REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da
Dott. ANDREA PELLEGRINO – Presidente –
Dott. ANNA MARIA DE SANTIS – Consigliere –
Dott. SANDRA RECCHIONE – Relatore –
Dott. ANTONIO SARACO – Consigliere –
Dott. ALEZZANDRO LEOPIZZI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 08/05/2024 della CORTE di APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa SANDRA RECCHIONE;
Il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1-bis e ss. cod. proc. pen.
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa CRISTINA MARZAGALLI, ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
il difensore di (omissis) (omissis), Avv. (omissis) (omissis), con conclusioni scritte, insisteva per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza dell’8 maggio 2024, la Corte di appello di Roma definiva il processo a carico di (omissis) (omissis), imputato del reato di rapina impropria, ritenendo congrua la pena concordata dalle parti ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge: la Corte costituzionale con sentenza n. 86 del 16 aprile 2024, depositata il 13 maggio 2024, dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 628 cod. pen. nella parte in cui non prevedeva che la pena fosse diminuita in misura non eccedente un terzo quando, per la natura la specie i mezzi le modalità o circostanze dell’azione e la particolare tenuità del danno o del pericolo il fatto risultasse di “lieve entità”.
La pronuncia era sopravvenuta alla sentenza che aveva accolto la proposta di concordato, sicché il ricorrente non aveva avuto la possibilità di trarne alcun beneficio, nonostante le modalità della condotta ed il danno arrecato avrebbero potuto consentire l’inquadramento della condotta come di lieve entità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. La Corte costituzionale con la sentenza n. 86 del 2024 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, secondo comma, cod. pen., «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».
Nel corpo della motivazione è stato affermato che «l’esigenza dell’attenuante in questione –in misura non eccedente un terzo, come vuole la regola generale dell’art. 65, primo comma, numero 3), cod. pen. –trova fondamento costituzionale anche nei principi di individualizzazione della pena e di finalità rieducativa della stessa» dato che «un trattamento manifestamente sproporzionato rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del fatto, e comunque incapace di adeguarsi al suo concreto disvalore, pregiudica il principio di individualizzazione della pena (sentenza n. 244 del 2022); «“l’individualizzazione” della pena, in modo da tenere conto dell’effettiva entità e delle specifiche esigenze dei singoli casi, si pone come naturale attuazione e sviluppo di principi costituzionali» così da rendere «quanto più possibile “personale” la responsabilità penale, nella prospettiva segnata dall’art. 27, primo comma» (sentenza n. 7 del 2022)».
I giudici della Consulta hanno anche affermato che «il principio della finalità rieducativa della pena è ormai da tempo diventato patrimonio della cultura giuridica europea, particolarmente per il suo collegamento con il “principio di proporzione” fra qualità e quantità della sanzione, da una parte, ed offesa, dall’altra (tra molte, sentenze n. 179 del 2017 e n. 313 del 1990)».
E che, pertanto, «in presenza di una fattispecie astratta connotata, come detto, da intrinseca variabilità atteso il carattere multiforme degli elementi costitutivi «violenza o minaccia», «cosa sottratta», «possesso», «impunità», e tuttavia assoggettata a un minimo edittale di rilevante entità, il fatto che non sia prevista la possibilità per il giudice di qualificare il fatto reato come di lieve entità in relazione alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità o circostanze dell’azione, ovvero alla particolare tenuità del danno o del pericolo, determina la violazione, ad un tempo, del primo e del terzo comma dell’art. 27 Cost.» (Corte cost. n. 86 del 2024, § 8.3.).
Si tratta di un intervento funzionale a consentire la migliore individualizzazione del trattamento sanzionatorio per le condotte di rapina, tenuto conto che per le azioni “minime”, la forbice edittale prevista dal legislatore è stata ritenuta sproporzionata ed irragionevole; dunque, contraria alle indicazioni contenute nell’art. 27 della Costituzione .
1.2. Tale pronuncia, se sopravvenuta alla sentenza di condanna in grado di appello può legittimare la richiesta di annullamento della condanna inflitta in secondo grado sempre che, la sentenza impugnata non abbia escluso di fatto la “lieve entità” della condotta e, con il ricorso, si indichino specifici argomenti a sostegno di un rinnovato vaglio, nel merito, della capacità dimostrativa delle prove, funzionale:
(a) alla verifica della sussistenza delle condizioni per riconoscere la lieve entità della condotta;
(b) all’applicazione in concreto della diminuzione (che è discrezionale in quanto possibile “fino ad un terzo”), ove tali condizioni siano, in concreto, considerate sussistenti.
1.3. Nel caso in esame la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 628 cod. pen. è intervenuta successivamente alla definizione del procedimento con il concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen. (la sentenza impugnata risale, infatti, all’8 maggio 2024).
Dunque, il ricorrente, in astratto, ed in presenza dei presupposti di cui sopra, aveva il diritto di invocare l’annullamento della sentenza di condanna per ottenere la valutazione della sussistenza delle condizioni per applicare la diminuente introdotta dalla Corte costituzionale(la rilevazione delle condizioni che legittimano la necessità di valutare, nel merito, la sussistenza delle condizioni per riconoscere l’attenuante è possibile anche ex officio: Sez. 2,n. 19938 del 15/05/2024, Ghbar Sine, Rv. 286432).
Tuttavia, in concreto, tale diritto è stato esercitato senza indicare quali fossero le circostanze e le modalità della condotta che avrebbero potuto, ove rivalutate, giustificare il riconoscimento del beneficio.
Invero la rapina per la quale è stato condannato il (omissis) ha avuto ad oggetto un furgone “Iveco”, modello Daily, ed è stata agita attraverso l’uso di modalità violente, dato che stata ingaggiata dal (omissis) una colluttazione con il proprietario del mezzo trafugato e con il suo accompagnare.
Tale condotta è ictu oculi non lieve, sicché il ricorrente, con l’impugnazione, avrebbe dovuto indicare le specifiche ragioni a sostegno del suo possibile inquadramento come azione delittuosa di “lieve entità”.
Sul punto, tuttavia, il ricorso non offre argomenti specifici, atteso che si limita ad indicare le modalità della condotta descritta nel capo di imputazione, qualificandole come “di lieve entità” e, pertanto, non supera la soglia di ammissibilità.
2. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 3 dicembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2024.