REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da:
VITO DI NICOLA – Presidente –
FRANCESCO CENTOFANTI – Consigliere –
GIORGIO POSCIA – Relatore –
RAFFAELLO MAGI – Consigliere –
CARMINE RUSSO – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Napoli del 14/03/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIORGIO POSCIA;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. GIUSEPPE RICCARDI, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata limitatamente alla richiesta di semilibertà ed il rigetto del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha dichiarato inammissibili le istanze di detenzione domiciliare e di semilibertà e ha rigettato quella di affidamento in prova al servizio sociale proposte da (omissis) (omissis), con riferimento alla condanna di anni tre di reclusione, inflittagli dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli con sentenza pronunciata il giorno 7 dicembre 2022 per il reato di cui agli artt. 73 e 80, comma 2, d.P.R. 309/90, commesso il 14 maggio 2020.
2. Avverso la predetta ordinanza il condannato, per mezzo dell’avv. (omissis) (omissis) (omissis), ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione ed erronea applicazione dell’art.50 Ord. pen., osservando che erroneamente il Tribunale di sorveglianza ha dichiarato inammissibile la richiesta di semilibertà in ragione della mancata espiazione dei due terzi della pena, poiché – essendo stato condannato per un reato incluso nella seconda fascia dell’art. 4-bis, l. 354/75 e risultando la pena inferiore ad anni quattro – la relativa istanza era in realtà ammissibile.
2.2. Con il secondo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione ed erronea applicazione dell’art. 47-ter Ord. pen. dato che la domanda di detenzione domiciliare (formulata ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1- bis) è stata dichiarata inammissibile per il titolo di reato in espiazione, nonostante il condannato avesse già espiato la quota di pena inflittagli per l’aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. 309/90.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente censura, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 47 Ord. pen. ed il relativo vizio di motivazione rispetto al rigetto della domanda di affidamento in prova; al riguardo osserva che il Tribunale di sorveglianza ha negato l’affidamento senza tenere conto della regolare condotta da lui serbata nel corso degli arresti domiciliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei limiti appresso indicati.
2. Anzitutto, risulta infondato il secondo motivo poiché correttamente il Tribunale di sorveglianza ha dichiarato inammissibile la domanda di detenzione domiciliare, ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1-bis, Ord. pen., per il carattere ostativo del reato in espiazione che è compreso tra quelli indicati nell’art.4-bis, l. 354/75.
Al riguardo si osserva che la tesi difensiva secondo cui la domanda sarebbe ammissibile per l’avvenuta espiazione della quota di pena inflitta per l’aggravante di cui al citato art.80 è infondata poiché, nel caso in esame, vi è un unico reato (comprensivo di detta aggravante) e non già un provvedimento di cumulo, rispetto al quale è possibile procedere allo scioglimento in ipotesi di avvenuta espiazione del reato c.d. ‘ostativo’.
3. Deve essere respinto anche il terzo motivo riguardante il diniego dell’ affidamento in prova; invero, attraverso la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa.
I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali (Sez. 1, 04/03/1999, Danieli, Rv 213062) nelle pendenze processuali (Sez. 1, cit.) nelle informazioni di polizia (Sez. 1, 11/03/1997, Capiti, Rv. 207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione in modo che in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra.
Certamente nel giudizio prognostico concernente la concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, devono essere valutati anche i procedimenti penali passati ed eventualmente pendenti a carico dell’interessato, al fine di pervenire ad una valutazione di fronteggiabilità della pericolosità sociale residua con gli strumenti dell’istituto indicato.
Del resto, poiché non esiste una sorta di presunzione generale di affidabilità di ciascuno al servizio sociale, ma al contrario devono sussistere elementi positivi sulla base dei quali il giudice possa ragionevolmente “ritenere” che l’affidamento si riveli proficuo, appare evidente che – in relazione agli obbiettivi di rieducazione e di prevenzione propri dell’istituto – la reiezione dell’istanza di affidamento può considerarsi validamente motivata anche sulla sola base delle informazioni fornite dagli organi di polizia e dai servizi sociali, quando esse, lungi dal dimostrare elementi certi del genere anzidetto, pongano in luce, al contrario, la negativa personalità dell’istante (Sez. 1, 27/07/1992 n. 2762).
In questo ambito, tuttavia, numerosi sono gli altri fattori da valutare per giungere al giudizio prognostico cui prima si è fatto cenno: l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti del passato, l’adesione alle ragioni più profonde di valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona prospettiva risocializzante.
Nel caso in esame l’ordinanza impugnata non ha basato la decisione unicamente sulla gravità del reato commesso, ma – con motivazione adeguata e non manifestamente illogica – ha preso in considerazione anche i precedenti penali risultanti a carico dell’odierno ricorrente, il tenore delle informazioni inviate dall’autorità di pubblica sicurezza, l’assenza dell’inizio di una seria revisione critica rispetto alle pregresse condotte e di un positivo impegno nelle attività trattamentali.
Ne consegue che il condannato, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, sollecita apprezzamenti di merito estranei al giudizio di legittimità, poiché vorrebbe pervenire a differente valutazione degli elementi processuali rispetto a quella coerentemente svolta dal giudice a quo per respingere la richiesta ex art.47 Ord. pen.
4. Al contrario risulta fondato il primo motivo; in particolare, a fronte della decisione impugnata che ha ritenuto necessaria, ai sensi dell’art. 50 Ord. pen., l’avvenuta espiazione dei due terzi della pena, il ricorso ha dedotto che, trattandosi di pena inflitta rientrante nel limite di ammissibilità della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale ed essendo il titolo della condanna non compreso nell’elenco di cui al comma 1 dell’art. 4-bis Ord. pen., non era normativamente richiesto il requisito di un tempo minimo di espiazione della pena.
4.1. La tesi sostenuta dalla difesa è corretta; invero, la disposizione normativa, nel disciplinare i requisiti di ammissibilità della misura della semilibertà, prevede cinque ipotesi.
Nel caso di esecuzione della pena dell’arresto ovvero della reclusione sino a sei mesi non è richiesto alcun requisito attinente la porzione di pena espiata (comma primo).
Nel caso di condanna all’ergastolo è necessaria l’avvenuta espiazione di “almeno venti anni di pena” (comma quinto).
Al di fuori delle condizioni di applicabilità del primo comma (e dunque nel caso di esecuzione della pena della reclusione per un tempo superiore a mesi sei), il secondo comma prevede tre ipotesi, delineate in relazione ai criteri del quantum di pena espiata e del titolo della condanna. Innanzitutto, in via generale, viene richiesto che sia espiata almeno metà della pena, limite che viene elevato a due terzi qualora il titolo della condanna sia costituito da uno dei delitti indicati dall’art. 4-bis Ord. pen., ai commi 1, 1-ter e 1-quater.
Infine, lo stesso secondo comma stabilisce che, qualora vi fossero i requisiti di ammissibilità della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale (“… nei casi previsti dall’art. 47 …”) e questa non fosse concedibile (“… se mancano i presupposti previsti per l’affidamento in prova al servizio sociale …”) e il titolo della condanna fosse “un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell’art. 4-bis”, la misura della semilibertà è ammissibile “anche prima dell’espiazione di metà della pena”.
Dunque, il terzo periodo del secondo comma prevede che, ove sia in esecuzione pena inferiore al limite di anni quattro di reclusione, ma non sia in concreto concedibile la più ampia misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, sia ammissibile la misura della semilibertà senza che sia necessario un quantum di pena già espiata, sempre che il titolo della condanna non rientri tra i delitti indicati dall’art. 4-bis, comma 1, Ord. pen. (così detti reati di prima fascia).
La pronuncia della Corte costituzionale n. 74 del 2020, nel dichiarare la illegittimità costituzionale dell’art. 50 Ord. pen. “nella parte in cui non consente al magistrato di sorveglianza di applicare in via provvisoria la semilibertà anche nell’ipotesi prevista dal terzo periodo del comma 2 dello stesso art. 50”, ha ricostruito l’istituto in esame, definendo l’ipotesi prevista dal terzo periodo del comma 2 dell’art. 50 Ord. pen. come semilibertà così detta surrogatoria rispetto alla misura dell’affidamento in prova al servizio sociale.
4.2. Ciò posto, nel caso in esame la condanna in espiazione è stata pronunciata per il reato di cui agli artt. 73, 80, comma 2, d.P.R. 309/90 che l’art. 4-bis Ord. pen. prevede, nel testo vigente sia all’epoca della decisione che attualmente, al comma 1-ter, e non al comma 1.
E’ stato affermato in dottrina che la semilibertà così detta ‘surrogatoria’ sarebbe preclusa ai condannati per uno dei delitti inclusi nei commi 1, i-ter e 1- quater dell’art. 4-bis Ord. pen.
La disposizione, nello stabilire che per la semilibertà ‘surrogatoria’ non è necessario aver espiato un determinato quantum di pena fa riferimento al limite della metà della pena, che è previsto, a norma del primo periodo dello stesso comma secondo, per i condannati per delitti non elencati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell’art. 4-bis Od. pen.
Tale dato potrebbe consentire una interpretazione della disposizione nel senso, appunto, che la semilibertà così detta surrogatoria è prevista e consentita solo ai condannati per delitti non elencati dall’art. 4-bis Ord. pen., disposizione giustificata dalla maggiore pericolosità desumibile dalle gravi fattispecie di reato previste dalla menzionata norma dell’ordinamento penitenziario. Questa interpretazione, peraltro, pare incompatibile con il dato letterale che, espressamente, prevede la categoria soggettiva esclusa dalla particolare misura, in quella dei condannati per delitti indicati nel comma 1 del citato art. 4-bis.
Si deve considerare che, con la novella introdotta dalla legge 23 aprile 2009, n. 35 il legislatore ha riscritto l’art. 4-bis Ord. pen., stabilendo, per quanto di interesse in questa sede, che l’originaria disciplina del comma 1 – che prevedeva al primo e quarto periodo i delitti, rispettivamente, così detti di prima e di seconda fascia – fosse prevista, in parte, ai commi 1 e 1-bis – relativi alla disciplina dei reati di prima fascia – e, in parte, ai commi i-ter e 1-quater – relativo ai reati di seconda fascia -.
La fattispecie di detenzione di stupefacenti con l’aggravante della ingente quantità (art. 80, comma 2, d.P.R. 309/90) è sempre stata considerata di seconda fascia, e quindi prevista, ai fini dell’ammissibilità dei benefici penitenziari, dapprima al quarto periodo del comma 1 e, quindi, al comma 1-ter della stessa disposizione.
Con legge 15 luglio 2009, n. 94 il legislatore ha coordinato il testo dell’art. 50 Ord. pen. al nuovo testo dell’art. 4-bis Ord. pen; infatti, laddove il testo precedente del primo periodo del primo comma dell’art. 50 Ord. pen. richiedeva il requisito della espiazione “di almeno due terzi della pena” nel caso di condanna per “delitti indicati nel comma 1 dell’art. 4-bis”, il nuovo testo ha fatto richiamo ai “delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell’articolo 4-bis”.
Il terzo periodo del comma 2, anche dopo la legge n. 94/2009, mantiene il riferimento, come unica categoria esclusa dalla semilibertà così detta surrogatoria, ai condannati per reati previsti dal comma 1 dell’art. 4-bis ord. pen., senza il riferimento anche agli ulteriori reati previsti dai commi 1-ter e 1- quater.
Si è, dunque, di fronte a un dato letterale inequivoco nel senso dell’ammissibilità della semilibertà surrogatoria, senza limiti derivanti dal quantum di pena espiata, in presenza dell’ulteriore requisito richiesto (la astratta ammissibilità della più ampia misura dell’affidamento in prova al servizio sociale) anche per i condannati per reati elencati nei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 4-bis Ord. pen.
Il riferimento, in negativo, del requisito costituito dall’espiazione di metà della pena – requisito che, come visto, non riguarda i reati di cui ai commi i-ter e 1-quater citati bensì tutti i reati non previsti dall’art. 4-bis Ord. pen. – va letto, ora, come espressione della volontà del legislatore che alcun requisito attinente al quantum di pena espiata sia richiesto in tutti i casi diversi dalla condanna per reati così detti di prima fascia (art. 4-bis, primo comma, Ord. pen.).
5. L’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Napoli per nuovo esame limitatamente alla richiesta di (omissis) (omissis) di ammissione alla semilibertà.
Il giudice del rinvio – in piena autonomia decisionale – nella valutazione in ordine all’ammissibilità della relativa richiesta dovrà tenere conto del seguente principio di diritto che viene ribadito:
“La semilibertà così detta surrogatoria, di cui al terzo periodo del secondo comma dell’art. 50 Ord. pen., è ammissibile, nella ricorrenza dei requisiti richiesti dalla norma, anche nel caso di pena inflitta con condanna per uno dei delitti indicati dai commi i-ter e 1-quater dell’art. 4-bis Ord. pen.“.
Il ricorso, invece, deve essere respinto nel resto.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata limitatamente al punto concernente la semilibertà con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Napoli. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2024.
Il Consigliere estensore Il Presidente
Giorgio Poscia Vito Di Nicola
Depositato in Cancelleria, oggi 10 luglio 2024.