Quando valgono i vincoli contenuti nel regolamento di condominio? (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 25 febbraio 2022, n. 6357).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c. iscritto al n. 19455/2017 R.G. proposto da:

NAGA ASSOCIAZIONE VOLONTARIA ASSISTENZA SOCIO SANITARIA E PER I DIRITTI DI CITTADINI STRANIERI ROM E SINTI ONLUS, rappresentata e difesa dall’Avv. PIETRO (OMISSIS) e nel di lui studio elettivamente domiciliata in MILANO, VIA DELLA (OMISSIS) 35;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO VIA ZAMENHOF N 7 MILANO, in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS) 4, presso lo studio dell’avvocato LUCILLA (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati MARIAGRAZIA (OMISSIS) e AUGUSTO (OMISSIS);

– controricorrente –

Nonché nei confronti di

FONDAZIONE RAVASI GARZANTI ONLUS;

– intimata –

avverso la sentenza n. 16815/2016 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, Seconda Sezione Civile, depositata il 09/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/10/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORRADO MISTRI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Con citazione notificata in data 26.11.2004 la fondazione SOFIA RAVASI ONLUS (nel prosieguo: “Fondazione Ravasi”) convenne davanti al Tribunale di Milano il Condominio dello stabile di Via Zamenhof n. 7/A, in Milano, esponendo:

– che essa attrice era condomina del suddetto stabile, in quanto proprietaria, per acquisto effettuato con atto pubblico Notar Casali del 30.7.2003, di una unità immobiliare facente parte del medesimo, disposta su due piani, seminterrato e interrato, collegati da una scala interna;

– che, con scrittura privata autenticata dal Notar Casali del 29.1.2004, detta unità immobiliare era stata da lei ceduta in comodato modale trentennale all’associazione NAGA – ASSOCIAZIONE VOLONTARIA ASSISTENZA SOCIO SANITARIA E PER I DIRITTI DI CITTADINI STRANIERI ROM E SINTI – ONLUS (nel prosieguo: “Naga”);

– che con la suddetta cessione in comodato essa Fondazione Ravasi aveva inteso dare attuazione ai propri scopi statutari, destinando l’immobile a interventi di assistenza a favore di persone in stato di bisogno;

– che la comodataria Naga Onlus aveva dato corso ad una ristrutturazione dell’immobile per destinarlo ad ambulatorio medico;

– che con delibera assembleare del 26.10.2004 il Condominio aveva deciso, per quanto qui ancora interessa, di non autorizzare la destinazione d’uso delle unità immobiliari ad ambulatorio medico «per extracomunitari non in regola e non in possesso del permesso di soggiorno, per contrarietà all’art. 3 del regolamento» (pag. 4, punto 2, della sentenza del Tribunale, riprodotta nel corpo della sentenza appello).

1.1. Sulla scorta della suddetta narrativa la Fondazione Ravasi impugnava la menzionata delibera condominiale del 26.10.2004, deducendo, per un verso, l’inopponibilità nei suoi confronti del regolamento condominiale, in quanto non trascritto nei registri immobiliari, e, per altro verso, l’erroneità dell’interpretazione di detto regolamento condominiale su cui si fondava l’impugnata delibera.

2. Il convenuto Condominio di Via Zamenhof, n. 7, Milano, si costituiva in giudizio, resistendo alla domanda dell’attrice.

3. Interveniva volontariamente nel processo l’associazione Naga, comodataria dell’immobile, aderendo alla domanda della comodante Fondazione Ravasi.

4. Con sentenza del 18 luglio 2007, il Tribunale di Milano dichiarava la nullità dell’impugnata deliberazione assembleare nella parte concernente la destinazione d’uso dell’unità immobiliare dell’attrice.

5. Il Tribunale riteneva che l’articolo 3 del regolamento di Condominio (che recita: «è vietata qualsiasi attività dei Condomini nelle proprietà esclusive che sia incompatibile con le norme igieniche, con la tranquillità degli altri condomini o con il decoro dell’edificio e con la sua sicurezza»), non poteva dirsi opponibile alla Fondazione Ravasi, quale terza acquirente della porzione esclusiva per atto del 2003, là dove il regolamento era stato formato con atto del 27 settembre 1999.

Tale regolamento, precisava il Tribunale di Milano, non risultava trascritto (come rilevato dalla nota di trascrizione dell’atto di divisione del 22 ottobre 1999), né il titolo d’acquisto della Fondazione recava alcuno specifico riferimento ad esso, limitandosi ad affermare come alla compratrice competesse la proporzionale quota di comproprietà sulle parti comuni dell’edificio.

Per il giudice di primo grado neppure valeva a rendere opponibile il regolamento di condominio alla Fondazione Ravasi il richiamo fatto nel contratto del 30 luglio 2003 al titolo di provenienza del venditore, ovvero all’atto del 9 marzo 2001 (in forza della dicitura “al quale le parti fanno ampio richiamo”), imponendo l’eventuale rinvio al regolamento un riferimento esplicito ed inequivoco.

6. Proposto appello dal Condominio di Via Zamenhof, n. 7, Milano, e costituitesi le appellate Fondazione Ravasi e Associazione Naga, la Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 3574 del 28 dicembre 2010, accoglieva il primo motivo di gravame.

La Corte milanese, premesso che il regolamento condominiale non era trascritto, affermava tuttavia che esso – e, in specie, il suo art. 3 – doveva ritenersi opponibile alla Fondazione Ravasi poiché nel contratto di compravendita tra il dante causa Dondi e l’acquirente Fondazione si attribuiva a quest’ultima “… la proporzionale quota di comproprietà condominiale nelle parti comuni dell’edificio, come per legge e regolamento”, e si dichiarava che l’immobile proveniva al venditore Dondi con “… atto .. al quale le parti fanno ampio richiamo”, ovvero all’atto originario tra il venditore Teruzzi e il compratore Dondi; in quest’ultimo atto, d’altra parte, l’acquirente aveva dichiarato «di ben conoscere ed accettare il Regolamento condominiale indicato in tutti i suoi estremi formali» (pag. 4, secondo capoverso, della sentenza d’appello).

Accertata l’opponibilità del regolamento condominiale, la Corte d’appello affermava che l’attività di ambulatorio medico per extracomunitari non in regola col permesso di soggiorno, svolta dall’Associazione Naga, comodataria della Fondazione Ravasi, era in contrasto con la clausola sub 3) del regolamento stesso.

Nonostante che il regolamento non vietasse esplicitamente un’attività medico/ambulatoriale, e nonostante che i locali di proprietà della Fondazione avessero un ingresso autonomo rispetto al portone dell’edificio condominiale, il notevole accesso di persone nell’ambulatorio e l’attitudine di questo a divenire luogo di incontro e di aggregazione tra extracomunitari irregolari ed anche nomadi venivano ritenuti dalla Corte di merito lesivi delle esigenze di tranquillità dei condomini.

7. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, la Numero sezionale 2232/2021 Fondazione Ravasi e l’Associazione Naga proposero ricorso per cassazione, articolato in tre motivi e resistito con controricorso dal Condominio di Via Zamenhof, n. 7, Milano.

8. Con la sentenza del 9 agosto 2016, n. 16815, questa Corte dichiarò inammissibile il ricorso proposto per cassazione sul rilievo che il procuratore delle ricorrenti, avv. Pietro Massarotto, risultava officiato soltanto mediante mandato rilasciato a margine dell’atto di intervento nel giudizio di primo grado e, quindi, risultava aver introdotto il giudizio di legittimità senza la necessaria procura speciale ex art. 365 c.p.c.

9. Avverso la sentenza richiamata nel paragrafo che precede l’Associazione Naga Onlus ha proposto ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. e dell’art. 391 bis c.p.c., sostenendo che la Corte di Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso per cassazione da lei proposto, era incorsa nell’errore percettivo consistente nel non avvedersi dell’annotazione riportata a penna sulla prima pagina di tale ricorso, con la quale si dava atto che essa Naga era rappresentata dall’Avv. Massarotto, quale presidente della stessa, ex art. 86 c.p.c..

A parere della ricorrente, pertanto, la decisione di inammissibilità adottata con la sentenza della Corte di cassazione n. 16815/2016 risultava affetta da un errore di fatto di carattere revocatorio.

10. Gli intimati Condominio di Via Zamenhof, n. 7 e Fondazione Ravasi non depositavano controricorso.

11. All’esito dell’adunanza in camera di consiglio del 21 dicembre 2017 la Sesta sezione civile di questa Corte disponeva, con ordinanza n. 4739 del 2018, la rimessione della causa in pubblica udienza, in conformità alla proposta formulata dal consigliere relatore ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c..

12. In prossimità della pubblica udienza, fissata per il 17 luglio 2018, la ricorrente Naga esponeva che Poste Italiane non le aveva mai restituito l’avviso di ricevimento della raccomandata con cui essa, ai sensi della legge n. 53 del 1994, aveva notificato il ricorso per revocazione al Condominio di Via Zamenhof n. 7 e, pertanto, chiedeva di essere rimessa in termini per acquisire da Poste Italiane l’originale o una copia di detto avviso di ricevimento o, alternativamente, per rinnovare la notifica del ricorso per cassazione al suddetto condominio.

13. Con ordinanza adottata all’udienza del 17 luglio 2018 questa Corte accoglieva la suddetta istanza di rimessione in termini.

14. All’esito della conseguente rinnovazione della notifica del ricorso per revocazione al Condominio di Via Zamenhof n. 7, quest’ultimo depositava controricorso.

15. Chiamata la causa alla pubblica udienza del 2 ottobre 2019 il Collegio rilevava che il ricorso per revocazione era stato notificato dopo la modifica all’articolo 391 bis c.p.c. recata dalla legge n. 197/2016, in sede di conversione del decreto legge n. 167/2016, e pertanto, con ordinanza interlocutoria del 5 marzo 2020, n. 6306, disponeva ulteriore rinvio a nuovo ruolo per attendere la decisione delle Sezioni Unite sulla questione di massima di particolare importanza, alle stesse rimessa con l’ordinanza di questa Corte n. 8717 del 2019, se la riduzione da un anno a sei mesi del termine per la proposizione del ricorso in revocazione prevista dalla novella di cui al decreto legge n. 167/2016, come convertito dalla legge n. 167/2016, si applichi a tutti i ricorsi depositati in data successiva all’entrata in vigore della novella o solamente ai ricorsi per revocazione avverso provvedimenti a propria volta pubblicati in data successiva all’entrata in vigore di detta novella.

16. La causa è stata quindi decisa all’esito della pubblica udienza del 20 ottobre 2021, per la quale il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato una requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso e il ricorrente ha depositato memoria ex art 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

17. Preliminarmente deve affermarsi la tempestività del ricorso per revocazione promosso dalla Naga, in quanto avviato a notifica, nelle forme di cui alla legge n. 53/1994, il 3 agosto 2017 e, dunque, entro l’anno dalla data (9 agosto 2017) di deposito della sentenza di questa Corte qui impugnata.

Trova qui applicazione, infatti, il principio fissato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 8091 del 23 aprile 2020, alla cui stregua il termine per la proposizione del ricorso per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione – ridotto da un anno a sei mesi, in sede di conversione del decreto legge n. 168 del 2016, dalla legge n. 197 del 2016 – si applica ai soli provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore della stessa (30 ottobre 2016), in difetto di specifica disposizione transitoria e in applicazione del principio generale di cui all’art. 11 delle preleggi.

18. Passando all’esame del motivo di revocazione va premesso, in linea di diritto, che – come questa Corte ha precisato in più occasioni – l’articolo 365 c.p.c., che impone che il ricorso per cassazione sia sottoscritto dal difensore munito di procura speciale, non trova applicazione nelle ipotesi in cui la stessa parte ricorrente – ovvero la persona che agisce per suo conto, avendo il potere di rappresentarla sul piano sostanziale – abbiano la qualità necessaria per esercitare l’ufficio del difensore e, in tale veste, sottoscrivano rispettivamente il ricorso; in tal caso, infatti, ai sensi dell’art. 86 c.p.c., non è necessario che essi ricorrano ad altro difensore e si muniscano di procura alle liti per esercitare l’ufficio di difensore, dovendo reputarsi già soddisfatto l’interesse, preservato dallo stesso art. 365 c.p.c., a che l’iniziativa della proposizione del ricorso per cassazione non sia presa dal difensore sulla base di una procura conferita per i precedenti gradi di giudizio, ma dalla parte, dopo che le sia stato possibile conoscere il provvedimento da impugnare (Cass. n. 11436/2002, e, in senso conforme, Cass. n. 51/2003 e Cass. n. 8738/2001).

19. Sulla scorta di tale premessa l’impugnata sentenza risulta effettivamente afflitta dall’errore revocatorio denunciato dalla ricorrente, dovendo ritenersi che la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’Associazione Naga sia derivata dalla mancata percezione del fatto che, nell’epigrafe di tale ricorso, l’indicazione di detta Associazione era immediatamente seguita dalle parole, vergate a penna, «rappr. ex art. 86 c.p.c. dal Presidente avv. Massarotto».

Tali parole, infatti, manifestavano, per un verso, la spendita, da parte dell’avv. Massarotto, della propria qualità di Presidente dell’Associazione – come tale titolare del potere di stare in giudizio per la stessa, ai sensi del secondo comma dell’articolo 36 c.c. (cfr. Cass. 3103/1982, Cass. 17921/2007) – e, per altro verso, la determinazione del medesimo avv. Massarotto di stare in giudizio, quale rappresentante dell’Associazione, senza altro difensore, come facoltizzato a fare dal disposto dell’articolo 86 c.p.c..

La detta puntualizzazione, pertanto, superava il riferimento del testo dattiloscritto del ricorso alla procura rilasciata al medesimo avv. Massarotto in calce all’atto di intervento dell’Associazione nel giudizio di primo grado e costituiva la sola fonte del potere rappresentativo del medesimo avv. Massarotto in sede di legittimità.

20. Non valgono a sovvertire tali conclusioni gli argomenti spesi nel controricorso del Condominio; argomenti, è il caso di sottolineare, non contenuti nella sentenza qui impugnata per revocazione, la quale non ha svolto alcuna valutazione in diritto sulla portata dell’inserzione a penna di cui si tratta, ma ha semplicemente ignorato la presenza di tale inserzione; donde l’inequivocabile natura percettiva dell’errore.

20.1. Non vale l’argomento fondato sul rilievo che le parole vergate a penna «rappr. ex art. 86 c.p.c. dal Presidente avv. Massarotto» non comparivano sulla copia notificata del ricorso, non essendo in contestazione che alla data di redazione del ricorso l’avv. Massarotto fosse Presidente dell’Associazione Naga e fosse abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.

D’altra parte, deve ritenersi che la dichiarazione di rappresentare la parte nell’esercizio della facoltà di cui all’articolo 86 c.p.c. sia soggetta alle medesime regole elaborate dalla giurisprudenza con riguardo alla procura ex artt. 83, comma 3, e 365 c.p.c.; regole alla cui stregua, se la procura sia incorporata nell’atto di impugnazione, è irrilevante la sua mancata riproduzione o segnalazione nella copia notificata, sufficiente essendo, ai fini della verifica dei poteri rappresentativi, che essa sia presente nell’originale (per la definitiva stabilizzazione di tale principio, cfr. SSUU n. 35466/2021, pubblicata dopo la camera di consiglio in cui è stata deliberata la presente sentenza).

20.2. Non vale l’argomento fondato sul rilievo che «neppure si legge nell’incipit del ricorso chi sia il legale rappresentante di Naga» (pag. 3, penultimo rigo, del controricorso); l’indicazione della persona che può rappresentare Naga in giudizio nella persona dell’avv. Massarotto è infatti implicita, per il disposto del secondo comma dell’articolo 36 c.p.c., nella qualificazione del medesimo avv. Massarotto come presidente dell’associazione.

20.3. Non vale l’argomento fondato sul rilievo che la rappresentanza processuale ex art. 86 c.p.c. «non è suffragata da un potere di rappresentanza sostanziale, non essendo espressamente individuato il rappresentante legale di Naga.

Pertanto, se non è dato di sapere dal ricorso chi sia il rappresentante legale di Naga, perché nessuna indicazione è data al riguardo, non si comprende come possa l’avvocato indicato “difendersi in proprio” ex art. 86 c.c.» (pag. 4, primo capoverso, del controricorso).

Anche questo argomento, infatti, si infrange contro la considerazione che, proprio in virtù della inserzione a penna non percepita dal Collegio che pronunciò la sentenza qui impugnata per revocazione, il soggetto titolare della rappresentanza in giudizio dell’associazione – vale a dire, ai sensi del secondo comma dell’articolo 36 c.c., il Presidente dell’associazione – risultava individuato nella persona dell’avvocato Massarotto.

20. Neppure, infine, la decisività dell’errore revocatorio che affligge la sentenza qui impugnata potrebbe essere messa in dubbio alla luce del principio giurisprudenziale alla cui stregua, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione proposta da una società di capitali, è necessaria la produzione, da parte del difensore munito di legale rappresentanza, di un atto deliberativo dell’organo assembleare, assunto posteriormente alla pronuncia della sentenza impugnata e in data anteriore o contemporanea a quella della notifica del ricorso (Cass., n. 12348/2002 e Cass. n. 17870/2003).

La Naga, infatti, non è una società di capitali, ma un’associazione priva di personalità giuridica, il cui ordinamento interno e la cui amministrazione sono disciplinati dagli accordi tra gli associati (art. 36, primo comma, c.c.) e mai – nel giudizio di cassazione definito con la sentenza qui impugnata (e, peraltro, nemmeno nel presente giudizio di revocazione) – il Condominio di Via Zamenhof n. 7 ha contestato il potere del Presidente di tale Associazione di impugnare, anche senza specifica autorizzazione di altri organi associativi, una sentenza sfavorevole all’Associazione stessa (conferendo una procura ad litem ad altro difensore o difendendosi in proprio ex art. 86 c.p.c.).

21. Alla luce delle considerazioni fin qui svolte deve, quindi, concludersi che la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione dell’associazione Naga decisa con la sentenza di questa Corte n. 16815, depositata il 9 agosto 2016, costituisce effetto dell’errore di fatto consistente nella omessa percezione, da parte del Collegio giudicante, delle parole vergate a penna «rappr. ex art. 86 c.p.c. dal Presidente avv. Massarotto», inserite nella prima pagina del ricorso per cassazione.

22. All’esito della fase rescindente la suddetta sentenza n. 16815/2016 va dunque revocata, ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c., nel capo relativo alla declaratoria di inammissibilità del ricorso dell’Associazione Naga.

23. E’ appena il caso di evidenziare che la mancata impugnazione per revocazione della statuizione di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dalla Fondazione Ravasi non preclude la cognizione del ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 3574/2010 dall’Associazione Naga.

In proposito va evidenziato che l’interventore ad adiuvandum (tale l’ Associazione Naga viene qualificata dalla Corte di appello, a pag. 5, penultimo capoverso, della propria sentenza) si inserisce nel processo tra altre persone, ponendosi accanto alla parte adiuvata in quanto portatore di un proprio interesse che, se non è tale da legittimarlo a proporre in via autonoma una sua pretesa, lo abilita ad intervenire nel giudizio, il quale rimane unico in quanto invariato resta l’oggetto della controversia pur ampliandosi il numero dei partecipanti; ne consegue che l’intervento ad adiuvandum determina un’ipotesi di causa inscindibile, con conseguente applicazione del disposto di cui all’art. 331 c.p.c., atteso che se è consentito ad un soggetto di intervenire per sostenere le ragioni di una delle parti in causa, restando unico ed indivisibile il giudizio, si deve necessariamente configurare un litisconsorzio processuale nei successivi giudizi di impugnazione poiché le ragioni che consentono e giustificano la presenza di parti accessorie non si esauriscono in un grado di giudizio persistendo l’interesse dell’interventore adesivo ad influire con una propria difesa sull’esito della lite (così Cass. n. 6760/1996).

Alla stregua di tale principio, quindi, la revocazione della statuizione di inammissibilità del ricorso per Cassazione dell’Associazione Naga impedisce il passaggio in giudicato della sentenza di appello anche nei confronti della Fondazione Ravasi.

24. L’accoglimento del ricorso per revocazione apre dunque l’adito al giudizio rescissorio e, quindi, all’esame dei motivi del ricorso per cassazione della Associazione Naga avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 3574/2010.

25. Il primo motivo di ricorso, riferito al vizio di cui all’art.360, n. 5 c.p.c., censura la statuizione dell’impugnata sentenza che ha ritenuto opponibile alla condomina Fondazione Ravasi la disposizione del regolamento condominiale – sopra trascritta nel paragrafo 6 che precede – che vieta l’esercizio nelle proprietà esclusive di ciascun condomino di qualsivoglia attività potenzialmente incompatibile con le «norme igieniche, con la tranquillità degli altri condomini o con il decoro dell’edificio e con la sua sicurezza».

La ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto argomentato dalla Corte territoriale, detta disposizione del Data pubblicazione 25/02/2022 regolamento condominiale non sarebbe stata opponibile alla Fondazione Ravasi perché, per un verso, il regolamento non era trascritto nei Registri Immobiliari e, per altro verso, i richiami contenuti nell’atto di acquisto della Fondazione Ravasi al regolamento condominiale ed all’atto di provenienza del venditore Dondi sarebbero del tutto inidonei, per la loro vaghezza, a manifestare una effettiva conoscenza ed accettazione delle disposizioni del regolamento condominiale in capo all’acquirente Fondazione Ravasi.

26. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c. e il difetto di motivazione della sentenza di appello e censura l’interpretazione con cui la Corte territoriale ha attribuito alla disposizione regolamentare relativa al divieto di destinazione delle singole unità ad attività incompatibili «con la tranquillità degli altri condomini» l’effetto di impedire l’attività svolta dall’Associazione Naga.

27. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 115, commi 1 e 2, e 116 c.p.c., con riferimento alle risultanze probatorie ed alle argomentazioni fondate sul notorio poste a base dell’impugnata sentenza; nonché il vizio di motivazione, quanto alla valutazione di prossimità tra l’ingresso del fabbricato e quello dell’ambulatorio, al numero delle persone che giornalmente frequenterebbe l’ambulatorio ed alla tendenza all’aggregazione dei frequentatori dello stesso.

28. Il primo motivo – che, pur impropriamente rubricato con riferimento al n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., denuncia, in sostanza, la violazione delle regole legali che disciplinano l’opponibilità ai terzi acquirenti delle disposizioni limitative della destinazione delle proprietà esclusive contenute in un regolamento condominiale convenzionale – è fondato.

29. Come accennato nel precedente paragrafo 7, la Corte di appello, dato atto della mancata trascrizione del regolamento condominiale, ha tuttavia ritenuto quest’ultimo opponibile alla Fondazione Ravasi in forza dei richiami ad esso contenuti nell’atto di acquisto della stessa e, precisamente:

a) il passo nel quale si precisa che all’acquirente spetta la quota di comproprietà condominiale delle parti comuni «come per legge e regolamento»;

b) l’«ampio richiamo» all’atto di provenienza del venditore Dondi, nel quale quest’ultimo aveva dichiarato «di ben conoscere ed accettare il regolamento condominiale, indicato in tutti i suoi estremi formali».

30. La Corte territoriale ha dunque ritenuto sufficiente, ai fini dell’opponibilità del regolamento condominiale alla Fondazione Ravasi, il fatto che nell’atto di acquisto di quest’ultima si facesse menzione del regolamento condominiale ai fini della determinazione della quota di comproprietà delle parti comuni e si facesse richiamo all’atto di provenienza del venditore, dal quale risultava che il medesimo venditore aveva dichiarato «di ben conoscere ed accettare il regolamento condominiale, indicato in tutti i suoi estremi formali».

31. L’argomentazione della Corte ambrosiana contrasta con la giurisprudenza di questa Corte, che ha spiegato che le restrizioni alle facoltà inerenti al godimento della proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio volte a vietare lo svolgimento di determinate attività costituiscono servitù reciproche e devono perciò essere approvate mediante espressione di una volontà contrattuale, e quindi con il consenso di tutti i condomini, mentre la loro opponibilità ai terzi, che non vi abbiano espressamente e consapevolmente aderito, rimane subordinata all’adempimento dell’onere di trascrizione.

In particolare, l’esigenza dell’unanimità dell’approvazione delle clausole del regolamento che costituiscano servitù sulle parti comuni è imposta dall’art. 1108, comma 3, c.c., mentre la costituzione contrattuale di servitù che restringono i poteri e le facoltà sulle singole proprietà esclusive suppone che il documento sia sottoscritto dai rispettivi titolari al fine di adempiere al requisito della forma scritta ad substantiam.

In assenza di trascrizione, peraltro, queste disposizioni del regolamento, che stabiliscono limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che prenda atto in maniera specifica, nel medesimo contratto d’acquisto, del vincolo reale gravante sull’immobile.

Non basta, dunque, una generica, e perciò irrilevante, accettazione del regolamento da parte dell’acquirente, essendo invece necessaria, ai fini dell’opponibilità di una disposizione istitutiva di servitù, una dichiarazione di specifica conoscenza dell’esistenza delle reciproche servitù (cfr. Cass. n. 21024/2016, Cass. n. 6769/2018, Cass.24188/2021, non massimata).

32. Il primo mezzo del ricorso per cassazione proposta dall’ Associazione Naga avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 3574/2010 va quindi accolto, con assorbimento del secondo e del terzo.

33. La suddetta sentenza della Corte d’appello di Milano va pertanto cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla stessa Corte d’appello, in altra composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto:

La previsione, contenuta in un regolamento condominiale convenzionale, di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, va ricondotta alla categoria delle servitù atipiche; ne consegue che l’opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti va regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l’indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative, ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c.. In assenza di trascrizione, peraltro, queste disposizioni del regolamento, che stabiliscono limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che nel medesimo contratto d’acquisto prenda atto in maniera specifica del vincolo reale gravante sull’immobile, manifestando tale presa d’atto con una dichiarazione di conoscenza comprendente la precisa indicazione dello ius in re aliena gravante sull’immobile oggetto del contratto”.

34. Il giudice di rinvio provvederà altresì a regolare tanto le spese del giudizio di cassazione definito con la sentenza revocata quanto le spese del presente giudizio di revocazione.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il ricorso per revocazione e, per l’effetto, revoca la sentenza della Corte di cassazione n. 16815 del 2016, depositata il 9 agosto 2016, nella parte relativa alla statuizione di inammissibilità del ricorso per cassazione dell’associazione NAGA – ASSOCIAZIONE VOLONTARIA ASSISTENZA SOCIO SANITARIA E PER I DIRITTI DI CITTADINI STRANIERI ROM E SINTI – ONLUS avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 3574/2010;

– giudicando in sede rescissoria, accoglie il primo motivo del suddetto ricorso per cassazione dell’Associazione NAGA avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 3574/2010 e dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo;

– cassa la suddetta sentenza della Corte di appello di Milano n. 3574/2010 in relazione al motivo accolto del ricorso per cassazione dell’Associazione NAGA e rinvia alla Corte di appello di Milano, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione definito con la sentenza qui revocata e del presente giudizio di revocazione.

Così deciso in Roma, nella pubblica udienza del 20 ottobre 2021.

Depositata in Cancelleria il 25 febbraio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.