REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill,mi Sigg.ri Magistrati
LINA RUBINO Presidente
ENRICO SCODITTI Consigliere
MARCO ROSSETTI Consigliere – Relatore
ENZO VINCENTI Consigliere
PAOLO SPAZIANI Consigliere
Ha pronunciato la seguente
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 2740/24 proposto da:
-) (OMISSIS) Immobiliare s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
-ricorrente-
e da
-) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS), domiciliata ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesa dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
-ricorrente successiva-
contro
-) Condominio “(OMISSIS) (OMISSIS)”, rappresentato dall’amministratore pro tempore, domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
-controricorrente e ricorrente incidentale-
nonché
-) Groupama Assicurazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano 20 novembre 2023 n. 3268;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025 dal Consigliere relatore dott. Marco Rossetti;
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2017 il Condominio del fabbricato denominato “(OMISSIS) (OMISSIS)”, sito a (OMISSIS) (PV) convenne dinanzi al Tribunale di Pavia le società (OMISSIS) Immobiliare s.r.l. e (OMISSIS) Impresa Edile s.r.l., nonché (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) ed (OMISSIS) (OMISSIS) esponendo che:
-) la costruzione del fabbricato condominiale fu appaltata dalla società (OMISSIS) Immobiliare s.r.l. (d’ora innanzi, “la (OMISSIS)”) alla (OMISSIS) Impresa Edile; la direzione dei lavori fu affidata dalla committente all’architetto (OMISSIS) (OMISSIS);
-) l’immobile fu realizzato con gravi difetti, interessanti in particolare il tetto;
-) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) ed (OMISSIS) (OMISSIS) erano le eredi di (OMISSIS) (OMISSIS), deceduto prima dell’introduzione del giudizio.
Chiese pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento del danno consistente nei costi da sostenere per eliminare i suddetti vizi e nel deprezzamento dell’immobile.
2. La (OMISSIS) e le eredi di (OMISSIS) (OMISSIS) chiamarono in causa la Groupama s.p.a. (olim, Nuova Tirrena), che con due diversi contratti aveva assicurato – secondo la prospettazione dei chiamanti in causa – la responsabilità civile dell’una e dell’altro.
3. La Groupama si costituì negando che i due contratti coprissero il rischio concretamente verificatosi.
4. Il giudizio fu interrotto a causa della morte di (OMISSIS) (OMISSIS) e del fallimento della (OMISSIS). Fu proseguito nei confronti di (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) anche nella veste di erede di (OMISSIS) (OMISSIS); l’atto di riassunzione fu notificato alla curatela fallimentare che non si costituì.
5. Con sentenza 7.5.2021 n. 685 il Tribunale di Pavia accolse la domanda attorea ed ambedue le domande di manleva formulate nei confronti della Groupama. La sentenza fu appellata da quest’ultima società.
6. Con sentenza 20.11.2023 n. 3268 la Corte d’appello di Milano accolse il gravame.
La Corte meneghina ritenne che:
a) il contratto stipulato dalla (OMISSIS) era una polizza che non copriva la responsabilità civile del committente; era invece una polizza stipulata dal committente a beneficio del proprietario ed a copertura dei danni all’immobile, ai sensi dell’art. 4 d. lgs. 122/05;
b) il contratto stipulato da (OMISSIS) (OMISSIS) era una polizza che copriva la responsabilità civile dell’architetto; tuttavia per espressa previsione di polizza era esclusa la copertura della responsabilità civile per i danni alle opere progettate dall’assicurato.
7. La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione con separati ricorsi dalla (OMISSIS) (ricorso fondato su tremotivi) e da (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (ricorso fondato su due motivi).
Il Condominio ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale.
La Groupama ha resistito con due distinti controricorsi.
Le ricorrenti, il condominio e la Groupama hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Primo motivo del ricorso (OMISSIS).
Il primo motivo del ricorso (da qualificare come) principale, sebbene unitario, contiene in realtà due censure.
1.1. Con una prima censura la società ricorrente sostiene che il contratto di assicurazione da essa stipulato deve qualificarsi come assicurazione per conto altrui, ex art. 1891 c.c., a beneficio del proprietario dell’immobile.
Poiché, tuttavia, il Condominio non fece valere il diritto all’indennizzo che gli spettava in base al contratto, legittimata far valere quel diritto doveva ritenersi la (OMISSIS), altrimenti la polizza sarebbe rimasta “inoperativa, con inaccettabile sacrificio della posizione del contraente, che l’ha stipulata”.
1.2. La censura è manifestamente infondata.
Essa sembra fondarsi sull’originale tesi per cui, data la stipula d’un contratto di assicurazione per conto altrui ed avveratosi il rischio, se l’indennizzo non è chiesto dal beneficiario, può esserechiesto dal contraente.
Tesi contrastante con elementari nozioni del diritto assicurativo: il creditore del diritto all’indennizzo è il titolare dell’interesse esposto al rischio (art. 1904 c.c.), e nell’assicurazione contro i danni il titolare dell’interesse esposto al rischio è il proprietario od il titolare di un diritto reale sulla cosa indicata nel contratto.
Il contraente nell’assicurazione “per conto”, se non è titolare dell’interesse esposto al rischio, non può vantare il diritto all’indennizzo, a meno che non sia stato a ciò autorizzato “espressamente” dall’assicurato (art. 1891, secondo comma, c.c.): autorizzazione che, per quanto si dirà, correttamente la Corte d’appello ha escluso.
1.3. Con una seconda censura la società (OMISSIS) deduce che la stipula del contratto di assicurazione con la Groupama avvenne in adempimento dell’obbligo imposto dall’art. 4 d. lgs. 122/05; che di ciò la polizza dava espressamente conto; che l’art. 4 del d. lgs. 122/05 deve interpretarsi nel senso che la polizza ivi prevista copra non solo il rischio di danni alla cosa assicurata, ma anche il rischio di responsabilità civile del committente-contraente.
1.4. Anche tale censura è manifestamente infondata, per più ragioni.
In primo luogo, la polizza versata in atti definisce l’assicurato come “il soggetto il cui interesse è protetto dall’assicurazione in proporzione alla quota di proprietà, ovvero l’acquirente vale a dire la persona fisica che acquista un edificio o una porzione di edificio”. Il contraente-costruttore, dunque, non è compreso tra i soggetti assicurati.
Quindi anche se fosse vera la (insostenibile, per quanto si dirà) tesi prospettata dalla società (OMISSIS), e cioè che l’art. 4 d. lgs. 122/05 imponga la stipula d’una polizza a copertura della responsabilità civiledel costruttore, resterebbe pur sempre il fatto che una polizza con tale contenuto nel caso di specie non è stata stipulata.
Sicché la società (OMISSIS) nella sostanza pretenderebbedi beneficiare d’una copertura assicurativa che, in tesi,essa aveva l’obbligo di pattuire e che non ha stipulato. Una pretesa dunque insostenibile, alla luce del principio di autoresponsabilità.
1.5. In secondo luogo, l’interpretazione propugnata dalla società ricorrente è insostenibile alla luce della lettera della legge.
Come noto, l’assicurazione contro i danni è un’assicurazione di cose, mentre l’assicurazione della responsabilità civile è un’assicurazione di patrimoni. Il rischio coperto dalla prima è il deterioramento di un bene, quello coperto dalla seconda è l’impoverimento dell’assicurato conseguente all’insorgenza d’una obbligazione risarcitoria.
Nell’assicurazione di cose elemento essenziale del contratto è il valore ed è vietata la soprassicurazione a pena di nullità; nell’assicurazione di r.c. il massimale non è elemento essenziale del contratto, e non è vietata l’assicurazione a massimale illimitato.
Per sostenere dunque che l’art. 4 d. lgs. 122/05 imponga al costruttore la stipula d’una polizza che copra anche la sua responsabilità civile, sarebbe necessario un inequivoco riferimento nella legge ad una copertura del patrimonio del costruttore. L’art. 4 d. lgs. 20.6.2005 n. 122 non si occupa però del patrimonio del costruttore.
La norma stabilisce che il costruttore di un immobile ha l’obbligo di “contrarre e consegnare all’acquirente”, al momento della stipula del contratto di vendita, “una polizza assicurativa indennitaria decennale a beneficio dell’acquirente (…) a copertura dei danni materiali e diretti all’immobile, compresi i danni ai terzi, cui [il costruttore] sia tenuto ai sensi dell’articolo 1669 del codice civile, derivanti da rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere”.
Da questo testo si desume che:
a) la polizza deve essere una polizza per conto altrui, ex art. 1891 c.c.: tanto si desume dall’espressione“a beneficio dell’acquirente”;
b) l’acquirente è il soggetto assicurato: tanto si desume, oltre che da quanto appena detto, anche dal fatto che la polizza debba essere a lui consegnata. Infatti, poiché il contratto di assicurazione richiede lo scritto ad probationem (art. 18 8 8 c.c.), se davvero il costruttore dovesse ritenersi “assicurato” la previsione della consegna della polizza sarebbe privadi senso, dal momento che consegnando la polizza il (preteso) assicurato perderebbe la possibilità di provare l’esistenza dei propri diritti scaturentidal contratto;
c) il rischio che deve essere obbligatoriamente coperto a spese e cura del costruttore ed a beneficio dell’acquirente è rappresentato dai danni “materiali e diretti all’immobile”: dal che si desume che si tratta d’una assicurazione contro i danni.
Quanto, poi, all’espressione “danni di cui [il costruttore] sia tenuto ai sensi dell’art. 1669 c.c., derivanti da rovina totale ecc.”, essa designa non il rischio assicurato, ma il tipo di danni oggetto di copertura.
La norma va letta dunque come se dicesse: i danni coperti sono quegli stessi danni descritti dall’art. 1669 c.c. ecc..
Infine, quanto all’espressione secondo cui la polizza debba coprire anche “i danni ai terzi”, essa va intesa nel senso che il contratto debba coprire non solo i danni all’immobile, ma anche la responsabilità del proprietario per i danni a terzi causati dal vizio costruttivo dell’immobile.
Rispetto al costruttore, infatti, l’acquirente giammai potrebbe ritenersi “terzo”, dal momento che è la sua controparte contrattuale.
La polizza prevista dall’art. 4 d. lgs 122/05 è dunque una polizza multirischio, stipulata dal costruttore per conto di chi spetta, ed avente ad oggetto la copertura di:
(a) i danni all’immobile;
(b) la responsabilità civile del proprietario per danni a terzi causati dai difetti dell’immobile.
Non è coperta, invece, la responsabilità civile del costruttore (appaltatore) nei confronti dell’acquirente, né quella del committente dei lavori, del progettista o del direttore dei lavori. Ciò vuol dire, da un lato, che la stipula della polizza non impedisce all’acquirente di azionare la garanzia di cui all’art.1669 c.c. nei confronti del costruttore; e dall’altro che quest’ultimo non potrà pretendere che l’assicuratore lo tenga indenne dalle pretese dell’acquirente. Dell’eventuale pagamento dell’indennizzo potrà tenersi conto al solo fine di ridurre il risarcimento dovuto dal costruttore.
1.6. L’interpretazione appena esposta è corroborata dai lavori preparatori del d. lgs. 122/05.
Tale decreto fu emanato in attuazione della delega di cui all’art. 3, lettera (e), l. 2.8.2004 n. 210, il quale imponeva al Governo di “prevedere forme di tutela dell’acquirente, imponendo l’obbligo che il costruttore fornisca (…) garanzie per il risarcimento al quale sia tenuto ai sensi della vigente disciplina per vizi e difformità che si siano manifestati successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o dell’atto definitivo di assegnazione”.
Già solo la lettera della legge delega esprime l’intento del legislatore di addossare al costruttore l’onere di fornire “garanzie per il risarcimento”.
Ma una polizza a copertura della r.c. del costruttore non è una “garanzia per il risarcimento”. Sia perché l’acquirente danneggiato non ha azione nei confronti dell’assicuratore della r.c. del costruttore; sia perché l’indennizzo assicurativo dovuto dall’assicuratore della r.c. non ha certo una destinazione di scopo: sicché, una volta incassato dall’assicurato, quell’indennizzo si confondecol patrimonio di quest’ultimo e potrebbe essere destinato agli scopi più diversi.
Infine, che l’intento di salvaguardare il patrimonio del costruttore fosse scopo del tutto alieno dalla volontà del legislatore emerge dai lavori preparatori sia in assemblea che in commissione.
In particolare, nell’esame del d.d.l. nella sua versione definitiva, dinanzi alla II Commissione (Giustizia) del Senato in sede referente (8.7.2004), il relatore chiarì che l’art. 3, lettera (a), del disegno di legge delega aveva lo scopo di “apprestare a favore dei promissari acquirenti forme di garanzia per i vizi e i difetti dell’opera”, e non quello di coprire la responsabilità civile del venditore.
1.7. I princìpi che precedono sono già stati affermati da questa Corte in fattispecie simile, con la sentenza 27.1.2025 n. 1909, alla quale il Collegio intende qui dare continuità.
Il motivo in esame va dunque rigettato in virtù del seguente principio di diritto: “La polizza prevista dall’art. 4 del d. lgs 122/05 è un’assicurazione a favore del terzo ex art. 1891 c.c. e multirischio, la quale deve coprire obbligatoriamente: a) i danni all’immobile; b) la responsabilità del proprietario per i danni a terzi causati da vizi costruttivi dell’immobile. Essa pertanto non copre la responsabilità civile del costruttore – venditore, a meno che tale garanzia non sia stata volontariamente ed espressamente pattuita”.
2. Il secondo motivo del ricorso (OMISSIS).
Col secondo motivo la società (OMISSIS) lamenta la violazione di alcune regole sull’interpretazione dei contratti.
Sostiene che la polizza stipulata con la Groupama si sarebbe dovuta interpretare nel senso che essa copriva la responsabilità civile del costruttore derivante da vizi e difetti dell’immobile venduto.
Sostiene che tanto si sarebbe dovuto desumere dall’art. 21 delle condizioni generali di polizza, il quale recita: “il Contraente o l’Assicurato che esageri dolosamente l’ammontare del danno o ricorra, per giustificare l’ammontare del danno, a documenti non veritieri o a mezzi fraudolenti, che manometta od alteri dolosamente le tracce o le parti danneggiate dal sinistro, decade dal diritto all’indennizzo”.
2.1. La censura è manifestamente infondata.
I contratti vanno interpretati alla luce del loro tenore complessivo, e non estrapolandone singole clausole.
Nel nostro caso il rischio come descritto nella polizza non fa cenno alla r.c. del costruttore, e la clausola 21 sopra trascritta non è altro che un’applicazionespeciale del millenario principio fraus omnia corrumpit, di cui è espressione l’art. 1439, secondo comma, c.c., e non attribuisce alcun diritto di indennizzo al contraente.
3. Il terzo motivo del ricorso (OMISSIS).
Col terzo motivo è prospettata la violazione dell’art. 1891 c.c., per avere la Corte d’appello escluso che l’assicurato (il Condominio) avesse dato un “espresso consenso” alla (OMISSIS) di esercitare i diritti scaturenti dal contratto.
3.1. Il motivo è manifestamente inammissibile, perché lo stabilire se un certo soggetto abbia o non abbia manifestato una certa volontà negoziale costituisce un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito.
4. Il primo motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS).
Col primo motivo (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) denuncia la violazione degli artt. “1362 e ss. c.c., ed in particolare degli artt. 1366, 1367, 1369 e 1370 c.c.”.
La sentenza d’appello è censurata nella parte in cui ha ritenuto che la polizza stipulata da (OMISSIS) (OMISSIS) non coprisse la r.c. per danni alle opere progettate, affermando che le condizioni generali prevedevano che tale garanzia fosse operante solo se indicata con apposito segno di spunta nel frontespizio della polizza, presupposto insussistente.
Sostiene la ricorrente che così giudicando la Corte d’appello avrebbe violato le regole sull’interpretazionedei contratti perché:
a) essendo stata la polizza stipulata da un architetto, l’esclusione dalla garanzia della copertura per la r.c. derivante da “danni arrecati alle opere oggetto dell’attività descritta in polizza, e alle quali sulle quali o nelle quali si eseguono i lavori oggetto di costruzioni”svuotava di fatto il contratto di ogni effetto utile;
b) il contraente non aveva sottoscritto due volte, ex art. 1341 c.c., la clausola che subordinava la garanzia per i danni alle opere progettate alla “spunta” nel frontespizio della polizza;
c) la previsione per cui la copertura per danni alle opere progettate era valida solo se richiamata nel frontespiziodi polizza era “oscura ed ambigua” (la ricorrente invoca al riguardo il precedente di questa Corte, n. 14595 del 2020);
d) l’interpretazione del contratto adottatadalla Corte d’appello tradiva l’interesse concreto perseguito dalle parti, né prestava attenzione alla “effettiva volontà” dei contraenti;
e) la Corte territoriale aveva violato il principio di buona fede (art. 1366 c.c.), per non avere interpretato il contratto “secondo un parametro di solidarietà sociale avente rilevanza costituzionale”;
f) la Corte territoriale aveva adottato una interpretazione“cavillosa”;
g) infine, la corte d’appello aveva violato l’art. 1370 c.c., per aver interpretato una clausola ambigua in senso favorevole al predisponente.
4.1. Il motivo è inammissibile.
Innanzitutto la violazione delle regole legali di ermeneutica non può dirsi sussistente sol perché il testo negoziale consentiva in teoria altre e diverse interpretazioni, rispetto a quella fatta propria dalla sentenza impugnata.
L’interpretazione del negozio prescelta dal giudice di merito può condurre alla cassazione della sentenza impugnata quando sia grammaticalmente, sistematicamente o logicamente scorretta, ma non quando costituisca una non implausibile interpretazione, preferita tra altre non implausibili interpretazioni (ex multis, in tal senso, Sez. 3 – , Sentenza n. 28319 del 28/11/2017, Rv. 646649 –01; Sez. 1 -, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017; Sez. 1, Sentenza n. 6125 del 17/03/2014; Sez. 3, Sentenza n. 16254 del 25/09/2012; Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944 –01; Sez. 1, Sentenza n. 10131 del 02/05/2006, Rv. 589465 –01).
Nel caso di specie, la società ricorrente nella sostanza non lamenta la violazione di uno o più tra i canoni legali di ermeneutica, ma contrappone la propria interpretazione del contratto a quella adottata dalla Corte d’appello, che di per sé non solo non era affatto implausibile , ma anzi era l’unica plausibile al cospetto d’un testo inequivoco.
Nemmeno può dirsi che l’interpretazione seguita dalla Corte d’appello privi la polizza di ogni effetto utile: la polizza copriva infatti rischi non inusuali per l’attività d’un architetto, quali i danni causati da errori nell’attività di redazione di accatastamenti, certificazioni, perizie, piani regolatori; come pure i danni da mancatorispetto di vincoli urbanistici.
4.2. In secondo luogo, né il canone di buona fede, né il criterio interpretativo finalistico sono stati violati dalla Corte d’appello.
Non il primo, perché il principio di buona fede nemmeno nella sua più lata interpretazione può tradursi in un grimaldello col quale scardinare l’intangibilità dei patti contrattuali. La violazione del principio di buona fede potrebbe invocarsi dinanzi ad una interpretazione contrastante ad es. con i princìpi di sincerità, chiarezza, trasparenza; ad un’interpretazione decettiva;ad un’interpretazione capziosa.
Nulla di tutto ciò ricorre nel caso di specie.
Il fatto che il contratto stabilisca la copertura di certi rischi solo se richiamati nel frontespizio della polizza, lungi dal costituire una clausola “oscura”, è una clausola largamente diffusa nella prassi commerciale, e dettata dalla più che comprensibile esigenza di non redigere tante condizioni generali di polizza quanti sono i rischi astrattamente assicurabili.
Quanto poi alla coerenza tra l’interpretazione adottata dalla Corte d’appello e l’intenzione delle parti, gioverà ricordare che l’intenzione delle parti era assicurare i rischi della responsabilità di (OMISSIS) (OMISSIS), e tali rischi sono stati assicurati; la pretesa della ricorrente per cui (OMISSIS) (OMISSIS) intendeva assicurarsi “di più” è questione inammissibile in questa sede: sia perché concerne una questione di fatto; sia perché l’eventuale errore del contraente circa la convenienza del contratto è questione inopponibile all’assicuratore, se non sia allegato e provato un vizio del consenso.
4.3. Infondata, infine, è la denuncia di violazione dell’articolo 1370 c.c.: il contratto in questione non presenta alcuna ambiguità, la quale è presupposto per l’applicazione della suddetta norma.
4.4. Un cenno a parte merita il richiamo, sul quale ha insistito la difesa della ricorrente, alla decisione di questa Corte n. 14595 del 9 luglio 2020.
Il caso deciso da Cass. 14595/20 aveva ad oggetto un contratto di assicurazione della responsabilità civile del geometra, il quale comprendeva tra gli altri rischi la responsabilità del progettista verso il cliente, per le sanzioni amministrativeirrogate dalla p.a. a quest’ultimo a causa di errori del progettista.
Accadde che la p.a. irrogò una sanzione amministrativa non al cliente dell’assicurato, ma all’avente causa del cliente dell’assicurato.
La sentenza 14595/20 di questa Corte cassò (giustamente) la decisione di merito che aveva negato il diritto dell’assicurato all’indennizzo, per l’ovvia ragione che il geometra condannato a rifondere al proprio cliente le somme da questi pagate all’acquirente di un immobile, per rimborsarlo delle sanzioni irrogategli in conseguenza di un errore professionale dell’assicurato, non sta pagando una sanzione: sta risarcendo un danno. Ed in mancanza di clausole limitative di questo tipo di responsabilità, d’altro non v’era bisogno per accogliere la pretesa dell’assicurato.
Nondimeno, la suddetta sentenza ritenne di aggiungere un ultroneo obiter (ed è questo il passaggio enfatizzato dall’odierna ricorrente) secondo cui la misura del premio può e deve essere presa in esame dal giudice sotto due aspetti: sia al fine di interpretare il contratto, sia al fine di “ristabilire l’equilibrio sinallagmatico”, nel caso in cui quel premio sia eccessivamente elevato rispetto al rischio per come delimitato al contratto.
4.4.1. La suddetta decisione non è pertinente rispetto al caso oggi in esame a causa della diversità della fattispecie concreta ad essa sottoposta; inoltre il passaggio motivazionale contenuto in quella sentenza ed enfatizzato dalla ricorrente costituisce un obiter dictum, al quale queto Collegio ritiene non possa darsi continuità.
Quanto al primo aspetto (diversità della fattispecie), è agevole rilevare che il caso deciso da Cass. 14595/20 fu ben diverso dall’odierno: lì si trattava di stabilire se l’assicurato avesse rimborsato al cliente una sanzione amministrativa od una perdita pecuniaria; qui si tratta di stabilire quali, tra i vari rischi astrattamente assicurabili, le parti vollero dedurre ad oggetto del contratto.
4.4.2. Quanto al secondo aspetto, non può darsi continuità al principio per cui l’estensione del rischio assicurato dovrebbe interpretarsi e valutarsi in base alla misura del premio, perché altrimenti si altererebbe “l’equilibrio sinallagmatico” del contratto.
Premesso che il premio pagato dall’assicurato nel caso di specie fu comunque modestissimo (162 euro per un anno di copertura, il che anche a seguire la tesi della ricorrente depone per l’esatto opposto di quanto asserito, e cioè per una copertura di modesta estensione), quel che rileva sub specie iuris è che:
a) non esiste un premio standard , comune per tutti i contratti assicurativi, in base al quale stabilire se quello pagato dall’assicurato nel caso concreto sia troppo alto o troppo basso. Il premio assicurativo si compone del premio puro e del caricamento: la misura del premio puro è ricavata dalla statistica in base ai criteri stabiliti dalla legge, non costituisce remunerazione dell’assicuratore, ma accantonamento della riserva sinistri; il caricamento, invece, va a remunerare l’assicuratore; ma anche i servizi prestati dall’assicuratore, come quelli di qualunque imprenditore del terziario, possono variare in funzione del livello del servizio offerto;
b) quel che più rileva, nessuna norma e nessun principio stabilisce una sorta di “potere riduttivo” del giudice, il quale ritenesse eccessivo il premio pagato dall’assicurato. Un premio (ritenuto) elevato non può mai giustificare la pretesa di estendere la copertura a rischi non previsti, pena un inammissibile intervento del giudice nelle pattuizioni dei privati.
4.6. Il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS).
Col secondo motivo di ricorso (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) denuncia la violazione degli artt. 1341 e 1342 c.c..
Nell’illustrazione del motivo si sostiene che sarebbe nulla ai sensi dell’art . 1341 c.c., per mancanza di doppia sottoscrizione, la clausola la quale prevedeva che le varie garanzie elencate nelle condizioni generali di contratto fossero operanti solo se richiamate nel frontespizio della polizza.
4.7. Il motivo è manifestamente infondato in quanto la clausola di cui si denuncia la vessatorietà non è altro che una clausola delimitatrice dell’oggetto del contratto, e come tale non rientrante in nessuna delle ipotesi di cui all’art. 1341 c.c..
5. Il ricorso incidentale del Condominio.
Con l’unico motivo di ricorso il condominio denuncia la violazione dell’articolo 91 c.p.c..
Deduce che erroneamente fu ritenuto dalla Corte d’appello “soccombente” rispetto all’appello proposto dalla società assicuratrice, perché l’appello da questa proposto non investiva la posizione del condominio.
5.1. Il motivo è infondato.
Il condominio nel giudizio di appello dedicò le pp. 5-10 della propria comparsa di costituzione in appello a sostenere che la Groupama fosse tenuta ad indennizzare sia l’architetto (OMISSIS), sia la (OMISSIS).
Ha negato – assai curiosamente – di avere diritto a qualsiasi indennizzo assicurativo; ha bollato come “illogica e infondata” la corretta interpretazione dell’art. 4 d. lgs. 122/05 propugnata dalla società appellantee favorevole allo stesso condominio; ha concluso chiedendo dichiararsi “l’infondatezza, in fatto e in diritto, nonché l’inconsistenza sul piano probatorio, dell’atto di appello unitamente a tutte le eccezioni, deduzioni e richieste ivi formulate”.
Il Condominio, dunque, in appello contrastò l’impugnazione proposta dalla Groupama, e poiché l’appello è stato accolto in parte, correttamente la Corte d’appello ha ritenuto il condominio “soccombente” rispetto alla Groupama.
6. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo. Il valore della causa posto a base della liquidazione delle spese a carico del condominio è quello delle spese liquidate dal giudice d’appello.
P.q.m.
(-) rigetta il ricorso principale, quello successivo e quello incidentale;
(-) condanna (OMISSIS) Immobiliare s.r.l. in liquidazione e (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS), in solido, alla rifusione in favore di Groupama Assicurazioni s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 10.100, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) condanna il Condominio “(OMISSIS) (OMISSIS)” alla rifusione in favore di Groupama Assicurazioni s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 2.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, principali ed incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Cassazione, in data 28 gennaio 2025.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2025.