Detenzione inumana, in caso di rigetto la nuova istanza reiterativa è inammissibile (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 29 aprile 2024, n. 17373).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. FRANCESCO CENTOFANTI – Presidente –

Dott. MICAELA SERENA CURAMI – Consigliere –

Dott. ANGELO VALERIO LANNA – Consigliere –

Dott. EVA TOSCANI – Relatore –

Dott. FULVIO FILOCAMO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 01/02/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ANCONA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa EVA TOSCANI;

lette le conclusioni del PG, Dott. FERDINANDO LIGNOLA, che ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in preambolo il Tribunale di sorveglianza di Ancona ha confermato l’anteriore decisione con la quale il Magistrato di sorveglianza aveva dichiarato inammissibile l’istanza formulata ai sensi dell’art. 35-ter n. 354 1975 (Ord. pen.) formulata da (omissis) (omissis) volta ad ottenere il rimedio risarcitorio in forma specifica della detenzione, che assume inumana e degradante, nella casa di reclusione di Santa Maria Capua Vetere nel periodo dal 5 aprile 2012 al 9 luglio 2018, trattandosi di mera riproposizione di richiesta già respinta con provvedimento reso in data 14 ottobre 2018.

A ragione della decisione, il Tribunale ha osservato che – contrariamente a quanto dedotto dal reclamante – ostava a una rivalutazione del “giudicato esecutivo” il principio più volte espresso in sedo di legittimità secondo cui il provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta divenuto formalmente irrevocabile, preclude una nuova decisione sullo stesso oggetto, ma detta preclusione non opera in maniera assoluta e definitiva, bensì rebus sic stantibus, ossia finché non si prospettino nuovi dati di fatto nuove questioni giuridiche, per tali intendendosi non solo gli elementi sopravvenuti, ma anche quelli preesistenti dei quali non si sia tenuto conto ai fini della decisione anteriore.

Ed ha rimarcato come tale novum non potesse essere costituto ne dalle circostanze della mancanza di acqua corrente nel penitenziario e della presenza, nell’istituto di pena, di una discarica che rendeva l’aria irrespirabile, trattandosi di elementi già presi in considerazione nella precedente ordinanza reiettiva.

Neppure poteva valorizzarsi, quale elemento nuovo, il mutamento di giurisprudenza, intervenuto con decisione delle Sezioni Unite n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Commisso, Rv. 280433, poiché la Corte, intervenuta per dirimere il contrasto interpretativo, aveva fatto propri i criteri di compute dello spazio detentivo minimo rilevante ai sensi dell’art. 35-ter Ord. pen. già elaborati dalla prevalente giurisprudenza.

2. Ricorre (omissis) (omissis) per cassazione e, con un unico, articolato motivo, deduce erronea applicazione degli artt. 666 cod. proc. pen. e 35-ter Ord. pen e vizio di motivazione.

II reclamo doveva ritenersi ammissibile in quanta basato su elementi di diritto nuovi, pretermessi dai giudici specializzati con motivazioni apparenti.

La situazione pasta all’attenzione del Magistrato di sorveglianza erano le gravi carenze della struttura carcerario (presenza della disc:arica e assenza di acqua corrente) mai prese in considerazioni e che pertanto la valutazione era stata operata esclusivamente sullo spazio a disposizione del detenuto, peraltro sulla scorta di una giurisprudenza di legittimità che imponeva una valutazione dei fattori compensativi anche nel caso di spazio superiore a 4 metri quadrati.

3. Il Sostituto Procuratore generale, Dott. Ferdinando Lignola, con requisitoria scritta depositata il 9 ottobre 2023, ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deduce censure manifestamente infondate e, come tale, dev’essere dichiarato inammissibile.

2. É pacifico l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui «II mutamento di giurisprudenza, intervenuto con decisione delle Sezioni unite della Corte di Cassazione, integrando un nuovo elemento di diritto, rende ammissibile la riproposizione, in sede esecutiva, della richiesta di applicazione dell’indulto in precedenza rigettata» (Sez. U n. 18288 del 21/01/2010, Beschi, Rv. 246651).

La Corte ha, in tale occasione, precisato che tale soluzione e imposta dalla necessita di garantire il rispetto dei diritti fondamentali della persona in linea con i principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, il cui art. 7, come interpretato dalle Corti europee, include nel concetto di legalità sia il diritto di produzione legislativa che quello di derivazione giurisprudenziale.

É altrettanto pacifico che il presupposto, per l’applicazione di tale principio di diritto sia l’intervenuto mutamento della giurisprudenza, presupposto che – come ha ben spiegato il Tribunale di sorveglianza – non sussiste nel caso delle Sezioni Unite n. 6551, del 24/09/2020, dep. 2021, Commisso, Rv. 280433.

La Corte di cassazione, nella sua composizione più autorevole, ha statuito che «Nella valutazione dello spazio individuale minimo di tre metri quadrati, da assicurare ad ogni detenuto affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, stabilito dall’art. 3 della Convenzione EDU, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale, movimento nella cella e, pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti a castello».

Tale sentenza si rivela confermativa dell’orientamento prevalente maturate in precedenza in base al quale, ai fini della determinazione dello spazio individuale minimo intramurario, deve aversi riguardo alla superficie pari o superiore a tre metri quadrati da assicurare a ogni detenuto, affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, ex art. 3 della Convenzione EDU, come interpretato dalla conforme giurisprudenza della Corte EDU in data 8 gennaio 2013 nel caso Torreggiani c. Italia, con la susseguente specificazione, anch’essa confermativa, del suindicato critero di computo (su cui v. anche Sez. 1, n. 41211 del 26/05/2017, Gobbi, Rv. 271087; Sez. 1, n. 13124 del 17/11/2016, dep. 20:1.7, Morello, Rv. 269514, Sez. 1, n. 52819 del 09/09/2016, Sciuto, Rv. 268231).

Pertanto, non si registra l’addotto mutamento d’interpretazione giurisprudenziale idoneo a legittimare la riproposizione della domanda già rigettata e non si é palesato il novum idoneo a superare la preclusione determinata dal provvedimento  esecutivo definitivo (Sez. 1, n. 40045 del 24/05/2023, Picozzi, Rv. 285054).

Ciò, con la specificazione che, in assenza di rilevanti novità, l’eventuale omessa valutazione, da parte del giudice, di un elemento decisivo risultante dagli atti sottoposti al suo esame al momento della decisione non costituisce un novum suscettibile di determinare il superamento della preclusione derivante dal giudicato esecutivo, ma un errore, di fatto o di diritto, cui deve porsi rimedio con l’impugnazione, in difetto della quale si configura l’acquiescenza alla decisione (Sez. 1, n. 47041 del 24/01/2017, Prostamo, Rv. 271453).

Per la parte indicata, dunque, correttamente il Tribunale non ha individuato nell’ulteriore istanza un qualche novum idoneo al superamento della preclusione rebus sic stantibus costituita dal (cosiddetto) giudicato esecutivo, ossia dell’accertamento giudiziale a contenuto limitato a cui, per ragioni di economia e di efficienza processuale, l’ordinamento annette la stabilizzazione giuridica costituita dalla preclusione (cosi definita proprio al fine di rimarcarne le differenze con il concetto tradizionale di giudicato) connotata dalla limitata portata dell’effetto, circoscritta alla deduzione delta stesso oggetto in relazione a presupposti di fatto e ragioni di diritto identici a quelli rappresentati con la precedente istanza, già esaminata e decisa (Sez. U, 21/01/2010, n. 18288, Beschi, Rv. 246651).

Analoghe considerazioni valgono per i temi relativi alla mancanza di acqua e alla vicinanza delta discarica, introdotti dalla difesa con memoria in data 25 gennaio 2023 depositata al Tribunale di sorveglianza che, tuttavia, afferma la loro avvenuta considerazione nel provvedimento del Magistrato di sorveglianza e che, invece, la difesa vorrebbe che fossero rivalutate, come avvenuto per altri detenuti.

Tale argomentazione resiste all’affermazione di segno contrario contenuta nel ricorso, laddove la difesa si limita a contestare l’avvenuta valutazione di tali circostanze in modo del tutto aspecifico e non autosufficiente.

In definitiva, la suindicata preclusione processuale – rilevabile anche di ufficio (dalla stessa Corte di cassazione), siccome determina l’inammissibilità l’istanza meramente reiterativa di una domanda già esaminata che si limiti a riproporre identiche questioni in assenza di nuovi elementi (Sez. U, n. 40151 del 19/04/2018, Avignone, Rv. 273650) – é stata fondatamente affermata dal giudice di merito quanto all’istanza ex art. 35-ter Ord. pen., con l’effetto che la corrispondente doglianza deve essere disattesa.

3. Dalle considerazioni svolte, come preannunciato, discende la declaratoria d’inammissibilità del ricorso, cui consegue, ai sensi dell’art. 616 proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, in mancanza elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che si ritiene congruo determinare in euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 17 novembre 2023

Il Consigliere estensore                                                                        Il Presidente

Eva Toscani                                                                                    Francesco Centofanti

Depositato in Cancelleria, il 29 aprile 2024.

SENTENZA