REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
Composta da
Mauro Mocci – Presidente –
Vincenzo Picaro – Consigliere –
Mauro Criscuolo – Consigliere –
Antonio Mondini – Consigliere –
Valeria Pirari – Consigliere – rel. –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 07903/2022 R.G. proposto da
(omissis) (omissis), rappresentato e difeso, in via congiunta e disgiunta, dall’avv. (omissis) (omissis) e dall’avv. (omissis) (omissis) ed elettivamente domiciliati presso lo studio nel primo, in Roma, viale (omissis), n. 42.
–ricorrente–
contro
(omissis) (omissis), rappresentato e difeso dagli avv.ti (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), nel cui studio in Roma, via (omissis) (omissis), n. 47, è elettivamente domiciliato.
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 165/2022 resa dalla Corte d’Appello di Brescia, pubblicata il 4/2/2022 e notificata il 8/2/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 novembre 2024 dalla dott.ssa Valeria Pirari;
Rilevato che:
1. Con atto di citazione notificato il 12/07/2013, (omissis) (omissis), proprietario di un immobile sito in Comune di (omissis), convenne in giudizio (omissis) (omissis), proprietario dei fondi continui, affinché venisse accertato il suo diritto di passaggio, sia a piedi, sia con veicoli, lungo la strada corrente al confine con i terreni di ambo le parti, denominata dei (omissis), stante la natura pubblica della stessa, con ordine al predetto di astenersi da ogni condotta volta a impedirne l’utilizzo, e, in via subordinata, perché venisse accertato l’acquisto, per intervenuta usucapione ultraventennale, della servitù di passaggio, pedonale e carrabile, in favore del proprio fondo mappale 133 e a carico del fondo di proprietà del convenuto mapp.li 127 e 78, lungo la strada in oggetto, con inibitoria al convenuto di impedirne l’utilizzo.
Costituitosi in giudizio, (omissis) (omissis) eccepì l’inammissibilità delle domande attoree, per essere state proposte già in precedente giudizio possessorio definito con sentenza passata in giudicato, contestò la natura pubblica della strada, eccepì la proprietà esclusiva in suo favore della stessa anche per intervenuto acquisto per usucapione e spiegò domanda riconvenzionale di negatoria servitutis, con conseguente declaratoria di inesistenza di qualsivoglia diritto di passaggio a favore dei fondi attorei.
Con sentenza n. 288/2017, il Tribunale di Mantova dichiarò costituita per intervenuta usucapione ventennale la servitù di passaggio pedonale e carrabile in favore del fondo di proprietà dell’attore e a carico di quello di proprietà del convenuto, lungo la strada denominata dai (omissis), partendo dal congiungimento di quest’ultima con la strada comunale denominata dei Festoni fino all’accesso al fondo attoreo mappale 133.
Il giudizio di gravame, instaurato da (omissis) (omissis), si concluse, nella resistenza di (omissis) (omissis), che propose appello incidentale sulla domanda proposta in via principale e sulle spese, con la sentenza n. 165/2022, con la quale la Corte d’Appello di Brescia accolse l’appello incidentale, dichiarando che (omissis) (omissis) avesse il diritto di percorrere a piedi e con veicoli la strada denominata (omissis) nel Comune di (omissis), prescrivendo a (omissis) (omissis) di astenersi da ogni condotta volta ad impedirne l’utilizzo e condannandolo alle spese di entrambi i gradi del giudizio.
2. Contro la predetta sentenza, (omissis) (omissis) ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi. (omissis) (omissis) si è difeso con controricorso.
Questa Corte ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
In seguito a tale comunicazione, i ricorrenti, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, hanno chiesto la decisione del ricorso.
Fissata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., le parti hanno depositato memoria illustrativa.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta l’inesistenza della motivazione o motivazione apparente avuto riguardo all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., perché la Corte d’Appello aveva emesso un verdetto oracolare risoltosi nel fenomeno della c.d. precomprensione, in quanto aveva affermato che, alla stregua degli utili elementi forniti dal c.t.u. sulle caratteristiche della strada, questa andava classificata non già come strada pubblica, ma come strada di uso pubblico, senza specificare gli elementi che l’avessero condotta ad affermarlo, anche attraverso il richiamo ai documenti prodotti (delibera comunale n. 67 del 8/5/1965 dell’allegato elenco delle strade comunali di (omissis) o certificazione dell’ente), e senza considerare che la servitù di uso pubblico è caratterizzata dal passaggio esercitato iure servitutis pubblicae da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale, dalla sua concreta idoneità a soddisfare esigenze di carattere generale e da un titolo idoneo a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, come la sua protrazione da tempo immemorabile, oltreché, alla stregua del codice della strada, dal traffico generalizzato della stessa, aspetti questi non analizzati dalla sentenza, che si era limitata a dire che la strada non era a fondo cieco, ma si collegava alla strada comunale via (omissis).
2. Col secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 d.lgs. n. 285 del 1992 e 825 cod. civ., oltreché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art.360, nn. 3-5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano abbracciato totalmente le considerazioni contenute nella c.t.u. sulla natura della strada come vicinale di uso pubblico, in quanto qualificata urbanisticamente come strada vicinale, non cieca perché idonea al collegamento tra la strada comunale posta a sud, via (omissis), con la strada poderale posta in sua prosecuzione a Nord, priva di cartelli o manufatti funzionali ad impedirne il passaggio da qualsiasi tipologia di persone o mezzi e priva di numero identificativo particellare.
Il ricorrente ha, sul punto, obiettato che la strada vicinale è sempre privata, mentre può cambiare solo il suo uso pubblico o privato, che, in caso di uso privato, viene unicamente e generalmente utilizzata dai proprietari e che solo col passare del tempo può venire utilizzata da terzi e da una collettività indistinta e divenire di uso pubblico, dando luogo alla costituzione di una servitù di passaggio per la collettività, impegnando il comune alla sua manutenzione, ordinaria e straordinaria, e divenendo di interesse amministrativo, siccome sottoposta alla regolamentazione speciale di cui all’all. F del r.d. 20 marzo 1985, n. 2248 e dal d.l.lgt. 1 settembre 1918, n. 1146, attraverso il rimando al capo II, titolo I, del codice civile, e che la prova dell’esistenza della servitù di uso pubblico deve discendere necessariamente da un atto pubblico o privato o dall’intervento di usucapione ventennale, requisiti questi non sindacati dal giudice di merito, non essendo all’uopo insufficienti né la qualifica urbanistica, né il collegamento ad una strada comunale, né l’assenza di un numero identificativo particellare.
3. Il primo motivo è infondato.
Si osserva, in proposito, come, dopo la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, e dunque di totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. 5, 6/5/2020, n. 8487; Cass., Sez. 6 – 3, 08/10/2014, n. 21257; Cass., Sez. 6 – 3, 20/11/2015, n. 23828; Cass., Sez. 2, 13/08/2018, n. 20721; Cass., Sez. 3, 12/10/2017, n. 23940).
Nella specie, non è stato violato il criterio del “minimo costituzionale”, avendo i giudici dato ampiamente conto dei motivi per i quali hanno ritenuto di qualificare la strada contesa, a torto o a ragione, in termini di strada vicinale ad uso pubblico, siccome rappresentata senza numero particellare, senza sovrapposizioni a particelle terrene private, ben circoscritta con linea continua e colorata di giallo, come soleva farsi per le strade demaniali, classificata come strada vicinale nella cartografia allegata alle NTA del PGT del Comune di (omissis), collegata con la strada comunale via (omissis) a sub e con altra strada poderale a nord e priva di cartelli o manufatti idonei ad impedirne il passaggio e del numero identificativo particellare da tempo immemore, mentre l’appellante non aveva provato di esserne proprietario.
4. Il secondo motivo è inammissibile.
Occorre, al riguardo, prendere le mosse dai principi affermati da questa Corte in tema di strade vicinali private, secondo cui sono tali non soltanto quelle formulate con il conferimento di parti di proprietà fronteggiantesi, ma anche quelle la cui sede è formata mediante conferimento di tratti successivamente svolgentisi per intero su ciascun fondo dei proprietari confinanti, senza che si possa escludere la suddetta natura solo perché la strada risulti formata in alcuni tratti da conferimenti di frontisti e in altri mediante conferimento di parti di fondi che si succedono, restando invece eccezionale la strada formata ex collatione privatorum agrorum e destinata all’uso comune, per la necessità stessa delle comunicazioni e delle culture dei fondi lambiti o attraversati (Cass., Sez. 2, 30/4/2021, n. 11466), atteso che, in tal caso, le porzioni di suolo utilizzate all’uopo non restano nella proprietà individuale di ciascuno dei conferenti, ma danno luogo a una nuova entità economica e giuridica, oggetto di comunione e godimento da parte di tutti, in base ad un comune diritto di proprietà (Cass., Sez. 2, 04/05/2012, n. 6773).
La strada vicinale rientra, invece, nella categoria di quelle pubbliche quando, pur senza perdere la titolarità della proprietà che rimane comunque privata (Cass., Sez. 2, 14/06/2018, n. 15618; Cass., Sez. 6 – 2, 19/05/2011, n. 11028), sussistano i tre requisiti 1) del passaggio esercitato jure servitutis publicae da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad una comunità territoriale, 2) della concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di generale interesse, anche per il collegamento con la pubblica via, e 3) dell’esistenza di un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, con la conseguenza che, perché si possa qualificare una strada come destinata ad uso pubblico, occorre fornire la duplice dimostrazione dell’effettiva destinazione della stessa al servizio della collettività e dell’esistenza di un titolo valido (Cass., Sez. 6 – 2, 12/03/2021, n. 7091; Cass. Sez. 2, 05/07/2013, n. 16864; Cass., Sez. 2, 12/07/1991, n. 7718; Cass., Sez. 2, 23/4/1974, n. 1168; Cass., 17/4/1972 n. 1231; Cass., Sez. 2, 18/11/1971, n. 3310; Cass., Sez. 2, 2/7/1969, n. 2432. Si veda anche Cons. Stato, 29/5/2017, n. 2531; Cons. Stato, sez. 4, 19/3/2015, n. 1515; Cons. Stato 23/9/2015, n. 4450, che ha indicato anche un quarto requisito, ossia quello dell’essere stata la strada oggetto di interventi di manutenzione da parte del Comune e di installazioni, anche sotterranee, di infrastrutture di servizio, come quelle telefoniche, elettriche, fognarie, acquedottistiche, da parte di ente pubblico. Sul punto, anche Cons. Stato, 10/5/2013, n. 2544; Cons. Stato, Sez. 4, 8/6/2011, n. 3509).
Quanto a quest’ultimo requisito, la strada privata può legittimamente dirsi asservita ad uso pubblico, in particolare, quando l’uso predetto trovi titolo in una convenzione tra i proprietari del suolo stradale e l’ente pubblico, ovvero quando l’uso da parte della collettività si sia protratto per un tempo sufficiente a dar luogo all’usucapione (Cass., Sez. 2, 29/8/1998, n. 8619; Cass., Sez. 2, 10/06/1997, n. 5172; Cass., Sez. 2, 02/03/1976, n. 697, che esclude l’idoneità a tali fini di una convenzione di lottizzazione, che dà luogo solo ad un rapporto obbligatorio tra privato e comune senza avere effetto immediato sulla condizione, pubblica o privata, dei suoli, quando essa non sia seguita da altra convenzione costitutiva di una servitù di uso pubblico sulla strada), sicché la natura pubblica della stessa (o dell’uso che, di essa, ne faccia la collettività) va individuata sotto profili strettamente giuridici, così che, in mancanza di specifiche convenzioni tra privati e P.A. o di usucapione, la sua destinazione al pubblico transito deve risultare affatto inequivoca, non essendone sufficiente una mera utilizzazione da parte di soggetti, ancorché diversi dai proprietari, secondo modalità di comportamento uti singuli e non anche uti cives (Cass., Sez. 2, 29/8/1998, n. 8619).
Solo una volta che sia ravvisata la sussistenza di questi requisiti le strade vicinali assoggettate a pubblico transito sono equiparate alle strade pubbliche in senso proprio e sottoposte al regime giuridico di queste ultime (Cass., Sez. 2, 19/02/1993, n. 2025), senza che il relativo diritto possa estinguersi in ragione di atti o comportamenti abdicativi compiuti dalla collettività degli utenti (rinuncia o non uso per il tempo necessario alla prescrizione), essendo all’uopo necessaria la volontà, espressa o tacita (in relazione a fatti concludenti ed univoci, incompatibili con il persistere dell’asservimento del bene privato a pubblici interessi, come nel caso di mancata opposizione della P.A. alla cessazione del passaggio sulla strada e di creazione di altra via di collegamento idonea ad assicurare la medesima utilità), dell’ente territoriale, quale soggetto esponenziale della collettività dei cittadini, tenuto conto che i diritti medesimi, di natura reale, spettano al predetto ente e sono sottoposti alla disciplina propria del demanio (Cass., Sez. U, 13/10/1980, n. 5457).
Pertanto, l’iscrizione della strada nell’elenco delle strade vicinali di uso pubblico non ha natura costitutiva del diritto, ma dichiarativa della pretesa della P.A. (Cass., Sez. U, 27/01/2010, n. 1624), sebbene incida sul regime della prova, in quanto costituisce presunzione iuris tantum, superabile con la prova contraria, che consenta di escludere l’esistenza di un diritto di uso o di godimento della strada da parte della collettività (in questi termini, Cass., Sez. 3, 22/1/2023, n. 915; Cons. Stato, 29/5/2017, n. 2531).
Orbene, come si è precisato nel motivo che precede, i giudici di merito, contrariamente a quanto indicato nella censura, hanno individuato il titolo attributivo della natura pubblica della strada in esame, già denominata consorziale dei (omissis) e avente caratteristiche idonee per il pubblico transito, tenendo conto sia delle risultanze catastali succedutesi nel tempo (Catasto Lombardo Veneto, cessato catasto terreni, nuovo catasto terreni revisionato e odierna mappa digitale), che evidenziavano la sua costante rappresentazione con segni grafici non indicanti sovrapposizioni o annessioni della stessa a particelle terriere private, sia della delibera del Consiglio Comunale n. 67 del 8/5/1965, che definiva vicinali tutte le strade non iscritte negli elenchi e soggette a pubblico transito, sia la cartografia allegata alle NTA del PGT del Comune di (omissis), che classificava detta strada come “vicinale”.
Ciò comporta che la censura non soltanto non attinge la ratio decidendi della sentenza, in contrasto col principio secondo cui i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata devono avere i caratteri non solo della specificità e della completezza, ma anche della riferibilità alla decisione stessa (Cass., Sez. 3, 2/8/2002, n. 11530), ma esula completamente dall’ambito applicativo dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., essendosi con essa allegata un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Cass., Sez. 1, 14/01/2019, n. 640), con conseguente sua inammissibilità.
5. Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., vanno applicati – come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. – il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma ‒ nei limiti di legge ‒ in favore della cassa delle ammende.
6. Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge; condanna altresì il ricorrente, ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma ulteriore liquidata in € 2.000,00 (duemila), nonché al pagamento della somma di euro 2.000,00 (duemila) in favore della cassa delle ammende.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/11/2024.
Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2024.