Violazione del diritto alla privacy di una persona anziana posta sotto tutela legale e in totale isolamento in una casa di riposo (CEDU – Corte Europea Diritti dell’Uomo, Sezione Seconda, Sentenza 6 luglio 2023, n. 46412/21).

Nella sentenza della Camera, consegnato oggi nel Calvi e CG c. Italia (ricorso n. 46412/21 ), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto all’unanimità che vi fosse stato:

Violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nei confronti del secondo ricorrente (CG).

La causa riguarda la collocazione sotto tutela legale di una persona anziana (CG) e l’isolamento sociale conseguente alla sua collocazione in una casa di riposo.

La Corte giudica in particolare che CG è stata posta sotto la completa dipendenza del suo amministratore in quasi tutte le aree e senza limiti di tempo. Rileva con preoccupazione che le autorità hanno, in pratica, abusato della flessibilità dell’amministrazione di sostegno per perseguire le finalità che l’ordinamento italiano assegna, con severi limiti, all’OSI (Trattamento sanitario obbligatorio ”), il cui quadro legislativo avendo quindi elusa mediante ricorso abusivo all’amministrazione di sostegno.

Conclude che, mentre l’ingerenza perseguiva l’obiettivo legittimo di proteggere il benessere di CG in senso lato, era tuttavia, alla luce della gamma di misure che le autorità potevano adottare, né proporzionata né adatta alla sua situazione individuale.

Fatti principali

I ricorrenti, sig. Calvi e CG, sono cittadini italiani nati rispettivamente nel 1956 e nel 1930. Risiedono in Italia.

La domanda è stata presentata dal sig. Calvi che agisce in nome proprio e per conto del cugino CG che è oggetto di una misura di tutela giudiziaria posta in essere dal giudice tutelare ed è ricoverato da ottobre 2020 in una casa di cura ( residenza sanitaria assistenziale).

Nel 2017 la sorella di CG ha chiesto al giudice tutelare la nomina di un amministratore di sostegno. Ha sostenuto che suo fratello era anziano e che mostrava un comportamento prodigo. Il giudice tutelare, constatata la prodigalità di CG, ha nominato un amministratore di sostegno incaricato di amministrare il patrimonio di CG

Nel 2018, CG e sua sorella hanno chiesto al giudice di sospendere il provvedimento cautelare, adducendo un mutamento delle condizioni che ne avevano giustificato l’applicazione. Tuttavia, i servizi sociali hanno concluso che l’intervento di un amministratore di sostegno era necessario riguardo a vari aspetti della vita di CG.

1 Conformemente alle disposizioni degli articoli 43 e 44 della Convenzione, questa sentenza della Camera non è definitiva. Entro tre mesi dalla data della sua consegna, ciascuna parte può chiedere che la causa sia rinviata alla Grande Camera della Corte. In tali casi, una giuria di cinque giudici determina se il caso merita ulteriore considerazione. In tal caso, la Grande Camera si occuperà del caso e pronuncerà una sentenza definitiva. Se la richiesta di rinvio viene respinta, la sentenza della Camera diverrà definitiva alla data di tale rigetto.

Nel 2020, il giudice tutelare ha esteso i poteri dell’amministratore di sostegno a tutti gli aspetti della cura personale di CG, rilevando che la sua sicurezza fisica e il suo benessere erano gravemente compromessi e che stava rilasciando dichiarazioni confuse e contraddittorie.

Nel corso del mese di ottobre 2020, l’amministratore di sostegno ha chiesto al giudice tutelare l’autorizzazione a far ricoverare CG in una casa di cura, spiegando che l’interessato non aveva più il medico di base né il libretto anagrafico e che nei suoi confronti era stato avviato un procedimento penale collaboratrici domiciliari per abuso di debolezza.

Nello stesso giorno, il giudice ha autorizzato l’amministratore a prendere i provvedimenti necessari per collocare CG in una casa di cura.

Il mese successivo, una troupe cinematografica di un programma televisivo, ” Le Iene “, ha prodotto un servizio che metteva in dubbio la legalità del collocamento di CG in una casa di cura e che è stato trasmesso a livello nazionale. L’amministratore ha quindi deciso di impedire qualsiasi comunicazione diretta tra CG e terzi, ad eccezione del sindaco della città.

Pochi giorni dopo, il giudice tutelare ha deciso di vietare qualsiasi incontro e conversazione telefonica di terzi con CG, salvo che quest’ultima non desideri diversamente. In particolare, ha preso in considerazione la decisione del curatore, volta a tutelare CG dalla divulgazione della sua vicenda personale e dalle ripercussioni mediatiche della cronaca trasmessa, nonché una perizia (datata 8 ottobre 2020) che aveva ha suggerito di procedere a una rivalutazione psichiatrica di CG

Tra il 2021 e il 2023 il Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti ha effettuato diverse visite alla casa di cura dove si trovava CG. Rivolge una raccomandazione alla Procura della Repubblica, auspicando, tra l’altro, la revisione delle misure adottate per la tutela di CG e la determinazione di un più adeguato sistema di sostegno per il futuro. Nel 2023 ha incontrato anche il sindaco del paese.

La Corte non è stata informata di alcun seguito dato dall’accusa alla raccomandazione del Garante Nazionale. La informava, invece, che era stato avviato un procedimento penale per violazione di domicilio nei confronti di una terza persona sospettata di essere entrata nella casa di cura e di avervi incontrato CG senza l’autorizzazione dell’amministratore di sostegno. Nel giugno 2023, questa persona è stata condannata a un anno e 10 mesi di reclusione.

Davanti alla Corte europea, il sig. Calvi ha lamentato in particolare l’impossibilità di stabilire un contatto con il cugino CG e le decisioni del giudice tutelare. Quanto a CG, lamenta il suo inserimento in una casa di riposo dal 2020 oltre all’impossibilità di rientrare presso la propria abitazione e di ricevere visite nello stabilimento dove risiede.

Reclami, procedura e composizione della Corte

Invocando gli artt. 5 (diritto alla libertà e sicurezza) e 8 (diritto al rispetto della vita privata) della Convenzione, i due ricorrenti lamentano la messa sotto tutela giuridica di CG e l’isolamento sociale che ne deriva.

La Corte ritiene che le questioni sollevate nella presente causa debbano essere esaminate ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione.

Il ricorso è stato depositato presso la Corte europea dei diritti dell’uomo il 20 settembre 2021.

La sentenza è stata pronunciata da una camera di sette giudici, composta da:

Marko Bošnjak (Slovenia), Presidente,

Alena Poláÿková (Slovacchia),

Krzysztof Wojtyczek (Polonia),

Ivana Jelic (Montenegro),

Gilberto Felici (Saint-Marin),

Erik Wennerstrom (Svezia),

Raffaele Sabato (Italie),

nonché

Renata Degener, cancelliere di sezione.

Decisione della corte

Posizione del sig. Calvi per conto di CG

La Corte rileva che CG si trovava in una situazione che non le consentiva di presentare direttamente il ricorso al Tribunale, avendo l’amministratore di sostegno un potere sostitutivo nei suoi confronti, e la doglianza principale riguardava peraltro le restrizioni che aveva imposto a lui con l’approvazione del giudice tutelare.

Il rischio che CG sia privato di una tutela effettiva per quanto riguarda i suoi diritti derivanti dalla Convenzione è quindi provato nel caso di specie.

Rileva altresì un’evidente contraddizione tra, da un lato, le posizioni assunte dall’amministratore e dai giudici interni in merito alle questioni oggetto del presente ricorso e, dall’altro, gli argomenti dedotti a sostegno della detto ricorso, secondo il quale le decisioni di collocare CG in misure cautelari e in una casa di cura erano contrarie alla Convenzione.

Rileva inoltre che non sussiste alcun conflitto di interessi tra il sig. Calvi e CG quanto all’oggetto stesso del ricorso.

Infine, ritiene che la presente causa sollevi gravi questioni relative alle condizioni di vita degli anziani nelle case di riposo, che rivestono carattere di interesse generale data la vulnerabilità delle persone che risiedono in tali istituti.

Di conseguenza, essa ritiene che nel caso di specie sussistano circostanze eccezionali che consentono di riconoscere al sig. Calvi la legittimazione ad agire dinanzi ad esso in qualità di rappresentante di suo cugino.

Ammissibilità delle censure sollevate dal sig. Calvi

La Corte rileva che il sig. Calvi non si è avvalso del procedimento di impugnazione previsto dall’articolo 720 bis cpc avverso la decisione del giudice tutelare che ha respinto la sua richiesta di incontro con CG e ritiene che l’esercizio di detto rimedio avrebbe potuto comportare l’annullamento della decisione del giudice tutelare di non autorizzare la visita richiesta. Il sig. Calvi non aveva quindi esaurito le vie di ricorso interne disponibili. Le doglianze sollevate dal sig. Calvi per proprio conto sono pertanto inammissibili.

Articolo 8: Diritto alla privacy di CG

La Corte ritiene che la misura adottata nei confronti di CG costituisca un’ingerenza ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione. Ritiene che tale ingerenza fosse prevista dagli artt. 404 e 411 c.c. e che perseguisse il “legittimo fine” di tutelare CG dapprima da un pericolo di indebitamento e, dal 2020, da menomazione fisica e psichica.

Rileva che la decisione del giudice tutelare si basava sul fatto che CG non controllava le conseguenze della sua prodigalità, che soffriva di un disturbo ossessivo-compulsivo di personalità accompagnato da aspetti depressivi, che viveva in condizioni di indigenza e che ha trascurato la sua igiene.

Nota inoltre che un rigoroso regime di isolamento è stato deciso dall’amministratore di sostegno anche se CG chiedeva di poter tornare a casa. L’interessato veniva così privato, salvo poche eccezioni, di ogni contatto con l’esterno e ogni richiesta di colloquio telefonico o di visita dava luogo a filtraggio da parte dell’amministratore di sostegno o del giudice tutelare.

Inoltre, sebbene gli esperti abbiano raccomandato un ritorno graduale a casa sua a partire dal 2021, questa misura non è mai stata messa in atto. Sul tema, inoltre, è intervenuto il Garante Nazionale avv (omissis) denunciando l’isolamento a cui CG era stata sottoposta e chiedendo, invano, all’accusa di esercitare le sue prerogative per porvi fine.

Secondo la Corte, qualsiasi misura di protezione adottata nei confronti di una persona in grado di esprimere la propria volontà deve, per quanto possibile, riflettere i suoi desideri. Fonti internazionali confermano questo approccio.

Tenuto conto dell’impatto che la collocazione di CG sotto tutela giudiziaria ha avuto sulla sua vita privata, la Corte ha osservato che, sebbene l’autorità giudiziaria abbia effettuato un’approfondita valutazione della situazione dell’interessato prima di collocarlo in una casa di cura, non ha chiesto durante esso, in considerazione della particolare vulnerabilità che sentivano di aver individuato, di adottare misure per mantenere le loro relazioni sociali e di istituire un percorso per facilitare il suo ritorno a casa.

Al contrario, a CG è stato imposto l’isolamento dal mondo esterno, e in particolare dalla sua famiglia e dai suoi amici. Tutte le visite e le telefonate erano vagliate dal suo amministratore o dal giudice tutelare, una delle poche persone autorizzate a vederlo in questi tre anni essendo sindaco del comune dove risiedeva.

La Corte rileva che tale filtraggio è stato posto in essere non appena egli è arrivato in stabilimento, cioè prima della messa in onda sui canali nazionali del programma “ Le Iene ”. Successivamente, il giudice tutelare si è basato esclusivamente sulle segnalazioni presentate dall’amministratore di sostegno, non ritenendo di dover sentire CG, e ha rifiutato le richieste di contatto presentate dal sig. Calvi, unendosi al parere negativo dell’amministratore.

La Corte rileva inoltre che nel giugno 2022 una persona è stata condannata a un anno e 10 mesi di reclusione per violazione di domicilio per essere entrata nella casa di cura e avervi incontrato CG senza il consenso dell’amministratore di sostegno. Al riguardo, il Governo non ha fornito alcuna spiegazione circa la necessità di sottoporre ogni incontro all’autorizzazione dell’amministratore o del giudice tutelare e di isolare l’interessato dai suoi familiari per un periodo così lungo.

La Corte ritiene che la decisione di limitare i contatti non sia stata assunta sulla base di un esame concreto e attento di tutti gli aspetti rilevanti della particolare situazione di CG e ricorda, sul punto, che i periti si erano espressi a favore gite dell’interessato in luoghi di piacere.

Inoltre, negli ultimi tre anni non sembra essere stata prevista alcuna misura finalizzata al rientro dell’interessato presso la propria abitazione, sebbene l’affidamento fosse stato deciso in via provvisoria.

La Corte attribuisce particolare importanza al fatto che CG non sia stato dichiarato incapace e che non sia stato oggetto di alcun divieto, avendo le perizie indicato, al contrario, una buona capacità di socializzazione.

Rileva che, nonostante questi elementi, si è trovata completamente dipendente dal suo amministratore in quasi tutte le aree e senza limiti di tempo.

Rileva con preoccupazione che, nel caso di specie, le autorità hanno, in pratica, abusato della flessibilità dell’amministrazione di sostegno per perseguire le finalità che l’ordinamento italiano assegna, con severi limiti, al TSO, essendo stato quindi eluso il relativo quadro normativo ricorrendo abusivamente all’amministrazione di sostegno.

Rileva inoltre che non esistevano salvaguardie efficaci nella procedura interna per prevenire gli abusi, come richiesto dagli standard del diritto internazionale dei diritti umani, che sarebbero stati in grado di garantire nel caso di specie che i diritti, i desideri e le preferenze di CG fossero presi in considerazione.

Non è stato associato alle decisioni che sono state assunte nelle varie fasi del procedimento, è stato sentito personalmente una sola volta durante il suo collocamento, è stato soggetto a restrizioni circa i contatti con i suoi familiari e tutte le decisioni che lo riguardano sono state prese dal personale di sostegno amministratore.

Di conseguenza, la Corte conclude che, mentre l’ingerenza perseguiva lo scopo legittimo di tutelare il benessere nel senso ampio di CG, era tuttavia, tenuto conto della gamma di misure che le autorità potevano adottare, né proporzionate né adattate alle loro situazione individuale.

Di conseguenza, l’ingerenza non è rimasta nei limiti del margine di discrezionalità di cui gode l’autorità giudiziaria nel caso di specie. Vi è stata quindi violazione dell’articolo 8 della Convenzione.

Equa soddisfazione (articolo 41)

La Corte non concede equa soddisfazione, in quanto CG non ha presentato ricorso in tal senso.

SENTENZA

AFFAIRE CALVI ET C.G. c. ITALIE

La sentenza esiste solo in francese.

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La Corte europea dei diritti dell’uomo è stata istituita a Strasburgo dagli Stati membri del Consiglio d’Europa nel 1959 per giudicare le presunte violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950.

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