Legittimo l’arresto della giovane rom che viola ripetutamente il foglio di via obbligatorio (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 12 settembre 2022, n. 33395).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe – Presidente –

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere –

Dott. CASA Filippo – Consigliere –

Dott. CAIRO Antonio – Rel. Consigliere –

Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) PATRIZIA CUI xxxxxxx nata a GENOVA il 21/02/19xx;

avverso la sentenza del 29/06/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANTONIO CAIRO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa KATE TASSONE che ha concluso chiedendo

Letta la requisitoria della Dott.ssa Kate Tassone, sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza in epigrafe, confermava la condanna emessa dal Tribunale di Pisa, nei confronti di (OMISSIS) Patrizia, alla pena di mesi sette di arresto, per la contravvenzione di cui all’art. 76, comma 3, D.L.vo 6 settembre 2011, n. 159 per aver violato il foglio di via obbligatorio, notificatole il 25 novembre 2015, che le inibiva il ritorno nel Comune di Pisa per la durata di anni tre.

Il Giudice territoriale respingeva la questione di rito sollevata in ordine alla dichiarazione d’assenza e alla notifica del decreto di citazione al difensore e riteneva esistente il reato continuato tra le diverse violazioni poste in essere.

2. Ricorre per cassazione (OMISSIS) Patrizia con il ministero dell’avvocato Roberto (OMISSIS) e lamenta quanto segue.

2.1. Con il primo motivo si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.

L’avvocato (OMISSIS) aveva richiesto il differimento dell’udienza non avendo egli ricevuto notifica del decreto di citazione a giudizio per l’appello, nonostante avesse appellato la sentenza di primo grado.

La notifica era stata eseguita solo nei confronti del difensore di fiducia avvocato (OMISSIS).

Il difensore d’ufficio aveva avuto conoscenza dell’udienza attraverso la notifica in Pec della requisitoria del procuratore generale.

Incongruo risultava il particolare che il difensore d’ufficio, appellante, avesse ricevuto la notifica della requisitoria, ma non la citazione per il giudizio d’appello.

2.2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge penale in punto di configurazione del reato e la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ricostruzione del fatto oltre al vizio di motivazione.

Il provvedimento del Questore si sarebbe dovuto considerare nullo, per difetto di motivazione e se ne sarebbe dovuta operare la disapplicazione da parte del giudice essendo l’imputata una nomade di etnia Rom, priva di stabile dimora al momento del fatto.

2.3. Con il terzo motivo si lamenta l’illogicità della motivazione seguita per la determinazione della pena.

La pena fissata era superiore di sette volte rispetto al minimo edittale e ciò avrebbe imposto una motivazione ben diversa da quella che caratterizzava la decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p. lett c) per essere stata omessa la notifica del decreto di citazione a giudizio dinanzi la Corte di appello di Pisa al difensore nominato ex art. 97 comma 4 cod. proc. pen. sostituito alla sola udienza del 19.2.2019, dinanzi al Tribunale di Pisa.

Si afferma che il difensore d’ufficio, pur avendo proposto appello, non aveva ricevuto la notifica del decreto di citazione a giudizio, notificato al solo difensore di fiducia dell’imputata.

Ritiene, generalmente, questa Suprema Corte che l’omesso avviso al difensore dell’imputato della data fissata per il giudizio di appello determina una nullità assoluta che si riverbera sugli atti del giudizio stesso e quindi sulla sentenza conclusiva del grado, ove riguardi il difensore di fiducia o il difensore di ufficio che sia stato nominato in sostituzione del difensore di fiducia rinunziante al mandato.

Il difensore di ufficio previamente e tempestivamente nominato, per l’udienza indicata è intervenuto, nella fattispecie, in sostituzione del difensore di fiducia, che non era rinunziante al mandato ed era ancora investito dell’incarico difensivo.

Egli ha, perciò, ricevuto regolare notifica della citazione a giudizio in appello e l’omessa notifica del medesimo decreto al difensore di ufficio, nominato per una sola udienza, si giustifica per la presenza del difensore di fiducia che è stato destinatario di regolare notifica del decreto di citazione in appello.

Non ricorre, pertanto, alcuna nullità.

Né vale il richiamo alla circostanza che l’anzidetto difensore d’ufficio ha interposto appello, adempimento processuale che non lo titola al diritto a ricevere la notifica della citazione per il giudizio di gravame.

Nel caso in esame, il difensore che doveva essere avvisato, perché nominato ritualmente dalla parte, ha ricevuto regolare notifica del decreto di citazione in appello, e ciò perché non si tratta di difensore che ha rinunziato al mandato conferitogli.

Viceversa il difensore di ufficio, nominato quale sostituto per la sola udienza dinanzi al Tribunale di Pisa del 19.2.2019, anche se appellante, non è stato destinatario di alcun successivo mandato fiduciario e non aveva, pertanto, diritto alla notifica della citazione per il giudizio d’appello, avendo egli svolto il mandato difensivo con carattere meramente transitorio e in ragione di una nomina solo interinale.

2. Quanto al secondo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge penale in punto di configurazione del reato e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ricostruzione del fatto.

La censura appare inammissibile per genericità e non risulta caratterizzata da argomentazioni di tipo giuridico.

Con riguardo alla legittimità del foglio di via obbligatorio si osserva che la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 per contrasto con gli artt. 16 e 117 Cost. – quest’ultimo con riferimento all’obbligo dello Stato di interpretare le norme interne conformemente ai principi enucleati dalla CEDU – in relazione alla mancata previsione di un sistema di verifica periodica statuale in ordine ai presupposti limitativi della libertà di circolazione.

Ciò perché, da un lato, la limitazione imposta al cittadino con il foglio di via obbligatorio trova fondamento in una legge emanata nel rispetto della Costituzione, la quale, proprio con il richiamato art. 16, ha garantito la libertà di circolazione e soggiorno del cittadino, facendo salve le limitazioni stabilite in via generale per motivi di sanità e sicurezza dalla legge; dall’altro, in quanto i principi stabiliti dalla CEDU in ordine ai diritti fondamentali della persona risultano salvaguardati dalla previsione dell’obbligo di motivazione del provvedimento del Questore e dalla fissazione di un limite temporale al divieto di ritornare nel luogo di residenza.

3. Quanto al terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge in relazione agli artt. 132 e 133 c.p. e manifesta illogicità della motivazione.

La censura è manifestamente infondata.

Invero, la Corte territoriale ha motivato sul trattamento sanzionatorio in termini coerenti e logici rispetto alle evidenze probatorie in atti.

Sul tema si osserva che la determinazione del trattamento sanzionatorio, la concessione di attenuanti, il giudizio di bilanciamento sono profili di competenza del giudice di merito la cui valutazione è profilo rimesso al prudente esercizio del potere discrezionale del giudice che, ove assentito da motivazione congrua e coerente con le evidenze disponibili – come nel c:aso in esame – è insindacabile nel giudizio di legittimità.

La concessione o il diniego delle circostanze attenuanti generiche costituiscono l’esplicazione di un potere discrezionale del giudice del merito, il quale non è tenuto in particolare a motivare il diniego ove, in sede di conclusioni, non sia stata formulata specifica istanza cori l’indicazione delle ragioni atte a giustificarne il riconoscimento (Conf. n. 4597 del 1973 Rv. 124315).

La Corte ha rilevato che il ricorrente non ha proposto alcuna istanza motivata a sostegno della richiesta delle circostanze ex art. 62-bis cod. pen.

Allo stesso modo la Corte territoriale ha motivato sulle ragioni di una pena ben superiore al minimo edittale tenuto conto della pervicacia nel delitto di cui ha dato prova la ricorrente avendo ella reiterato per beni undici volte la violazione del provvedimento amministrativo entro un brevissimo arco temporale, condotte rinnovate nonostante i continui interventi delle Forze dell’Ordine.

Allo stesso modo la Corte territoriale ha evidenziato le numerose condanne per furto riportate dalla ricorrente e come ella, in nove occasioni, è stata identificata mentre si aggirava in Piazza dei Miracoli di Pisa, in mezzo ai turisti, condotta ritenuta dalla Corte particolarmente allarmante poiché (OMISSIS) Patrizia è stata più volte condannata proprio per Furti consumati in danno di turisti, al punto che il foglio di via obbligatorio le è stato imposto in ragione della sua conclamata abitualità nel commettere questo tipo di reato.

Allo stesso modo la Corte territoriale ha tenuto conto anche del fatto che in nessuna delle occasioni in cui è stata sanzionata con il foglio di via obbligatorio la ricorrente ha addotto una giustificazione che scriminasse il suo agire sicché del tutto priva di fondamento sono, anche sotto tale profilo, la prospettazione e la censura difensiva.

4. Questo aspetto, oltre alla manifesta infondatezza, rende decisamente aspecifico il ricorso e la sua genericità ne impone la declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende della somma di tremila euro, tenuto conto del grado di colpa nella proposizione del ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 25 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.