REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BONI Monica – Presidente –
Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Rel. Consigliere –
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere –
Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere –
Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ANCONA
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS) MOHAMED nato il 19/01/19xx
avverso l’ordinanza del 02/02/2021 del TRIB. LIBERTA’ di ANCONA
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SANTALUCIA;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Felicetta MARINELLI, intervenuto ai sensi dell’art. 23, comma 8, d. I. n. 137 del 2020, conv. con modif. con la I. n. 176 del 2020, che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Ancona, in funzione di giudice dell’appello cautelare, ha rigettato l’appello del Procuratore della Repubblica di Ascoli Piceno avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Urbino ha rigettato la richiesta di applicazione di misura cautelare nei confronti di (OMISSIS) Mohamed per gli addebiti di tentato omicidio e lesioni volontarie nei confronti degli agenti che lo sorpresero nella flagranza dei reati di detenzione di gr. 270 di cocaina e di resistenza a pubblico ufficiale.
(OMISSIS) Mohamed è stato sottoposto alla misura della custodia in carcere, unitamente a (OMISSIS) Yussef, dopo essere stato tratto in arresto all’esito di una operazione di polizia volta al blocco e controllo della vettura, siccome ritenuto in possesso di sostanza stupefacente, operazione attata mediante un posto di blocco.
Il posto di blocco fu forzato perché gli indagati non si fermarono all’intimazione dell’alt ed anzi, accelerando, riuscirono a passare attraverso le due autovetture di servizio posizionate ad hoc, ma costringendo i militari a scansarsi tempestivamente per non essere investiti.
L’autovettura dei fuggitivi fu prontamente rincorsa e durante l’inseguimento l’autovettura su cui viaggiava il car. (OMISSIS) fu coinvolta in un incidente stradale nel quale lo stesso rimase ferito.
Il Tribunale ha rilevato, quanto all’addebito di lesioni ai danni del car. (OMISSIS), che non si ravvisa il nesso di causalità con la condotta degli indagati.
L’art. 177 Cod. Str., seppur abilita i conducenti dei veicoli di Polizia a non rispettare i limiti e gli obblighi del Codice, impone pur sempre l’obbligo del rispetto delle norme di comune prudenza e diligenza nella guida.
Circa l’addebito di tentato omicidio, Il Tribunale non ha ravvisato gli elementi per poter affermare la sussistenza del dolo alternativo.
L’interesse primario degli indagati era di sfuggire all’arresto e non di ledere i militari presenti né la loro condotta di guida ha attestato la volontà di dirigersi addosso ai militari stessi che, visto il precedente mancato rispetto dell’alt, hanno avuto modo di scansarsi rapidamente.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Urbino, che ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione.
Il Tribunale ha riproposto le affermazioni del giudice per le indagini preliminari e non ha preso in esame gli elementi evidenziati nell’atto di appello.
Quanto all’addebito di tentato omicidio, non ha considerato alcuni dati che sostengono la configurabilità del dolo alternativo, in particolare, la mancanza di arresto del veicolo, l’accelerazione una volta individuato il posto di blocco, il puntare contro i militari, l’aver colpito un militare, la mancata adozione di una condotta alternativa (fuga a piedi o inversione di marcia), la micidialità del mezzo, il rischio di perdere il controllo del veicolo essendo saliti sullo spartitraffico ed essendo il terreno bagnato, il contesto fattuale di riferimento.
Il Tribunale ha ancora omesso di considerare che lo spazio, pur ampio, tra le due autovetture di servizio poste ad imbuto era coperto proprio dalla presenza dei tre militari, posizionati per evitare il transito in quell’area libera. Gli indagati, anziché dirigere l’autovettura verso quelle di servizio, puntarono contro i carabinieri.
Non può essere valorizzata in senso contrario la prontezza con cui i militari riuscirono a scansare il pericolo, perché la valutazione va operata ex ante.
Quanto all’addebito di lesioni aggravate, il Tribunale non ha dato conto dell’affermazione della mancanza di nesso di causalità e non ha tenuto conto di quanto emergente dagli atti, ossia che il car. (OMISSIS), postosi all’inseguimento dei fuggitivi, che tenevano una condotta di guida pericolosa, a causa della velocità, del manto stradale viscido e delle condizioni metereologiche avverse, perse il controllo del mezzo e andò a collidere con un autocarro proveniente dal senso opposto di marcia in prossimità di una curva. Ciò significa che il nesso causale negato invero sussiste.
Pur a voler considerare un comportamento negligente e imprudente del militare, non si comprende come esso possa aver interrotto il nesso di causalità tra la condotta spericolata degli indagati e l’inseguimento da parte del militare.
3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile, per le ragioni di seguito esposte.
2. Il Tribunale ha osservato, al di là del discutibile argomento che valorizza l’intento della fuga e l’assenza di intenzionalità omicida, che gli indagati riuscirono a fuggire tra le autovetture poste ad imbuto approfittando di uno spazio ampio residuato tra le stesse e che i militari, allertati dal di poco precedente mancato rispetto della intimazione dell’alt, si erano nel frattempo scansati.
Ha quindi escluso non tanto l’assenza di dolo per mancanza dell’intento omicida, quando il connotato oggettivo di idoneità della condotta a porre in pericolo l’incolumità dei militari con quella consistenza di probabilità di verificazione dell’evento, poi non verificatosi, che tratteggia l’inequivoca direzione degli atti.
Il Pubblico Ministero, a fronte di queste asserzioni, si limita a riproporre i contenuti dell’atto di appello e ad affermare che sono frutto di errate letture degli atti processuali, senza però provvedere, per dare specificità alla doglianza, alle necessarie allegazioni.
Sembra anzi non contrastare adeguatamente una parte della ricostruzione della vicenda, sì come delineata dal provvedimento impugnato, dando atto che il passaggio tra le due autovetture poste ad imbuto avvenne in uno “spazio del tutto ampio”, il che, se collegato ad un sia pure di poco precedente allontanamento da quel luogo dei militari, può non smentire la ricostruzione in fatto e quindi le conseguenze tratte dal Tribunale.
È pur vero che ha replicato che i due indagati, nonostante l’ampio spazio residuato tra le due autovetture, puntarono contro i carabinieri, ma ciò ha fatto proponendo, senza farsi carico dell’onere di specificità, una ricostruzione dei fatti che il Tribunale non ha accolto come attesta l’affermazione dell’ordinanza impugnata secondo cui la volontà dei due fuggitivi non fu di dirigersi proprio addosso ai militari.
2.1. Il pubblico ministero, in buona sostanza, ha contrastato il fatto sì come ricostruito dall’ordinanza impugnata lamentando l’omessa valutazione di circostanze acquisite agli atti; ma ha trascurato di considerare che “non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante”, dovendo invece:
“a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento;
b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza;
c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda;
d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato” (Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, dep. 2019, Rv. 274816).
3. Lo stesso vizio di genericità si individua nel motivo relativo all’addebito di lesioni aggravate.
Qui è lo stesso ricorrente ad attestare la mancanza di “rilievi fotoplanimetrici”, ossia di quegli accertamenti investigativi capaci di sostenere, in termini di gravità indiziaria, l’affermazione del nesso causale tra le lesioni patite dal car. (OMISSIS) e la condotta dei fuggitivi.
Del resto, è proprio l’assenza di elementi indiziari utili alla ricostruzione della dinamica dell’incidente che il Tribunale ha messo in evidenza come premessa, sia pure non esclusiva, della conclusione circa l’assenza del nesso causale.
Il pubblico ministero null’altro ha fatto che ribadire, in termini assertivi e dunque non specifici, la critica avanzata con l’atto di appello e adeguatamente esaminata dal Tribunale.
4. Il ricorso, per quanto detto, va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2021.
SENTENZA – copia non ufficiale -.
______//
…, inseguimento di auto sospetta che, alla vista dei lampeggianti blu, accelerava la sua corsa …