REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. DI NICOLA Vito – Rel. Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da
(OMISSIS) Vincenzo, nato a Salerno il 20-08-19xx;
avverso l’ordinanza del 28-02-2022 del tribunale della libertà di Salerno;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso trattato ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020;
udita la relazione del Consigliere Dott. Vito Di Nicola;
udita la requisitoria del Procuratore Generale, Dott. Luigi Giordano, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Vincenzo (OMISSIS) ricorre per la cassazione dell’ordinanza emessa dal tribunale della libertà di Salerno, in data 28 febbraio 2022, con la quale è stato confermato il decreto del GIP del Tribunale della stessa città, in data 4-5 febbraio 2022 che aveva sottoposto a sequestro preventivo una sala ristorante delle dimensioni di circa metri 16.90 x 4,70 con altezza alla gronda di metri 3 per una superficie di circa mq 86,00 e volume urbanistico di circa mc 258,00 edificata con struttura a due livelli (in ulteriore ampliamento verso ovest di altra sala) così composta:
– struttura sottostante adibita a deposito, della superficie di circa mq 67,00 e volume di circa mc 260,00 con altezza interna di metri 3,30 realizzata mediante edificazione di setti, pilastri e vano scala in calcestruzzo armato e solaio piano in latero cementizio;
– sala al livello avente pilastri e travi in acciaio del tipo HE, orizzontamento di copertura in legno composto da travi e tavolato, manto di coibentazione termica e copertura leggermente inclinata, con grondaie e pluviali in lamiera, pavimentata in gres, con vetrate ai lati sud e ovest, pareti composite ai lati nord ed est, ultimata e completa di impianti elettrici, presso l’immobile sito in Capaccio Paestum, utilizzato come ristorante a nome “Club (OMISSIS)”, ritenendo configurato il fumus dei reati ex artt. 44 lettera c); 65 e 72; 64 e 71, 93,94 e 95 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; 181 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; 734 cod. pen.
2. Il ricorso, presentato dal difensore di fiducia, è affidato ad un unico, complesso, motivo, di seguito riassunto ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con esso il ricorrente deduce la contraddittorietà e/o la presenza di una motivazione meramente apparente, in ordine alla sussistenza del periculum in mora, nonché l’inosservanza e l’erronea applicazione di norme processuali in relazione agli artt. 324, comma settimo, e 309, comma nono, cod. proc. pen. (art. 606, comma 1, lettere c) ed e), cod. proc. pen.), per aver il Tribunale del Riesame di Salerno sanato l’assenza di motivazione dell’impugnato decreto di sequestro in ordine alla sussistenza del periculum in mora con motivazione totalmente ex novo, con ciò esondando dai propri poteri.
Sostiene che le opere oggetto di sequestro erano ultimate, rifinite ed usate da svariati anni, ed erano accessorie rispetto ad altre già esistenti.
Ricorda che, in materia di sequestro preventivo, sebbene il codice di procedura penale non richieda l’acquisizione di un quadro probatorio pregnante come per le misure cautelari personali, non è sufficiente la sola prospettazione di un fatto costituente reato, meramente enunciato o descritto, in quanto l’adozione del sequestro preventivo è subordinata alla sussistenza del pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati.
Dopo aver riportato gli arresti della giurisprudenza di legittimità a proposito del sequestro preventivo di immobili, realizzati anche in zone vincolate, il ricorrente osserva come il Tribunale del Riesame, a seguito del contraddittorio camerale, avesse condiviso le tesi difensive in tema di periculum in mora, ritenendo invece di dissentire dalle considerazioni espresse dal GIP, e tuttavia ha fornito una diversa giustificazione al vincolo reale, rigettando il ricorso.
Obietta il ricorrente che il tribunale del riesame, nel pervenire alle conclusioni espresse nel provvedimento impugnato, ha reso una motivazione del tutto nuova e diversa da quella contenuta nel decreto di sequestro, oltre che contraddittoria e meramente apparente.
Ricorda innanzitutto che il sequestro ha riguardato un piccolo club privato, molto lontano dal centro abitato, corredato di un’area parcheggio riservata esclusivamente agli associati e dotato di vasca a tenuta di tipo Imhoff, regolarmente autorizzata, con la conseguenza che il carico urbanistico è rimasto immutato dal 2013, in considerazione del costante numero di soci affiliati, frequentatori del club, ed anzi il carico urbanistico è stato ridotto proprio per la presenza di detta vasca, non influendo sugli impianti comunali.
Osserva come la motivazione addotta dal Collegio cautelare sia totalmente nuova e sostitutiva della motivazione nei confronti della quale era stata proposta l’istanza di riesame.
A tale proposito, ad avviso del ricorrente, il tribunale del riesame può integrare le lacune motivazionali delle quali sia affetto il decreto di sequestro preventivo, occorrendo tuttavia distinguere l’ipotesi in cui il provvedimento cautelare sia carente di motivazione, nel qual caso sarebbe possibile l’opera di interpolazione da parte del tribunale del riesame, dall’ipotesi della mancanza assoluta della motivazione o della motivazione apparente, nel qual caso, in assenza della motivazione, mancherebbe in radice, come la stessa giurisprudenza di legittimità ammetterebbe, la possibilità di esercitare il potere integrativo. In tale contesto, infatti, il potere di integrazione del giudice della libertà si trasformerebbe, illegittimamente, in potere sostitutivo.
Il ricorrente conclude affermando che la motivazione, resa a supporto del rigetto dell’istanza di riesame, oltre a risultare contraddittoria rispetto al fatto che il Tribunale aveva condiviso le tesi del difensore in tema di periculum in mora, ritenendo di dissentire dalle considerazione del GIP, risulta essere infondata in diritto, in quanto si risolve in una nuova motivazione e sarebbe illegittima in fatto, in quanto l’oggetto del sequestro non era un’attività commerciale ma un club privato, come tale non soggetto alle norme della somministrazione e riservato ad un limitato numero di associati con iscritti costanti dagli ultimi otto anni, ossia dal 2013.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato per le considerazioni che seguono.
2. Va innanzitutto esaminata l’eccezione procedurale nella misura in cui il ricorrente lamenta che il Collegio cautelare abbia, in assenza di qualsiasi motivazione in proposito, integrato il provvedimento genetico in punto di esistenza del periculum in mora.
Sul punto, la giurisprudenza di legittimità è compatta nel ritenere che, in assenza di motivazione, il tribunale del riesame non possa integrare il provvedimento genetico, sostituendo il proprio, sia pure argomentato, convincimento a quello del tutto mancante del primo giudice cautelare.
Del resto, le Sezioni Unite della Corte hanno chiarito che, nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma nono dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili – in virtù del rinvio operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, Rv. 266789 – 01).
Ne consegue che il tribunale del riesame non può porre riparo, attraverso il cd. potere integrativo, a provvedimenti cautelari nei quali la motivazione sia assente, ossia del tutto mancante, essendo necessario che il provvedimento genetico di applicazione della misura o di convalida della stessa presenti una motivazione che, anche eventualmente attraverso la tecnica della redazione “per relationem“, dia conto degli elementi posti a fondamento del vincolo e di quelli a discarico rappresentati dalla difesa, al fine di consentire l’esercizio della funzione di controllo a cui il tribunale del riesame è deputato, nel rispetto dei parametri identificati dal combinato disposto degli artt. 324, comma 7, e 309, comma 9, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 7258 del 27/11/2019, dep.2020, Esposito, Rv. 278509 – 01).
Tuttavia, al di fuori del caso in cui la motivazione sia del tutto mancante o anche solo apparente, il Tribunale del riesame può, negli altri casi, legittimamente esercitare il potere integrativo e ciò si desume dal fatto che il giudice dell’impugnazione cautelare può confermare il provvedimento di sequestro (o la misura cautelare personale) anche “per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso” (argumenta ex art. 309, comma nono, cod. proc. pen. richiamato in parte qua dall’articolo 324, comma settimo, stesso codice).
Ciò significa che, in presenza di una motivazione esistente benché insufficiente o errata in fatto o in diritto, il potere integrativo e, persino, sostitutivo del giudice dell’impugnazione è consentito, essendo l’esercizio di detto potere precluso solo se nel provvedimento genetico la motivazione sia assente o non contenga una valutazione autonoma del fumus, dei pericula e degli elementi forniti dalla difesa. Nel caso di specie, come lo stesso provvedimento impugnato dà atto, il giudice cautelare ha motivato ampiamente quanto alla sussistenza del periculum in mora (in ordine al fumus, il ricorrente, sotto il profilo che si sta esaminando, non ha mosso critiche), applicando il principio anche più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità in forza del quale, in tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell’attualità del pericolo indipendentemente dall’essere l’edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio e all’equilibrio ambientale, a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio e dall’incremento del carico urbanistico, perdura in stretta connessione con l’utilizzazione della costruzione ultimata (Sez. 3, n. 5954 del 15/01/2015, Chiacchiaro, Rv. 264370 – 01; Sez. 3, n. 42363 del 18/09/2013, Colicchio, Rv. 257526 – 01; Sez. 3, n. 24539 del 20/03/2013, Chiantone, Rv. 255560 – 01; Sez. 3, n. 30932 del 19/05/2009, Tortora, Rv. 245207 – 01; Sez. 2, n. 23681 del 14/05/2008, Cristallo, Rv. 240621 – 01; Sez. 3, n. 43880 del 30/09/2004, Macino, Rv. 230184 – 01).
Invece, il tribunale del riesame, accogliendo la prospettazione difensiva sul punto, ha correttamente aderito all’orientamento, che si sta consolidando in seno alla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, in tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva ultimata non integra i requisiti della concretezza ed attualità del pericolo, in assenza di ulteriori elementi idonei a dimostrare che la disponibilità della stessa, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa implicare una effettiva lesione dell’ambiente e del paesaggio (Sez. 4, n. 15254 del 28/02/2018, Romano, Rv. 272477 – 01; Sez. 3, n. 2001 del 24/11/2017, dep. 2018, Dessi, Rv. 272071 – 01; Sez. 3, n. 50336 del 05/07/2016, Del Gaizo. Rv. 268331 – 01; Sez. 3, n. 40677 del 23/06/2016, La Sala, Rv. 268049 – 01; Sez. 3, n. 28388 del 14/04/2016, Bondanini, Rv. 267412 – 01; Sez. 3, n. 48958 del 13/10/2015, Giordano, Rv. 266011 – 01).
Nel pervenire a tale conclusione, il Collegio cautelare ha perciò ritenuto che, errata la motivazione del primo giudice circa il ravvisato periculum in mora, sussistesse, dal punto di vista urbanistico, un obiettivo aggravio del relativo carico, posto che la realizzazione di un’altra sala ristorante, di discrete dimensioni, non prevista e mai autorizzata, consentiva la ricezione di un numero superiore di persone rispetto a quello previsto in base alla struttura recettizia assentita.
Tale aumento, peraltro, si aggiungeva all’aumento di clientela già reso possibile dal precedente ampliamento della preesistente sala ristorante, del pari abusivamente realizzato (pur essendo il relativo reato prescritto).
Ad avviso del tribunale cautelare, l’incremento di persone presenti in loco, praticamente costante, attesa la natura dell’attività commerciale cui l’immobile era destinato (quello di ristorante), con picchi elevati nel periodo estivo (posta la sua collocazione territoriale in un Comune ad alta intensità turistica ossia nel Comune di Capaccio-Paestum), aumentava necessariamente e inevitabilmente la domanda di servizi pubblici: sia sotto il profilo dei parcheggi e delle strade (implementando il traffico veicolare, collegato alla necessità di raggiungere il locale); sia sotto il profilo dello smaltimento di un maggiore carico di rifiuti e di una maggiore necessità di servizi idrici ed elettrici.
In tal modo, il tribunale cautelare, pur sostituendo la propria motivazione in parte qua a quella del Gip, ha legittimamente esercitato il proprio potere integrativo sul provvedimento impugnato giacché, data la natura interamente devolutiva del mezzo di gravame de quo, il tribunale della libertà esercita, nel sistema delle impugnazioni cautelari, tanto una funzione rescindente quanto una funzione rescissoria, quest’ultima impedita esclusivamente dall’assenza della motivazione del provvedimento impugnato, ipotesi nella specie non sussistente, ovvero preclusa dal verificarsi di nullità o decadenze che determinino la perenzione del titolo cautelare.
Peraltro, come si desume dal testo dell’ordinanza impugnata, lo stesso pubblico ministero, nell’esercitare l’azione cautelare, aveva fondato l’esistenza del periculum anche con specifico riferimento al carico urbanistico.
Sotto tale aspetto, il motivo di ricorso è pertanto infondato.
Gli ulteriori rilievi sollevati dal ricorrente circa la natura dell’attività esercitata e diretti a contestare l’aumento del carico urbanistico e, sotto più limitati nonché generici profili, il fumus criminis, si concentrano su pretesi vizi motivazionali del provvedimento impugnato che esulano dal perimetro cognitivo assegnato in questa materia al sindacato di legittimità, risolvendosi detti rilievi nella formulazione di doglianze non consentite.
E’ pacifico, infatti, che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 – 01).
3. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto e da ciò consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dl ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24/05/2022.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2022.