L’amministratore condominiale non è responsabile per aver utilizzato il fondo cassa personale di singoli condomini per far fronte a spese straordinarie dell’intero condominio (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 12 luglio 2023, n. 19987).

L A  C O R T E  S U P R E M A  D I  C A S S A Z I O N E

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Chiara GRAZIOSI – Presidente –

Dott. Pasqualina Anna Piera CONDELLO – Consigliere –

Dott. Antonella PELLECCHIA – Consigliere –

Dott. Stefano Giaime GUIZZI – Rel. Consigliere –

Dott. Salvatore SAJIA – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 27249-2020 proposto da:

(omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis)

– ricorrente –

contro

(omissis) (omissis) in proprio e quale legale rappresentante “pro tempore” della società (omissis) (omissis)

controricorrenti

Avverso la sentenza n. 1737/2020 della Corte di Appello di Venezia, depositata il 06/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 08/03/2023 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.

RIVEVATO CHE:

1. (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) ricorrono, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 1737/20, del 6 luglio 2020, della Corte di Appello di Venezia, che – accogliendo il  gravame esperito da (omissis) (omissis) in proprio e quale rappresentante della società (omissis) (omissis) S.n.c. di (omissis) (omissis) C.) avverso la sentenza n. 234/18, del 26 gennaio 2018, del Tribunale di Verona – ha rigettato la loro domanda proposta in relazione al dedotto grave inadempimento, da parte del (omissis) in ordine ad un ammanco di cassa di € 9.656,23, nel periodo in cui il medesimo era stato amministratore del condominio (omissis), inerente a spettanze riferite all’unità immobiliare di proprietà esclusiva dei predetti coniugi (omissis) (omissis).

2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti di aver costituito sin dall’anno 2000, nell’ambito del predetto Condominio, un fondo cassa personale per far fronte a futuri lavori di manutenzione straordinaria della loro unità immobiliare e alle future spese condominiali, immettendo la somma di € 656,23 nel conto corrente bancario intestato al Condominio.

Dell’esistenza di detto fondo e della giacenza di tale somma offrivano riscontro tutti i bilanci condominiali, ma solo fino a quello di chiusura dell’esercizio 2007, giacché – in occasione dell’assunzione dell’incarico di amministrazione condominiale, a far data dal 15 febbraio 2008, da parte della società (omissis) (omissis) subentrata al (omissis) – i coniugi (omissis) (omissis) venivano informati del fatto che il loro fondo personale, seppur contabilizzato nella precedente gestione condominiale, non era più presente nelle voci di bilancio, così come non risultava più presente nelle casse condominiali la somma di € 9.656,23.

Radicavano, pertanto, gli odierni ricorrenti il giudizio contro l’ex amministratore (omissis) la società dal medesimo rappresentata, per chiederne la condanna, in solido, al pagamento della somma suddetta, iniziativa assunta sul presupposto che il denunciato ammanco di cassa costituisse, ex artt. 1710 e 1218 cod. civ., inadempimento contrattuale rispetto al mandato conferito, ovvero, in subordine, comportamento doloso o colposo che aveva comunque cagionato la perdita patrimoniale da essi subita.

Costituitosi in giudizio il (omissis) in proprio e nella già ricordata qualità, lo stesso riconosceva l’esistenza del fondo personale dei condomini (omissis)  (omissis) dal momento dell’assunzione dell’incarico di amministratore, nonché l’indicazione dello stesso tanto nei bilanci consuntivi pregressi quanto nei conti condominiali, giustificando l’ammanco con la necessità di utilizzare quell’importo per il pagamento di spese condominiali, essendosi alcuni condomini resi morosi nel pagamento di quanto dovuto.

L’adito Tribunale scaligero accoglieva la domanda, affermando la responsabilità del (omissis) per essere venuto meno agli obblighi nascenti dal contratto di mandato, non essendo il convenuto riuscito a fornire la prova liberatoria della propria assenza di colpa, con riguardo alle negligenze contabili e all’ammanco contestato.

Esperito gravame dal convenuto soccombente, il giudice di appello lo accoglieva, esito cui perveniva sul rilievo che, “nel corso dell’assemblea condominiale del 26 febbraio 2009”, ovvero “la prima tenutasi con il nuovo amministratore (omissis) (omissis) veniva “segnalata la mancanza, nel bilancio consuntivo del 2008, della voce relativa al «fondo di riserva (omissis) sicché l’assemblea deliberava “di reinserirlo, come confermato dal verbale”, attestante “l’approvazione del bilancio 2008 «integrato» con la suddetta voce”.

Su tali basi, dunque, il giudice di seconde cure concludeva che “il condominio ha provveduto a ripristinare il peculio di esclusiva spettanza dei due appellati”, evidenziando come il verbale assembleare del 26 febbraio 2009 fornisca “prova che i Sigg.ri (omissis) e (omissis) hanno quindi subito ottenuto il riconoscimento pieno dell’esistenza del loro diritto di credito nei confronti del Condominio, cosicché essi non hanno subìto alcun pregiudizio a carattere patrimoniale dalla condotta posta in essere dal (omissis) ben potendo in qualsiasi momento chiedere la liquidazione dell’importo di loro spettanza nuovamente presente sul conto corrente condominiale”.

3. Avverso la sentenza della Corte lagunare hanno proposto ricorso per cassazione il (omissis) la (omissis) sulla base – come detto – di tre motivi, informando, altresì, questo giudice di legittimità di aver incardinato giudizio di revocazione, ex art. 395, comma 4, cod. proc. civ. (senza, peraltro, conseguire il richiesto provvedimento di sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione), lamentando l’esistenza di un errore revocatorio su un fatto incontroverso, ovvero “l’assenza delle somme di spettanza dei (omissis) sul conto corrente condominiale”, in cui sarebbe incorsa la Corte veneta.

3.1. Il primo motivo denuncia – ex 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver “completamente travisato la prova posta a fondamento della propria decisione, valorizzando un dato nella stessa inesistente e contrastato da altre emergenze istruttorie, con motivazione su un punto decisivo del tutto irrazionale, in violazione degli artt. 111 Cost. e 132 cod. proc. civ.”.

Si lamenta, in primo luogo, l’avvenuto travisamento della prova documentale costituita dal verbale assembleare del 26 febbraio 2009, essendo stata tratta dallo stesso un’informazione probatoria – quella secondo cui “il condominio ha provveduto a ripristinare il peculio di esclusiva spettanza dei due appellati già depositato sul conto corrente condominiale nell’assemblea condominiale” suddetta – da tale verbale, viceversa, contraddetta. Esso, infatti, si limita solo a “dare atto che nel bilancio consuntivo 2008 deve essere indicato e riportato pure l’importo a titolo di fondo di riserva pari a € 9.656,23”, ma non anche “che i condomini hanno ripristinato la somma («il peculio») di spettanza dei (omissis) così nuovamente presente sul conto corrente condominiale”.

Trattandosi di travisamento su un punto decisivo della controversia – giacché se la Corte territoriale “non avesse affermato che la somma era presente nel conto corrente condominiale, non avrebbe certo escluso l’esistenza di «alcun pregiudizio a carattere patrimoniale [derivante] dalla condotta posta in essere dal (omissis) – esso rileverebbe come vizio della sentenza, ex art. 115 cod. proc. civ.

In secondo luogo, si ritiene che la Corte lagunare abbia pure reso una motivazione “del tutto irrazionale”, in particolare nella parte in cui “giunge ad escludere la responsabilità dell’ex amministratore, confessoriamente reo di aver indebitamente utilizzato i denari di proprietà esclusiva dei coniugi (omissis) per pagare debiti condominiali, a causa della morosità degli altri condomini”.

Difatti, ciò equivarrebbe ad onerare gli odierni ricorrenti, “dopo anni di causa, di richiedere al Condominio (ente privo di autonomia propria) la restituzione delle somme di propria spettanza indiscutibilmente non più presenti nelle casse del Condominio, e così agire nei confronti dei condomini morosi”.

3.2. Il secondo motivo denuncia – ex 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. – omesso esame circa un fatto decisivo, censurando la sentenza impugnata per aver “omesso di valutare altre emergenze probatorie in atti, e più precisamente gli estratti del conto corrente e la dichiarazione scritta del nuovo amministratore di condominio, succeduto al (omissis) in ordine all’assoluta mancanza di liquidità sul conto corrente condominiale”; è, inoltre, denunciato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – “errore di percezione su una circostanza controversa che ha formato oggetto di discussione tra le parti, in violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.”.

Richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui anche l’omesso esame di documenti è idoneo a integrare il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. (sebbene a condizione che il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento), il ricorrente assume che tale sarebbe il caso di specie.

Difatti, dalla disamina dei documenti di cui sopra – non compiuta, invece, dalla Corte lagunare – emergerebbe che, anche dopo l’assemblea del 26 febbraio 2009, il saldo del condominio, a zero ad inizio mandato del nuovo amministratore, risultava, alla fine del 2009, di € 163,31, senza che in nessuno degli estratti intermedi risulti immessa la somma di € 9.656,23, di spettanza dei ricorrenti.

Sarebbe, in questo modo, confermato che l’affermazione dell’avvenuto ripristino, sul conto condominiale, della somma dei coniugi (omissis) (omissis) costituisce l’esito di un errore di percezione.

3.3. Il terzo motivo denuncia – ex 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1988, 1135, 1136, 1137 e degli artt. 1362 e ss. cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il verbale dell’assemblea condominiale del 26 febbraio 2009 costituisca prova “del riconoscimento pieno” dell’esistenza di un diritto di credito dei coniugi (omissis) nei confronti del Condominio.

Difetterebbero, per contro, nella specie, i requisiti di cui all’art. 1988 cod. civ., stante, in particolare, l’assenza di una dichiarazione inequivoca e la mancanza, da parte del dichiarante, dei poteri dispositivi del diritto, non essendo stati presenti all’assemblea di approvazione della delibera tutti i condomini. Il verbale, dunque, in assenza di approvazione unanime non poteva comportare l’assunzione di un onere patrimoniale anche in capo ai condomini assenti.

4. Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il (omissis) in proprio e nella ricordata qualità, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.

Il controricorrente, inoltre, ha chiesto la condanna della controparte ex art. 96 cod. proc. civ., insistendo, altresì, che – in caso di cassazione con rinvio – venga considerato il terzo motivo d’appello, dichiarato assorbito dalla Corte veneziana, ma non da intendersi come rinunciato.

5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.

6. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RITENUTO CHE:

7. Il ricorso va rigettato.

7.1. Prima di procedere all’esame dei tre motivi in cui esso si articola, appare utile evidenziare come la sentenza impugnata fondi il rigetto della domanda risarcitoria – al di là del riferimento, molto enfatizzato nel ricorso, al ripristino del “peculio di esclusiva spettanza” dei coniugi (omissis) (omissis) sul rilievo dell’esistenza di una ragione di credito degli stessi, verso il Condominio, per l’importo di € 9.656,23.

Si tratta di motivazione, per vero, non incongrua, ove si consideri che quel fondo personale era stato costituito, per stessa ammissione dei ricorrenti, per far fronte a futuri lavori di manutenzione straordinaria della loro unità immobiliare e a future spese condominiali, sicché la rinnovata inserzione, a partire dal bilancio condominiale dell’anno 2008, di tale posta creditoria in favore dei coniugi (omissis) (omissis) equivale a ritenere che i medesimi potranno compensare – fino al ridetto importo di € 9.656,23 – eventuali debiti verso il Condominio che dovessero, appunto, derivare dalla deliberazione di spese condominiali e/o lavori di manutenzione straordinaria.

8. Ciò premesso, può procedersi alla disamina dei singoli motivi di ricorso.

8.1. Il primo motivo – con cui è denunciato il vizio di travisamento della prova – non è fondato.

8.1.1. In relazione ad esso, peraltro, deve preliminarmente rilevarsi che – con iniziativa che appare in contrasto con la proposizione del presente motivo di ricorso – i coniugi (omissis) (omissis) anno impugnato la sentenza della Corte veneziana anche per revocazione, denunciando l’esistenza di un errore di fatto, in cui essa sarebbe incorsa proprio in relazione al ripristino del “peculio di loro spettanza”, sicché delle due l’una: o questa circostanza ha formato oggetto di discussione tra le parti, risultando tra le stesse controversa, ed allora l’eventuale errore percettivo caduto su di essa è (astrattamente) denunciabile con ricorso di cassazione per travisamento della prova, oppure tale circostanza risulta incontroversa, donde la necessità di far valere, invece, l’errore di fatto a norma dell’art. 395, comma 1, n. 4), cod. proc. civ (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 21 dicembre 2022, n. 37382, Rv. 666679-02).

In disparte tale rilievo, che potrebbe indurre a concludere per l’inammissibilità del presente motivo di ricorso, esso risulta, comunque, “prima facie“, non fondato. Il che esime questo collegio dal dover attendere la decisione delle Sezioni Unite sulla questione della (persistente) ammissibilità della deduzione del “travisamento della prova” – anche dopo la modifica dell’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., come “novellato” dall’art. 54, comma 1, lett. b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile “ratione temporis” al presente giudizio) – quale vizio di legittimità.

Su tale questione, infatti, il Supremo collegio risulta essere stato investito – da opposti angoli visuali – da due diverse ordinanze interlocutorie di questa Corte (Cass. Sez. Lav., ord. interl. 29 marzo 2023, n. 8895, e poi Cass. Sez. 3, ord. interl. 27 aprile 2023, n. 11111), entrambe intervenute tra il momento della celebrazione dell’adunanza camerale dell’8 marzo 2023, all’esito della quale è stata assunta la presente decisione, e la stesura della motivazione della relativa ordinanza. Difatti, avendo questo collegio ritenuto non decisivo il (preteso) travisamento della prova, e dunque infondata tale censura, non si è resa necessaria la riconvocazione della camera di consiglio, per prendere atto dell’esistenza del contrasto giurisprudenziale, portato al vaglio delle Sezioni Unite.

Difatti, anche la più recente giurisprudenza di questa Sezione – che pure è incline ad ammettere, nonostante la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., la perdurante configurabilità, quale vizio di legittimità, del travisamento della prova (diversamente da quanto sostenuto in un argomentato arresto della Sezione lavoro; si tratta di Cass. Sez. Lav., sent. 3 novembre 2020, n. 24395, Rv. 659540-02) – ricostruisce lo stesso come errore percettivo sulla portata dell’informazione probatoria recata da un mezzo di prova (si vedano, da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. n. 37382 del 2002, cit. e Cass. Sez. 3, sent. 3 maggio 2022, n. 13918, Rv. 666484-03; ma nello stesso senso già Cass. Sez. 1, sent. 25 maggio 2015, n. 10749, Rv. 635564-01, Cass. Sez. 3, sent. 12 aprile 2017, n. 9356, Rv. 644001-01, Cass. Sez. 3, sent. 21 gennaio 2020, n. 1163, Rv. 656633-02, nonché, in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. 7 gennaio 2021, n. 49, non massimata), subordinando, però, la sussistenza di detto vizio alla condizione della “decisività” di tale errore.

Invero, è stato ancora di recente ribadito che, ai fini della sussistenza del vizio di travisamento della prova, rilevante a norma dell’art. 115 cod. proc. civ., è necessario che “l’errore commesso dal giudice di merito nella percezione della prova sia stato decisivo”, ovvero che si ponga quale “errore in assenza del quale la decisione del giudice merito sarebbe stata diversa, non già in termini di mera probabilità, ma in termini di assoluta certezza” (così, da ultimo, in motivazione Cass. Sez. 3, sent. n. 37382 del 2002, cit.).

Applicato questo principio al caso che occupa, anche ad ammettere che la Corte lagunare – nel dare conto di un’informazione probatoria (la “materiale” ricostituzione del “peculio” di appartenenza esclusiva dei coniugi (omissis) (omissis) contraddetta dalla prova documentale in atti, ovvero il verbale di assemblea condominiale del 26 febbraio 2009 – sia incorsa, appunto, in un errore percettivo, deve riconoscersi che esso non ha inficiato, in termini di “decisività”, la conclusione, dalla stessa raggiunta, di escludere la sussistenza di un danno risarcibile.

La sentenza impugnata, infatti, si è fondata – come si è già evidenziato nella premessa che precede lo scrutinio dei singoli motivi di ricorso – sulla constatazione che, nel bilancio condominiale dell’anno 2008, si era appostata una specifica voce che dava conto del credito verso il Condominio, per l’importo di € 9.656,23, dei coniugi (omissis) (omissis) credito da costoro, evidentemente, non solo opponibile in compensazione (tenuto conto, come detto, dello scopo per cui era stato costituito tale fondo personale, ovvero fare fronte a lavori di manutenzione straordinaria e spese condominiali) in relazione a futuri oneri condominiali, ma in qualsiasi momento esigibile.

Alla luce, dunque, della complessiva motivazione della sentenza impugnata non può dirsi che, in assenza di quell’errore percettivo, la decisione del giudice sarebbe stata diversa “in termini di assoluta certezza”.

8.2. Anche il secondo motivo di ricorso risulta non In questo caso è denunciato l’omesso esame di emergenze probatorie (in particolare, documenti provenienti dalla nuova amministrazione condominiale, attestanti che sul conto corrente intestato al Condominio non risulterebbe immessa la somma di € 656,23, di spettanza dei ricorrenti), nonché, nuovamente, l’esistenza di un errore percettivo.

8.2.1. Al riguardo, va premesso, che l’omissione denunciata, lungi dall’investire un fatto vero e proprio, da intendersi in senso “storico-naturalistico”, ha ad oggetto delle risultanze documentali, l’omesso esame delle quali è, però, da escludere quando “il fatto storico, rilevante in causa” – nella specie, l'(in)esistenza del danno lamentato dai coniugi (omissis) (omissis) “sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. Sez. 6-Lav., ord. 8 novembre 2019, n. 28887, Rv. 655596- 01; cfr. anche Cass. Sez. 6-Lav., ord. 10 febbraio 2015, n. 2498, Rv. 634531-01 e Cass. Sez. 6-Lav., ord. 1° luglio 2015, n. 13448, Rv. 635853-01).

Già queste considerazioni, pertanto, depongono per il rigetto del motivo.

Inoltre, come del resto riconoscono gli stessi ricorrenti, l’omesso esame di documenti è idoneo ad integrare il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. solo quando sia tale “da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la «ratio decidendi» risulti priva di fondamento” (così Cass. Sez. 3, ord. 20 giugno 2018, n. 16812, Rv. 649421-01).

Orbene, ancora una volta, la constatazione che il verbale dell’assemblea condominiale del 26 febbraio 2009 dia atto dell’esistenza di un credito, verso il Condominio, dei coniugi (omissis) (omissis) escludendo, così, che gli stessi abbiano risentito un danno dalla condotta del (omissis) impedisce di attribuire carattere di decisività alla lamentata omissione.

8.3. Il terzo motivo – che lamenta l’insussistenza dei presupposti per ravvisare un riconoscimento di debito – è, nuovamente, non fondato.

8.3.1. Il “fondo personale”, di cui si discute, vale a differenziare la posizione dei coniugi (omissis) (omissis) rispetto agli altri condomini del Condominio (omissis) (omissis) sicché  dell’esistenza dello stesso – non a caso – si è sempre dato conto nei bilanci condominiali.

Pertanto, anche a voler attribuire al verbale assembleare del 26 febbraio 2009 valore di riconoscimento di debito (in tal senso, Cass. Sez. 3, sent. 25 ottobre 1980, n. 5759, Rv. 409594-01), esso proviene proprio dal soggetto – il Condominio – nei confronti del quale gli odierni ricorrenti hanno sempre vantato la loro pretesa creditoria, considerato che il fondo era finalizzato a far fronte a futuri lavori di manutenzione straordinaria della loro unità immobiliare e alle future spese condominiali.

Quanto, poi, alla circostanza che tale verbale non potrebbe comportare l’assunzione di un onere patrimoniale anche in capo ai condomini assenti, deve rilevarsi come esso, nel ripristinare una posta già esistente, non abbia comportato alcun onere aggiuntivo per il Condominio.

9. Le spese seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico dei ricorrenti e liquidate come da dispositivo.

10. Non ricorrono le condizioni per applicare l’art. 96, comma 3, proc. civ., e ciò anche in ragione degli alterni esiti del giudizio di merito, essendosi gli odierni ricorrenti – in ogni caso – mantenuti entro i limiti di un corretto (e non strumentale) esercizio del diritto di impugnazione.

10.1. Infatti, deve ribadirsi come lo scopo di tale norma sia quello di sanzionare una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo” (cfr., “ex multis“, Sez. Un., ord. 16 settembre 2021, n. 25041, Rv. 662248-02; Cass. Sez. 3, ord. 4 agosto 2021, n. 22208, Rv. 662202-01; Cass. Sez. Un. sent. 20 aprile 2018, n. 9912, Rv. 648130-02; Cass. Sez. 3, sent. 30 marzo 2018, n. 7901, Rv. 648311-01; Cass. Sez. 2, sent. 21 novembre 2017, n. 27623, Rv. 646080-01).

Tale ipotesi, tuttavia, è stata ravvisata, quanto al giudizio di legittimità, in casi o di vera e propria “giuridica insostenibilità” del ricorso (Cass. Sez. 3, sent. 14 ottobre 2016, n. 20732, Rv. 642925-01), “non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate” con lo stesso (così, Cass. Sez. Un., sent. n. 9912 del 2018, cit.), ovvero in presenza di altre condotte processuali – al pari indicative dello “sviamento del sistema giurisdizionale dai suoi fini istituzionali”, e suscettibili, come tali, di determinare “un ingiustificato aumento del contenzioso”, così ostacolando “la ragionevole durata dei processi pendenti e il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione” – quali “la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata, o completamente privo di autosufficienza oppure contenente una mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia o, ancora, fondato sulla deduzione del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., ove sia applicabile, «ratione temporis», l’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., che ne esclude l’invocabilità” (Cass. Sez. 3, ord. 30 aprile 2018, n. 10327, Rv. 648432-01).

Nessuna di tali ipotesi, però, ricorre nel presente caso.

11. In ragione del rigetto del ricorso, sussiste, a carico dei ricorrenti, l’obbligo di versare, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) a rifondere, a (omissis) (omissis) in proprio e quale rappresentante della società (omissis) (omissis) S.n.c. di (omissis) (omissis) C., le spese del presente giudizio, che liquida in €  1.700,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari, in ipotesi, a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, svoltasi l’8 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.