‘Volume insufficiente’: l’alcoltest inchioda comunque l’automobilista (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 10 dicembre 2020, n. 35059).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele – Presidente – 

Dott. NARDIN Maura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere –

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere –

Dott. FERRANTI Donatella – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) OLHA nata il 26/01/1975;

avverso la sentenza del 20/12/2019 della CORTE APPELLO di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Donatella FERRANTI.

RITENUTO IN FATTO

1. Con là sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza di primo grado, pronunciata dal Tribunale di Lucca in data 15.05.2018, che aveva condannato (OMISSIS) Olha in relazione al reato di cui all’art. 186 comma 2 lett.c), 2bis e 2 sexies cod. strada (commesso il 29.08.2015 in Lucca).

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai seguenti profili:

I) assenza di prova circa il funzionamento dell’etilometro il cui primo risultato di 2,15 g/I recava la dicitura volume insufficiente; la Corte di appello aveva erroneamente argomentato che la difesa non aveva fornito alcuna prova rigorosa del cattivo funzionamento dell’apparecchiatura, così disattendendo i principi derivanti dalla recente orientamento della pronuncia di legittimità sulla cui base tale onere grava sull’accusato tanto più nel caso di specie in cui la difesa ha tempestivamente sollevato la questione sul regolare funzionamento dell’alcoltest;

II) violazione di legge in quanto la fattispecie concreta era riconducibile all’art. 186 comma 7, in quanto dopo la prima prova, ritenuta non valida dalla stessa polizia giudiziaria, l’imputata si era rifiutata di effettuare una terza prova;

III) violazione di legge e vizio di motivazione in quanto non è stata concessa la sospensione condizionale della pena a fronte di una specifica doglianza nei motivi di appello, considerato che i precedenti erano risalenti nel tempo e non specifici.

3. Il Procuratore generale in sede ha chiesto con requisitoria scritta, ai sensi dell’art. 23 comma 8 DL 28.10.2020 n.137, l’annullamento con rinvio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Deve rilevarsi che il ricorso in esame presenta profili di inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze di cui al primo e secondo motivo e perché basate su censure in fatto non deducibili in sede di legittimità.

1.1. Va ribadito il principio costantemente affermato da questa Corte, applicato correttamente dalla Corte di Appello nel caso in esame, secondo cui è configurabile il reato di guida in stato di ebbrezza anche quando lo scontrino, dell’alcoltest, oltre a riportare l’indicazione del tasso alcolemico in misura superiore alle previste soglie di punibilità, contenga la dicitura “volume insufficiente”, qualora l’apparecchio non segnali espressamente l’avvenuto errore (Cfr. Sez. 4, n. 6636 del 19/01/2017 Ud. (dep. 13/02/2017 ) Rv. 269061 – 01).

1.2. Nel caso di specie dalla ricostruzione effettuata in maniera conforme dai Giudici di merito risulta:

– che l’imputata mentre era alla guida della sua autovettura perdeva il controllo del veicolo e andava ad impattare contro due autovetture in sosta e poi si ribaltava contro il muro di cinta di un’abitazione situata sul lato opposto della strada;

– che presentava una chiara sintomatologia di ebbrezza;

– che alle prove di alcoltest risultava un valore di 2.15 g/I e 2.13 g/I;

– nel corso della prima prova l’etilometro, pur risultando uno scontrino attestante zero test corretto, rilevava un volume insufficiente ma risultava perfettamente funzionante, come dimostrato non solo dal rilascio degli scontrini di misurazione ma dall’esito della seconda prova effettuata a breve intervallo di tempo in cui rilasciava un valore positivo pienamente conciliabile con quello precedente.

2. Manifestamente infondato, oltre che generico, il terzo motivo di doglianza in relazione alla mancata applicazione della sospensione condizionale della pena su cui si era già pronunciato espressamente il giudice in primo grado (fol 3), affermando che vi ostava l’art. 163 cod.pen. in quanto l’imputata aveva già usufruito in due occasioni del beneficio.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 24.11.2020

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.