Diritto all’assegno sociale anche se l’impossidenza deriva da una scelta volontaria (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 13 marzo 2023, n. 7235).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Rel. Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

SENTENZA

sul ricorso 21462-2021 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE (OMISSIS) (OMISSIS) n. 219, presso lo studio dell’avvocato BARBARA (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE (OMISSIS);

ricorrente

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati CLEMENTINA (OMISSIS), MANUELA (OMISSIS), PATRIZIA (OMISSIS);

controricorrente

avverso la sentenza n. 701/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 10/02/2021 R.G.N. 3034/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/2023 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. STEFANO VISONA’, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MANUELA (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 10.2.2021, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di (OMISSIS) (OMISSIS) volta alla corresponsione dell’assegno sociale di cui all’art. 3, comma 6, l. n. 335/1995.

La Corte, in particolare, ha ritenuto che l’istante, avendo in precedenza donato alla figlia i due immobili di cui era titolare, riservandosi su uno di essi il diritto di abitazione, avesse creato un nesso di causalità diretta e immediata rispetto alla sopravvenuta situazione di bisogno, di talché, oltre a non essere stato provato che la beneficiaria della donazione non fosse in grado di garantirgli alcun sussidio, la condizione di impossidenza doveva considerarsi frutto di una sua scelta volontaria, come tale preclusiva dell’accesso alla provvidenza.

Avverso tale pronuncia (OMISSIS) (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria. L’INPS ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con  l’unico  motivo  di  censura,  il  ricorrente  denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 6, l. n. 335/1995, e dell’art. 26, l. n. 153/1969, per avere la Corte di merito rigettato la sua domanda sul presupposto che lo stato di bisogno fosse conseguenza immediata e diretta della sua scelta di donare alla figlia entrambi gli immobili di cui egli era proprietario e che non fosse stata data prova dell’impossibilità per la figlia di garantirgli alcun sostentamento.

Il motivo è fondato.

Va premesso che i giudici territoriali hanno ritenuto che, sebbene in generale siano irrilevanti le ragioni per le quali il richiedente versi in stato bisogno, assumerebbe invece rilievo decisivo, ai fini del diritto all’assegno, che lo stato di bisogno non sia conseguenza immediata e diretta dell’ingiustificata rinuncia ad un diritto e, nel ravvisare per contro un nesso di consequenzialità immediata e diretta tra lo stato di bisogno dell’odierno ricorrente e la precedente donazione immobiliare da lui eseguita a beneficio della figlia, hanno altresì ritenuto che, essendo costei tenuta all’obbligazione alimentare ex artt. 433 ss. c.c., non era stata data alcuna prova della sua impossibilità di farvi fronte, per modo che, risultando lo stato di bisogno dalla rinuncia volontaria alla percezione di un reddito, la prestazione oggetto di domanda non potesse essere riconosciuta.

Così ricostruiti i fatti e il dictum dell’impugnata sentenza, giova ricordare che questa Corte ha ormai chiarito che il diritto alla corresponsione dell’assegno sociale ex art. 3, comma 6, l. n. 335/1995, prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dalla condizione oggettiva dell’assenza di redditi o dell’insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, senza che assuma rilevanza che lo stato di bisogno debba essere anche incolpevole (così Cass. n. 24954 del 2021).

A sostegno di tale conclusione, si è rilevato che non vi è, né nella lettera né nella ratio dell’art. 3, comma 6, l. n. 335/1995, alcuna indicazione circa il fatto che lo stato di bisogno debba essere anche incolpevole, rilevando al contrario nella sua mera oggettività di impossidenza di redditi al di sotto della soglia prevista dalla legge (così già Cass. n. 14513 del 2020), e che, non consentendo il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione di ritenere in via generale che l’intervento pubblico a favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario, ossia che possa aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi, il rapporto tra prestazioni pubbliche di assistenza e obbligazioni familiari a contenuto latamente alimentare va costruito sempre in relazione alla speciale disciplina che istituisce e regola la prestazione che si considera, alla quale sola bisogna riferirsi per comprendere in che modo sulla sua corresponsione possa incidere la sussistenza di eventuali obbligati al mantenimento e/o agli alimenti, salvo ovviamente l’eventuale accertamento in concreto di condotte fraudolente che, simulando artificiosamente situazioni di bisogno, siano volte a profittare della pubblica assistenza (così Cass. n. 24954 del 2021, cit., in motivazione).

Tali principi vanno qui ribaditi anche con riferimento al caso di specie, in cui la condizione di impossidenza, invece di essere conseguenza di una rinuncia all’esercizio di un diritto come nel caso deciso da Cass. n. 24954 del 2021, cit., derivi da una scelta volontaria avente ad oggetto la donazione di proprietà immobiliari che, astrattamente, avrebbero potuto essere fonte di reddito.

Di talché, non essendo nemmeno in discussione che la condotta dell’odierno ricorrente abbia avuto quei connotati fraudolenti che soli potrebbero rilevare ai fini dell’esclusione del diritto all’assegno, il ricorso va accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P. Q. M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18.1.2023.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.