L’imputato impediva di fare ingresso nella tendopoli di Rosarno al Vice Ispettore di Polizia di Stato. Il Tribunale non convalida l’arresto. La Cassazione ribalta la statuizione (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 14 aprile 2021, n. 14071).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente –

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere –

Dott. ROSATI Martino – Rel. Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palmi

nel procedimento contro

(OMISSIS) Karamba, nato in Guinea Bissau il 01/01/19xx;

avverso l’ordinanza del 22/09/2020 del Tribunale di Palmi;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Martino Rosati;

lette le richieste del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Delia Cardia, che ha concluso per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palmi impugna l’ordinanza del medesimo Tribunale del 22 settembre scorso, nella parte in cui non ha convalidato l’arresto in flagranza di Karamba (OMISSIS), per i delitti di resistenza e lesioni ai danni di un vice-ispettore della Polizia di Stato, che gli impediva di fare ingresso nella tendopoli di Rosarno, essendo stato egli raggiunto da un provvedimento di espulsione del sindaco di quel comune.

2. Il Tribunale ha ravvisato gli estremi della scriminante della reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale nella forma putativa, ritenendo che l’arrestato, ivi da tempo dimorante, non fosse consapevole del provvedimento di espulsione emesso nei suoi confronti, in quanto notificatogli in lingua italiana, da lui non compresa.

3. Ritiene l’autorità giudiziaria ricorrente che tale provvedimento sia viziato da violazione di legge e da manifesta illogicità della motivazione, in quanto:

a) immotivato è l’assunto della mancata comprensione della lingua italiana da parte dell’arrestato, essendo comprovato che egli vive in Italia da cinque anni e che in italiano ha profferito le offese rivolte all’operatore di polizia nell’occasione;

b) egli non ha allegato alcun dato concreto a supporto del proprio ragionevole convincimento, ancorché erroneo, della natura arbitraria del comportamento del pubblico agente;

c) l’applicazione della scriminante putativa in questione implica una valutazione esorbitante dai più limitati margini di quella comunemente richiesta alla polizia giudiziaria in sede di arresto in flagranza, per la legittimità del suo operato.

4. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e deve, perciò, trovare accoglimento.

2. In tema di arresto facoltativo in flagranza, il giudice della convalida deve operare un controllo di mera ragionevolezza, ponendosi nella stessa situazione di chi ha operato l’arresto, per verificare, sulla base degli elementi al momento conosciuti o conoscibili, se la valutazione di procedere all’arresto rimanga nei limiti della discrezionalità della polizia giudiziaria e trovi ragionevole motivo nella gravità del fatto o nella pericolosità del soggetto, essendo sufficiente che ricorra almeno uno di tali due parametri (tra molte altre, Sez. 6, n. 7470 del 26/01/2017, Rv. 269428; Sez. 5, n. 1814 del 26/10/2015, Rv. 265885; Sez. 5, n. 10916 del 12/01/2012, Rv. 252949).

Il giudice investito della richiesta di convalida dell’arresto, dunque, non è tenuto a valutare la condotta dell’arrestato, bensì quella della polizia giudiziaria: oggetto della delibazione del giudice, ovvero, non è l’esistenza di un quadro indiziario, più o meno concludente, a carico dell’indagato, ma soltanto la legittimità dell’operato della polizia giudiziaria, secondo i parametri appena enunciati.

Tale valutazione, dunque, non investe in alcun modo eventuali profili di responsabilità dell’indagato né è destinata ad incidere, in proiezione futura, sullo status libertatis o su altre situazioni giuridiche soggettive di costui.

Se questo, allora, è lo spettro d’indagine del giudice della convalida, ne discende, quale inevitabile corollario, l’irrilevanza delle eventuali scriminanti cc.dd. putative, ai fini dell’esclusione della legittimità dell’arresto facoltativo in flagranza.

Se, infatti, non ricorrono i presupposti dell’invocata causa di giustificazione, poiché altrimenti quest’ultima sarebbe effettiva e non soltanto erroneamente supposta dall’autore della condotta delittuosa, l’operatore di polizia giudiziaria si trova al cospetto di un fatto costituente reato: non solo, dunque, l’arresto sarebbe consentito, ovviamente nel ricorrere degli ulteriori presupposti di legge, ma, ancor prima, sarebbe logicamente impossibile ritenere che egli abbia agito al di fuori dell’ambito discrezionalità consentitagli, sulla base di una valutazione degli elementi al momento da lui conosciuti o conoscibili e secondo un criterio di ragionevolezza.

Più semplicemente, quell’operatore ha proceduto all’arresto legittimamente, non ricorrendo alcuna causa di giustificazione della condotta del reo, e perciò non è possibile ritenere, se non a prezzo di un ardito artificio logico, che non potesse essere ragionevolmente convinto di essere legittimato a farlo (a nulla rilevando, invece, se, per errore, tale convinzione non abbia avuto).

Può, dunque, affermarsi il principio per cui, “in tema di convalida dell’arresto facoltativo in flagranza di reato, l’erronea supposizione della sussistenza di una causa di giustificazione da parte dell’arrestato non consente di escludere che l’arresto, ricorrendone i presupposti legali, sia stato legittimamente eseguito”.

3. Tale principio trova applicazione, a maggior ragione, nell’ipotesi in cui – come nel caso specifico – l’arresto sia stato eseguito per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale e la causa di giustificazione che si assume erroneamente supposta sia quella dell’arbitrario eccesso dell’agente pubblico dai limiti delle sue attribuzioni legittime.

In una tale fattispecie, infatti, riesce ancor più arduo ipotizzare che quegli abbia legittimamente esercitato i poteri autoritativi riconosciutigli e che, nello stesso momento, non fosse ragionevolmente convinto di poterlo fare.

L’ordinanza impugnata, pertanto, si avvita in un evidente paralogismo, credendo di trovare sostegno in un precedente di legittimità espressamente richiamato (Sez. 6, n. 4457 del 16/10/2018, Dimola, Rv. 274983), tuttavia erroneamente.

Quest’ultimo, infatti, non è conferente, poiché ha sì affermato la natura di causa di giustificazione della reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale e ne ha, di conseguenza, coerentemente ammesso la rilevanza – come per ogni altra scriminante – anche nell’ipotesi putativa, ma tanto ha statuito con riferimento ad un giudizio di colpevolezza dell’imputato, all’esito del procedimento di cognizione: relativamente, cioè, ad una valutazione, per oggetto prim’ancora che per grado di approfondimento, del tutto differente da quella cui è chiamato il giudice della convalida dell’arresto in flagranza.

4. L’ordinanza impugnata dev’essere, dunque, annullata senza rinvio, a norma dell’art. 620, lett. d), cod. proc. pen., nella parte relativa alla negata convalida dell’arresto, che dev’essere perciò dichiarato legittimamente eseguito.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, limitatamente alla mancata convalida dell’arresto, misura di cui accerta la legittimità.

Così deciso il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.