte di un’impresa costituita in altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo, ovvero sia concesso in comodato da un’impresa costituita analogamente all’estero a un soggetto residente in Italia legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione (comma 1-ter), pena la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 711 a euro 2.842, unitamente al sequestro del veicolo e all’eventuale confisca (comma 7-bis);

che il rimettente lamenta la violazione degli artt. 3, 10, 11, 41, 42, 77 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 18, 21, 26, 45, da 49 a 55 e da 56 a 62 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130;

che il medesimo rimettente, con ordinanza depositata in data 16 giugno 2020, ha altresì disposto rinvio pregiudiziale, ai sensi dell’art. 267 TFUE, chiedendo alla Corte di giustizia dell’Unione europea di accertare la compatibilità delle medesime disposizioni contenute nell’art. 93 cod. strada con le menzionate disposizioni del TFUE;

che, in pendenza del presente giudizio, la Corte di giustizia si è pronunciata sulla richiesta formulata con la predetta ordinanza di rinvio pregiudiziale, dichiarando che «[l]’articolo 63, paragrafo 1, TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che vieta a chiunque abbia stabilito la propria residenza in tale Stato membro da più di 60 giorni di circolarvi con un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, a prescindere dalla persona alla quale il veicolo è intestato, senza tener conto della durata di utilizzo di detto veicolo nel primo Stato membro e senza che l’interessato possa far valere un diritto a un’esenzione, qualora il medesimo veicolo non sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato nel primo Stato membro a titolo permanente né sia, di fatto, utilizzato in tal modo» (sentenza 16 dicembre 2021, in causa C-274/20, GN, WX contro Prefettura di Massa Carrara);

che questa Corte ha costantemente affermato che «i princìpi enunciati dalla Corte di giustizia, riguardo a norme oggetto di giudizio di legittimità costituzionale, si inseriscono direttamente nell’ordinamento interno con il valore di ius superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui quelle norme conservano efficacia e devono essere applicate anche da parte del giudice a quo» (ordinanze n. 195 del 2016 e n. 268 del 2005, nonché, nello stesso senso, ordinanze n. 80 del 2015, n. 124 del 2012, n. 216 del 2011 e n. 255 del 1999);

che, in disparte ogni possibile valutazione sull’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate senza che l’odierno rimettente abbia dato conto delle ragioni che lo hanno spinto ad attivare i due rimedi giurisdizionali, questo orientamento deve essere ribadito in questa sede alla luce della specifica statuizione contenuta nella richiamata sentenza della Corte di giustizia, secondo cui il contrasto tra la normativa in esame e l’art. 63 TFUE, pur affermato in linea di principio, può essere ritenuto in concreto sussistente solamente dal giudice del rinvio, cui «[s]petta […] valutare la durata dei comodati di cui al procedimento principale e la natura dell’utilizzazione effettiva dei veicoli presi in prestito» (punto 35);

che, peraltro, la richiamata sentenza della Corte di giustizia impone al giudice rimettente di confrontarsi con un parametro quale quello dell’art. 63 TFUE, relativo alla libertà di circolazione dei capitali, non dedotto nel presente giudizio di legittimità costituzionale;

che, pertanto, a fronte dello ius superveniens costituito da un siffatto obbligo di disapplicazione, condizionato dall’accertamento in concreto dei requisiti della fattispecie sottoposta al suo esame, spetta al giudice rimettente la valutazione circa la perdurante rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni prospettate.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Giudice di pace di Massa.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 aprile 2022.

F.to:

Giuliano AMATO, Presidente

Stefano PETITTI, Redattore

Igor DI BERNARDINI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 3 giugno 2022.

Il Cancelliere

F.to: Igor Dott. DI BERNARDINI

Corte Costituzionale, Sentenza 3 giugno 2022, n. 137 -.