Comune condannato per avere posto l’ex vicecomandante della Municipale in subordine a due ispettori (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, Sentenza 13 gennaio 2023, n. 876).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7764/2017 R.G. proposto da:

Comune di Cesena, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Benedetto (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Benevento, viale (OMISSIS) 45;

– ricorrente –

contro

Laura (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. Stefano (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma, via (OMISSIS) (OMISSIS) 436;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 1078/2016 pubblicata l’11 gennaio 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 novembre 2022 dal Consigliere Dott. Dario Cavallari.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Laura (OMISSIS) ha proposto ricorso presso il Tribunale di Forlì sostenendo che:

– era Vice Comandante della Polizia municipale di Cesena con decorrenza dal 10 maggio 2007;

– sin dal suo insediamento, avvenuto il 1° settembre 2010, il Comandante della Polizia municipale aveva dato inizio ad un sistematico e progressivo processo di erosione delle sue attribuzioni e relazioni;

– aveva denunciato tali circostanze, con la conseguenza che a suo carico era stato aperto un procedimento disciplinare conclusosi con la sanzione della censura;

– a valutazione consuntiva della sua attività per l’anno 2010 aveva ricevuto un giudizio di mera adeguatezza, con conseguente perdita del 50% della retribuzione di risultato.

La ricorrente ha chiesto:

– la riassegnazione delle mansioni di sua spettanza;

– il risarcimento del danno subito per il demansionamento, per il mancato percepimento delle indennità che le sarebbero prestate e per la perdita di chance e del danno non patrimoniale.

Il Tribunale di Forlì, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 94/2014, ha accolto il ricorso.

Il Comune di Cesena ha proposto appello che la Corte d’appello di Bologna, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1078/2016, ha respinto.

Il Comune di Cesena ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Laura (OMISSIS) si è difesa con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo parte ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio perché la corte territoriale non avrebbe considerato che non era ravvisabile alcuna violazione dell’art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001 qualora le nuove mansioni rientrino nella medesima area professionale.

In particolare, l’art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001 doveva essere preso in esame alla luce delle modifiche apportate dall’art. 62, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2009, che assegnava rilievo solo al criterio dell’equivalenza nell’ambito dell’area di inquadramento e non più alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi.

Pertanto, la corte territoriale avrebbe errato nel ravvisare una violazione dell’art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001, siccome le nuove mansioni rientravano nella medesima area professionale.

La Corte d’appello di Bologna non avrebbe indicato, alla luce di quanto esposto, i fatti che sarebbero stati rilevanti per determinare il demansionamento nonostante le dette mansioni fossero riconducibili all’interno della stessa area.

L’unica circostanza dedotta nella sentenza sarebbe consistita nella soppressione della figura del Vicecomandante della Polizia municipale.

Il Comune di Cesena non avrebbe assolutamente posto la controricorrente in una posizione di subordinazione gerarchica nei confronti di altri colleghi inquadrati come D1, ma avrebbe semplicemente mutato le sue mansioni, essendo stata nominata responsabile del servizio Gestione Atti e Contenzioso, con diretta dipendenza dal Comandante della P.M.

Parte ricorrente lamenta, in sostanza, che la corte territoriale avrebbe omesso di esaminare il fatto che la controricorrente era stata sottoposta al solo Capo della Polizia municipale e avrebbe fatto riferimento alla formulazione dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, poi abrogata e sostituita dal d.lgs. n. 150 del 2009.

La doglianza è inammissibile.

La corte territoriale ha ritenuto, con una valutazione di fatto non sindacabile nella presente sede, attenendo al merito della controversia, che, come pure affermato dal giudice di primo grado, dalla documentazione prodotta e dalle deposizioni testimoniali raccolte si evincesse “il progressivo svuotamento di mansioni subito dalla (OMISSIS) a partire dal settembre 2010, cristallizzato infine nella determina n. 462/11 che poneva la predetta in una condizione di subordinazione gerarchica rispetto ai colleghi (OMISSIS) e (OMISSIS) inquadrati come ispettori Dr.

Questo accertamento non è stato adeguatamente contestato dal Comune di Cesena, che non ha neppure menzionato la documentazione e le testimonianze alle quali la Corte d’appello di Bologna ha fatto riferimento, ma si è limitato a prospettare una inammissibile rilettura alternativa delle risultanze istruttorie.

Peraltro, tale rilettura è fondata principalmente sull’omesso esame di un fatto (la sottoposizione della controricorrente al solo Capo della Polizia municipale), vizio che non poteva essere prospettato nella presente sede, ricorrendo, nella specie, un’ipotesi di c.d. doppia conforme ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., alla quale consegue l’inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.

2) Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta la violazione di norme di diritto e della contrattazione collettiva con riferimento all’importo di €. 9.569,39 riconosciuto alla controricorrente.

La doglianza deve essere dichiarata inammissibile, in quanto la corte territoriale ha respinto l’appello del Comune di Cesena sul punto in ragione della natura risarcitoria del credito riconosciuto alla controricorrente.

Parte ricorrente, però, non ha contestato specificamente nell’atto d’impugnazione tale ratio decidendi.

3) Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.

Sussistono le condizioni richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, per dichiarare l’obbligo della parte ricorrente di corrispondere un importo pari a quello del contributo unificato versato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte,

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna parte ricorrente a corrispondere le spese di lite, che liquida in € 4.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;

dichiara che sussistono le condizioni richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, per affermare l’obbligo della parte ricorrente di corrispondere un importo pari a quello del contributo unificato versato, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 3 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.