Diffamato il Comune tacciato di collusione con un clan nella mail inviata al Sindaco (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 26 aprile 2024, n. 17326).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. ANGELO CAPUTO – Presidente –

Dott. FRANCESCO CANANZI – Consigliere –

Dott. EGLE PILLA – Consigliere –

Dott. MICHELE CUOCO – Consigliere –

Dott. ROSARIA GIORDANO – Relatore –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI SALERNO

nel procedimento a carico di:

(omissis) (omissis), nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 15/11/2023 del TRIBUNALE di SALERNO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa ROSARIA GIORDANO;

letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, Dott. ALDO CENICCLA, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

letta la memoria del difensore dell’imputato, prof. avv. (omissis) (omissis) il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Salerno assolveva (omissis) (omissis) dal delitto di diffamazione aggravata in danno del Comune di (omissis).

In particolare, l’imputato era stato chiamato a rispondere del predetto delitto poiché, in un modulo predisposto per le osservazioni dei cittadini, aveva sostenuto che la delibera del consiglio comunale di adesione ad una società in house providing del Comune (omissis) avente ad oggetto sociale la gestione del ciclo di rifiuti, costituisse “presumibilmente un’associazione a delinquere organizzata dal clan (omissis).

2. Avverso la richiamata sentenza ha proposto ricorso immediato per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Salerno deducendo violazione dell’art. 51 pen. quanto all’esercizio del diritto di critica politica atteso che le espressioni utilizzate dall’imputato non avrebbero potuto, secondo quanto ritenuto dal Tribunale di Salerno, essere ricondotte ad una legittima critica politica ma si sarebbero tradotte nell’immotivata equiparazione, avulsa dalla realtà dei fatti, di una scelta politica all’affiliazione ad un clan camorristico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Occorre premettere che, in materia di diffamazione, la Corte di cassazione può conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perché é compito del giudice di legittimità procedere, in primo luogo, a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, a vagliare la portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell’imputato (Sez. 5, n. 2473 del 10/10/2019, dep. 2020, Fabi, Rv. 278145 – 01; Sez. 5, n. 41869 del 14/02/2013, Fabrizio, Rv. 256706 – 01).

Orbene, risulta che il (omissis) (omissis) nel Modulo, diretto al Sindaco del Comune di (omissis) per osservazioni e/o suggerimenti allo schema di deliberazione del Consiglio comunale di adesione alla società in house providing denominata (omissis) s.r.l. a totale partecipazione pubblica ha rappresentato quanto segue:

“Questa adesione é presumibilmente un’associazione a delinquere organizzata dal clan (omissis).

La società in house verrà segnalata al Presidente dell’Autorità Anticorruzione Sig. (omissis) (omissis).

2. Sempre in premessa, é vero che elemento costitutivo del delitto di diffamazione é costituito dalla propalazione delle espressioni offensive dell’altrui reputazione a più persone, talché, almeno in apparenza, potrebbe ritenersi che la circostanza che il predetto modulo fosse indirizzato in via esclusiva al Sindaco del Comune di (omissis) porti ad escludere la ricorrenza del predetto elemento costitutivo.

Tuttavia, come é stato ripetutamente puntualizzato nella giurisprudenza di legittimità, gli scritti contenenti espressioni lesive dell’altrui reputazione integrano il reato di diffamazione anche quando gli stessi siano diretti ad un solo soggetto, quando, avendo riguardo all’indirizzo istituzionale presso il quale gli stessi sono indirizzati, il messaggio é in concreto prevedibile sia accessibile a terzi diversi dal destinatario (cfr., ex ceteris, Sez. 5, n. 30727 del 08/03/2019, De Feo, Rv. 276525 – 01).

In sostanza, ai fini della configurabilità del reato di diffamazione, é necessario che l’autore della frase lesiva dell’altrui reputazione comunichi con almeno due persone ovvero con una sola persona ma con modalità tali che detta notizia venga sicuramente a conoscenza di altri, ed agisca rappresentandosi e volendo tale evento (v., tra le altre, Sez. 5, n. 34178 del 10/02/2015, Corda, Rv. 264982 – 01).

Questa é ciò che é avvenuto nella fattispecie in esame, essendo ben prevedibile dal ricorrente, vieppiù in virtù del ruolo di consigliere comunale del medesimo ente territoriale che egli rivestiva all’epoca dei fatti, che la comunicazione, non riservata al Sindaco (vieppiù perché non recante alcuna dicitura in tal senso e in quanta si trattava di un modulo di osservazioni sottoscrivibile da qualsivoglia cittadino), sarebbe stata letta anche dai collaboratori del diretto destinatario.

3. Andando a considerare, più specificamente, le censure formulate dal Procuratore Generale ricorrente, le stesse sono fondate.

Occorre ricordare che, in tema di delitti contra l’onore, costituisce legittimo esercizio del diritto di critica politica la diffusione di giudizi negativi circa condotte biasimevoli poste in essere da amministratori pubblici, purché la critica prenda spunto da una notizia vera, si connoti di pubblico interesse e non trascenda in un attacco personale (cfr. Sez. 5, n. 4530 del 10/11/2022, dep. 2023, Alloro, Rv. 283964 – 02; Sez. 5 n. 41767 del 21/07/2009, Z., Rv. 245430 – 01).

Ebbene, a differenza di quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, non può assumersi integrata l’esimente di cui all’art. 51 cod. pen. poiché quella del (omissis) (omissis) si sarebbe sostanziata in una dura critica di carattere politico.

Infatti, l’imputato ha attribuito al Comune una condotta criminosa di assoluta gravità, facendo riferimento all’origine della delibera nell’adesione ad un clan capeggiato, a dire dell’imputato, da un noto politico locale, senza indicare alcun elemento specifico dal quale potesse assumersi che il fatto fosse vero, almeno sul piano putativo, e trascendendo, comunque, ogni limite di continenza espressiva, anche ove si voglia riguardare lo stesso nei più ampi connotati consentiti dal diritto di critica politica.

4. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Salerno.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno.

Così deciso in Roma il 28 marzo 2024

Il Consigliere estensore                                                                                       Il Presidente

Rosaria Giordano                                                                                               Angelo Caputo

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2024.

SENTENZA