Punto a favore del gruppo Fininvest contro le affermazioni di un giornalista per i presunti riferimenti mafiosi (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 14 febbraio 2023, n. 4458).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna –  Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sui ricorso 977/2020 proposto da:

FININVEST SPA, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato FABIO (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio del medesimo in (OMISSIS) 49; 

-ricorrente-

contro

Nuova Iniziativa Editoriale Spa;

– intimata-

nonchè contro

ANTONIO PADELLARO, rappresentato e difeso dagli avvocati MARTINO (OMISSIS) e ALESSANDRA (OMISSIS) (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei medesimi in Roma Via (OMISSIS) 32;

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 4195/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2022 dal Consigliere Dott.ssa ANNA MOSCARINI.

Rilevato che:

la società Fininvest SpA convenne in giudizio davanti al Tribunale di Roma il giornalista Nicola Tranfaglia, il direttore Antonio Padellaro e la Nuova Iniziativa Editoriale SpA per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni conseguenti alla diffamazione perpetrata in forza della pubblicazione di un articolo comparso sul quotidiano L’Unità in data 21 settembre 2007 nel quale, nel recensire la riedizione del libro “L’odore dei soldi” a firma di Travaglio e Veltri, l’autore aveva confermato le tesi esposte nella prima edizione del libro in merito alla provenienza mafiosa dei capitali impiegati nella costituzione della Fininvest (prevalentemente sulla base di una consulenza redatta, per conto della Procura di Palermo, dal dott. Giuffrida) senza dar conto dei molteplici sviluppi giudiziari e extragiudiziari medio tempore occorsi che, al contrario, avevano pienamente ricostruito i flussi finanziari all’origine della società ed escluso l’impiego di provviste esterne a! gruppo Fininvest.

II Tribunale adito rigettò la domanda ritenendo che, sebbene il giornalista Tranfaglia avesse riportato fatti oggettivamente offensivi della reputazione della società attrice, il brano era da intendersi rispondente al requisito della verità dei fatti esposti – quali ripresi fedelmente dalle conclusioni del consulente Giuffrida – e comunque connotati da accenti polemici ma rientranti nel diritto di critica.

La Corte d’Appello di Roma, adita con gravame dalla Fininvest SpA, con sentenza del 21/6/2019, ha in parte dichiarato l’inammissibilità dell’appello per difetto di specificità delle censure e, per altra parte, ha rigettato il gravame non ravvisando, nell’articolo, alcun travisamento delle conclusioni del consulente della procura dott. Giuffrida il quale, non potendo espressamente supportare la tesi accusatoria della provenienza illecita dei finanziamenti pervenuti alle società del gruppo, si era limitato ad una presa d’atto della impossibilità di identificare la provenienza di otto operazioni di accredito evidenziando misteri e contraddizioni mai compiutamente ricostruiti sul piano giudiziario.

Avverso la sentenza la Fininvest SpA ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Ha resistito Antonio Padellaro con controricorso.

La causa è stata assegnata per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. in vista della quale la ricorrente ha depositato memoria.

Considerato che:

Con il primo motivo di ricorso – nullità della sentenza per mancanza e/o apparenza di motivazione ex art. 360 n. 4 c.p.c. nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost. 132, cc). 2 n. 4 c.p.c. e 342 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. – la ricorrente lamenta che la sentenza avrebbe una motivazione apparente priva di aderenza rispetto ai motivi di appello.

A titolo esemplificativo la ricorrente enuncia che, a fronte della doglianza con la quale il libro era ritenuto un prezioso manuale per accostarsi alla domanda sulle origini della fortuna di Berlusconi e sui suoi misteri concludendo il giornalista testualmente con la seguente affermazione “la fortuna di Berlusconi è legata senza dubbio all’intervento di Cosa Nostra”, la Corte d’Appello, escludendo che la relazione Giuffrida, ripresa dall’articolo, lasciasse ravvisare un qualche collegamento tra la Fininvest e la criminalità organizzata, avrebbe del tutto omesso di spiegare come potesse considerarsi legittima l’affermazione del giornalista per cui “la fortuna di Silvio Berlusconi è legata senza dubbio all’intervento di Cosa Nostra”; ad avviso della ricorrente la corte di merito avrebbe omesso di considerare che il giornalista avesse omesso di dar conto ai lettori che l’ipotesi accusatoria era stata del tutto abbandonata dai PPMM e che gli sviluppi giudiziari dell’inchiesta avevano smentito i teoremi accusatori, limitandosi soltanto a motivare con riferimento al contenuto della relazione Giuffrda, con ciò dando vita ad una motivazione meramente apparente.

Il motivo è fondato.

Il mancato esame dei motivi di doglianza nel caso di specie si è risolto in una motivazione meramente apparente in quanto la Corte di merito, nel valutare la portata diffamatoria dell’articolo pubblicato su un quotidiano nazionale, ha ritenuto soddisfatto il requisito della verità putativa della notizia solo facendo riferimento alla fedeltà del contenuto dell’articolo rispetto alle conclusioni di una perizia tecnica, poi in ampia misura smentita dall’esito dell’inchiesta, omettendo del tutto di verificare se il giornalista avesse riferito in modo corretto non soltanto l’ipotesi accusatoria della Procura di Palermo ma anche tutti gli ulteriori sviluppi giudiziari.

Non può non ritenersi apparente una motivazione che ometta del tutto di prendere in considerazione l’affermazione del giornalista secondo la quale “la fortuna di Silvio Berlusconi è legata senza dubbio all’intervento di Cosa Nostra”: la corte del gravame non spiega come e perché una simile dichiarazione possa ritenersi sorretta dalla verità putativa e dalla continenza dell’espressione del diritto di critica.

Peraltro, come ricorda la ricorrente, questa Corte in una recente pronuncia nel procedimento RG 19056 del 2021 ha riaffermato il principio per cui i giornalisti non possono beneficiare dell’esimente di cui all’art. 51 c.p. ove, nel commentare fatti giudiziari risalenti nel tempo, omettano di riferirne altri successivi che modificano sensibilmente la verità di quanto commentato.

Si tratta di una fattispecie del tutto sovrapponibile al presente caso, nella quale il contenuto della notizia consisteva nell’affermare che le fortune della Fininvest fossero “senza dubbio legate a Cosa Nostra “.

Se, dunque, questa Corte ha già affermato che la narrazione del fatto presupposto dalla critica, per corrispondere a verità, deve avvenire non solo riferendo circostanze in sé veridiche, ma anche avendo cura di non tralasciare ogni rilevante circostanza di contorno che sia, per sua natura, capace di alterare in maniera rilevante il significato della narrazione compiuta, se ne deve desumere che la motivazione della Corte d’Appello che, nel caso in esame ha ritenuto non diffamatorie le affermazioni contenute nell’articolo, limitandosi a fare riferimento ai contenuti di una perizia poi superati dagli ulteriori sviluppi giudiziari, non possa ritenersi idonea a sostenere la decisione assunta.

Con il secondo motivo di ricorso – omesso esame di più fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. – la ricorrente assume che la corte di merito abbia ignorato una serie di fatti storici che, ove considerati, avrebbero condotto ad un esito completamente diverso del giudizio.

La censura evidenzia che, a fronte delle falsità propalate dalla pubblicazione dell’articolo, la corte di merito non abbia attribuito rilievo al fatto che gli sviluppi giudiziari ed extragiudiziari dell’inchiesta avessero smentito categoricamente il teorema sostenuto nel libro recensito secondo cui la Fininvest avrebbe riciclato ingenti capitali di provenienza mafiosa nel periodo 1978-1985.

Con il terzo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 21 Cost., 51 e 595 c.p., 2043 e 2049 c.c. ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. nonché art. 10 Cedu, 19 Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – la ricorrente torna a lamentare che la Corte di merito abbia del tutto ignorato il contesto gravemente screditante in cui l’autore dell’articolo aveva evocato la Fininvest, senza svolgere un aggiornamento sui fatti riportati e senza dar conto dei numerosi provvedimenti giudiziari che avevano smentito l’ipotesi accusatoria.

Il secondo ed il terzo motivo sono assorbiti dall’accoglimento del primo.

Conclusivamente il ricorso va accolto in relazione al primo motivo, assorbiti il secondo e il terzo, l’impugnata sentenza va cassata in relazione e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il terzo, cassa l’impugnata sentenza in relazione e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile del 14 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria, oggi 14 febbraio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

In considerazione che tutte le persone citate in sentenza, sono soggetti pubblici che appaiano sovente anche in televisione, si omette il loro oscuramento ad eccezione degli avvocati in relazione che, deontologicamente, é vietato per loro la pubblicità sotto ogni forma, ex lege.