Ai fini del pagamento dell’indennità di esproprio non rilevano gli accordi tra concedente e cessionario dell’opera pubblica (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 12 settembre 2022, n. 26803).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso promosso da:

Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Bari, via (OMISSIS) 69, presso lo studio dell’avv. Riccardo (OMISSIS), che la rappresenta e difende, in virtù di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) Francesco Paolo, elettivamente domiciliato presso l’avv. Dante (OMISSIS), con studio in via (OMISSIS) 69/A, che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e

Comune di Massafra, in persona del sindaco pro tempore;

– intimato –

nonché sul ricorso n. 6169/2017 promosso da:

Comune di Massafra, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via (OMISSIS) 99, presso lo studio dell’avv. Vanessa (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe (OMISSIS) in virtù di procura speciale in calce alla memoria di costituzione in corso di causa depositata il 15/04/2022 in sostituzione del precedente difensore;

– ricorrente –

contro

Francesco Paolo (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso l’avv. Dante (OMISSIS), con studio in via (OMISSIS) 69/A, che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e

Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Bari, via (OMISSIS) 69, presso lo studio dell’avv. Riccardo (OMISSIS), che la rappresenta e difende, in virtù di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

entrambi proposti avverso la sentenza n. 384/2016 della Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, pubblicata il 28/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/05/2021 dalla Dott.ssa ELEONORA REGGIANI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione regolarmente notificato Diego (OMISSIS) e Roberto (OMISSIS), in qualità di proprietari di immobili contigui – due capannoni ad uso industriale e tre appartamenti – siti nel Comune di Massafra (TA), agivano in giudizio nei confronti di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (di seguito anche “RFI”) e del Comune di Massafra, deducendo che la RFI, in corrispondenza degli ingressi alle loro proprietà, aveva realizzato un cavalcavia, in sostituzione del preesistente passaggio a livello, in esecuzione di un contratto stipulato il 12/03/1999 con il Comune di Massafra, che aveva approvato i progetti e i lavori della RFI, i quali, tuttavia, erano stati causa di un grave pregiudizio nel godimento delle menzionate proprietà e di un sensibile deprezzamento delle stesse.

In particolare, gli attori lamentavano che la rampa, in direzione nord, terminava in corrispondenza degli ingressi dei loro immobili, così rendendo difficoltoso l’accesso sia in entrata che in uscita per i veicoli che provenivano dal cavalcavia con direzione sud-nord, ancor più in caso di pioggia in ragione del posizionamento di due griglie per la raccolta delle acque proprio davanti agli ingressi stessi.

Aggiungevano che l’utilizzazione e il godimento delle menzionate proprietà erano inficiati dall’ingente aumento di rumori, vibrazioni ed emissioni di gas di scarico, dovuti all’aumento della circolazione, anche di mezzi pesanti, in conseguenza della realizzazione della descritta opera viaria.

Chiedevano pertanto la condanna dei convenuti, in solido tra loro, al pagamento dell’indennità prevista dall’articolo 44 d.P.R. n. 327 del 2001 o, in alternativa, al risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 2043 c.c. o a qualsiasi altro titolo (oltre alla condanna del Comune alla eliminazione delle sopra descritte griglie).

Si costituiva in giudizio solo il Comune di Massafra, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, per essere stata l’opera interamente progettata e realizzata dalla RFI, come da contratto con quest’ultima stipulato.

Nel corso del giudizio di primo grado, interveniva Francesco Paolo (OMISSIS), quale cessionario del credito futuro ed eventuale azionato in giudizio.

Disposta ed espletata CTU, il Tribunale di Taranto accoglieva la domanda ex art. 44 d.P.R. 327/2001 nei soli confronti della RFI, che veniva condannata al pagamento in favore di Francesco Paolo (OMISSIS) della somma di € 96.450,00, oltre accessori.

Il Comune di Massafra veniva, invece, condannato alla eliminazione delle due griglie sopra menzionate e alla realizzazione di altre opere, secondo le indicazioni del CTU.

Francesco Paolo (OMISSIS) proponeva appello contro tale sentenza, censurando il capo della decisione che aveva escluso l’obbligo di corrispondere l’indennità in capo al Comune (ritenendo che, invece, quest’ultimo dovesse ritenersi obbligato in solido con la RFI) ed anche il capo relativo alla quantificazione del danno (considerando eccessivamente modesta la liquidazione e recante l’ingiusta esclusione di alcune voci).

All’appello resistevano il Comune di Massafra e la RFI.

Quest’ultima, contumace in primo grado, proponeva anche appello incidentale eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo e il proprio difetto di legittimazione passiva.

La Corte di merito accoglieva in parte l’impugnazione principale e, rigettato quello incidentale, riformando la sentenza di primo grado, condannava il Comune di Massafra in solido con la RFI al pagamento in favore di Francesco Paolo (OMISSIS) di una somma maggiore di quella liquidata dal giudice di prime cure, statuendo conseguentemente sulle spese di lite dei due gradi di giudizio.

Avverso la decisione di appello, ha proposto ricorso per cassazione la RFI, affidato a tre motivi.

Francesco Paolo (OMISSIS) si è difeso con controricorso, restando intimato il Comune, che però ha proposto separatamente autonomo ricorso, fondato su due motivi, in relazione alla quale sia Francesco Paolo (OMISSIS) che la RFI si sono difesi con controricorso.

I procedimenti sono stati riuniti.

L’avv. Giuseppe (OMISSIS), originario codifensore di Francesco Paolo (OMISSIS), ha depositato dichiarazione di rinuncia al mandato, datata 01/09/2018, per ciascuno dei procedimenti.

La RFI ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. nel procedimento.

RAGIONI DELLA DECISIONE

RICORSO DELLA RFI (RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A.)

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 44 d.P.R. n. 327 del 2001 e dell’art. 2043 c.c., oltre che degli artt. 7 e 133 d.lgs. n. 104 del 2010, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 1), c.p.c., per avere la Corte d’appello escluso il difetto di giurisdizione del giudice adito, in riferimento alle domande sia di indennizzo che di risarcimento alternativamente proposte.

Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, 844 c.c., 99 c.p.c. ed anche degli artt. 2043, 2051, 2055 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto sussistente la concorrente legittimazione passiva della RFI, in ragione del fatto che aveva svolto «un ruolo fondamentale nella scelta di eseguire í lavori, nel come e nel dove effettuarli, tanto da essere ad essa imputabili i progetti tutti degli stessi, approvati dal Comune di Massafra», mentre invece era stata semplicemente la concessionaria dell’opera pubblica, sicché l’azione andava esperita solo nei confronti dell’ente divenuto proprietario del bene a seguito di espropriazione, senza che avesse alcun rilievo, nei rapporti con i terzi danneggiati, la eventuale responsabilità nella progettazione e nell’esecuzione dei lavori, riguardante i rapporti interni tra Comune e RFI in base al contratto del 12/03/1999.

Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la nullità del procedimento per violazione dell’art. 112, c.p.c., 99 c.p.c. e 2907 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., per avere la Corte d’appello, pure in assenza di alcuna domanda sul punto, esaminato il progetto predisposto dalla ricorrente e approvato dal Comune, condannando la RFI in solido con quest’ultimo, in assenza di alcuna domanda del medesimo Comune.

RICORSO R.G. n. 6169/2017 del COMUNE di MASSAFRA

2. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., in relazione all’art. 2055 c.c., in ragione della carenza dei presupposti per fondare la responsabilità solidale del Comune per il deprezzamento subito dagli immobili in questione a cagione dei lavori progettati ed eseguiti dalla RFI, oltre che la motivazione carente, ambigua e contraddittoria.

Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, per avere la Corte d’appello affiancato alla responsabilità della Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. anche quella del Comune, del tutto disancorata dalla ratio della disposizione, volta a dare ristoro del pregiudizio subito da attività lecita dell’Amministrazione a soggetti diversi dai proprietari dei fondi espropriati, ma in conseguenza del procedimento espropriativo, nella specie riconducibile esclusivamente alla RFI.

STATUIZIONI PRELIMINARI

3. Come sopra evidenziato, contro la stessa sentenza di appello sono stati presentati due distinti ricorsi per cassazione, i quali sono stati riuniti, in applicazione dell’art. 335 c.p.c.

Questa Corte, con orientamento condiviso, ha già affermato che, nei procedimenti con pluralità di parti, una volta avvenuta ad istanza di una di esse la notificazione del ricorso per cassazione, le altre parti, alle quali il ricorso sia stato notificato, devono proporre, a pena di decadenza, i loro eventuali ricorsi avverso la medesima sentenza nello stesso procedimento e, perciò, nella forma del ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 371 c.p.c., con conseguente conversione in ricorso incidentale del ricorso presentato successivamente in via autonoma – e conseguente riunione ai sensi dell’art. 335 c.p.c. – qualora l’ulteriore ricorso risulti proposto entro i quaranta giorni dalla notificazione del primo, poiché in tale ipotesi, in assenza di una espressa indicazione di essenzialità dell’osservanza delle forme del ricorso incidentale, si ravvisa l’idoneità dell’ultimo ricorso al raggiungimento dello scopo (così da ultimo Cass., Sez. 6-5, n. 33809 del 19/12/2019).

Nel caso di specie tale eventualità si è senza dubbio verificata tenuto conto della stretta contiguità temporale con cui i due ricorsi sono stati notificati.

Il ricorso presentato dalla RFI (R.G. n. 6078/2017) deve pertanto essere considerato ricorso principale e il ricorso formulato dal Comune di Massafra (R.G. n. 6169/2017) deve essere inteso come ricorso incidentale.

4. Sempre in via preliminare, deve evidenziarsi che, nel giudizio di appello, vi è stata estromissione implicita dei danti causa di Francesco Paolo (OMISSIS), che legittimamente non hanno partecipato al presente giudizio di legittimità.

Come già affermato da questa Corte, con orientamento in questa sede condiviso, in ipotesi di trasferimento a titolo particolare del diritto controverso durante il giudizio di primo grado, il procedimento d’appello ritualmente si svolge senza la partecipazione del dante causa, pur in assenza di un provvedimento formale di estromissione, allorché sia mancata l’impugnazione del dante causa, a quest’ultimo non sia stata notificata l’impugnazione proposta dal successore a titolo particolare e risulti il difetto di interesse sul punto delle controparti, così emergendo chiaramente l’intento delle parti di non contrastare e del giudice di riconoscere l’estromissione in questione, implicitamente disposta con l’emanazione della sentenza d’appello tra le sole parti che, rispettivamente, hanno proposto il gravame e vi hanno resistito (così Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6391 del 28/10/1983; v. anche Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6196 del 27/03/2015, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 24245 del 30/12/2004 e Cass., Sez. 3, Sentenza n. 2707 del 10/02/2005).

Nel caso di specie si è verificata proprio tale evenienza.

Francesco Paolo (OMISSIS) è, infatti, intervenuto nel corso del giudizio di primo grado, quale cessionario del credito controverso, facendo proprie le domande degli originari attori, suoi danti causa.

La sentenza del Tribunale è stata pronunciata, nel merito, non nei confronti di questi ultimi, ma dell’interveniente, il quale ha poi proposto appello principale, a cui hanno resistito il Comune e RFI, senza mostrare alcun interesse alla partecipazione degli originari attori, formulando, anzi, uno degli appellati anche appello incidentale contro il solo appellante principale.

I MOTIVI DI RICORSO PRINCIPALE E INCIDENTALE

5. Il primo motivo di ricorso principale (R.G. 6078/2017), riferito all’eccepito difetto di giurisdizione del giudice ordinario, può essere deciso in questa sede, in applicazione dell’art. 374, comma 1, c.p.c., poiché le Sezioni Unite si sono già pronunciate in argomento, rivelandosi infondato.

5.1. Come sopra evidenziato, la materia del contendere introdotta con la domanda formulata in primo grado ha riguardato la richiesta di ristoro ai sensi dell’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001 o, in alternativa di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. (o a qualsiasi altro titolo), fondata sulla prospettata perdita di valore di fondi privati, ove si trovano capannoni industriali e abitazioni, a causa della realizzazione nelle vicinanze di un cavalcavia, che ha reso difficoltoso l’accesso ai fondi stessi, in entrata e in uscita, e che ha comportato l’insorgenza di immissioni rumorose, vibrazioni e gas di scarico conseguenti all’aumento significativo del transito di veicoli, anche pesanti.

La domanda risarcitoria è stata formulata in via alternativa rispetto a quella di indennizzo ai sensi dell’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, che riproduce, con qualche variazione, il previgente art. 46 I. n. 2359 del 1865 (v. in argomento Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7112 del 12/03/2020 e Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15223 del 03/07/2014).

Il giudice di primo grado ha esaminato, ed accolto, la domanda di indennizzo nei confronti di RFI e il giudice di appello non ha mutato tale qualificazione, provvedendo solo ad aumentare l’importo liquidato e ad accertare il concorrente e solidale obbligo indennitario del Comune.

L’accertamento in ordine alla sussistenza della giurisdizione deve pertanto essere effettuata con riferimento a tale domanda.

5.2. Com’è noto, l’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, che riproduce, con qualche variazione, il previgente art. 46 I. n. 2359 del 1865, sancisce che «E’ dovuta una indennità al proprietario del fondo che, dalla esecuzione dell’opera pubblica o di pubblica utilità, sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà».

Il diritto all’indennizzo, previsto prima dall’art. 46 I. n. 2359 del 1865 e poi dall’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, per i danni che possano derivare al privato in conseguenza della legittima realizzazione di un’opera pubblica, si fonda sul principio pubblicistico di giustizia distributiva, in forza del quale non è consentito soddisfare l’interesse generale attraverso il sacrificio del singolo, senza che questo ne sia indennizzato (art. 42 Cost.).

Tale diritto, presupponendo un atto legittimo della P.A., si distingue dal risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., che presuppone, invece, l’accertamento di un fatto doloso o colposo riconducibile al responsabile (Cass., Sez. U, Sentenza n. 9341 del 11/06/2003).

Ai fini del riconoscimento dell’indennizzo in questione, devono, pertanto, sussistere solo tre condizioni:

1) l’attività lecita della p.a.;

2) l’imposizione di una servitù o la produzione di un danno avente carattere permanente (che si concreti nella perdita o nella diminuzione di un diritto);

3) il nesso di causalità tra l’esecuzione dell’opera pubblica ed il danno. Inoltre, quanto alla posizione soggettiva cui deve aversi riguardo per individuare il titolare del diritto all’indennizzo, essa è quella che deriva dal rapporto tra il proprietario ed il bene contiguo all’opera pubblica realizzata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 9341 del 11/06/2003; nello stesso senso, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19229 del 04/09/2009).

5.3. Il presente giudizio è stato avviato in primo grado nel mese di giugno 2010 (v. p. 2 del ricorso per cassazione del Comune di Massafra), quando ancora non era entrato in vigore il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (cd. Testo Unico sul processo amministrativo).

È pertanto ad esso applicabile il disposto dell’art. 53 d.P.R. n. 327 del 2001, nel testo previgente, il quale stabiliva che

«1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati, conseguenti all’applicazione delle disposizioni del testo unico.

2. …omissis…

3. Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa».

Com’è noto, la Corte Costituzionale con sentenza 11/05/2006 n. 191 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1, d.lgs. n. 325 del 2001, trasfuso nell’art. 53, comma 1, d.P.R. n. 327 del 2001, nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a “i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati”, non escludeva i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere.

D’altronde, già l’art. 34, commi 1 e 2, d.lgs. n. 80 del 1998, all’epoca vigente, devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati in materia urbanistica ed edilizia, con la precisazione che, agli effetti del d.lgs. cit., la materia urbanistica comprendeva tutti gli aspetti dell’uso del territorio, aggiungendo, al comma 3, che «Nulla è innovato in ordine: …omissis… b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa».

Anche in relazione a tali disposizioni è intervenuta la Corte costituzionale.

In particolare, con sentenza del n. 204 del 2004, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 80 del 1998 nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto “gli atti, i provvedimenti e i comportamenti” anziché “gli atti e i provvedimenti” delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed edilizia.

Con sentenza n. 281 del 2004, è stata, poi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 80 del 1998, nella parte in cui istituisce una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia e urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno.

5.4. In tale quadro, questa Corte si è già pronunciata sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in ordine alle domande formulate invocando il disposto dell’art. 46 I. n. 2359 del 1865 che, come sopra evidenziato, è stato poi sostituito dall’art. 44 d.lgs. n. 327 del 2001.

In particolare, le Sezioni Unite hanno affermato che le controversie aventi ad oggetto l’indennità dovuta dall’amministrazione ai sensi dell’art. 46 I. n. 2359 del 1865, per i danni derivanti dall’esecuzione dell’opera di pubblica utilità al terzo proprietario confinante, estraneo al procedimento espropriativo, non rientrano nella giurisdizione esclusiva in materia urbanistica, di cui all’art. 34 d.lgs. 80 del 1998, atteso, da un lato, che nei confronti del beneficiario, terzo proprietario, confinante con l’opera pubblica ed estraneo al procedimento espropriativo, non è configurabile un rapporto diretto con l’amministrazione-autorità, nel cui ambito possa individuarsi una posizione d’interesse legittimo, soggetta alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, e, dall’altro, anche tenendo conto del carattere indennitario della prestazione, comunque collegata ad un procedimento espropriativo, l’art. 34, comma 3, lett. b), d.lgs. cit. prevede una riserva di giurisdizione ordinaria per la determinazione delle indennità conseguenti all’adozione di atti di natura espropriativa (così Cass., Sez. U, Ordinanza n. 9342 del 21/04/2006 e Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2052 del 03/02/2016).

Deve pertanto ritenersi correttamente formulata la domanda in questione davanti al giudice ordinario.

6. Il secondo motivo di ricorso principale è fondato.

6.1. Gli originari attori hanno convenuto la RFI e il Comune di Massafra, deducendo che la prima, con l’approvazione del secondo, aveva realizzato un’opera che recava pregiudizio alle loro proprietà, chiedendo la condanna delle stesse al pagamento dell’indennizzo o del risarcimento sopra indicati (v. p. 4 del ricorso principale per cassazione della RFI; p. 2-4 del ricorso incidentale per cassazione del Comune).

Il giudice di appello ha riformato in parte la pronuncia di primo grado, che aveva previsto l’indennizzo solo a carico di RFI, aumentandone l’importo e condannando al pagamento, in solido con RFI, anche il comune.

In particolare, la Corte d’appello ha ritenuto che «Nella fattispecie, RFI ha svolto un ruolo fondamentale nella scelta di eseguire i lavori, nel come e dove effettuarli, tanto da essere ad essa imputabili i progetti tutti degli stessi, approvati dal Comune di Massafra.

D’altronde, ‘Rete Ferroviaria Italiana (RFI) è una società per azioni partecipata al 100% da ferrovie dello Stato Italiane con funzioni di gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale. Essa è costituita come società di diritto privato che opera in regime di concessione pubblica grazie a un Atto di Concessione temporanea (DM 138 T del 31/10/2000).

Nel caso di specie i lavori sono stati eseguiti a sua cura e non affidati ad un ulteriore concessionario.

Essi rientrano in quell’attività che il Consiglio di Stato ha individuato come la tendenza attuale, ovvero l’eliminazione dei passaggi a livello e la loro sostituzione con cavalcavia o sottopassaggi che separino i due tipi di traffico, ferroviario e stradale …omissis» (p. 3 della sentenza impugnata).

Con riguardo all’accertamento dell’obbligo indennitario anche in capo al Comune, la Corte di merito ha affermato che «Il Comune, sebbene estraneo alla materiale esecuzione dei lavori, ha comunque beneficiato dell’eliminazione dei passaggi a livello e della costruzione del cd. ‘cavalca ferrovia’, che ad esso stato consegnato per l’utilizzo (art. 12 contratto12.3.1999), con acquisizione della proprietà delle ‘opere stradali’ (art. 17 contr. cit.) ed obbligo di allacciamento e messa in esercizio degli impianti di illuminazione (art. 4 appendice 15.3.2007).

Di sicuro il civico ente non può ritenersi escluso dal riferimento generico alla P.A. che tutte le norme in materia operano (cfr. Cassazione civile, sez. 1, 03/07/2013, n. 16619, in parte motiva, da cui si evince la ritenuta corresponsabilità del Comune in una fattispecie molto simile) e deve ritenersi responsabile solidale della RFI …omissis» (p. 4 della sentenza impugnata).

La RFI, nel proporre ricorso per cassazione, ha dedotto di non poter essere condannato in solido con il Comune, avendo essa assunto il semplice ruolo di concessionario delle opere, consistenti nella realizzazione di un cavalcavia, dove prima era esistente un passaggio a livello, in esecuzione di un contratto stipulato con il Comune, che era divenuto proprietario del manufatto, senza che gli accordi contenuti in tale contratto potessero avere alcuna rilevanza esterna nei confronti dei terzi eventualmente danneggiati dalle opere stesse (v. p. 17 e ss. ricorso principale della RFI).

Il Comune, invece, ha affermato che a dover ristorare i proprietari dei fondi in questione era la RFI – società controllata al 100% dal gruppo Ferrovie dello Stato, che aveva il compito di gestire l’infrastruttura ferroviaria nazionale – essendo i lavori riconducibili in via diretta all’opera da essa ideata, progettata ed eseguita.

Ha, poi, aggiunto che, in forza del contratto stipulato il 12/03/1999, tale società era stata anche incaricata del compimento in nome proprio di tutte le operazioni materiali, tecniche e giuridiche, occorrenti per la realizzazione del programma edilizio, e che avrebbe provveduto, a propria cura e spese, anche agli espropri e agli asservimenti necessari (v. p. 10 e ss. del ricorso incidentale del Comune).

6.2. Questa Corte ha ripetutamente affermato che la mera attribuzione ad un soggetto dell’incarico di provvedere, per conto dell’ente pubblico affidante, all’espletamento delle procedure amministrative, tecniche e finanziarie per il perfezionamento delle espropriazioni ed occupazioni temporanee non è sufficiente a configurare l’istituto della concessione traslativa dell’esercizio di funzioni pubbliche proprie del concedente – e dunque ad escludere la legittimazione passiva di quest’ultimo nel giudizio di opposizione alla stima o risarcitorio per eventuale illegittimo esito occupativo – essendo necessario, in ogni caso, a tal fine, che l’attribuzione all’affidatario dei poteri espropriativi e l’accollo da parte sua degli obblighi indennitari siano previsti, in osservanza del principio di legalità, da una legge che espressamente permetta un tale trasferimento di poteri, in quanto non è consentito alla P.A. disporne a sua discrezione e sollevarsi in tal modo dalle responsabilità che l’ordinamento le attribuisce (così Cass., Sez. 1, Sentenza n. 464 del 12/01/2006; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22523 del 28/10/2011; v. anche, in motivazione, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 815 del 15/01/2019).

In osservanza al principio di legalità che regola l’attività amministrativa, perché possa ritenersi esistente una concessione traslativa, deve essere la legge che prevede la possibilità del trasferimento dei poteri espropriativi in capo al concessionario e, insieme ad essi, anche l’assunzione da parte di quest’ultimo degli obblighi indennitari.

Ove sia possibile rinvenire la menzionata disposizione normativa, la legittimazione passiva in ordine alle richieste di indennizzo appartiene esclusivamente al concessionario, il quale agisce come organo indiretto dell’Amministrazione concedente e la cui azione produce, nei confronti dei terzi, gli stessi effetti che determinerebbe l’azione diretta della P.A., alla quale il concessionario viene sostituito per effetto della concessione, restando obbligato al pagamento dell’indennità di esproprio e di quella dovuta per l’occupazione d’urgenza dei suoli (v. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 12260 del 14/06/2016).

In tale ottica, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 6769 del 20/03/2009) hanno ritenuto che gli artt. 80, 81 e 84 I. n. 219 del 1981 (relativa al programma straordinario di urbanizzazione nell’area metropolitana del Comune di Napoli) hanno autorizzato, in forza di una disciplina speciale, e in parte derogatoria rispetto a quella sulle espropriazioni, il ricorso alla concessione traslativa, con la conseguenza che la fonte della responsabilità esclusiva del concessionario e della sua legittimazione passiva, sia in relazione al risarcimento del danno per l’occupazione acquisitiva che in relazione al pagamento delle indennità dovute in conseguenza di espropriazioni rituali, deve essere individuata proprio nelle menzionate norme di legge (v. anche Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19959 del 29/09/2011).

Questa stessa Corte è pervenuta alle medesime conclusioni con riferimento alle ipotesi disciplinate dall’art. 42 della I.r. siciliana n. 21 del 1985, rilevando che la norma, nel sanzionare con forza di legge l’autonomia del concessionario, che opera ordinariamente in nome proprio e per conto dell’ente beneficiario dell’opera, implica che l’impresa appaltatrice, concessionaria dell’opera, assume in nome proprio nei confronti dei terzi tutte le obbligazioni negoziali, indennitarie e risarcitorie derivanti dall’esecuzione dell’opera, escludendo ogni rapporto diretto tra i terzi e l’ente concedente, destinatario unicamente delle azioni di rimborso promosse dall’impresa concessionaria a seguito dei pagamenti effettuati (v. in motivazione Cass., Sez. 1, Sentenza n. 7260 del 04/03/2022).

Allo stesso modo, le Sezioni Unite (Cass., Sez. U, Sentenza n. 17190 del 28/06/2018), pronunciandosi in materia di opere eseguite per la realizzazione del programma straordinario di edilizia residenziale nelle zone terremotate, hanno precisato che l’esclusiva responsabilità del concessionario per gli interventi di ricostruzione – la cui fonte si rinviene nella larga formulazione contenuta nell’art. 81 I. n. 219 del 1981, che disciplina una speciale fattispecie di concessione traslativa – è prevista solo per gli atti ablatori che siano stati posti in essere dal citato concessionario, sicché, ove la convenzione abbia fine prima dell’adozione del decreto di esproprio, che infatti viene adottato dall’originario concedente, è quest’ultimo il soggetto tenuto al pagamento delle conseguenti indennità (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della Giunta speciale per le espropriazioni presso la Corte di appello di Napoli, che aveva condannato al pagamento dell’indennità di esproprio il concessionario per gli interventi di costruzione programmati, nonostante che nel 2009 fosse stata chiusa la convenzione e l’ablazione del diritto di proprietà, con l’espropriazione, fosse stata effettuata dal Comune di Napoli con decreto del 2010).

6.3. Il problema si pone quando non vi è una particolare disposizione di legge che consente di ritenere, nello specifico procedimento espropriativo, la previsione di una concessione traslativa. Si deve tenere presente che il d.P.R. n. 327 del 2001 prevede, in via generale, l’istituto della delega.

L’art. 6, comma 8, d.P.R. cit., nel testo vigente ratione temporis, stabilisce, infatti, che «Se l’opera pubblica o di pubblica utilità va realizzata da un concessionario o contraente generale, l’amministrazione titolare del potere espropriativo può delegare, in tutto o in parte, l’esercizio dei propri poteri espropriativi, determinando chiaramente l’ambito della delega nella concessione o nell’atto di affidamento, i cui estremi vanno specificati in ogni atto del procedimento espropriativo. …omissis».

La norma, però, non menziona espressamente la possibilità di delegare anche il pagamento delle indennità, né regola gli effetti della delega nei rapporti con l’espropriato o con i terzi e neppure statuisce in ordine all’incidenza della stessa sulla titolarità degli obblighi indennitari (in capo al delegante o al delegato o ad entrambi).

Questa Corte ha più volte affermato che, nell’ipotesi di concorso di più enti nella procedura espropriativa, il soggetto tenuto al pagamento dell’indennità di esproprio, e legittimato passivo dell’opposizione alla stima, deve essere, di regola, individuato nel beneficiario dell’espropriazione, come risultante dal decreto ablatorio, salvo che dal decreto stesso non emerga che ad altro soggetto, in forza di legge o di atti amministrativi e mediante figure sostitutive a rilevanza esterna (delegazione amministrativa, affidamento improprio, concessione traslativa), sia stato conferito il potere ed il compito di procedere all’acquisizione delle aree occorrenti e di curare direttamente, agendo in nome proprio e per conto dell’espropriante, le necessarie procedure espropriative, oltre che di provvedere a pagare le indennità dovute (cfr. Cass., Sez. 1, n. 20827 del 07/10/2010; v. in motivazione Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7143 del 15/03/2021).

In alcune pronunce, la stessa Corte ha anche aggiunto che il trasferimento degli obblighi indennitari in via esclusiva all’affidatario dell’opera, concessionario o appaltatore, è configurabile solo ove il conferimento dei poteri espropriativi non sia rimasto un fatto interno tra espropriante ed affidatario, occorrendo che, nell’attività svolta dal delegato, quest’ultimo si sia correttamente manifestato al soggetto passivo dell’esproprio come tenuto all’adempimento degli obblighi indennitari, oltre che investito, dell’esercizio del potere espropriativo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 7104 del 20/03/2017; conf. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6807 del 21/03/2007; v. anche Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16623 del 03/07/2013).

Fatte salve le menzionate eccezioni, dunque, ove vi sia delega al compimento, oltre che dei lavori, anche degli atti procedimentali, parte dei rapporto espropriativo resta il soggetto a cui vantaggio è pronunciato il decreto di esproprio, e non l’autorità o l’ente delegato ad emettere atti della procedura ablativa, atteso che detto giudizio ha, come oggetto, unicamente la controversia circa il rapporto sostanziale patrimoniale tra espropriato e beneficiario del procedimento ablativo (così Cass., Sez. 1, Sentenza n. 11768 del 14/05/2010, in una fattispecie relativa ad una procedura espropriativa destinata alla realizzazione di una strada provinciale, ove si è affermato che legittimata passiva nel giudizio avente ad oggetto la determinazione dell’indennità di espropriazione fosse la Provincia, in quanto beneficiaria del provvedimento ablativo, e non il Comune, delegato per la procedura di espropriazione e per l’esecuzione dei lavori).

In tale ottica, questa Corte ha reiteratamente affermato che l’individuazione del soggetto tenuto pagamento dell’indennità di esproprio va effettuata con esclusivo riferimento al decreto ablativo, spettando tale legittimazione, segnatamente, al soggetto a cui favore ed a beneficio del quale risulta adottato il corrispondente provvedimento, anche quando, a norma degli artt. 35 e 60 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, gli atti espropriativi, e quelli in specie necessari a conseguire il provvedimento dinanzi indicato, siano delegati, ma in nome e per conto del delegante, ad istituti o a cooperative incaricati della realizzazione del relativo programma edilizio, posto che, in tal caso, l’attività dei delegati, esaurendosi nei limiti sopra indicati, resta pur sempre riferibile al medesimo delegante (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 539 del 16/01/2004; v. anche Cass., Sez. 1, Sentenza n. 12153 del 24/05/2007; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19048 del 10/07/2008; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 13456 del 20/06/2011; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 24355 del 29/10/2013; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 14780 del 10/07/2020).

6.5. Alle stesse conclusioni deve giungersi, quando, come nel caso di specie, non si tratta di liquidare l’indennità di esproprio al soggetto destinatario della procedura ablativa, ma quella prevista dall’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001 (e prima ancora dall’art. 46 I. n. 2359 del 1865) al terzo non espropriato che, tuttavia, a causa della realizzazione dell’opera pubblica, abbia subito una permanente diminuzione di valore della sua proprietà.

Si è, infatti, già evidenziato che il diritto all’indennizzo, previsto prima dall’art. 46 I. n. 2359 del 1865 e poi dall’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, si fonda sul principio pubblicistico di giustizia distributiva, in virtù del quale le conseguenze economiche pregiudizievoli, causate da opere dirette al conseguimento di vantaggi pubblici, non possono ricadere solo su un privato o su una ristretta cerchia di privati, ma devono essere sopportate dalla collettività (è questo il significato dell’espressione “salvo indennizzo”, contenuta nell’art. 42 Cost.).

Tale diritto si distingue dal diritto al risarcimento del danno ex art.2043 c.c., perché non richiede l’accertamento di una condotta dolosa o colposa produttiva di danno, ma presuppone la legittima realizzazione di un’opera pubblica (o di pubblica utilità) che, per come è realizzata, reca un pregiudizio permanente alla proprietà altrui (Cass., Sez. U, Sentenza n. 9341 del 11/06/2003; v. da ultimo, in motivazione, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7112 del 12/03/2020).

Anche in tale caso, dunque, l’individuazione del soggetto tenuto pagamento dell’indennità di esproprio va effettuata con esclusivo riferimento al decreto ablativo, spettando tale legittimazione, segnatamente, al soggetto a cui favore ed a beneficio del quale risulta adottato il corrispondente provvedimento.

A tali conclusioni è pervenuta già questa Corte, in una fattispecie analoga a quella in esame, ove – chiamata a valutare se, in caso di concessione non traslativa, sia l’ente concedente o il soggetto concessionario tenuto a pagare l’indennità prevista dall’art. 46 I. n. 2359 del 1865 – ha stabilito che la domanda di indennizzo è correttamente proposta nei confronti del concedente, e non del concessionario, essendo del tutto ininfluenti rispetto ai terzi estranei gli accordi interni del primo con quest’ultimo (così Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16619 del 03/07/2013, che, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, non ha affermato la responsabilità solidale di concedente e del concessionario, ma ha enunciato il principio sopra menzionato, confermando la condanna – insieme al Comune di Firenze, verosimilmente in qualità di beneficiario dell’espropriazione – della RFI, quale Amministrazione concedente, ma non della società concessionaria COGEI).

6.6. Nel caso di specie, come già evidenziato nessuna delle parti ha dedotto l’esistenza di una concessione traslativa.

Il Comune di Massafra ha dato rilievo al fatto che la convenzione stipulata con RFI il 12/03/1999 abbia attribuito al concessionario il compito della realizzazione dell’opera pubblica e, in particolare, l’esecuzione in nome proprio di tutte le operazioni materiali, tecniche e giuridiche occorrenti per la realizzazione del programma edilizio, specificando che il concessionario poteva anche provvedere, a propria cura e spese, al compimento degli atti espropriativi (p. 11 del ricorso incidentale).

Nulla però è evidenziato in ordine alla assunzione da parte del concessionario dell’obbligo di pagare le indennità agli espropriati o ai terzi danneggiati, né in merito all’esternazione di tale assunzione (p. 11 del ricorso incidentale).

In sostanza, il menzionato Comune ha attribuito rilievo alla regolamentazione dei rapporti interni, oggetto della convenzione stipulata che, però, non ricorrendo le ipotesi eccezionali sopra evidenziate, non possono influenzare i rapporti con i terzi estranei a tali accordi e alla stessa procedura espropriativa. Tenuto al pagamento dell’indennizzo ex art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001 deve pertanto ritenersi essere esclusivamente il Comune di Massafra, qual ente e spropriante e beneficiario dell’espropriazione, non potendo RFI essere chiamato alla sua corresponsione né in via esclusiva né in solido con il Comune.

7. Il terzo motivo di ricorso principale è assorbito dalla statuizione adottata sul secondo motivo.

8. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso principale comporta, per le ragioni già illustrate, il rigetto di entrambi i motivi di ricorso incidentale.

9. In conclusione, deve essere accolto il secondo motivo di ricorso principale, assorbito il terzo e, respinto il primo motivo di ricorso principale e il ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata in applicazione del seguente principio:

In tema di indennità spettante ai sensi dell’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, è tenuto al pagamento di tale indennità l’ente espropriante, che sia anche beneficiario dell’espropriazione, e non anche il concessionario dell’opera pubblica, che abbia stipulato una convenzione non traslativa con il concedente, il quale risulti delegato al compimento degli atti espropriativi senza alcuna espressa assunzione con efficacia esterna degli obblighi indennitari, a prescindere da quanto concordato tra concedente e cessionario nella convenzione, che non influisce sui rapporti con i soggetti estranei alla convenzione stessa“.

10. Non essendo contestata la determinazione nel quantum dell’indennità, non occorre procedere ad ulteriori accertamenti in fatto e la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c.

Si deve, pertanto, dichiarare che tenuto al pagamento dell’indennità di cui all’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001, con i relativi accessori, determinata al punto 1 del dispositivo della sentenza in questa sede impugnata, è solo il Comune di Massafra e non anche Rete Ferroviaria s.p.a.

11. L’obiettiva incertezza delle questioni affrontate, in assenza di precedenti specifici che consentissero di inquadrare sistematicamente la materia del contendere al momento dell’introduzione della vertenza, giustifica la compensazione tra tutte le parti delle spese di lite dei gradi di merito e di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale promosso dalla Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e, assorbito il terzo e respinto il primo motivo dello stesso ricorso principale, respinge il ricorso incidentale presentato dal Comune di Massafra;

cassa la decisione impugnata nei limiti del motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara tenuto al pagamento dell’indennità di cui all’art. 44  d.P.R. n. 327 del 2001, con i relativi accessori, determinata al punto 1 del dispositivo della sentenza in questa sede impugnata, solo il Comune di Massafra e non anche Rete Ferrovia s.p.a.;

compensa tra tutte le parti le spese di lite dei gradi di merito e legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 4 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria, oggi 12 settembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.