REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente –
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere –
Dott. BASSI Alessandra – Consigliere –
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Rel. Consigliere –
Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(Omissis) Pietro, nato a Manduria il xx/x/19xx;
avverso l’ordinanza del 29 maggio 2020 del Tribunale di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Assunta Coconnello che conclude per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto ha convalidato l’arresto di Pietro (Omissis), eseguito dai Carabinieri di Manduria il 27 maggio 2020 alle ore 06:45, in relazione al reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. 309/1990, per avere detenuto all’interno dell’abitazione, sostanze stupefacenti tipo cocaina, del peso di gr. 5, ed hashish, del peso di gr. 4.
2. Avverso l’ordinanza di convalida ha proposto ricorso il difensore del ricorrente, con motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, denunciando erronea applicazione dell’art. 382 cod. proc. pen., in merito alla sussistenza della flagranza ovvero quasi flagranza del reato.
Non sussiste, infatti, la prova del collegamento e della contestualità della condotta illecita accertata con la persona dell’arrestato atteso che lo stupefacente in sequestro è stato rinvenuto in luogo che non era nella disponibilità dell’indagato, ovvero nell’abitazione dell’indagato ma, al contrario, all’interno dell’orto della proprietà confinante.
L’esito dell’operazione di perquisizione e sequestro non consente, pertanto, di individuare quella situazione (sorprendere l’agente con cose o tracce dalle quali appaia che abbia commesso il reato immediatamente prima) che legittima il ricorso all’arresto.
3. Dalla motivazione dell’ordinanza impugnata traspare come il giudice per le indagini preliminari, anziché arrestare la sua verifica al controllo di ragionevolezza e in relazione allo stato di flagranza, si sia spinto fino a valutare, secondo il percorso tipico dell’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza così finendo con il sovrapporre, ovvero far coincidere, il piano della valutazione della legittimità della misura pre-cautelare con quello della misura cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e deve trovare accoglimento.
2. Il giudice per le indagini preliminari ha ricostruito l’operazione di polizia che ha condotto all’arresto del ricorrente dando atto che alle ore 6:45 del 27 maggio 2020 i Carabinieri di Manduria avevano eseguito una perquisizione domiciliare presso l’abitazione di Pietro (Omissis).
Dopo avere bussato i militari avevano atteso per circa un quarto d’ora l’apertura della porta dell’abitazione, munita di sbarra antisfondamento. La perquisizione domiciliare si era rivelata negativa anche se il cane antidroga aveva segnalato, con insistenza, un piccolo sofà ubicato nel soggiorno.
La perquisizione era stata estesa all’area limitrofa all’abitazione e qui, nello spazio esterno di un immobile confinante (numero civico 61, disabitato e fatiscente), separato dalla proprietà dell’indagato (sita al numero civico 63) da un muro di cinta alto due metri, era stata rinvenuta una borsa a tracolla contenente la sostanza stupefacente descritta nel capo di imputazione provvisorio ed una somma di denaro.
La borsa era “ben pulita e con colori non attenuati da agenti atmosferici”, dunque, secondo la ricostruzione dell’ordinanza impugnata, ivi relitta da pochissimo tempo.
Sarebbe illogico ipotizzare, prosegue il giudice, che terzi (della cui presenza nei pressi non si ha alcuna traccia), abbiano abbandonato una borsa contenente anche denaro senza ragioni di impellenza assoluta, impellenza, invece, gravante sul solo (Omissis) l’unico ad essere sottoposto alla perquisizione.
Inoltre il cane antidroga aveva segnalato la presenza di stupefacente nell’abitazione dell’arrestato, che non veniva rinvenuto e “il lancio” della borsa dall’abitazione del (Omissis) era stato ampiamente possibile nei lunghi minuti nei quali lasciava i Carabinieri in attesa all’esterno dell’abitazione mentre la predisposizione delle telecamere e del sistema antisfondamento della porta appariva preordinata a guadagnare l’impunità in relazione a malaugurati controlli di polizia giudiziario, e, dunque, si tratta di circostanza che vale a consolidare la piattaforma indiziaria.
La motivazione del provvedimento impugnato riconduce correttamente l’arresto eseguito alla ipotesi quasi flagranza, piuttosto che a quella della flagranza nel reato evocata dai capo di imputazione provvisorio ove si fa riferimento alla detenzione dello stupefacente presso l’abitazione del ricorrente.
3. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che la condizione di “quasi flagranza”, richiede e presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato (Sez. U, n. 39131 del 24/11/2015, dep. 2016, P.M. in proc. Ventrice, Rv. 267591).
Ai fini della quasi flagranza del reato, il requisito della sorpresa del “reo” con cose o tracce del reato non richiede la diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, né che la “sorpresa” avvenga in maniera non casuale, ma solo l’esistenza di una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso con le “cose” o le “tracce” del reato.
Con particolare riferimento alla nozione di quasi flagranza la sentenza indicata ha precisato che la norma di cui all’art. 382, comma 1, cod. proc. pen. concentra in una unica disposizione le previsioni collocate in commi distinti del corrispondente articolo del codice abrogato, in prospettiva unitaria, condotte e situazioni che assumono rilievo nella evidenza della loro materialità, siccome espresse da dati effettuali, quali l’essere il soggetto colto nell’atto di commettere il reato ovvero l’essere sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima ed ha sottolineato la significatività dell’intervento del legislatore – con la risalente disposizione recata dall’art. 7 della legge 18 giugno 1955, n. 517, secondo la quale bastava che le cose o le tracce della quasi flagranza potessero far «presumere che il reo avesse commesso poco prima il delitto» – che ha sostituito alla soggettività della valutazione, la valorizzazione dell’oggettività del dato segnaletico, rivelatore della reità.
L’arresto in flagranza o quasi flagranza, e quindi in assenza di un provvedimento motivato della autorità giudiziaria, rappresenta – come ben ricordava la sentenza indicata – un istituto di carattere eccezionale, in tal senso espressamente connotato dall’articolo 13, terzo comma, Cost., la cui disciplina è di stretta interpretazione (articolo 14, primo comma, preleggi), e la cui legittimità deve essere esclusa ogniqualvolta la traccia del reato sia intrinsecamente equivoca ed implichi apprezzamenti e valutazioni incompatibili con la semplice constatazione.
3.1. Nel caso di specie non sussiste un collegamento pregnante tra l’arrestato ed il reato, non potendosi ritenere inequivocabili gli elementi di collegamento tra il reo e le tracce del reato, come descritti nell’ordinanza impugnata. Inidonea a questo fine è la circostanza che il cane antidroga avesse segnalato con insistenza un piccolo sofà del soggiorno del ricorrente, che si risolve in un mero elemento di sospetto.
Né possiedono valenza inequivoca, quale emergente dalla mera constatazione che l’evidenza sottintende, la circostanza che l’indagato aveva avuto tempo e modo di potersi disfare, attraverso un lancio, di quanto in sequestro poiché egli aveva temporeggiato per oltre un quarto d’ora prima di aprire la porta dell’abitazione ovvero le ulteriori valutazioni, di carattere logico, sulle quali è incentrata l’ordinanza che esclude la possibile ricostruzione alternativa della presenza in un immobile fatiscente ed abbandonato della borsa contenente droga e denaro se non per iniziativa dell’indagato.
4. Rileva il Collegio che in sede di convalida, il giudice, oltre a verificare l’osservanza dei termini previsti dall’art. 386 comma 3, cod. proc. pen. e dall’ art. 390, comma 1, cod. proc. pen., deve controllare la ricorrenza dei presupposti che consentono l’adozione del provvedimento di arresto e, pertanto, valutare la legittimità dell’operato della polizia sulla base di una verifica, ispirata a criteri di ragionevolezza, che coinvolge lo stato di flagranza o quasi flagranza e la ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381, cod. proc. pen..
Ciò non preclude, e si dice cosa ovvia, che gli elementi oggetto della valutazione del giudice coincidano con i gravi indizi di colpevolezza, ai fini dell’adozione dell’ordinanza cautelare, ma ciò solo nella misura in cui, ai fini della necessaria verifica della legittimità dell’adozione dell’arresto, vi sia la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi procede all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato immediatezza che, viceversa, non ricorre quando la traccia del reato sia intrinsecamente equivoca ovvero quando la ricostruzione dell’operazione di polizia implichi apprezzamenti e valutazioni incompatibili con la semplice constatazione e sia frutto della ricostruzione indiziaria del giudice stesso e, prima ancora, della polizia.
L’arresto in flagranza consiste in un atto che presenta assoluta peculiarità, rispetto agli altri provvedimenti coercitivi poiché nella misura precautelare la esecuzione della coercizione è coessenziale rispetto alla deliberazione di chi lo esegue.
La misura precautelare consiste (e si esaurisce) nella sua materiale esecuzione, perché è dalla legge prevista come essenzialmente attuosa e la stessa configurazione normativa della misura risulta speculare rispetto alla denotazione delle ipotesi di flagranza o quasi flagranza che risiedono nella pertinenza sul piano fattuale alla condotta delittuosa colta nel mentre si compie ovvero nella immediata proiezione materiale della perpetrazione per essere l’agente colto, dopo la commissione del reato, con cose o tracce rivelatrici della subitanea commissione del delitto.
Nel caso in esame non ci si trova in presenza né di una flagrante condotta di detenzione – lo stupefacente non si trovava in casa o in luoghi nella disponibilità dell’indagato ma era rinvenuto nel giardino di una casa disabitata adiacente a quella dell’indagato – né in presenza di tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato che come tali siano state immediatamente percepite da chi ha proceduto all’arresto quanto di circostanze che costituiscono frutto della soggetta valutazione dei carabinieri che avevano operato l’arresto stesso.
5. Anche l’annullamento dell’ordinanza di convalida perché l’arresto è stato eseguito in assenza delle condizioni di quasi flagranza va disposto senza rinvio, poiché il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai perenta, è finalizzato esclusivamente alla definizione della correttezza dell’operato degli agenti di polizia giudiziaria e l’eventuale rinvio solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di ricadute quanto ad effetti giuridici (cfr. Sez. 5, n. 15387 del 19/02/2016, Cosman e altro, Rv. 266566).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza di convalida per l’assenza delle condizioni di quasi flagranza.
Così deciso il 17 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021.