Trattativa a parole e mezzo agricolo consegnato: legittimo considerare concluso l’affare (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 30 agosto 2022, n. 25524).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZO Mario – Consigliere –

Dott. MOCCI Mauro – Rel. Consigliere –

Dott. CRICUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27049-2021 proposto da:

(OMISSIS) PALMARINO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MONIA (OMISSIS);

-ricorrente-

contro

DITTA (OMISSIS) CARLO, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO (OMISSIS);

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 986/2021 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 23/06/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 01/07/2022 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO MOCCI.

Rilevato:

che Palmarino (OMISSIS) propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Corte di appello di L’Aquila che aveva accolto il gravame della ditta (OMISSIS) Carlo contro la decisione del Tribunale di Teramo.

Quest’ultimo aveva respinto la domanda di pagamento del prezzo di un aratro meccanico, che la ditta asseriva di aver venduto a controparte;

che la Corte abruzzese, dopo aver ricordato che in altro giudizio – originariamente incoato dalla ditta (OMISSIS) contro (OMISSIS) di (OMISSIS) (padre dell’odierno ricorrente) – il Palmarino (OMISSIS) aveva dichiarato, come testimone, di aver trattato l’acquisto per sé stesso, tanto che quel processo si era concluso con il rigetto della domanda, considerava determinante la valenza confessoria delle dichiarazioni rese dall’odierno ricorrente, oltre all’intervenuta consegna del bene nel 2003, senza più alcuna restituzione;

che si è costituita con controricorso la ditta (OMISSIS) Carlo, per resistere al ricorso avversario;

che, in prossimità dell’udienza, la controricorrente ha depositato memoria, ex art. 378 c.p.c.

Considerato:

che il ricorso è affidato a due formali motivi;

che, col primo, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., si deduce “violazione di legge ex art. 360 c.p.c. n. 3 nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – errata qualificazione della fattispecie giuridica – Violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto:

art. 1376 c.c.;

art. 2721 c.c.;

art. 21 comma 4 D.P.R n. 633/1972”, in quanto la Corte territoriale si sarebbe erroneamente pronunziata sull’esistenza di un contratto verbale, incorrendo in una palese ultrapetizione, giacché mai la controparte avrebbe accennato al tipo di negozio concluso.

Al contrario, il giudice di appello avrebbe dovuto valutare il compendio probatorio, dal quale sarebbe emersa l’insussistenza di qualunque accordo inter partes;

che, col secondo, si invoca erronea e/o omessa pronuncia su un “punto della controversia su cui la sentenza impugnata avrebbe dovuto pronunciarsi”, per avere la Corte distrettuale trascurato la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. e che fosse ordinata la cancellazione di tutte le espressioni sconvenienti ed offensive ex art. 89 c.p.c., risultando l’atto di controparte evidentemente “scorretto” dal punto di vista deontologico;

che il primo motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.;

che, per un verso, esso appare manifestamente infondato, giacché la vendita di un bene mobile non necessita, per il suo perfezionamento, dell’adozione di forme particolari, potendo essere validamente conclusa anche mediante semplici manifestazioni verbali di consenso, con la conseguenza che l’effetto traslativo, al pari di tutte le altre ipotesi di compravendita di cosa mobile determinata, ha luogo all’atto dell’incontro del “consensus in idem placitum” legittimamente manifestato dai contraenti.

Ne consegue che, in caso di vendita verbale di veicolo, la relativa prova ben può essere fornita con ogni mezzo e non necessariamente in via documentale (Sez. 3, n. 13991 del 16 luglio 2004);

che, per altro verso, l’accertamento della vendita costituiva un necessario presupposto logico per decidere in ordine all’invocato inadempimento del pagamento del prezzo, causa petendi del giudizio;

che in tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Sez. 2,n. 21127 dell’8 agosto 2019);

che la sentenza impugnata ha considerato non solo le concordi affermazioni rese da Palmarino (OMISSIS) sia in sede testimoniale (nel procedimento in cui non era parte), sia in sede di interrogatorio formale (con indubbia valenza confessoria), ma anche l’avvenuta consegna del veicolo nelle sue mani e la corresponsione di un acconto da parte sua;

che l’esame dei documenti esibiti e la valutazione degli stessi, come anche il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 1, n. 19011 del 31 luglio 2017; Sez. 1, n. 16056 del 2 agosto 2016);

che il secondo motivo si palesa inammissibile;

che, da un lato, nessuna specifica domanda ex art. 96 c.p.c. risulta trascritta nelle conclusioni di parte Palmarino (OMISSIS) nell’epigrafe della sentenza impugnata, né la Corte d’Appello avrebbe potuto provvedervi d’ufficio, risultando la controparte vittoriosa;

che dunque il ricorrente non ha colto la ratio della decisione impugnata;

che, dall’altro, la mancata presa di posizione del giudice di secondo grado in ordine alla cancellazione delle espressioni sconvenienti ed offensive non può che essere letta come un implicito rigetto, alla luce del quadro decisorio assunto; che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo;

che ricorrono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto;

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della ditta (OMISSIS) Carlo, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500 (duemila/500) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta-2 Sezione Civile della Corte Suprema di cassazione il giorno 1 luglio 2022.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.