Marito aggredisce e minaccia la moglie: deve risarcirle non solo le lesioni fisiche ma anche il danno morale (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 13 aprile 2022, n. 12009).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6006-2021 proposto da:

(OMISSIS) ENEA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS), n. 4, presso lo studio dell’avvocato MARIA ROSARIA (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato PIERCARLO (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) GIOVANNA, domiciliata presso la cancelleria della CORTE di CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO (OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 359/2020 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 28/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/03/2022 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA PELLECCHIA.

Rilevato che:

1. La questione trae origine dalla aggressione subita da Giovanna (OMISSIS) da parte del marito Enea (OMISSIS).

Per quel che qui rileva, all’esito del giudizio penale per i reati di cui agli artt. 572, 582 e 585 c.p., perpetrati nei confronti della moglie, il Tribunale di Udine ha dichiarato il (OMISSIS) responsabile dei reati a lui ascritti, limitatamente all’anno 2014, e lo ha condannato alla pena di due anni di reclusione e alla corresponsione di Euro 7.000,00 in favore della parte civile, a titolo di risarcimento dei danni subiti.

La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 582/2017, facendo applicazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, ha assolto l’imputato dall’accusa di maltrattamenti, anche per l’anno 2014, non reputando gli elementi di prova raccolti sufficienti a sostenere tale ipotesi accusatoria.

La Corte ha ritenuto che i fatti commessi dal (OMISSIS) dovessero essere esaminati singolarmente e riqualificati quali reati di minacce e di lesioni, condannandolo alla pena di sei mesi di reclusione.

Ciononostante, ha confermato la sentenza impugnata in merito alle statuizioni risarcitorie civili, alla luce della gravità delle lesioni cagionate e delle reiterate minacce rivolte nei confronti della (OMISSIS).

La Corte di Cassazione con sentenza n. 4754/19 ha annullato la sentenza impugnata relativamente alle statuizioni civili e rinviato la quantificazione del danno al giudice civile competente per valore in grado di appello.

2. La Corte d’appello di Trieste, a seguito della riassunzione del giudizio da parte della (OMISSIS), con la sentenza n. 359 del 28 luglio 2020 ha rideterminato il risarcimento dovuto dal (OMISSIS), condannandolo a corrispondere alla moglie Euro 2.000,00.

Ha ritenuto che nessun contributo tecnico probatorio sia stato indicato dalla signora (OMISSIS) non essendovi stata consulenza tecnica sullo stato psicofisico della stessa.

Ha ritenuto, quindi, di valutare i dati certi emergenti dal procedimento penale costituiti dall’esistenza concreta delle lesioni, escoriazioni guaribili in sette giorni, dalla certezza acquisita per il passaggio in giudicato della sentenza penale sul punto della gravità dei comportamenti posti in essere dal (OMISSIS) nei confronti della moglie, qualificati come minacce ripetute e gravi.

Pertanto, il giudice dell’appello per la liquidazione del danno, nell’impossibilità di utilizzare integralmente criteri di cui alle tabelle di Milano per il danno biologico, ha utilizzato il criterio equitativo puro.

3. Avverso tale pronuncia Enea (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso Giovanna (OMISSIS) e spiega, altresì, ricorso incidentale affidato a un solo motivo.

Tutte le parti hanno depositato memorie.

Considerato che:

4. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente principale lamenta la “violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 2043, 2059 e 1226 c.c., in relazione all’art. 2697 c.c.”, per avere la Corte d’appello erroneamente applicato il criterio equitativo puro per la quantificazione del risarcimento dovuto alla (OMISSIS).

In particolare, il ricorrente afferma che i presupposti di applicazione del criterio equitativo siano la certezza sull’an, ossia sull’esistenza del danno, e l’incertezza non superabile sul quantum.

Nel caso di specie, il secondo presupposto non doveva ritenersi sussistente, dal momento che in sede di riassunzione la (OMISSIS), pur avendone la possibilità, non ha offerto elementi probatori volti alla determinazione del danno nel suo preciso ammontare.

Con la conseguenza che la valutazione equitativa adottata dalla Corte ha avuto in concreto la funzione di sopperire all’inerzia della danneggiata.

Il motivo è infondato.

In conformità con l’orientamento di questa Corte, l’esercizio, in concreto, del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, purché a condizione che la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell’uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito, restando, poi, inteso che al fine di evitare che la relativa decisione si presenti come arbitraria e sottratta ad ogni controllo, occorre che il giudice indichi, anche solo sommariamente e nell’ambito dell’ampio potere discrezionale che gli è proprio, i criteri seguiti, per determinare l’entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al quantum, senza però che egli sia tenuto a fornire una dimostrazione minuziosa e particolareggiata di un univoco e necessario rapporto di consequenzialità di ciascuno degli elementi esaminati e l’ammontare del danno liquidato, essendo sufficiente che il suo accertamento sia scaturito da un esame della situazione processuale globalmente considerata (Cass. civ. sez. III, 13/02/2020, n. 3691, Cass. n.5090/16; cfr., tra le altre, Cass. n. 8213/13 e n. 22885/15).

5. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, si lamenta la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonché degli artt. 2043, 2059, 1226 c.c., in relazione all’art. 2697”.

La Corte d’appello, fissando il risarcimento di Euro 2.000,00, a titolo di danno biologico, non avrebbe tenuto in considerazione le ulteriori voci di danno sofferte dalla (OMISSIS), in particolare il danno morale e alla vita di relazione causati dai reati del (OMISSIS), che erano invece stati correttamente riconosciuti in sede penale.

Il motivo di ricorso incidentale è fondato.

Effettivamente, la Corte d’Appello a pag. 7 della sentenza impugnata ritiene di dover valutare i ‘dati certi emergenti dagli atti del procedimento costituiti dall’esistenza concreta delle lesioni, escoriazioni guaribili in sette giorni, nonché dalla certezza, acquisita per il passaggio in giudicato della sentenza d’appello sul punto, della gravità dei comportamenti posti in essere dal (OMISSIS) nei confronti della moglie e qualificati come minacce gravi e ripetute profferite in molte occasioni nel contesto descritto nel corso del procedimento che non possono che aver provocato alla donna, per elementare ragionamento logico, una sofferenza continua e di facile comprensione nell’arco temporale individuato, aldilà ed a prescindere dalla qualità delle relazioni e dei ruoli dei coniugi all’interno della stessa che non legittimava comunque l’uso della violenza’.

Ma, dopo aver valutato l’an, il giudice del merito nell’affrontare il quantum valuta solo il riconoscimento dell’inabilità temporanea durante i sette giorni di cui al reato di lesioni, per un importo di euro 1029 arrotondando poi ad euro 2000 per effetto delle sofferenze derivante dalle minacce. Omette di quantificare i danni enunciati nel capoverso precedente.

6. Pertanto la Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, accogliendo invece il ricorso incidentale di Giovanna (OMISSIS) come in motivazione, cassa la sentenza in relazione e rinvia anche per le spese di questo giudizio alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza in relazione e rinvia anche per le spese di questo giudizio alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte suprema di cassazione, in data 2 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria, Roma 13 aprile 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.