Pubblico impiego privatizzato: continuità giuridica del rapporto di lavoro e mantenimento del trattamento economico (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 10 settembre 2024, n. 24289).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

composta dagli ill.mi Sigg.ri magistrati:

CATERINA MAROTTA      Presidente

ANDREA ZULIANI          Consigliere

ROBERTO BELLÉ            Consigliere

NICOLA DE MARINIS      Consigliere – Rel.

FEDERICO ROLFI                   Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 33311-2019 proposto da:

(omissis) (omissis), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis) (omissis);

-ricorrente-

contro

REGIONE SICILIANA – ASSESSORATO REGIONALE DELLE AUTONOMIE LOCALI E DELLA FUNZIONE PUBBLICA, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

-resistente con mandato-

nonchè contro

ASSESSORATO REGIONALE DELL’ENERGIA E DEI SERVIZI DI PUBBLICA UTILITA’;

-intimato-

avverso la sentenza n. 505/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 29/05/2019 R.G.N. 1158/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/06/2024 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.

RILEVATO

– che, con sentenza del 29 maggio 2019, la Corte d’Appello di Palermo, confermava la decisione resa dal Tribunale di Agrigento e rigettava la domanda proposta da (omissis) (omissis) nei confronti dell’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica e dell’Assessorato Regionale Energia e Servizi di Pubblica Utilità, avente ad oggetto il pagamento in favore dell’istante, già dipendente dell’ESA con qualifica di operaio specializzato inquadrato nel 3° livello del CCNL per le imprese edili poi transitato nei ruoli dell’Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque (ARRA) e qui inquadrato in conformità alla qualifica ed all’anzianità di servizio posseduta in categoria B, posizione economica B6, delle differenze maturate a suo favore per essersi visto attribuire, in luogo dell’Anzianità Professionale Edile (APE), in precedenza spettante e non più percepita dal 2008 la Retribuzione Individuale di Anzianità (RIA) quale voce retributiva corrispondente prevista dal CCNL applicato nell’Amministrazione di destinazione;

– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto che, per quanto si fosse in presenza di un processo di cessione ex lege del contratto di lavoro assimilabile al fenomeno disciplinato dall’art. 2112 c.c. implicante la garanzia di mantenimento, nel passaggio, dei diritti già entrati nel patrimonio del dipendente, il richiamo all’art. 30 d.lgs. n. 165/2001 che impone l’applicazione della diversa disciplina contrattuale in essere presso il nuovo datore, osta, salva diversa specifica previsione che nella specie manca, alla perpetuazione di un trattamento retributivo di maggior favore che secondo una logica di ingiustificato trascinamento, assicurasse al personale in mobilità il mantenimento di un più elevato livello retributivo a mezzo di un elemento aggiuntivo proprio ed esclusivo della categoria professionale di provenienza;

– che per la cassazione di tale decisione ricorre lo (omissis), affidando l’impugnazione a quattro motivi, in relazione alla quale il solo Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica si è costituito ai fini della difesa nell’eventuale udienza di discussione della causa;

CONSIDERATO

– che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 31, d.lgs. n. 165/2001, 12, comma 2, Preleggi e del principio del divieto di reformatio in pejus della retribuzione in godimento in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale, assumendo l’applicabilità alla fattispecie dell’invocato art. 31 e la riconducibilità della garanzia ivi posta a quella sancita dall’art. 2112 c.c., per la quale il rapporto di lavoro continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano;

– che nel secondo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 30, d.lgs. n. 165/2001, 12, comma 2, Preleggi, del principio del divieto di reformatio in pejus della retribuzione in godimento è prospettata con riferimento alla ribadita inapplicabilità alla fattispecie del richiamato art. 30 ed, in ogni caso, all’inconfigurabilità del contrasto del medesimo art. 30, che impone l’applicazione del trattamento economico e giuridico previsto nei CCNL vigenti nell’amministrazione di destinazione con i principi del divieto di reformatio in pejus della retribuzione in godimento e della parità di trattamento con gli altri dipendenti dell’amministrazione di destinazione, componendosi le eventuali difformità con il riconoscimento di un assegno ad personam riassorbibile;

– che, con il terzo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 31 d.lgs. n. 165/2001, del combinato disposto degli artt. 1324 e 1362 c.c., dell’art. 24 del CCNL per le imprese edili, dell’art. 12 Preleggi, dell’art. 7, comma 12, l. regionale n. 19/2005, e dell’art. 2909 c.c., il ricorrente imputa alla Corte territoriale di aver erroneamente escluso l’APE dal novero delle voci retributive componenti il trattamento economico fondamentale che, alla luce delle invocate norme di legge e di contratto nonché di pregresse pronunzie giurisprudenziali costituenti giudicato esterno, il ricorrente aveva diritto a mantenere;

– che con il quarto motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., il ricorrente precisa la doglianza già prospettata con il motivo che precede, imputando alla Corte territoriale di essersi pronunciata in contrasto con il giudicato esterno formatosi in relazione alla pregressa decisione del Tribunale di Agrigento che riconosceva nei confronti del ricorrente la spettanza dell’APE per il periodo 1998/2007, allorché operava alle dipendenze dell’ESA, riconoscimento destinato ad esplicare effetti anche per il futuro a motivo della continuità del rapporto;

– che tutti gli esposti motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano meritevoli di accoglimento alla luce di quanto già evidenziato da questa Corte in vicenda analoga (v. Cass.9874/2023);

– che è opportuno ribadire che il ricorrente ha esposto di essere transitato, a decorrere da febbraio 2008, dalle dipendenze dell’Ente sviluppo agricolo (ESA) a quelle dell’Agenzia regionale per i Rifiuti e le Acque (ARRA), in base al disposto dell’art. 7 della legge Regione Sicilia n. 19 del 2005;

– che nel procedere al suo inquadramento, in passato regolato dal CCNL edili, l’ARRA gli aveva assegnato la qualifica B6, ma aveva cessato di corrispondergli il trattamento di anzianità in godimento, sostituendolo con la corrispondente voce contrattuale del nuovo CCNL applicato (la Retribuzione individuale di Anzianità, c.d. RIA), in quanto aveva ritenuto che l’APE configurasse una voce accessoria disponibile del precedente trattamento economico;

– che in questo modo, la retribuzione da lui percepita era diminuita in conseguenza del passaggio dall’ESA all’ARRA;

– che in relazione a tale prospettazione va osservato come la Corte territoriale non abbia tenuto conto che, in tema di pubblico impiego privatizzato, il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, in mancanza di espresse disposizioni normative sul contenuto e sulle modalità del relativo trasferimento, è disciplinato da un primo principio, espresso dall’art. 2112 c.c., ossia quello dell’inerenza del rapporto contrattuale al complesso aziendale (o all’attività di competenza di un soggetto pubblico), in tutti i casi in cui questo, pur cambiando la titolarità, resti immutato nella sua struttura organizzativa e nell’attitudine all’esercizio dell’impresa (o della funzione perseguita);

– che, in particolare, la presente vicenda, concernendo il passaggio delle funzioni di ente pubblico ad un altro con i relativi dipendenti, come il ricorrente, ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 31 d.lgs. n. 165 del 2001, per il quale “Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applica l’art. 2112 c.c.”;

– che i due termini utilizzati dall’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001, per consentire il ricorso all’art. 2112 c.c., ovvero quelli di trasferimento o di conferimento di attività, esprimono, infatti, la volontà del legislatore di comprendere nello spettro di tale disposizione ogni vicenda traslativa riguardante l’attività dell’ente cedente;

– che l’art. 2112 c.c. prescrive, poi, ai commi da 1 a 3, che: “ In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario. L’effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello”;

– che, a questa stregua, il ricorrente aveva allora diritto, dopo essere divenuto dipendente della nuova P.A., a mantenere, in linea di principio, tutti i diritti maturati derivanti dal rapporto di lavoro con l’ESA, che continuava con il cessionario, e, pertanto, anche la retribuzione percepita in precedenza;

– che, peraltro, tale diritto deve essere chiaramente inteso alla luce del complessivo sistema normativo vigente;

– che, in particolare, va rilevato come il comma 3 dell’art. 2 d.lgs. n. 165 del 2001 – nella parte rilevante ai fini del presente giudizio -disponga che “I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva”;

– che, dalla lettura della disposizione emerge, dunque, l’esistenza di un secondo principio, sempre di carattere generale, che interessa la fattispecie, ossia quello del riassorbimento dei trattamenti economici più favorevoli, demandandosi alla contrattazione collettiva la definizione delle modalità e della misura del detto riassorbimento;

– che, la giurisprudenza è intervenuta in materia, in modo da coordinare fra loro i due principi generali sopra esposti, ossia:

a- quello dell’inerenza del rapporto contrattuale al complesso aziendale (o all’attività di competenza di un soggetto pubblico), in tutti i casi in cui questo, pur cambiando la titolarità, resti immutato nella sua struttura organizzativa e nell’attitudine all’esercizio dell’impresa (o della funzione perseguita), al quale si ricollega il mantenimento del previo trattamento economico;

b- quello del riassorbimento dei trattamenti economici più favorevoli;

– che, pertanto, la S.C. ha affermato che, nell’ambito del lavoro pubblico, nel caso di passaggio da una P.A. ad un’altra, è assicurata -in mancanza di disposizioni speciali – la continuità giuridica del rapporto di lavoro e il mantenimento del trattamento economico, il quale, ove risulti superiore a quello spettante presso l’ente di destinazione, opera nell’ambito della regola del riassorbimento degli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in pejus del trattamento economico acquisito, in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti per effetto del trasferimento, secondo quanto risulta argomentando dall’art. 34 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 19 del d.lgs. n. 80 del 1998, (ora art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001), che richiama le regole dettate dall’art. 2112 c.c., (Cass., Sez. 6-L, n. 4545 dell’8 marzo 2016);

– che il criterio generale del riassorbimento deve operare in riferimento ai miglioramenti del trattamento economico complessivo dei dipendenti dell’Amministrazione di arrivo e non con riguardo a singole voci che compongono tale trattamento economico;

– che ciò in quanto solo il primo sistema di riassorbimento è conforme al principio enunciato dall’art. 36 Cost., come costantemente interpretato dalla giurisprudenza costituzionale, nel senso che il principio della “proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione va riferito non già alle sue singole componenti, ma alla globalità di essa” (Corte cost., sentenze n. 141 del 1979, n. 470 del 2002 e n. 434 del 2005).

Alle singole voci che compongono la retribuzione non può essere attribuito, quindi, autonomo rilievo, a meno che questo non sia espressamente previsto dalla legge o dalla contrattazione collettiva (Cass., Sez. L, n. 35423 del 1° dicembre 2022; Cass., Sez. L, n. 10210 del 28 maggio 2020);

– che la regola per la quale il passaggio da un datore di lavoro all’altro comporta l’inserimento del dipendente in una diversa realtà organizzativa e in un mutato contesto di regole normative e retributive, con applicazione del trattamento in atto presso il nuovo datore di lavoro ex art. 2112 c.c. è confermata, per i dipendenti pubblici, dall’art. 30 d.lgs. n. 165 del 2001.

Questo riconduce il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse alla fattispecie della cessione del contratto (art. 1406 c.c.), con l’effetto che, da un lato, impone la regola generale dell’applicazione del trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi nel comparto dell’Amministrazione cessionaria, non giustificandosi diversità di trattamento, ma, dall’altro, prescrive il divieto di reformatio in peius del trattamento economico acquisito, tra dipendenti, dello stesso ente, a seconda della provenienza, con la conseguenza che fa salvi gli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettate tale divieto (Cass., Sez. L, n. 169 del 5 gennaio 2017);

– che, in conclusione, il trattamento retributivo ordinariamente spettante in origine al dipendente trasferito da una P.A. ad un’altra (come nella specie) dovrà essere mantenuto dall’Amministrazione cessionaria, pur se maggiore di quello dei dipendenti di quest’ultima, anche se su detto trattamento, considerato nel suo complesso e non per singole voci retributive, andrà operato il riassorbimento;

– La P.A. sostiene che il ricorrente non avrebbe diritto a mantenere il trattamento economico del quale godeva nell’Amministrazione di provenienza perché l’APE sarebbe un elemento aggiuntivo proprio ed esclusivo della categoria professionale di provenienza, non annoverato dalla contrattazione collettiva nel trattamento economico fondamentale;

– che la stessa Corte territoriale sottolinea che “non può ritenersi plausibile, nell’ottica della conservazione del trattamento retributivo in essere, l’ultrattività di elementi tipici e coessenziali alla specificità della prestazione espletata sotto il precedente datore di lavoro”;

– che, tuttavia, questa conclusione non tiene conto che, ai fini della determinazione del trattamento economico fondamentale, non rileva la distinzione fra elemento accessorio o non accessorio dello stesso, ma la circostanza che la corresponsione di tale elemento sia o meno incerta nell’an e nel quantum;

– che nella specie, il diritto del ricorrente al versamento dell’APE, durante il suo rapporto con l’ESA, non presentava elementi di aleatorietà;

– che si trattava, infatti, di un beneficio previsto dall’art. 29 del CCNL del 20 maggio 2004 per le imprese edili ed affini connesso all’anzianità professionale edile, competeva, quindi, in ragione della durata del servizio prestato e la sua quantificazione era certa;

– che la sua spettanza al ricorrente era, poi, ormai incontestabile, essendo stata riconosciuta fino al 2007 con sentenza del Tribunale di Agrigento n. 757 del 2008 passata in giudicato;

– che, in aggiunta a ciò, si evidenzia che, nel caso in esame, anche la contrattazione collettiva dell’ente di destinazione prevedeva un corrispondente trattamento di anzianità, il RIA, pur se di minore importo, tanto che la P.A. cessionaria lo aveva applicato in luogo dell’APE in via ordinaria;

– che ne deriva che, a stretto rigore, la corte territoriale non si sarebbe neppure dovuta porre un problema di riconoscimento o meno di una singola voce della retribuzione, sul presupposto della sua essenzialità o meno, ma semplicemente di quantificazione del compenso spettante in presenza di presupposti omogenei;

– che, ovviamente, il ricorrente una volta transitato dall’ESA all’ARRA, non aveva più diritto a percepire l’APE, ma ciò non toglie che il trattamento retributivo ordinariamente a lui spettante nella P.A. di provenienza dovesse essere mantenuto dall’Amministrazione di destinazione, pur se maggiore di quello dei dipendenti di quest’ultima, tramite la corresponsione di un assegno ad personam, anche se su detto trattamento, considerato nel suo complesso e non per singole voci retributive, doveva poi operare il riassorbimento;

– che, al contrario, la Corte d’appello di Palermo ha affermato che la c.d. APE “non a caso” non era annoverata dall’art. 24 CCNL del 20 maggio 2004 “all’interno del trattamento economico fondamentale”;

– che questa considerazione, però, a prescindere da quanto sopra esposto, si pone in contrasto con la normativa del detto CCNL (il cui testo può essere esaminato, essendo stato depositato unitamente al ricorso ex art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c.);

– che l’art. 29 del citato CCNL prescrive: “Sono istituiti a favore degli operai particolari benefici connessi all’anzianità professionale edile. Le condizioni, i termini e le modalità per la maturazione e l’erogazione di tali benefici sono previsti nel regolamento allegato al presente contratto, del quale forma parte integrante. Alla copertura degli oneri derivanti dalla disciplina dell’anzianità professionale edile si provvede con un contributo, a carico dei datori di lavoro, nella misura stabilita in relazione alle esigenze della gestione, con accordo tra le organizzazioni territoriali aderenti alle Associazioni nazionali contraenti. Il contributo è computato sugli elementi della retribuzione di cui al punto 3) dell’art. 24 per tutte le ore di lavoro ordinario effettivamente prestate, nonché sul trattamento economico per le festività di cui all’art. 17”;

– che l’art. 29 in esame, che regola proprio l’APE, rinvia, quindi, all’art. 24 del medesimo CCNL del 20 maggio 2004, menzionato dalla corte territoriale, per l’esattezza al punto 3, per determinare il contributo necessario alla copertura degli oneri derivanti dalla disciplina dell’anzianità professionale edile;

– che l’art. 24 citato chiarisce, al punto 3, che: “ Ai fini dell’applicazione degli artt. 6, 7, 19, 20, 21, 28, 29, 36 e 77, debbono essere assunti a base di calcolo i seguenti elementi della retribuzione:

a) per gli operai che lavorano ad economia:

–paga base di fatto;

–ex indennità di contingenza;

–elemento economico territoriale;

–indennità territoriale di settore;

b) per gli operai che lavorano a cottimo:

–paga base di fatto;

–ex indennità di contingenza;

–elemento economico territoriale;

–indennità territoriale di settore;

–utile minimo contrattuale di cottimo (8% di cui all’art. 13);

–utile medio o effettivo di cottimo nei casi di cui agli artt. 18, 19, 32 e 33 del presente contratto”;

– che detto art. 24, che indica gli “ Elementi della retribuzione ”, richiama, pertanto, al punto 3, proprio l’art. 29, che istituisce l’APE, il quale, allora, non può non essere, a sua volta, “un elemento della retribuzione”, essendo calcolato il contributo necessario alla sua corresponsione su altri “elementi della retribuzione”;

– che, d’altronde, è evidente che l’art. 24 del CCNL per le imprese edili ed affini del 20 maggio 2004 contiene un elenco non tassativo degli “elementi della retribuzione”, considerato che, ai punti 4 e 5, stabilisce che: “4) Ai fini dell’applicazione degli artt. 17 e 18 oltre agli elementi retributivi di cui al punto 3) deve essere assunta a base di calcolo, per i capisquadra anche la speciale maggiorazione riconosciuta per tale particolare incarico. 5) Agli effetti dell’applicazione degli artt. 2, 3, 4, 8, 13, 25, 32, 89, 98 e 105 oltre agli elementi della retribuzione di cui al punto 3) deve computarsi anche ogni altro compenso di carattere continuativo, con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso di spese”;

– che l’art. 24 del CCNL in questione, quindi, facendo riferimento ad “ogni altro compenso di carattere continuativo” per l’applicazione di ulteriori disposizioni dello stesso CCNL, chiarisce che ben possono esservi altri “elementi della retribuzione”, oltre a quelli elencati dal medesimo art. 24; che non incide, poi, sulla soluzione della controversia la decisione della S.C., Sez. L, n. 13544 del 26 maggio 2008, pure citata dalla Corte d’appello di Palermo, pronuncia che si è limitata ad affermare il principio, condivisibile, ma non rilevante nella specie, che l’istituto degli scatti di anzianità è del tutto estraneo al principio costituzionale di proporzionalità della retribuzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato e che il regime della loro attribuzione e del calcolo del loro ammontare trova la sua fonte nell’autonomia negoziale collettiva, con la conseguenza che un diverso numero di scatti previsto per categorie diverse (quali, nella specie, gli impiegati e gli operai) non viola alcun principio costituzionale;

– che, infine, in ordine al riferimento, contenuto nel controricorso, alle Casse edili, si ritiene opportuno precisare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, le somme che il datore di lavoro ha l’obbligo di versare alla Cassa edile, quali accantonamenti destinati al pagamento di ferie, gratifiche natalizie e festività infrasettimanali, costituiscono somme spettanti ai lavoratori a titolo retributivo, configurandosi il rapporto con la Cassa edile quale delegazione di pagamento, con la conseguenza che la stessa è obbligata nei confronti dei lavoratori solo a seguito del pagamento delle somme da parte del datore di lavoro.

Ne consegue che, se ben può agire il lavoratore nei confronti del datore per il pagamento delle somme dovute per ferie, festività e gratifiche natalizie, egualmente la Cassa ha l’obbligo di riscuotere le somme che il datore è tenuto a versare (Cass., Sez. 6-L, n. 10140 del 9 maggio 2014);

– che nella presente controversia, deve tenersi in considerazione che il diritto del ricorrente a percepire l’APE, per il periodo durante il quale è stato dipendente dell’ESA, era stato accertato con sentenza passata in giudicato e che lo stesso ricorrente aveva comunque il potere di agire nei confronti del datore di lavoro per riscuotere il suo credito;

– che il ricorso va, dunque, accolto nei termini di cui in motivazione e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di lite di legittimità, applicando i seguenti principi di diritto: “In tema di pubblico impiego privatizzato, nel caso di passaggio di lavoratori da un’amministrazione ad altra ex art. 31 d.lgs. n. 165 del 2001, devono essere assicurati la continuità giuridica del rapporto e il mantenimento del trattamento economico, il quale, ove superiore a quello spettante presso l’ente di destinazione, va calcolato applicando la regola del riassorbimento degli assegni ad personam attribuiti in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti a seguito del trasferimento”; “Il lavoratore dell’Ente sviluppo agricolo siciliano che, ai sensi dell’art. 7 della legge Regione Sicilia n. 19 del 2005, sia trasferito alle dipendenze dell’Agenzia regionale per i Rifiuti e le Acque, mantiene il diritto a conservare, se maggiore, il livello del trattamento economico precedente; tale trattamento economico va calcolato tenendo conto di tutti gli elementi della retribuzione la corresponsione dei quali sia certa nell’an e nel quantum e, quindi, anche del trattamento di Anzianità professionale edile, c.d. APE, previsto dall’art. 29 CCNL per le imprese edili ed affini del 20 maggio 2004 e legittimamente dovuto allo stesso lavoratore fino al momento del suo passaggio alla P.A. di destinazione, fatto salvo l’effetto del riassorbimento, che opererà sulla medesima retribuzione nella sua globalità e non sulle singole voci di questa”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.

Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 6 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.