REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BELLINI Ugo – Presidente –
Dott. VIGNALE Lucia – Consigliere –
Dott. DAWAN Daniela – Consigliere –
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –
Dott. RICCI Anna Luisa Angela – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI TORINO;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS) ELISA nato a NIZZA MONFERRATO il 11/02/19xx;
avverso la sentenza del 23/12/2020 della CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa ANNA LUISA ANGELA RICCI;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. LUIGI ORSI, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Torino in riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Asti, appellata dall’imputata Elisa (OMISSIS), ha assolto la stessa dal reato di cui agli artt. 56, 624, 625 n. 7 cod. pen. in quanto non punibile per particolare tenuità del fatto.
(OMISSIS) all’interno del centro commerciale “Il Gigante”, in data 1 aprile 2019, aveva sottratto dagli scaffali di vendita una caldaia da stiro Vaporella e due bottiglie di vino e birra del valore complessivo di euro 204,50 e, dopo avere occultato detti beni all’interno dello zaino, si era recata alla cassa ed aveva pagato solo la merce contenuta nel carrello.
Il Tribunale di Asti aveva riqualificato l’originaria imputazione di furto consumato in furto tentato ed aveva condannato l’imputata alla pena di mesi 3 di reclusione e euro 150 di multa con la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
2. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso il Procuratore Generale con un unico motivo con cui ha dedotto la manifesta illogicità della motivazione in relazione al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis, cod. pen..
La Corte avrebbe omesso di considerare che le modalità del fatto, ed in particolare l’avere l’imputata nascosto la merce non pagata e in una borsa e l’avere prelevato dagli scaffali e pagato altri beni di modico valore, fossero indicativi di preordinazione al delitto e di elevata intensità del dolo.
Inoltre la Corte avrebbe valorizzato l’immediata restituzione della refurtiva, senza considerare che si era trattato di condotta necessitata dall’intervento dell’agente in servizio antitaccheggio e che, in ogni caso, in quanto condotta successiva al reato, poteva riguardare solo i parametri della capacità a delinquere di cui all’art. 133 comma 2 cod. pen., irrilevante ai fini del riconoscimento dei presupposto dell’istituto in esame. Infine la Corte avrebbe erroneamente affermato che l’imputata era incensurata, quando invece (OMISSIS) aveva riportato condanna definitiva in ordine al delitto di rapina alla pena di anni 2 mesi 2 giorni 20 di reclusione e euro 800 di multa.
3. Il Procuratore generale, nella persona del sostituto Dott. Luigi Orsi, ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
2. La Corte di appello, nell’accogliere l’impugnazione dell’imputata che aveva invocato l’applicazione della causa di non punibilità dell’art. 131 bis cod. pen., ha ritenuto che nel caso di specie il fatto fosse di particolare tenuità, rilevando che era avvenuto in un’unica condotta, in un lasso di tempo molto contenuto e con effetti dannosi minimi, stante la restituzione della merce, e valorizzando, infine, l’incensuratezza dell’imputata.
3. Il motivo è infondato.
Ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen. la punibilità è esclusa, nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria solo o congiunta alla predetta pena, quando per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133 comma primo cod. pen, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.
Il giudice deve motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, al fine di valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, essendo insufficiente il richiamo a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, clep. 2019, Venezia Antonino, Rv. 275940).
Si è tuttavia precisato che il giudizio sulla tenuità dell’offesa deve sì essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, c. 1, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6 n. 55107 del 8/11/2018, Milone, Rv. 274647; sez. 3 n. 34151 del 18/6/2018, Foglietta e altro, Rv. 273678).
Per quanto di interesse in questa sede, sempre dal punto di vista generale, si ricorda che il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole, incidentalmente accertabili da parte del giudice procedente (Sez. 6 , Sentenza n. 6551 del 09/01/2020, Kostandin Anci Rv. 278347; Sezioni Unite n. 13681 del 2016, Tushaj Rv. 266591 – 01).
4. Nel caso di specie, la decisione censurata è conforme alla legge, coerente con la elaborazione giurisprudenziale sopra richiamata e fondata su una motivazione congrua e non illogica.
I giudici hanno correttamente preso in considerazione i parametri di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen ed hanno ritenuto che il reato di furto tentato all’interno di un centro commerciale, non potesse essere qualificato come grave, tenuto conto delle modalità della condotta e della minima entità del danno cagionato.
Sotto il primo profilo gli elementi valorizzati dal procuratore generale nel ricorso non paiono contraddire tale giudizio, posto che l’aver risposto la merce nella borsa e l’avere oltrepassato le casse previo pagamento di altri articoli riposti nel carrello sono circostanze che valgono a configurare la condotta del reato contestato e non anche a connotarlo come maggiormente offensivo.
Sotto il secondo profilo la restituzione della merce è stata presa in considerazione dai giudici di merito non già quale condotta post delictum, bensì quale indice della modesta significatività del danno cagionato in concreto alla persona offesa.
Infine, la valutazione in merito alla incensuratezza dell’imputata, per quanto erronea, non inficia la correttezza del percorso argomentativo adottato dalla Corte di Appello, in quanto il presupposto ostativo della abitualità del comportamento è integrato solo laddove il soggetto agente abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Deciso il 12.5.2022.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2022.