Per essere sanzionato con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture, il contribuente stesso deve aver tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova (Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza 10 luglio 2024, n. 18824).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

ENRICO MANZON               Presidente

GIOVANNI LA ROCCA         Consigliere

FILIPPO D’AQUINO             Consigliere

ROBERTO SUCCIO              Consigliere

ANNACHIARA MASSAFRA  Consigliere – Rel.

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

suI ricorso iscritto aI n. 10876/2023 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura genera le dello Stato che la rappresenta e difende;

-ricorrente­-

contro

(omissis) (omissis) elettivamente domiciliati in Lecce, in (omissis) presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che li rappresenta e difende;

-controricorrenti-

avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia n. 657/22/23, depositata il 7 marzo 2023;

udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 23 aprile 2024 dal Consigliere dott.ssa Annachiara Massafra.

FATTI DI CAUSA

1. La vicenda trae origine dalla verifica fiscale effettuata dalla Guardia di finanza di Lecce nei confronti di (omissis) SRL esercente l’attività di commercio all’ingrosso ed al dettaglio di autovetture ed autoveicoli leggeri.

2. All’esito del controllo, venne verificata la sussistenza di diverse irregolarità (tra cui ad ed. l’assenza di fatture emesse in regime ordina rio ed in regime del margine, l’omessa effettuazione di versamenti periodici IVA, l’annotazione di vendite complessive fino a giugno 2015 pari ad euro 374.483,00 e di acquisti complessivi fino ad aprile 2015 pari ad euro 78.932,00) paste in essere dalla società avente all’epoca denominazione (omissis) srl.

3. Venne quindi emesso avviso di accertamento poi notificato ai soci sulla base della presunzione che i maggiori utili extra contabili accertati in capo alla società fossero stati attribuiti pro quota ai soci.

4. Questi ultimi presentarono ricorso avverso l’avviso di accertamento, contestando tra le altre cose il calcolo eseguito dall’Ufficio per la determinazione del reddito e lamentarono la mancata considerazione, quali componenti negativi, delle rimanenze finali al 31 dicembre 2014, che diventavano rimanenze iniziali al primo gennaio 2015, pari a 271.550,99.

5. I ricorsi vennero rigettati in considerazione, tra le altre cose, della assenza di riscontri probatori in relazione alla affermazione dei soci secondo cui negli anni precedenti al 2015 il costo complessivo delie autovetture acquistate sarebbe stato di 271.550,99.

La sentenza venne, quindi, appellata ed il giudice di seconde cure accolse parzialmente l’appello. Si affermò che “quanto disposto dai primi giudici, a parere di questo Collegio, non pu6 essere confermato in funzione del riscontro analitico effettuato sulla documentazione agli atti fin dal primo grado che dimostra come, per alcune autovetture, vendute nel 2015, i costi fossero stati sostenuti negli anni precedenti”.

6. In particolare, il giudice, preso atto che l’accertamento societario non fosse di tipo induttivo puro, ritenne corretto “in ossequio alla capacita contributiva ammettere in deduzione i costi emergenti dagli allegati 1 e 2 al ricorso introduttivo, rispettivamente con l’IVA a credito e a margine”. Si chiari che tali costi fossero comprovati “dai documenti originari di acquisto, riscontrati dal Collegio”.

Si evidenziò come gli appellanti avessero fornito contezza che le fatture di vendita indicate negli “schemi allegati (riportate anche nel registro vendite)” trovassero corrispondenza in acquisti di autovetture di anni precedenti” che non possono che costituire rimanenze iniziali del 2015. Pertanto, si ritenne corretto “che, nella ricostruzione del reddito societario debbano essere tenuti in considerazione i costi”.

Si concluse che fosse del tutto evidente che (omissis) non avessero altro modo per difendersi se non in sede contenziosa.

Si statui, infatti, che fossero riconducibili ai soci “gli utili accertati a prescindere dagli inadempimenti dell’amministratore subentrato. Tali inadempimenti però, non possono compromettere le facoltà difensive dei soci dimissionari, a maggior ragione se la società subentrante ha fatto divenire definitivo l’accertamento senza adire ii contenzioso”. Di talché si ridusse ii reddito di impresa accertato da Euro 279.452, 00 a 7901,00 euro, al netto dell’importo di 271.550,99 quali costi documentati in sede contenziosa dai ricorrenti.

Avverso tale decisione ricorre l’Agenzia con un motivo, resistono (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) con controricorso, eccependo preliminarmente la nullità del ricorso per violazione dell’art. 366 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente deve disattendersi l’eccezione formulata dal controricorrente atteso che il ricorso é stato redatto in conformità ai dettami di cui all’art. 366 c.p.c. ed quindi é possibile, dalla lettura dell’atto, comprendere le ragioni di doglianza poste alla base dell’impugnazione.

2. L’Agenzia impugna la sentenza per violazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 62 del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 109 del testo unico delle imposte sul reddito n. 917 del 986, e degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.

La ricorrente censura la sentenza poiché essa si fonderebbe su due prospetti manoscritti relative a fatture per l’acquisto di autovetture negli anni precedenti al 2015. Secondo l’Agenzia la documentazione, in quanto prodotta solo in giudizio, non avrebbe potuto essere utilizzata e, inoltre e comunque, non vi sarebbe prova della contabilizzazione delle fatture.

II giudice avrebbe in conclusione riconosciuto dei costi che non presentavano alcun margine di certezza, valorizzando le “indicazioni dei ricorrenti” che sarebbero rimaste “allo stato di mere allegazioni” laddove la determinazione dell’Ufficio sarebbe avvenuta “sulla base del registro iva tenuto dalla società” cosi violando l’art. 109 TUIR.

2.1 Il motivo é infondato.

La doglianza, al di là del riferimento alle norme violate, si incentra sulla valutazione del materiale probatorio effettuato dal giudice opponendo ad essa una serie di valutazioni non ammissibili in questa sede.

Come costantemente affermato da questa Corte, il ricorso per cassazione non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (tra le varie, Cass. Sez. u, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Ne é possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).

A cio si aggiunga, in relazione alla denunciata tardiva esibizione di documenti, nella specie fatture, che la mancata esibizione di atti e documenti rilevanti ai fin i dell’accertamento, nella fase amministrativa che abbia preceduto ii giudizio, impedisce di prenderne in considerazione ii contenuto a favore del contribuente, ma la previsione può essere superata dal deposito successivo degli stessi, in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa; qualora tuttavia l’Amministrazione neghi o contesti tale pur tardiva produzione, il contribuente, al fine di rendere inoperanti  le cause di  inutilizzabilità, deve produrre in giudizio la documentazione prima non esibita, nel rispetto dei termini e delle modalità indicate dall’art. 32, comma 5, del d.P.R. 600 del 1973, vigente “ratione temporis“, ed all’autorità giudiziaria compete vagliare la regolarità dei documenti e delle sue modalità di produzione, nonché la sussistenza e la congruità della dichiarazione allegata “di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”. (Nella specie la s.c. ha escluso che la CTR avesse violato l’art. 32, comma 5 cit. negando che i registri IVA fossero stati esibiti al giudice, dal momento che il ricorrente non aveva confutato tale affermazione, ritenendo sufficiente la tardiva produzione in sede amministrativa).

Nella specie non risulta che la questione si stata sollevata dinanzi al giudice di seconde cure, ne tanto meno che l’Agenzia abbia contestato la produzione documentale dinanzi alla C.T.P., essendo la predetta documentazione presente fin dal primo grado del giudizio, sicché la doglianza, sotto questo profilo, si palesa come nuova in questa sede e quindi inammissibile.

Va in questa sede inoltre ricordato che in tema di accertamento dell’IVA, l’art. 52, comma quinto, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il quale esclude la possibilità di prendere in considerazione a favore del contribuente, in sede amministrativa e contenziosa, i documenti (libri, scritture, registri, etc.) che non siano stati acquisiti durante gli accessi perché il contribuente ha rifiutato di esibirli o perché ha dichiarato di non possederli, o perché li ha comunque sottratti al controllo, costituisce norma facente eccezione a regole generali, che non può essere applicata oltre i casi ed i tempi da essa considerati e deve essere interpretata, in coerenza ed alla luce dei principi affermati dagli artt. 24 e 53 Cost., in modo da non comprimere ii diritto alla difesa e di obbligare il contribuente alla effettuazione di pagamenti non dovuti e, quindi, nel senso che, per essere sanzionato con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture, il contribuente stesso deve aver tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, dunque, capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso di giudizio.

3. In conclusione, il ricorso deve essere respinto e le spese liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta ii ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delie spese processuali in favore del controricorrente che liquida per compensi professionali in € 6000,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2024

Il Presidente

Enrico Manzon

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.