Ordine di demolizione di un immobile realizzato abusivamente e illegittimità della sanatoria (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 29 agosto 2022, n. 31783).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere –

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere –

Dott. CORBO Antonio – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da

1. (OMISSIS) Andrea, nato ad Erice il 27/12/19xx;

2. (OMISSIS) Michele, nato ad Erice il 04/04/19xx;

avverso l’ordinanza in data 20/01/2022 del Tribunale di Trapani;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Antonio Corbo;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale , Dott. Simone Perelli, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza adottata in data 20 gennaio 2022, e depositata il medesimo giorno, il Tribunale di Trapani, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza con la quale Andrea (OMISSIS) e Michele (OMISSIS) avevano chiesto la revoca dell’ordine di demolizione di un immobile abusivamente realizzato.

Il Tribunale ha precisato che l’ordine di demolizione non può essere revocato dovendo ritenersi illegittima la sanatoria rilasciata, per un duplice ordine di ragioni.

Innanzitutto, la sanatoria è parziale, siccome disposta dopo l’abbattimento di alcune delle opere abusive facenti parte dell’unico fabbricato.

Inoltre, la sanatoria è stata rilasciata in difetto del presupposto della c.d. “doppia conformità” di cui all’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto conforme agli strumenti urbanistici in vigore al momento della presentazione della pertinente istanza, ma non anche a quello in vigore al momento della realizzazione dell’opera.

2. Hanno presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe Andrea (OMISSIS) e Michele (OMISSIS), con atto sottoscritto dall’avvocato Andrea (OMISSIS), articolando due motivi, preceduti da una premessa nella quale si dà conto, sinteticamente, delle vicende intercorse dalla realizzazione dell’immobile alla pronuncia dell’ordinanza impugnata, precisando di aver ottenuto il rilascio di concessione in sanatoria ex art. 32 d.l. n. 269 del 2003, con conseguente non necessità del requisito della c.d. “doppia conformità”.

2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 32 d.l. n. 269 del 2003, come convertito dalla legge n. 326 del 2003, e 36 d.P.R. n. 380 del 2001, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla mancata applicazione della disciplina del condono di cui al d.l. n. 269 del 2003.

Si deduce che la disciplina di cui all’art. 32 d.l. n. 269 del 2003, relativa al condono, non richiede come presupposto per il rilascio della concessione quello della c.d. “doppia conformità”, a differenza di quanto dispone l’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 (si cita Sez. 3, n. 42526 del 21/10/2008).

2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla errata applicazione della citata disposizione del d.P.R. n. 380 del 2001, versandosi in ipotesi di condono ex art. 32 d.l. n. 269 del 2003.

Si deduce che, nella specie, l’istanza, presentata in data 13 dicembre 2004 per ottenere il condono ex art. 32 d.l. n. 269 del 2003, si riferiva ad una situazione in cui erano rilevabili tutti i presupposti richiesti da questa disposizione.

Si segnala, in particolare, che:

-) le opere abusive erano state ultimate entro il 31 marzo 2003;

-) la cubatura delle stesse era complessivamente pari a 677,72 metri cubi, come indicato nella concessione;

-) gli oneri economici erano stati assolti;

-) la domanda era stata presentata il 10 dicembre 2004.

Si aggiunge che anche il perito nominato dal giudice dell’esecuzione ha precisato che, nella specie, trattandosi di condono ex art. 32 d.l. n. 269 del 2003, non è richiesto il requisito della c.d. “doppia conformità” di cui all’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili per le ragioni di seguito precisate.

2. Le censure, che contestano la mancata applicazione della disciplina del condono di cui al d.l. n. 269 del 2003, in particolare per la ritenuta necessità del presupposto della c.d. “doppia conformità”, sono prive di specificità perché non si confrontano compiutamente con la motivazione del provvedimento impugnato, specie laddove si evidenzia che la sanatoria richiesta è in realtà parziale, e non tengono conto della tardività dell’istanza di condono, così come evidenziato dal Procuratore generale nella sua requisitoria.

2.1. Innanzitutto, come rappresentato nell’ordinanza impugnata, la richiesta di revoca dell’ordine di demolizione non tiene conto che la sanatoria rilasciata dal Comune riguarda solo una parte delle opere abusivamente realizzate, mentre le altre sono state demolite nelle more del pertinente procedimento amministrativo.

Precisamente, il Tribunale espone che il fabbricato oggetto dell’accertamento era stato edificato abusivamente nell’anno 1995, e comprendeva, oltre all’attuale consistenza, anche un vano garage posto sul lato ovest, realizzato con pannelli di copertura e coibentazione tra l’immobile ed il muro di confine, nonché una tettoia metallica coperta con onduline, in relazione alla quale era presentata autonoma richiesta di sanatoria.

Segnala, poi, che i proprietari, con comunicazione del 28 gennaio 2021, hanno comunicato al Comune di aver rimosso i pannelli con i quali era stato realizzato il garage e la tettoia metallica coperta con onduline, e che, in conseguenza di tale evenienza, era stata archiviata la pratica di sanatoria relativa a questa struttura.

Ora, la giurisprudenza di legittimità ha già affermato che, in tema di condono edilizio, la volumetria eccedente i limiti previsti dall’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ai fini della condonabilità delle opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993, non è suscettibile di riduzione mediante demolizione eseguita successivamente allo spirare di detto termine, integrando la stessa un intervento, oltre che di per sé abusivo, volto ad eludere la disciplina di legge (cfr., specificamente, Sez. 3, n. 43933 del 14/10/2021, Medusa, Rv. 282163-01).

Questo principio deve ritenersi applicabile anche in materia di condono edilizio di cui all’art. 32 d.l. n. 269 del 2003, convertito, con modifiche, dalla legge n. 326 del 2003, e successive modifiche.

Invero, anche in relazione a questa disciplina, l’intervento di demolizione parziale delle opere abusivamente realizzate costituisce attività, da un lato, anch’essa abusiva sotto il profilo edilizio, e, dall’altro, diretta ad eludere la disciplina di legge.

2.2. In secondo luogo, poi, come osservato dal Procuratore generale nella requisitoria scritta, l’istanza di condono è stata presentata tardivamente.

In effetti, per quanto risulta tanto dall’atto di concessione edilizia in sanatoria, datata 17 settembre 2021, quanto dalla nota di chiarimenti del Comune di Paceco, datata 27 gennaio 2022, entrambi documenti allegati al ricorso, la domanda di concessione in sanatoria è stata presentata in data 13 dicembre 2004.

Ciò posto, a norma del comma 36 dell’art. 32 d.l. n. 269 del 2003, in particolare come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. a), d.l. 31 marzo 2004, n. 82, convertito dalla legge 28 maggio 2004, n. 141, e poi dall’art. 5, comma 1, lett. c), d.l. 12 luglio 2004, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, legge 30 luglio 2004, n. 191, «[l]a domanda relativa alla definizione dell’illecito edilizio, con l’attestazione del pagamento dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori, è presentata al comune competente, a pena di decadenza, tra l’11 novembre 2004 e il 10 dicembre 2004, unitamente alla dichiarazione di cui al modello allegato e alla documentazione di cui al comma 35».

Risulta quindi evidente che l’istanza di concessione edilizia in sanatoria è inammissibile perché presentata oltre il termine fissato dalla legge espressamente «a pena di decadenza».

Che il rispetto del termine del 10 dicembre 2004 per la presentazione dell’istanza di concessione edilizia in sanatoria sia previsto a pena di decadenza, del resto, è specificamente confermato anche dalla elaborazione della giurisprudenza.

Si è infatti osservato che, ai fini della estinzione del reato costituito da illecito edilizio, le tre condizioni previste dall’art. 32, comma 36, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modifiche in legge 24 novembre 2003 n. 326 (presentazione nei termini della domanda di “condono”; versamento dell’intero importo della somma dovuta a titolo di oblazione; decorso di trentasei mesi dalla data di effettuazione del suddetto versamento) debbono ricorrere congiuntamente (così Sez. 3, n. 23131 del 26/04/2007, Cartier, Rv. 236970-01, ma anche Sez. 3, n. 3992 del 12/12/2003, dep. 2004, Russetti, Rv. 227558-01).

3. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 07/06/2022.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.