REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Lorenzo ORILIA – Presidente –
Dott. Patrizia PAPA – Consigliere –
Dott. Linalisa CAVALLINO – Consigliere –
Dott. Giuseppe GRASSO – Rel – Consigliere –
Dott. Danilo CHIECA – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4200/2021 R.G. proposto da:
COMUNE DI RIMINI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (omissis) (omissis) 20, presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), giusta procura in atti;
–ricorrente–
contro
(omissis) (omissis), (omissis) (omissis), elettivamente domiciliati in ROMA, (omissis) (omissis) (omissis) 18, presso (omissis) (omissis) S.R.L., rappresentati e difesi dall’avvocato (omissis) (omissis) e dall’avvocato (omissis) (omissis) giusta procura in atti;
–controricorrente–
avverso la sentenza n. 2666/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata in data 12/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2024 dal Consigliere dr. GIUSEPPE GRASSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto procuratore Generale, dr.ssa ROSA MARIA DELL’ERBA, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo con assorbimento del secondo.
uditi l’avvocato (omissis) (omissis) per il ricorrente e l’avvocato (omissis) (omissis) per i controricorrenti.
Fatti causa
1. Il Tribunale di Rimini, accogliendo la domanda di (omissis) (omissis) relativamente a taluni terreni dal medesimo occupati e rigettandola per altri, dichiarò che l’attore aveva acquisito per usucapione la proprietà dei primi, nei confronti del Comune di Rimini.
2. La Corte d’appello di Bologna rigettò l’impugnazione proposta dal Comune di Rimini nei confronti di (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), eredi del primigenio attore.
Questi, in sintesi, le ragioni del decidere del Giudice di seconda istanza.
– La parte appellata aveva dimostrato di avere posseduto per oltre vent’anni il fondo: dall’ordinanza del 5/4/1988 con la quale il Comune aveva sospeso la lottizzazione abusiva posta in essere da (omissis) (omissis), mai eseguita dal Comune.
– Trovavano applicazione i commi 7 e 8 dell’art. 30, d.P.R. n. 380/2001:
7. Nel caso in cui il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale accerti l’effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, con ordinanza da notificare ai proprietari delle aree ed agli altri soggetti indicati nel comma 1 dell’articolo 29, ne dispone la sospensione. Il provvedimento comporta l’immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atti tra vivi, e deve essere trascritto a tal fine nei registri immobiliari.
8. Trascorsi novanta giorni, ove non intervenga la revoca del provvedimento di cui al comma 7, le aree lottizzate sono acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune il cui dirigente o responsabile del competente ufficio deve provvedere alla demolizione delle opere. In caso di inerzia si applicano le disposizioni concernenti i poteri sostitutivi di cui all’articolo 31, comma 8 .
– In assenza di atti interruttivi, il mero provvedimento ablativo non era idoneo al fine, in quanto non capace di mutare l’ “animus rem sibi habendi” in “animus detinendi”.
3. Il Comune di Rimini ha avanzato ricorso avverso la statuizione d’appello sulla base di due motivi.
4. Gli intimati hanno resistito con controricorso.
4.1. Il Consigliere delegato della Sezione ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.
5. Il ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto decidersi il ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
6. Con ordinanza interlocutoria n. 10114/2024, pubblicata il 15/4/2024, questa Corte ha rimesso la trattazione alla pubblica udienza.
All’approssimarsi di essa il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice Generale Rosa Maria Dell’Erba, ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte e le parti nuove memorie.
Ragioni della decisione
7. Con il primo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 18, l. n. 47/1985, 30, d.P.R. n. 380/2001 e 1158 cod. civ.
Richiamati i commi 7 e 8 sopra riportati, il ricorrente sostiene che l’effetto acquisitivo era avvenuto automaticamente decorso il termine di legge, richiamando sul punto giurisprudenza amministrativa. Di conseguenza, il fondo era stato acquisito di diritto al patrimonio comunale. Precisa, fra l’altro, la ricorrente: (…) l’attività illecita permanente.
Posta in essere consapevolmente dal (omissis) (per la quale lo stesso ha subito una condanna penale definitiva), ha comportato l’acquisizione automatica dei beni al patrimonio comunale e l’esclusione da qualsiasi situazione, di diritto o di fatto, con essa incompatibile e, anche qualora il (omissis) – come preteso e riconosciuto dalla Corte di Appello – avesse esercitato un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, l’intervenuta acquisizione al patrimonio comunale – avvenuta de iure, illo tempore – ha comportato comunque la perdita dell’animus possidendi, trasformato in animus detinendi.
7.1. Il motivo merita di essere accolto.
Occorre prendere l’abbrivio dalla recente sentenza delle Sezioni unite n. 651 del 12/1/2023, la quale ha affermato che, in tema di espropriazione per pubblica utilità, nelle controversie soggette al regime giuridico previgente al d.lgs. n. 327 del 2001 (per essere la dichiarazione di pubblica utilità intervenuta prima del 30 giugno 2003), il decreto di esproprio validamente emesso è idoneo a far acquisire al beneficiario dell’espropriazione la piena proprietà del bene e ad escludere qualsiasi situazione di fatto e di diritto con essa incompatibile, con la conseguenza che, anche quando all’adozione del menzionato decreto non segua l’immissione in possesso, la notifica o la conoscenza effettiva di detto decreto comportano ugualmente la perdita dell'”animus possidendi” in capo al precedente proprietario, il cui potere di fatto – nel caso in cui continui ad occupare il bene – si configura come mera detenzione, che non consente il riacquisto della proprietà per usucapione se non a seguito di un atto di interversione del possesso, fermo restando il diritto di chiedere la retrocessione totale o parziale del bene (Rv. n. 666632 –01).
Il riportato principio costituisce applicazione della più generale regola che il privato, attinto da provvedimento ablativo del diritto reale goduto, perciò stesso, ove il bene permanga nella di lui diponibilità, ne diviene “ope legis” mero detentore, pur in assenza di un atto materiale della pubblica amministrazione che ne interrompa la relazione con la “res”.
Ovviamente, la riportata conclusione a cui le Sezioni unite sono giunte per l’espropriato, a maggior ragione deve valere per il privato attinto da sanzione ablativa della proprietà, versando quest’ultimo in evidente illecito.
In questo senso questa Corte si è già pronunciata in epoca recentissima, avendo affermato che, in ipotesi di confisca urbanistica di immobile abusivamente edificato, acquisita a titolo originario al patrimonio comunale la proprietà dell’immobile abusivo, non demolito nel termine di legge, si realizza l’acquisto a titolo originario al patrimonio comunale della proprietà, con la conseguenza della non configurabilità dell’animus possidendi in capo al precedente proprietario, il cui potere di fatto – nel caso in cui continui ad occupare il bene – si configura come mera detenzione, che non consente il riacquisto della proprietà per usucapione salvo atti di mutamento della stessa in possesso ai sensi del secondo comma dell’art. 1141 c.c. (Sez. 2, n. 21672, 1/8/2024, Rv. 672173-01).
Analogamente, trattandosi di fattispecie sovrapponibile, deve dirsi nel caso di omesso adempimento all’ordinanza emessa dalla pubblica amministrazione, in presenza di lottizzazione abusiva, ai sensi dell’art. 30, co. 7 e 8, d.P.R. n. 380/1981.
8. Il secondo motivo, con il quale il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1165 cod. civ., per non avere la sentenza impugnata giudicato avente forza interruttiva la pendenza del contenzioso davanti al g.a., resta assorbito in senso proprio dall’accoglimento del primo.
9. Avuto riguardo all’accolto motivo la sentenza deve essere casata con rinvio davanti alla Corte d’appello di Bologna, in altra composizione, la quale si atterrà al seguente principio di diritto:
«in ipotesi di lottizzazione abusiva, ove le aree lottizzate vengano acquisite al patrimonio disponibile comunale, ai sensi dell’art. 30, comma 8 del d.P.R. n. 380/2001, si realizza l’acquisto a titolo originario al patrimonio comunale della proprietà, con la conseguenza della non configurabilità dell’animus possidendi in capo al precedente proprietario, il cui potere di fatto – nel caso in cui continui ad occupare il bene – si configura come mera detenzione, che non consente il riacquisto della proprietà per usucapione salvo atti di mutamento della stessa in possesso ai sensi del secondo comma dell’art. 1141 c.c.».
Il Giudice del rinvio regolerà anche il capo delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolta motivo e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 10 ottobre 2024.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2025.