Condannato per appropriazione indebita il mediatore che incassa il ricavato della vendita del bene a lui affidato (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 20 ottobre 2021, n. 37758).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico – Presidente –

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARDO Ignazio – Rel. Consigliere –

Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) SILVANO nato a BONAVIGO il 29/07/19xx;

avverso la sentenza del 20/11/2020 della CORTE APPELLO di VENEZIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. IGNAZIO PARDO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza in data 20 novembre 2020, la corte di appello di Venezia, confermava la pronuncia del tribunale di Verona datata 18-9-2019 che aveva condannato (OMISSIS) Silvano alle pene di legge in quanto ritenuto colpevole del reato di appropriazione indebita.

1.2 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, tramite il proprio difensore avv.to (OMISSIS), il quale deduceva, con distinti motivi ivi riassunti, ex art. 173 disp. att. cod.proc.pen.:

– violazione di legge ex art. 606 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea qualificazione giuridica del fatto dovendosi ritenere assenti i requisiti dell’appropriazione indebita nella condotta posta in essere dal ricorrente che era soltanto rimasto inadempiente all’obbligazione di versamento del prezzo di vendita dell’orologio e mancando sia vinterversio possessionis che l’appropriazione;

– violazione di legge ex art. 521 cod.proc.pen. per inosservanza del divieto di mutazione del fatto non potendo ritenersi la sussistenza della condotta appropriativa rispetto all’acquisizione del prezzo di vendita a fronte della formulazione della imputazione che riguardava l’impossessamento dell’orologio Rolex;

– violazione di legge e difetto di motivazione quanto all’omessa esclusione della recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1 II ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

Quanto al primo motivo, appare del tutto evidente che la condotta posta in essere rientra proprio nel parametro dell’art. 646 cod.pen. posto che l’imputato risulta avere trattenuto l’orologio uti dominus procedendo alla vendita dello stesso bene ed incassandone il prezzo, rifiutando poi le richieste della persona offesa.

E poiché l’orologio Rolex in contestazione era stato consegnato al (OMISSIS) con il preciso scopo di procedere prima alla vendita e poi al versamento del prezzo al (OMISSIS), che ne era l’originario proprietario, l’imputato ha violato il vincolo di destinazione che gravava sul bene mutando il titolo del proprio possesso arbitrariamente ed incassando il prezzo di un bene altrui.

2.2 Quanto al secondo motivo non si configura alcun mutamento degli elementi essenziali del fatto posto che, come precisato dai giudici di merito, l’imputato ha mutato il titolo del proprio possesso sull’orologio e, poi, illegittimamente incassato il prezzo del bene così che i fatti descritti in imputazione corrispondono a quelli accertati nelle diverse fasi di giudizio.

2.3 In alcun modo può poi ritenersi sussistere difetto di motivazione in ordine alla recidiva posto che con le specifiche argomentazioni esposte alle pagine 6-7 della sentenza impugnata il giudice di appello ha fornito spiegazione delle ragioni per le quali ritenere il nuovo episodio dimostrativo della pericolosità del ricorrente con deduzioni che paiono del tutto sfornite di qualsiasi illogicità tanto più manifesta.

3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi manifestamente infondata; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in €. 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Sentenza a motivazione semplificata.

Roma, 21 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.