REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CERVADORO Mirella – Rel. Presidente –
Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere –
Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –
Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere –
Dott. SARACO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI POTENZA
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS) RICCARDO nato a (OMISSIS) il 03/05/19xx;
avverso l’ordinanza del 25/11/2020 del TRIB. LIBERTA’ di POTENZA;
udita la relazione svolta dal Presidente, Dott.ssa Mirella CERVADORO;
lette le conclusioni scritte ai sensi dell’art.23, co.8 d.l. n.137/2020 del PG, Dott.ssa Paola MASTROBERARDINO che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
letta la memoria del difensore.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 15.9.2020, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Potenza disponeva l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di (OMISSIS) Riccardo per i reati di truffa aggravata e rapina.
Avverso tale provvedimento, l’indagato propose istanza di riesame, e il Tribunale di Potenza, con ordinanza del 15.9.2020, accoglieva l’istanza e disponeva la liberazione del (OMISSIS), in considerazione della ritenuta inconfigurabilità dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati come contestati.
Ricorre per cassazione il pubblico ministero presso il Tribunale di Potenza deducendo:
1) inosservanza di legge penale e manifesta illogicità della motivazione in merito all’insussistenza del reato di rapina, in termini di erronea applicazione di norme di diritto penale sostanziale in relazione alla mancata sussunzione del fatto concreto sotto la fattispecie astratta del delitto di rapina.
Nella fattispecie, l’autore del reato, qualificatosi quale Carabiniere, dopo aver ottenuto la consegna della somma di € 1000,00 dall’anziana vittima di anni 88, per l’asserito sinistro stradale commesso dal nipote, aveva chiesto alla parte offesa se avesse dell’oro in casa e quest’ultima glielo aveva consegnato, prelevandolo dallo stesso armadio ove erano custoditi i contanti, affermando a riguardo di averlo fatto “perché aveva paura che in caso di rifiuto lui potesse essere violento nei suoi confronti”.
Nel provvedimento impugnato, il Tribunale del Riesame erroneamente ritiene che, nel caso di specie, non sia configurabile il delitto di rapina in quanto “non si rileva alcun particolare comportamento o atteggiamento dell’agente tale da integrare i requisiti della minaccia, anche se larvata, implicita o indiretta pur sempre necessaria per configurare il delitto di cui all’art. 628 c.p.”;
2) inosservanza di legge penale e manifesta illogicità della motivazione in merito all’insussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 640, co. 2-bis c.p.
Nel provvedimento impugnato, il Tribunale del Riesame, è incorso in violazione di legge, in relazione al disconoscimento della sussunzione delle condotte così come ricostruite sotto l’ipotesi della truffa aggravata, in quanto “entrambe le persone offese hanno dimostrato una vigile attenzione e una prontezza nel raccogliere elementi utili all’identificazione dell’agente, come si evince dalla descrizione dello stesso fornita dalle pp.oo nelle rispettive denunce querele in atti, nonché dai verbali di riconoscimento fotografico effettuato dalle due donne, presenti nel compendio investigativo all’attenzione del Collegio, così conducendo, allo stato, ad escludere la ricorrenza di situazioni che denotino particolare vulnerabilità del soggetto passivo dalla quale l’agente trae consapevolmente vantaggio”.
Il Tribunale ha peraltro adottato una decisione caratterizzata in manifesta illogicità, e segnatamente da intendersi quale “travisamento della prova per omissione”; la circostanza aggravante infatti derivava dal compendio degli elementi esposti dall’accusa e recepiti nell’ordinanza cautelare e non già dall’intendimento della operatività dell’aggravante in ragione di una presunzione assoluta dovuta all’età delle vittime.
Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo è fondato.
1.1 Al riguardo deve osservarsi che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il reato di rapina è in astratto configurabile quando il reo sottrae la cosa esercitando sulla vittima una violenza o una minaccia diretta e ineludibile, da cui consegue il totale annullamento della capacità del soggetto passivo di determinarsi diversamente dalla volontà dell’agente (v. Sez. 2, n. 44954 del 17/10/2013 Rv. 257315 – 01);
– la minaccia costitutiva del delitto di rapina oltre che essere palese, esplicita e determinata, può manifestarsi in modi e forme differenti, anche in maniera implicita, larvata, indiretta ed indeterminata, essendo solo necessario che sia idonea ad incutere timore e a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa opera (v. Cass. Sez. 2, n. 44347 del 25/11/2010 Rv. 249183 — 01; Sez. 2, n. 19724 del 20/05/2010 Cc. Rv. 247117 — 01; Sez. 5, n. 41507 del 22/09/2009 Rv. 245431 — 01; Sez. 2, n. 37526 del 16/06/2004 Rv. 229727 – 01).
Tale minaccia deve, poi, essere strettamente collegabile alla condotta dell’agente, quale rappresentatasi e voluta dall’agente stesso, che deve porre la controparte in condizione di non avere scelte e di essere costretta a subire la situazione anche implicitamente minatoria, non esistendo alternative alla perdita del bene o dei beni.
1.2 Nel caso di specie, la stessa descrizione della condotta per come ricostruita nell’imputazione (l’autore del reato, dopo essersi introdotto nell’abitazione dell’anziana vittima presentandosi quale appartenente all’Arma dei Carabinieri e aver ottenuto la somma di E 1000,00 come indennizzo per un sinistro stradale che il nipote, asseritamente ricoverato in ospedale, aveva cagionato, si faceva consegnare anche vari oggetti e monili d’oro), e non contestata dal Tribunale, esclude evidentemente una seppur limitata possibilità della vittima di determinarsi diversamente dal soggiacere alla richiesta in considerazione delle circostanze di fatto (soggetto giovane introdottosi nell’abitazione con la falsa qualifica di Carabiniere, età avanzata della vittima sola in casa, dichiarazioni della parte offesa che ha riferito di aver consegnato i monili d’oro per paura che l’uomo, in caso di rifiuto, potesse essere violento nei suoi confronti).
E il Tribunale, omettendo una qualsivoglia valutazione di tutte le circostanze di fatto così come emergenti dagli atti, ha illogicamente e apoditticamente escluso la sussistenza dell’ipotizzato reato di rapina sulla mera considerazione che “non si rileva alcun comportamento o atteggiamento dell’agente tale da integrare i requisiti di minaccia, anche se larvata, implicita o indiretta pur sempre necessaria per configurare il delitto di cui all’art. 628 c.p.”
2. Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
Il Tribunale della cautela, ritenendo, alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte, la non presunzione assoluta di minorata difesa della vittima in relazione all’avanzata età anagrafica (Sez. II, n. 47186 del 22/10/2019 Rv.277780) ha escluso la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 640, co. 2, n. 2 bis c.p., con argomentazioni di fatto che valorizzano la “vigile attenzione e una prontezza nel raccogliere elementi utili all’identificazione dell’agente” da parte di entrambe le parti offese, omettendo però di prendere in considerazione e di valutare la ricorrenza o meno di tutte le situazioni di fatto in atti circa le particolari vulnerabilità delle vittime dalle quali l’agente possa aver tratto consapevolmente vantaggio.
Questa Corte, in passato, ha affermato che l’età della persona offesa non può essere ritenuta elemento di per sè solo sufficiente a integrare l’aggravante in esame, ove non accompagnata da manifestazioni di decadimento intellettivo o da condizioni di ridotto livello culturale tali da determinare un diminuito apprezzamento critico della realtà (cfr. Cass. Sez. 2, n. 39023 del 17.9.2008, Rv.241454), aggiungendo altresì che, ai fini dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p., va comunque considerata anche la debolezza fisica dovuta all’età senile, che impedisce il tentativo di reazione possibile a una persona giovane e di ordinaria prestanza fisica, particolarmente quando la violenza non venga esercitata con uso di arma o altro mezzo intimidatorio (v. Sez. 2, Sent. n. 1790/1983 Rv. 162876).
Dopo la modifica dell’art. 61 n. 5 cod.pen., a seguito della L. 15 luglio 2009, n. 94, entrata in vigore l’8/8/2009, in epoca ben antecedente alle condotte contestate, deve oggi ritenersi che l’approfittamento di circostante di tempo, di luogo o di persone tali da ostacolare la pubblica o privata difesa debba essere specificamente valutato anche in riferimento all’età senile della persona offesa, avendo voluto il legislatore assegnare precipua rilevanza a una serie di situazioni che denotano nel soggetto passivo una particolare vulnerabilità dalla quale l’agente trae consapevolmente vantaggio (in tal senso, v. Cass. Sez. 2, Sent. 35997 del 23.9.2010, Rv.248163).
E pertanto, nella fattispecie in esame caratterizzata dall’ età particolarmente avanzata delle persone offese (87 e 88 anni), ai fini della sussistenza o meno dell’aggravante contestata, il Tribunale avrebbe dovuto verificare se si sia o meno in presenza di una menomazione della capacità di percezione e della correlativa reazione e contrasto all’azione antigiuridica da parte delle vittime, avuto riguardo alla ipotetica percezione e reattività di una persona giovane nei confronti del finto maresciallo e/o del finto avvocato amico di famiglia, accertando quindi se, astrattamente, in altre condizioni di persona e di luogo, la condotta criminosa posta in essere dall’indagato avrebbe avuto le medesime probabilità di riuscita o se sia stata invece agevolata dalla scarsa lucidità, quindi dalla sostanziale incapacità di orientarsi da parte delle vittime nella comprensione degli avvenimenti secondo criteri di normalità.
Avrebbe dovuto altresì verificare, alla luce delle circostanze di fatto, se nelle persone offese vi fosse una diminuzione dell’apprezzamento critico della realtà e una menomata capacità di reazione alla condotta antigiuridica posta in essere dall’autore dei reati in questione, e ciò non trascurando di considerare anche l’età molto avanzata, dalla quale certamente consegue – pur in soggetti mentalmente lucidi e autosufficienti – una maggiore fragilità fisica ed emotiva, soprattutto in situazioni di forte ansia e preoccupazione per notizie allarmanti sulla salute dei propri familiari o sul loro coinvolgimento in sinistri stradali e/o altri contesti critici con conseguenze dannose.
Da quanto sopra consegue l’annullamento dell’impugnata ordinanza, con rinvio degli atti al Tribunale del Riesame di Potenza, affinché provveda a riesaminare gli atti, tenendo presenti i principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
Annulla con rinvio l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Potenza competente ai sensi dell’art. 309 co. 7 c.p.p.
Così deliberato in camera di consiglio, il 9.3.2021.
Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2021.