Nullo per dolo il preliminare di compravendita se il promissario acquirente ottiene il consenso dell’alienante nascondendo notizie sulle parti condominiali non cedibili senza il consenso di tutti i comproprietari (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 30 maggio 2023, n. 15253).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Alberto GIUSTI – Presidente –

Dott. Giuseppe GRASSO – Consigliere –

Dott. Riccardo GUIDA – Consigliere –

Dott. Cesare TRAPUZZANO – Rel. Consigliere –

Dott. Cristina AMATO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 7129/2019) proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS), difeso dall’avv.to (OMISSIS) (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

ricorrente

contro

(OMISSIS) (OMISSIS) domiciliato presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS) (OMISSIS) sito in (OMISSIS), che difende come da procura depositata presso il difensore;

controricorrente

avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 2935/2018, pubblicata il 17 dicembre 2018, notificata il 18 dicembre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 aprile 2023 dal Consigliere relatore dott. Cesare Trapuzzano;

lette le memorie depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.

FATTI DI CAUSA

1. – (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) conveniva, davanti al Tribunale di Prato, (OMISSIS) (OMISSIS) al fine di sentire dichiarare l’inadempimento del convenuto, quale promittente alienante, all’obbligo assunto con il preliminare di compravendita stipulato tra le parti il 25 giugno 2004, avente ad oggetto un immobile ad uso ufficio, sito in (OMISSIS) con il conseguente accertamento della legittimità dell’esercizio del diritto potestativo di recesso, a cura del promissario acquirente, e con la condanna del convenuto al pagamento della somma di euro 52.500,00, a titolo di residuo dovuto per il doppio della caparra confirmatoria spettante, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Al riguardo, l’attore esponeva: che nello stipulato preliminare era stata pattuita la conclusione del contratto definitivo entro il 20 dicembre 2004 ovvero in data antecedente, su semplice richiesta del promissario acquirente; che il promittente alienante aveva garantito di essere proprietario esclusivo del bene compromesso, per averlo ricevuto a seguito di un preliminare concluso il 25 maggio 2004 con (OMISSIS) (OMISSIS) che aveva versato l’intero prezzo stabilito di euro 52.500,00, anche a titolo di caparra confirmatoria; che il convenuto non aveva adempiuto alle obbligazioni di cui al preliminare, nonostante le diffide inviate con raccomandate a.r. dell’1 luglio 2004 e del 19 luglio 2004; che, inoltre, detto convenuto aveva dimostrato di non voler onorare gli impegni assunti, restituendo la somma versata di euro 52.500,00.

Resisteva alle domande (OMISSIS) (OMISSIS) il quale rilevava:

che l’immobile risultava ancora di proprietà di (OMISSIS) (OMISSIS) il quale lo aveva promesso in vendita a (OMISSIS) (OMISSIS) con preliminare concluso in data 10 ottobre 1997, senza che al preliminare fosse seguito il definitivo tra dette parti, a causa di irregolarità urbanistiche e catastali del cespite, come accertate da tre professionisti, tra cui lo stesso attore, in qualità di notaio incaricato di redigere il contratto definitivo;

che, dunque, il preliminare tra il (OMISSIS) e la (OMISSIS) non aveva mai avuto esecuzione, sebbene la (OMISSIS) fosse entrata in “possesso” del bene, a  fronte della corresponsione di vecchie lire 140.000.000;

che in data 24 maggio 2004 aveva stipulato preliminare di acquisto del bene con la (OMISSIS) la quale aveva offerto – a garanzia della restituzione della somma ricevuta in prestito di euro 52.500,00 – la propria posizione di promittente acquirente dell’immobile, avente analogo valore della somma prestata;

che il 25 giugno 2004 aveva concluso il preliminare di cui è causa con il (OMISSIS) subentrato nella posizione della (OMISSIS) il quale gli aveva consegnato un assegno di euro 52.500,00;

che era venuto a conoscenza delle irregolarità suddette, nonché della “nullità” del preliminare stipulato con la (OMISSIS) soltanto a seguito delle diffide inviate dall’attore; che, tramite il proprio legale, aveva eccepito tale “nullità”;

che il (OMISSIS) era consapevole di dette circostanze, in ragione delle sue competenze professionali e dell’incarico ricevuto per la stipula del definitivo tra il (OMISSIS) e la (OMISSIS).

Per l’effetto, chiedeva il rigetto delle domande avanzate da controparte e, in via riconvenzionale, chiedeva che fosse “accertata e dichiarata la nullità ex art. l427 c.c.” del preliminare concluso con il (OMISSIS) in quanto il suo consenso era stato carpito con dolo o comunque dato per errore essenziale e riconoscibile dall’altra parte ovvero, in subordine, che venisse pronunciata la risoluzione consensuale del contratto preliminare, con condanna della controparte ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

Nel corso del giudizio era assunta la prova per interpello, erano escussi i testimoni ammessi ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio.

Il Tribunale adito, con sentenza n. 1213/2011, depositata il 4 novembre 2011, respingeva tutte le domande proposte da parte attrice e, in accoglimento della riconvenzionale spiegata da parte convenuta, pronunciava l’annullamento del contratto preliminare, in quanto il suo consenso era stato carpito con dolo. Quindi, condannava (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) al pagamento di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., nella misura di euro 1.500,00.

In ordine all’accoglimento della domanda di annullamento, il Giudice di primo grado sosteneva:

che il promissario acquirente aveva carpito con dolo il consenso del promittente alienante alla stipula del preliminare, profittando delle informazioni che aveva sull’immobile circa la presenza di parti condominiali non cedibili col solo consenso del proprietario (OMISSIS) (OMISSIS) ove non avessero prestato il consenso tutti gli altri comproprietari, informazioni che aveva ottenuto all’esito dell’incarico affidatogli dalla (OMISSIS) per la stipula del definitivo (OMISSIS) (OMISSIS) che era altresì consapevole, in ragione delle sue competenze professionali, che la scrittura privata intercorsa tra la (OMISSIS) e il (OMISSIS) fosse nulla, in quanto costituiva un patto commissorio;

che il (OMISSIS) aveva agito in malafede, omettendo di informare il (omissis) su circostanze che lo avrebbero indotto a desistere dalla stipula del preliminare, allo scopo di trarne un profitto, come poteva desumersi:

a) dalla relazione tecnica ((OMISSIS)) espletata nell’anno l999, che affermava la conformità urbanistica dell’immobile solo in relazione al buon esito dell’iter della sanatoria;

b) dalle clausole inserite dal (OMISSIS) nel contratto preliminare, in forza delle quali il (OMISSIS) aveva garantito di essere proprietario esclusivo dell’immobile, ivi comprese le parti condominiali;

c) dalla misura della caparra confirmatoria stabilita, pari al prezzo totale di vendita;

d) dalla previsione del termine per la stipula del definitivo, con la possibilità del promissario acquirente di richiedere la sua anticipazione;

e) dalla messa in mora del promittente alienante, a distanza di soli 5 giorni dalla stipula del preliminare, facendo leva sulla sua impossibilità di adempiere;

f) dall’equivalenza tra il corrispettivo versato al momento della stipula del preliminare e l’importo del prestito effettuato dal (OMISSIS) in favore della (OMISSIS) che il convenuto non conosceva le cause che rendevano impossibile la stipula del definitivo, come era suffragato dalla circostanza che aveva restituito l’intero prezzo immediatamente dopo la sua messa in mora.

2.- Proponeva appello (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) il quale negava di aver agito con dolo, affermando che nel preliminare erano state inserite mere clausole di stile, volte a salvaguardare la sua posizione e a garantire l’adempimento del promittente alienante, posto che aveva versato l’intero prezzo già al momento della stipula del preliminare.

Escludeva, poi, che ricorresse un errore essenziale e riconoscibile nel preliminare, in quanto il (OMISSIS) era perfettamente in grado di comprenderne il contenuto ed i suoi effetti.

Evidenziava, ancora, che era inattendibile la tesi del teste escusso (OMISSIS) secondo cui il (OMISSIS) aveva  scambiato il preliminare per una quietanza di pagamento.

Quindi, quanto alla situazione urbanistica ed edilizia dell’immobile, respingeva la ricostruzione in forza della quale vi sarebbero state delle irregolarità ostative al passaggio di proprietà, di talché il bene era stato successivamente trasferito dal (OMISSIS) in favore del (OMISSIS) con atto notarile del 3 marzo 2009.

Infatti, i terrazzi non costituivano parti condominiali, sicché il consenso prestato dagli altri condomini nel predetto rogito notarile era stato concesso ad abundantiam.

Rilevava, inoltre, che l’intento della (OMISSIS) e del (OMISSIS) era quello di vanificare l’impegno assunto da quest’ultimo con la stipula del preliminare, tutelando il patrimonio immobiliare della (OMISSIS) come poteva arguirsi dal preliminare di vendita di tutti i cespiti facenti parte del patrimonio della (OMISSIS) concluso con atto del 12 luglio 2004, in favore del (OMISSIS) e dalla conseguente trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica in data 12 maggio 2005, cui seguiva la risoluzione consensuale di tale preliminare.

In ultimo, contestava che il preliminare concluso tra la (OMISSIS) e il (OMISSIS) integrasse un patto commissorio, in difetto di alcun bene dato in pegno o ipotecato, non essendo tra l’altro la (OMISSIS) proprietaria del bene di cui aveva il “possesso”.

Si costituiva nel giudizio di impugnazione (OMISSIS) (OMISSIS) il quale chiedeva la declaratoria di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi o comunque per la mancata indicazione delle parti contestate della sentenza di primo grado; in subordine, chiedeva il rigetto nel merito del gravame.

Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Firenze, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.

A sostegno dell’adottata pronuncia il Giudice d’appello rilevava, per quanto interessa in questa sede:

a) che era configurabile nella fattispecie il dolo idoneo a giustificare la pronuncia di annullamento del preliminare, inteso come mero silenzio serbato su una circostanza essenziale;

b) che, infatti, il nella sua veste di notaio, era a conoscenza delle difficoltà relative al trasferimento dell’immobile all’esito del preliminare concluso tra il (OMISSIS) la (OMISSIS) come era stato confermato dal teste escusso (OMISSIS) (che assisteva la (OMISSIS) dalle risultanze della svolta consulenza tecnica d’ufficio e dall’esito dello stesso interrogatorio formale deferito all’appellante, quanto alla necessità che intervenissero nel rogito definitivo anche gli altri condomini al fine di regolarizzare il passaggio di proprietà anche dei terrazzi (condomini effettivamente intervenuti nell’atto di  vendita concluso tra il (OMISSIS) il (OMISSIS) in data 3 marzo 2009, a distanza di circa 3 anni dall’accordo del 9 giugno 2006, con il quale (OMISSIS) (OMISSIS) autorizzava (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) a subentrare nel preliminare concluso con (OMISSIS) (OMISSIS)

c) che, viceversa, non risultava in alcun modo che il (OMISSIS) fosse a conoscenza della questione relativa ai terrazzi;

d) che l’appellante era conscio dell’estrema difficoltà che l’appellato avrebbe avuto ad ottenere, in tempi così ristretti, il consenso dei condomini, allorché avesse conosciuto il problema delle terrazze, e aveva approfittato di tale circostanza, che – ove conosciuta dalla controparte – lo avrebbe ragionevolmente indotto a non sottoscrivere il preliminare;

e) che tanto poteva essere ricavato dal pagamento integrale del prezzo in sede di stipulazione del contratto preliminare (circostanza assolutamente anomala), dall’espressa qualificazione di tale somma versata come caparra confirmatoria (con tutte le conseguenze che ne sarebbero derivate), dalla facoltà per il promissario acquirente di pretendere il perfezionamento del definitivo a semplice richiesta, senza il decorso di un termine minimo, come in realtà era accaduto 5 giorni dopo la stipulazione del preliminare.

3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS).

Ha resistito con controricorso l’intimato (OMISSIS) (OMISSIS).

4.- Le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- In primo luogo, nessuna rilevanza riveste l’ordinanza di questa Corte Sez. 3, n. 26213 del 06/09/2022, pronunciata tra (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) (OMISSIS) come richiamata dal ricorrente nella memoria illustrativa depositata.

Tale pronuncia (di inammissibilità del ricorso di legittimità) si riferisce ad altra vicenda sostanziale, seppure richiamata nel corpo dell’odierno ricorso, ma in ogni caso non idonea ad esplicare effetti dirimenti nella presente sede.

E segnatamente essa si riferisce alla domanda di simulazione o di revocazione proposta dal (omissis) con la relativa pretesa di risarcimento dei danni, avverso il preliminare di vendita concluso tra la (OMISSIS) – nella qualità di promittente alienante – e il (OMISSIS) nella qualità di promissario acquirente -, avente ad oggetto tutti i cespiti di cui la prima era proprietaria, concluso in data 12 luglio 2004, cui ha fatto seguito la domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., proposta dal (omissis) con citazione notificata l’11 maggio 2005 e trascritta il 12 maggio 2005 (non iscritta a ruolo), vicenda che si è conclusa con la risoluzione consensuale, mediante scrittura privata del 19 maggio 2005, registrata il 26 maggio 2005, e la conseguente cancellazione della trascrizione all’esito dell’ordine giudiziale.

La sentenza d’appello ha confermato la declaratoria di cessazione della materia del contendere, escludendo la soccombenza virtuale del (OMISSIS) e accordando il risarcimento invocato da quest’ultimo nei limiti del rimborso delle spese per la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica.

Solo nei limiti in cui tale pronuncia fosse stata destinata a produrre gli effetti di cosa giudicata nell’odierno giudizio, la sua allegazione e produzione sarebbero state ammissibili e il documento utilizzabile.

2.- Tanto premesso, con l’unico motivo articolato il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., per avere la Corte territoriale tralasciato di esaminare il preliminare del 25 giugno 2004 e la successiva diffida ad adempiere nella sua interezza, atti da cui si sarebbe potuto desumere che il rispetto del termine concesso per la stipulazione del definitivo – di sei mesi e non di tre mesi, come ritenuto dal giudice di merito – non sarebbe stato impossibile.

Ad avviso dell’istante, la Corte distrettuale non avrebbe esaminato neanche la circostanza rappresentata dalla risoluzione volontaria della cessione del preliminare dalla (OMISSIS) al (OMISSIS) risoluzione avvenuta in data 12 luglio 2004.

Né sarebbe stata esaminata la documentazione prodotta, dalla quale sarebbe risultato evidente che l’Avv. (OMISSIS) (OMISSIS) avesse curato sia gli interessi della (OMISSIS) sia quelli del (OMISSIS) sicché la sua testimonianza sarebbe stata inattendibile.

Ancora, il ricorrente contesta che non sarebbero stati valutati i seguenti fatti decisivi:

a) la stipulazione del preliminare tra (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) in data 10 ottobre 1997;

b) la  relazione  di  conformità  del  20  maggio  l999  dell’architetto (OMISSIS) (OMISSIS) l’impegno assunto dal (OMISSIS) a garanzia del regolare e corretto trasferimento, in ordine all’intervento nel rogito di tutti i condomini;

c) la cessione del preliminare da (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) in data 25 maggio 2004, in relazione al successivo preliminare stipulato il 12 luglio 2004, avente ad oggetto l’intero compendio patrimoniale della (OMISSIS) con la contestuale risoluzione del preliminare del 28 (25) maggio 2004;

d) il successivo preliminare sottoscritto tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) il 25 giugno 2004;

e) la stipulazione del preliminare di vendita di tutti i cespiti della (OMISSIS) il 12 luglio 2004, all’esito della diffida ad adempiere notificata dal (OMISSIS) il 7 luglio 2004;

f) la cessione in data 9 giugno 2006 del preliminare dalla (OMISSIS) in favore del (OMISSIS) per l’importo di euro  l00.000,00, cui seguiva la stipulazione del definitivo il 3 marzo 2009.

2.1.- Anzitutto, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dal controricorrente per asserita violazione del divieto di articolazione del motivo ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. nel caso di “doppia conforme”.

Ed invero, la previsione di inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348-ter, quinto comma, c.p.c., che esclude che possa essere impugnata ex art. 360, primo comma, 5, c.p.c. la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado”, non si applica, agli effetti dell’art. 54, secondo comma, del d.l. n. 83/2012, conv., con modif., in legge n. 134/2012, per i giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’ll settembre 20l2, tra cui rientra il caso di specie (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11439 del 11/05/2018; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 6-L, Ordinanza n. 24909 del 09/12/2015; Sez. 5, Sentenza n. 26860 del 18/12/2014).

2.2.- Nondimeno, la censura è inammissibile per altra ragione.

E segnatamente perché, sotto l’apparente deduzione di un vizio di omesso esame di accadimenti storico-naturalistici decisivi, essa mira in realtà ad ottenere una valutazione alternativa – favorevole alla tesi dell’istante – di circostanze non già omesse, bensì ponderate in termini sfavorevoli alla prospettazione del ricorrente nei due gradi di merito del giudizio.

Come emerge dalla descritta narrativa dei fatti, le circostanze dedotte nella doglianza sviluppata dal ricorrente sono state espressamente considerate dalla Corte di merito per ritenere che il consenso prestato da (omissis) (omissis) alla stipula del preliminare del 25 maggio 2004, con il promissario acquirente (OMISSIS) (OMISSIS) fosse stato carpito con dolo.

Sono stati, infatti, richiamati gli atti che si sono succeduti, a decorrere dal primo preliminare del 10 ottobre 1997, stipulato tra (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS).

All’esito della completa disamina di tali vicende, è stato espresso il “convincimento” che il promittente alienante(omissis) (omissis) non conoscesse la circostanza secondo cui, ai fini del perfezionamento del definitivo, fosse necessario che partecipassero alla stipula del rogito gli altri condomini, quali comproprietari delle terrazze, ignoranza della quale il promissario acquirente aveva profittato per carpire il consenso della controparte.

Siffatto “convincimento” è stato argomentato sulla scorta di plurime ragioni, come innanzi descritte: il pagamento integrale del prezzo, la qualificazione del prezzo versato come caparra confirmatoria, il diritto potestativo del promissario acquirente di richiedere la stipulazione del definitivo a semplice richiesta, anche prima del termine concordato per la conclusione del definitivo, la necessità che alla stipulazione del rogito intervenissero gli altri condomini, quali comproprietari delle terrazze.

Ne discende che tale valutazione dei fatti, di cui si auspica una rinnovata disamina, non è sindacabile in sede di legittimità, non potendo la Corte compiere una loro ponderazione alternativa, rimessa, invece, in via esclusiva al giudice di merito (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Sez. 3, Sentenza n. 15276 del 01/06/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6- 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017).

L’apprezzamento debitamente motivato del giudice di merito, per effetto del suo libero “convincimento” sul materiale istruttorio raccolto ed esaminato, non rientra, dunque, nel sindacato di legittimità.

Ebbene, qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. ll6, primo e secondo comma, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, è inammissibile, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. non consente di criticare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.

3. – In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese e i compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P. Q. M.

La Corte Suprema di Cassazione

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore del controricorrente, delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 27 aprile 2023.

Depositata in Cancelleria il 30 maggio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.