Convocazione dell’assemblea condominiale su iniziativa di alcuni condomini per la nomina dell’amministratore (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 21 febbraio 2023, n. 5319).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Rel. Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16493/2022 R.G. proposto da:

(OMISSIS) TIZIANA, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE (OMISSIS) (OMISSIS) n. 73, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ARNALDO, che la rappresenta e difende;

-ricorrente-

contro

CONDOMINIO VIA (OMISSIS) (OMISSIS) n. 24, ROMA;

-intimato-

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 8369/2021 depositata il 17/12/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2023 dal Consigliere dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Tiziana (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 8369/2021, resa dalla Corte di appello di Roma, pubblicata il 17 dicembre 2021.

L’intimato Condominio Via (OMISSIS) (OMISSIS) n. 24, Roma, non ha svolto attività difensive.

La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis ex art. 35 del d.lgs. n. 149 del 2022.

Tiziana (OMISSIS) ed Emilio (OMISSIS) avevano impugnato la deliberazione di nomina dell’amministratore approvata in data 10 aprile 2014 dall’assemblea del Condominio Via (OMISSIS) (OMISSIS) n. 24, Roma, convocata su iniziativa di alcuni condomini a norma dell’art. 66, comma 1, disp. att. c.c.

Gli attori avevano dedotto, tra l’altro, che l’avviso di convocazione non riportava i nomi dei condomini che avevano assunto l’iniziativa e che lo stesso era stato consegnato a mani alla signora (OMISSIS).

L’adito Tribunale di Roma, con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 20 novembre 2015, dava atto che la nomina dell’amministratore risultava confermata da successiva delibera assembleare del 22 aprile 2015, sicché dichiarava cessata la materia del contendere e, invocato il principio della cosiddetta “soccombenza virtuale” ai fini della regolamentazione delle spese di lite, compensava le stesse tra le parti senza alcuna specifica motivazione.

Veniva proposto appello da Tiziana (OMISSIS) per la “violazione della normativa inderogabile in materia di autoconvocazione dell’assemblea (art. 66 disp. att. c.c.)”, in quanto la richiesta di convocazione era stata inviata all’indirizzo del Condominio e non al domicilio dell’amministratore, e perché lo stesso avviso di convocazione era carente di sottoscrizione”.

L’appello è stato respinto dalla Corte di Roma, argomentando che “l’art. 66 delle disposizioni di attuazione al codice civile non prevede alcuna forma particolare” per l’invio all’amministratore della richiesta di convocazione dell’assemblea e per la convocazione diretta operata dai condomini.

I giudici di appello hanno quindi richiamato la richiesta di convocazione formalizzata da alcuni condomini, datata 4 dicembre 2013 e corredata dall’elenco dei cinquantadue firmatari dell’istanza, per millesimi superiori al sesto.

Quanto al luogo di invio della raccomandata, la Corte d’appello ha ritenuto che lo stesso potesse essere indentificato con lo stesso stabile condominiale, giacché fornito di servizio di portineria e di una sala per le riunioni dove poter svolgere le assemblee.

Inoltre, l’avviso di convocazione per la assemblea del 10/11 aprile 2014 non era “anonimo”, stante l’allegata lettera di chiarimento da parte dei condomini Federico (OMISSIS), Michele (OMISSIS), Marco (OMISSIS), che ne avevano assunto la paternità.

La Corte d’appello non ha poi adottato alcun provvedimento sulle spese del grado, in quanto il Condominio era rimasto contumace.

Il primo motivo del ricorso di Tiziana (OMISSIS) deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1131 c.c. e dell’art. 66 disp. att. c.c., per avere la Corte di appello ritenuta valida ed efficace la richiesta di convocazione dell’assemblea ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c. datata 4 dicembre 2013, pur non essendo mai stata inoltrata all’amministratore presso il domicilio dello stesso, ovvero presso il suo studio professionale.

La compiuta giacenza della raccomandata inviata all’amministratore presso la sede del Condominio, a dire della ricorrente, confermerebbe l’inidoneità dell’indirizzo prescelto.

Il secondo motivo del ricorso di Tiziana (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 66 disp. att. c.c., per avere la Corte di appello ritenuto valido ed efficace l’avviso di convocazione dell’assemblea straordinaria per cui è causa, sebbene priva di qualsivoglia sottoscrizione e/o riferibilità ai condomini che avevano inviato l’invito all’amministratore, neppure rappresentando i soli signori Federico (OMISSIS), Michele (OMISSIS) e Marco (OMISSIS) un sesto del Condominio.

Va premesso che il ricorso per cassazione è stato proposto soltanto da Tiziana (OMISSIS) nei confronti del Condominio Via (OMISSIS) (OMISSIS) n. 24, Roma.

Era stato tuttavia parte dei pregressi gradi del giudizio, ed in particolare attore in primo grado, come emerge anche dalla sentenza impugnata, altresì Emilio (OMISSIS).

Secondo unanime orientamento di questa Corte, l’impugnazione di una delibera assembleare di condominio determina fra i condomini che siano stati parte del giudizio una situazione di litisconsorzio processuale, sicché, ove la sentenza che ha statuito su tale impugnativa venga impugnata da alcuni soltanto di tali condomini, il giudice del gravame deve disporre, ex art. 331 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, quali parti di una causa inscindibile, ancorché il gravame concerna, come nel caso in esame, le sole spese di lite, trattandosi di capo accessorio che condivide il carattere di inscindibilità della causa principale (tra le tante, Cass. Sez. 2,26/09/2017, n. 22370 ).

In ogni modo, nel caso in esame, la fissazione del termine ex art. 331 c.p.c., in forza del principio della ragionevole durata del processo, deve ritenersi superflua, in quanto il ricorso appare “prima facie” infondato, e l’integrazione del contraddittorio si rivela, perciò, attività del tutto ininfluente sull’esito del procedimento (Cass. Sez. Unite, 23/09/2013, n. 21670 ).

Anche l’eventuale ricorso incidentale tardivo proposto dalla parte chiamata ad integrare il contraddittorio perderebbe ogni efficacia in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità della impugnazione principale, ai sensi dell’art. 334, comma 2, c.p.c.

I due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano inammissibili, ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., per carenza di specifica riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata, o comunque non fondati.

Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, in tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall’art. 2377, comma 8, c.c. dettato in tema di società di capitali (Cass. Sez. 6 – 2, 08/06/2020, n. 10847; Cass. Sez. 6 – 2, 11/08/2017, n. 20071; Cass. Sez. 2, 10/02/2010, n. 2999; Cass. Sez. 2, 28/06/2004, n. 11961), rimanendo affidata soltanto la pronuncia finale sulle spese ad una valutazione di soccombenza virtuale.

La cessazione della materia contendere conseguente alla revoca assembleare della delibera impugnata si verifica anche quando la stessa sia stata sostituita con altra dopo la proposizione dell’impugnazione ex art. 1137 c.c., in quanto la sussistenza dell’interesse ad agire deve valutarsi non solo nel momento in cui è proposta l’azione, ma anche al momento della decisione.

Il Tribunale di Roma, con statuizione non impugnata in appello, ha accertato, nell’ambito di apprezzamento di fatto spettante ai giudici del merito, che era cessata la materia del contendere in ordine alla impugnazione ex art. 1137 c.c. della deliberazione di nomina dell’amministratore approvata in data 10 aprile 2014 dall’assemblea del Condominio Via (OMISSIS) (OMISSIS) n. 24, in ragione della conferma di tale nomina contenuta nella successiva delibera assembleare del 22 aprile 2015.

Ove il giudice rilevi la cessazione della materia del contendere in tema di impugnazione di delibera condominiale, analogamente a quanto disposto dall’art. 2377, comma 8, c.c. (il quale espressamente dispone, peraltro, nel testo successivo al d.lgs. n. 6 del 2003, che “… il giudice provvede sulle spese di lite, ponendole di norma a carico della società…”), la pronuncia finale sulle spese viene regolata sulla base di una valutazione di soccombenza virtuale, sicché il giudice del merito deve espressamente procedere ad un complessivo ed unitario giudizio circa l’originaria fondatezza delle contrapposte domande ed eccezioni proposte dalle parti, al fine di decidere circa la incidenza della potenziale soccombenza sull’onere delle spese.

Tale valutazione di fondatezza delle contrapposte domande ed eccezioni proposte dalle parti, ovvero, in particolare, della consistenza dei vizi denunciati dagli attori nella impugnazione ex art. 1137 c.c., non risulta compiuta dal Tribunale di Roma nell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 20 novembre 2015, essendosi lo stesso limitato a compensare tra le parti le spese di lite senz’altra motivazione sul punto.

La ricorrente avrebbe potuto altrimenti dolersi nel merito contestando l’esistenza del presupposto per emettere la declaratoria di cessazione della materia del contendere, in ragione del venir meno dell’interesse alla prosecuzione del giudizio, non potendo viceversa limitarsi, come fatto, a contestare la decisione per questioni di merito (Cass. Sez. Unite, 09/07/1997, n. 6226, Cass. Sez. 3, 01/06/2004, n. 10478; Cass. Sez. 3, 06/05/2010, n. 10960; Cass. Sez. 1, 28/05/2012, n. 8448; Cass. Sez. 6 – L, 13/07/2016, n. 14341).

Essendo invece sottratta all’ambito del devoluto in sede di appello, e conseguentemente vieppiù del devoluto in sede di legittimità, la statuizione di cessazione della materia del contendere, la quale perciò è coperta da giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329, comma 2, c.p.c., va ulteriormente evidenziato come spetti al giudice del merito, nel caso in cui dichiari cessata la materia del contendere, di deliberare, appunto, il fondamento della domanda per decidere sulle spese secondo il principio della soccombenza virtuale, decidere, cioè, se la domanda avrebbe dovuto essere accolta o rigettata nel caso in cui non fosse intervenuta la cessazione della materia del contendere, con apprezzamento di fatto la cui motivazione non postula certo di dar conto di tutte le risultanze probatorie, e che è sindacabile in cassazione sol quando, a sua giustificazione, siano enunciati motivi formalmente illogici o giuridicamente erronei.

In materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova, invero, ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza, ponendo le spese a carico della parte risultata vittoriosa, e ciò vale sia nel caso in cui la controversia venga decisa in ognuno dei suoi aspetti, processuali e di merito, sia nel caso in cui il giudice accerti e dichiari la cessazione della materia del contendere e sia, perciò, chiamato a decidere sul governo delle spese alla stregua del principio della cosiddetta soccombenza virtuale (Cass. Sez. 1, 27/09/2002, n. 14023).

Né Tiziana (OMISSIS) propose in appello questione attinente violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ovvero alla carenza di motivazione sulla compensazione delle spese, avendo unicamente insistito, come ancora in sede di ricorso per cassazione, a censurare le decisioni, rispettivamente, del Tribunale e della Corte di Roma, in punto di invalidità della deliberazione assembleare. Peraltro, è agevole valutare altresì la infondatezza in radice della azione ex art. 1137 c.c. spiegata da Tiziana (OMISSIS).

L’art. 66, comma 1, disp. att. c.c. dispone che l’assemblea può essere convocata dall’amministratore, oltre che quando egli lo ritenga necessario, anche quando “ne è fatta ‹‹richiesta›› da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione”.

A norma dell’art. 1129, comma 12, n. 1), c.c., l’omessa convocazione dell’assemblea nei casi previsti dalla legge dà luogo a “grave irregolarità” che legittima la revoca giudiziale dell’amministratore.

L’art. 66, comma 1, disp. att. c.c. (a differenza di quanto suppone la ricorrente) non prevede, tuttavia, forme tassative per la ‹‹richiesta›› di convocazione assembleare proveniente da condomini, bastando evidentemente, perché produca l’effetto della decorrenza del termine di dieci giorni, che essa giunga nella sfera di conoscenza dell’amministratore.

A tal fine, l’indirizzo dell’amministratore, presso il quale deve giungere la ‹‹richiesta›› di convocazione dell’assemblea, non necessariamente coincide con il domicilio, la residenza o la dimora dello stesso, potendosi, piuttosto, identificare con il luogo da questo comunicato contestualmente all’accettazione della nomina (art. 1129, comma 2, c.c.) o con il suo recapito appositamente affisso sul luogo di accesso al condominio (art. 1129, comma 5, c.c.).

L’accertamento che la comunicazione sia arrivata all’indirizzo del destinatario, nel senso appena individuato, spetta al giudice del merito, in quanto si sostanzia in un giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità per violazione di norme di diritto.

Una volta decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, gli anzidetti condomini promotori possono provvedere direttamente alla convocazione, mediante avviso che abbia il contenuto specificato dal terzo comma dell’art. 66 disp. att. c.c. e dal quale risulti chi convoca l’assemblea, senza che peraltro sia essenziale la sottoscrizione di tutti i condomini che abbiano preso l’iniziativa.

Il ricorso va perciò respinto.

Non devono regolarsi le spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato non ha svolto attività difensive. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 8 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.