REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SETTIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere
Dott. MICHELI Paolo – Rel. Consigliere
Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CIRACI’ ARCANGELO nato a FIRENZE il 07/07/1977;
avverso la sentenza del 19/12/2018 del TRIBUNALE di BRINDISI;
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PAOLO MICHELI.
FATTO E DIRITTO
Il difensore di Arcangelo Ciracì ricorre avverso la sentenza indicata in epigrafe, emessa nei confronti del suo assistito dal Tribunale di Brindisi: la declaratoria di penale responsabilità dell’imputato riguarda un addebito di lesioni personali, reato in ipotesi commesso in danno di Cosimo D’Apolito.
La difesa lamenta violazione di legge e carenze motivazionali della sentenza impugnata in ordine alla valutazione del materiale probatorio, segnalando che i giudici di merito avrebbero dovuto analizzare criticamente le dichiarazioni rese dal D’Apolito, costituitosi parte civile: questi, peraltro, risulta avere offerto in dibattimento una ricostruzione in conflitto con quella esposta in querela, incorrendo in ben più di “qualche leggera divergenza” (come apoditticamente osservato dal Tribunale).
Non vi sarebbe poi motivazione di sorta sulla censura con la quale era stata dedotta l’eccessività della pena irrogata, pari ad 800,00 euro di multa.
Il ricorso appare inammissibile.
Il primo motivo si risolve in una sollecitazione al giudice di legittimità affinché proceda ad una non consentita rivalutazione delle acquisizioni probatorie, tanto più al cospetto di certificazioni mediche che costituiscono oggettivo riscontro alla versione dei fatti offerta dalla persona offesa: l’avere poi il D’Apolito, sia pure a distanza di anni, arricchito di particolari il racconto (rispetto a quel che egli aveva riferito alla polizia giudiziaria in sede di querela) non si vede come possa indurre a ritenere non meritevole di fede tale più minuziosa ricostruzione, evidentemente derivante dagli esiti di un approfondito esame incrociato.
Quanto al trattamento sanzionatorio, vero è che il Tribunale si limita a richiamare le determinazioni del Giudice di pace, ma deve rilevarsi l’assoluta genericità dei motivi di appello, in parte qua: la difesa del Ciracì aveva soltanto invocato il minimo edittale sull’allegato presupposto della “peculiarità dei fatti” e della “esiguità del danno”, a fronte peraltro di una condotta aggressiva conseguente ad un diverbio per motivi di circolazione stradale e tale da aver determinato una malattia giudicata guaribile in 10 giorni.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla sua volontà (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – a versare in favore della Cassa delle Ammende la somma di € 3.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti e del quadro di riferimento normativo conseguente all’entrata in vigore della legge n. 103/2017.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 26/02/2020.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2020.