REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosma – Rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al nr. 19633/2018 proposto da:
(omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) domiciliati ex lege in (omissis), difesi dall’avvocato (omissis) (omissis)
– ricorrenti –
contro
(omissis) spa, elettivamente domiciliata in (OMISSIS)
– controricorrente –
avverso la sentenza n.1975/2018 della CORTE D’APPELLO di Napoli, depositata il 2/5/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25.11.2022 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.
CONSIDERATO IN FATTO
1. (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) convennero in giudizio la Banca (OMISSIS) s.p.a. lamentando l’illecita capitalizzazione trimestrale nonché l’illegittima applicazione degli interessi ultralegali e della commissione di massimo scoperto degli interessi operata dalla controparte nel conto corrente n. 2875, estinto nel maggio 1994.
2. Disposta la CTU, il Tribunale di Napoli condannava la banca al pagamento delle somme dovute.
3. Sul gravame proposto dall’istituto di credito la Corte d’Appello di Napoli, in accoglimento dell’eccezione di prescrizione, ha accolto l’appello osservando:
a) che il rapporto di conto corrente è un contratto ontologicamente diverso dall’apertura di credito;
b) che, nel caso di specie, i ricorrenti non avevano allegato l’esistenza di un affidamento né provato l’esistenza di un contratto di apertura di credito, con la conseguenza che le rimesse effettuate avevano natura solutoria e, pertanto, la prescrizione per la restituzione degli interessi applicati dalla banca oltre il tasso legale e con anatocismo nonché di altre commissioni accessorie come la (OMISSIS) decorreva dalle singole operazioni e non dal momento della chiusura del conto;
c) che, poiché dall’esame della CTU era stata possibile la ricostruzione delle movimentazioni contabili solo per il periodo che va dal 1986 al 1990, le raccomandate inviate dai ricorrenti alla banca nel 2001 e nel 2003 non avevano validamente impedito il decorso della prescrizione, ormai già
4. Avverso la predetta sentenza (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) hanno proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due motivi.
(OMISSIS) (OMISSIS) s.p.a. ha svolto difese mediante controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono «violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, n. 3 c.p.c.) in relazione al principio dispositivo ex art. 112 c.p.c.».
Si sostiene che l’eccezione di intervenuta prescrizione sia stata formulata dalla banca nella comparsa di risposta in primo grado in maniera generica e senza aver allegato e provato debitamente e ritualmente il perfezionamento.
1.1. Con il secondo motivo si censura «violazione e falsa applicazione di norma di diritto in rapporto all’art. 115 c.p.c. e nullità del procedimento per error in procedendo (art. 360 4 c.p.c.)» per avere il giudice di secondo grado esaminato la CTU, esperita per determinare il quantum dovuto, al diverso scopo di ricostruire i fatti inerenti al rapporto con la banca.
2. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro intima connessione, sono in parte infondati ed in parte inammissibili.
2.1. E’ stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte che «l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da un’apertura di credito, è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte» (Cass. U. 13 giugno 2019, n.15895).
Si tratta di un principio che, sia pur affermato in una ipotesi di rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, ribadisce l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale «grava sulla parte che eccepisce la prescrizione estintiva solamente l’onere di allegare l’inerzia del titolare del diritto dedotto in giudizio e di manifestare la volontà di avvalersene, non anche di tipizzare l’eccezione secondo una delle varie ipotesi previste dalla legge, ossia di specificare a quale tra le prescrizioni, diverse per durata, intenda riferirsi, spettando al giudice stabilire se, in relazione alla domanda che può conoscere nel merito e al diritto applicabile nel caso concreto, la prescrizione sia maturata (così Cass. 15790/2016, 24037/09 e 14576/07)
2.2. Orbene è accertato, come si evince dagli estratti della comparsa di costituzione e risposta, della memoria ex art 183 6 comma cpc e dall’atto di appello, riprodotti nel corpo del controricorso, che l’istituto di credito convenuto in primo grado abbia esplicitamente dedotto « la intervenuta prescrizione del diritto eventuale alla restituzione delle somme percepite in eccesso dalla banca»; eccezione coltivata nel corso del giudizio di primo grado e fatta oggetto di uno dei motivi di appello.
2.3. La Corte d’appello ha accertato – con giudizio di fatto incensurabile in questa sede – che la circostanza, allegata dalla banca, dell’inesistenza di un contratto di apertura di credito non era stata contestata dai correntisti e che, comunque, non vi era «prova alcuna dell’esistenza del contratto di apertura di credito».
Per cui, avendo le rimesse natura solutoria, e non ripristinatoria, la prescrizione doveva ritenersi decorrente dalle singole operazioni, e non dal momento della chiusura del conto.
Ed invero, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati.
Infatti, nell’anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacche il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del “solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'”accipiens” (Cass.S.U. 24418/2010; Cass. 24051/2019).
Di conseguenza, si è affermato che in materia di rapporti bancari, a fronte dell’eccezione di prescrizione del credito a decorrere dalle singole rimesse, sollevata dalla banca avverso la domanda di ripetizione dell’indebito proposta dal correntista, grava su quest’ultimo la prova della natura ripristinatoria e non solutoria delle rimesse indicate, ma il giudice è comunque tenuto a valorizzare la prova della stipula di un contratto di apertura di credito purché ritualmente acquisita,
indipendentemente da una specifica allegazione del correntista, perché la deduzione circa l’esistenza di un impedimento al decorso della prescrizione determinato da una apertura di credito, costituisce un’eccezione in senso lato e non in senso stretto (Cass. 31927/2019). E tuttavia, nella specie tale prova – come detto – non risulta acquisita agli atti.
2.4. In conformità con il principio di acquisizione della prova, in forza del quale ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legittimamente utilizzabile dal giudice indipendentemente dalla sua provenienza (Cass. 5409/2019; 23490/2020), correttamente la Corte d’appello ha tratto dalla disposta c.t.u. (dalle quali risultano accertate solo le movimentazioni contabili per il periodo che va dal 1986 al 1990) elementi in fatto idonei a individuare il dies a quo della prescrizione, coincidente con le singole rimesse, ed ha escluso l’efficacia interruttiva delle raccomandate in atti, in data 2001 e 2003, essendo state le rimesse accertate fino all’anno 1990. L’accertamento della decorrenza della prescrizione costituisce indagine di fatto demandata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se sorretta da adeguata e congrua motivazione e non inficiata da errori logici o di diritto (Cass. 9014/2018; Cass. 17157/2002).
2.5. Le doglianze mosse nel secondo motivo dai ricorrenti a tali passaggi motivazionali appaiono confuse e poco intellegibili risolvendosi in astratte e generiche considerazioni giuridiche sull’onere della prova, sul valore di prova della consulenza tecnica che non consentono a questa Corte di individuare una specifica critica alle ragioni del decidere. Esse in ogni caso tendono a far rivedere gli accertamenti in fatto demandati ai giudici di merito.
3. In conclusione, il ricorso va rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in €. 7.000 per compensi, €. 200 per esborsi oltre IVA, CAP e rimborso forfettario nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 d.el 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti principali dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 25 novembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2023.