REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
composta dai signori magistrati:
dott. Franco DE STEFANO – Presidente
dott. Pasqualina Anna Piera CONDELLO – Consigliere
dott. Stefano Giaime GUIZZI – Consigliere Relatore
dott. Raffaele ROSSI – Consigliere
dott. Salvatore SAIJA – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 31874-2020 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), domiciliato “ex lege” in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
-ricorrente-
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), domiciliati “ex lege” in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
-controricorrente-
nonché contro
(OMISSIS) BANCA S.P.A., nella qualità di procuratrice generale di (OMISSIS) SPV S.R.L., (OMISSIS) SPV S.R.L. e, per essa, quale mandataria, (OMISSIS) (OMISSIS) MANAGEMENT S.P.A., (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) S.P.A., quale procuratrice speciale di (OMISSIS) SPV S.R.L., BANCA (OMISSIS) DI (OMISSIS) E (OMISSIS) SOC. COOP., AGENZIA DELLE ENTRATE E RISCOSSIONE, I.N.P.S., (OMISSIS) CAFFÈ S.R.L., (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) S.R.L., (OMISSIS) (OMISSIS) S.R.L., (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS);
-intimati-
avverso ordinanza n. 3045/2020 del Tribunale di Perugia, depositata il 09/11/2020;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica de l 13/09/2023dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Giovanni Battista NARDECCHIA, che ha concluso per l’accoglimento.
FATTI DI CAUSA
1. (omissis) (omissis) ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione dell’ordinanza ex art. 702-bis cod. proc. civ., n. 3045/20, del 9 novembre 2020, del Tribunale di Perugia, che ha accolto l’opposizione ex art. 617, comma 2, cod. proc. civ., proposta dal debitore esecutato (omissis) (omissis), nonché da (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), in relazione all’ordine di liberazione dell’immobile del quale il (omissis) – all’esito di procedura esecutiva per espropriazione immobiliare (avviata e coltivata da diversi soggetti nei confronti del predetto (omissis) (omissis)) – si era reso aggiudicatario di un immobile di proprietà del debitore esecutato.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di essersi aggiudicato, in data 27 febbraio 2018, il suddetto immobile, del quale, tuttavia, si vedeva costretto a chiedere la liberazione, risultando occupato dai genitori del debitore esecutato ((omissis) (omissis) e (omissis) (omissis)).
Difatti, il terreno sul quale risultava insistere il fabbricato di maggiore consistenza era pervenuto all’esecutato (omissis) (omissis) in forza di donazione – del 23 dicembre 2006 – effettuata dal padre e dalla madre dello stesso, contratto che prevedeva un’obbligazione, qualificata propter rem, di dare ai donanti, vita loro durante, alloggio gratuito nel piano rialzato del(l’allora) costruendo edificio.
Stabilita dal giudice dell’esecuzione, con provvedimento del 4 maggio 2018, l’impossibilità di procedere all’ordine di liberazione, dato che gli occupanti “sembrano avere un titolo opponibile da atto trascritto”, il (omissis) – sul presupposto che “né la perizia”, effettuata nel corso della procedura esecutiva, “né il bando di vendita”, definissero “come opponibile alla procedura l’occupazione dell’immobile”, e ciò perché quella assunta dal donatario non poteva che essere “un’obbligazione di carattere personale” – insisteva per l’emissione dell’ordine di liberazione.
Emesso successivamente lo stesso, nel contraddittorio delle parti, dal giudice dell’esecuzione (sul rilievo che quello spettante ai donanti non fosse né un diritto reale, né un’obbligazione propter rem, stante il principio di tipicità degli uni come delle altre), ma disposta, poi, dal medesimo giudice, la sospensione dell’efficacia dell’ordinanza di liberazione, il collegio, infine, revocava, su iniziativa del (omissis), il provvedimento di sospensione, con ordinanza del 31 luglio 2019, tanto che il provvedimento di liberazione veniva, conclusivamente, attuato dal custode, Istituto Vendite Giudiziarie.
Incardinato dal debitore esecutato e dai suoi genitori – con atto di citazione ex art. 617, comma 2, cod. proc. civ., notificato, oltre che all’aggiudicatario, a tutti i creditori procedenti e intervenuti nella procedura esecutiva – il giudizio di merito, lo stesso veniva trattato dal giudice nelle forme di cui all’art. 702- bis cod. proc. civ., concludendosi con ordinanza che dichiarava illegittimo e ineseguibile l’ordine di liberazione.
A tale esito, in particolare, l’adito giudicante perveniva sul rilievo che non fosse “rilevante discutere se e quanto” risultasse “appropriata la denominazione «obbligazione propter rem» usata nello strumento contrattuale” (né “se il modus accessorio alla donazione” dovesse essere interpretato “come costitutivo di un diritto reale limitato e temporaneo, e precisamente il diritto di abitazione di cui all’art. 1022 cod. civ.”), occorrendo, invece, attenersi a quella che viene indicata come la “interpretazione più cautamente riduttiva del contratto”.
In base ad essa, assume il Tribunale perugino, quello costituito in favore dei donanti deve intendersi come “un diritto personale di godimento, in qualche misura assimilabile al diritto del locatario”, non rilevando “in contrario la circostanza che la locazione comporti per il conduttore l’obbligo di pagamento del canone, che è in questo caso assente”, dato che, nell’ipotesi che occupa, “l’obbligazione assunta dal donatario verso i donanti non è una mera liberalità senza contropartite, ma invece rientra nella figura del modus annesso alla donazione ed ha quindi una sua giustificazione economica”.
In questa prospettiva, dunque, il titolo degli occupanti – giacché trascritto, oltre che “richiamato dettagliatamente nella perizia di stima e nel bando di vendita” – risulterebbe opponibile all’aggiudicatario, ex art. 1599, comma 3, cod. civ.
3. Avverso il provvedimento del Tribunale perugino ha proposto ricorso per cassazione il (omissis), sulla base – come già detto – di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 793, 1571 e 1589 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata in quanto essa – con riferimento alla clausola contrattuale che prevede l’onere, “a carico del donatario e dei suoi aventi causa”, di “dare ai donanti, vita di loro durante, per il tempo che questi vorranno a propria scelta, sia congiuntamente che separatamente e anche saltuariamente, alloggio gratuito nel piano rialzato di detto edificio” – non avrebbe fatto “uso corretto degli artt. 1362 e 793 cod. civ.”, in particolare errando “nel non qualificare l’onere «de quo» quale obbligazione modale nell’ambito della donazione”.
Sottolinea il ricorrente, per un verso, che “l’onere modale non presenta natura di corrispettivo, tale da trasformare il titolo dell’attribuzione da gratuito in oneroso” (è citata Cass. Sez. 2, sent. 7 aprile 2015, n. 6925).
Per altro verso, evidenzia che, ricorrendo nella specie un’obbligazione modale, “la relativa disposizione resta soggetta alla disciplina generale delle obbligazioni”, sicché per ciò solo “è esclusa l’opponibilità al terzo acquirente” (è richiamata Cass. Sez. 2, sent. 9 giugno 2014, n. 12959).
In conclusione, il giudice di merito avrebbe ritenuto erroneamente applicabili le norme che disciplinano la locazione, e in special modo l’art. 1599, comma 3, cod. civ., in quanto, nella specie, non può esservi corrispettività, data la natura di onere modale dell’impegno assunto.
3.2. Il secondo motivo denuncia – sempre ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione o falsa applicazione degli artt. 1589, 2643, 2645, 2659 e 2923 cod. civ., nonché dell’art. 17, comma 3, della legge 27 febbraio 1985, n. 25.
Si censura, in questo caso, la sentenza impugnata perché essa – anche a ritenere che l’onere in esame sia effettivamente “simile alla prestazione dipendente da una locazione” – avrebbe, comunque, errato nel ritenerlo opponibile all’aggiudicatario, in quanto trascritto.
Errerebbe, infatti, il Tribunale di Perugia nel ritenere che i contenuti, descritti nel quadro D della nota di trascrizione, siano quelli eventuali e aggiuntivi non rientranti nella classificazione di quelli precedenti, sicché quali parti integranti della trascrizione avrebbero gli stessi effetti giuridici.
Risulterebbe, infatti, violato il precetto di cui all’art. 17, comma 3, della legge n. 52 del 1985, a mente del quale ciascuna nota non può riguardare più di un negozio giuridico o convenzione oggetto dell’atto, avendo il quadro D della nota la funzione di contenere eventuali ulteriori informazioni non codificabili nei precedenti quadri.
Inoltre, la sentenza impugnata avrebbe violato il comma 3 dell’art. 2923 cod. civ., secondo cui l’acquirente non è tenuto a rispettare la locazione qualora il prezzo convenuto sia inferiore di 1/3 al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni.
Premesso, dunque, che la qualificazione dell’onere “de quo” in termini di locazione si è posta fuori dalle tesi sostenute dalle parti, donde la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., il Tribunale avrebbe dovuto farsi carico del disposto di cui all’art. 2923, comma 3, cod. civ., dato che un prezzo equivalente a “0” non è certo un giusto prezzo.
3.3. Il terzo motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – violazione di legge , con riferimento all’art. 112 cod. proc. civ., e omessa pronuncia sulla domanda subordinata, proposta dal (omissis).
Il ricorrente si duole, in questo caso, del fatto che il Tribunale avrebbe omesso ogni pronuncia sulla domanda – proposta in via subordinata – relativa alla conferma dell’ordine di liberazione almeno quanto alla porzione di fabbricato (quella diversa dal “piano rialzato”) non compresa nel diritto di alloggio dei genitori del debitore esecutato.
4. Hanno resistito all’avversaria impugnazione, con unico controricorso, i (omissis) e la (omissis), chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
5. La trattazione del presente ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
6. Sono rimasti solo intimati, invece, i creditori che hanno promosso la procedura di espropriazione immobiliare o sono intervenuti nella stessa, vale a dire, società (omissis) Banca S.p.a., (omissis) Spv S.r.l., (omissis) (omissis) S.p.a, Banca di (omissis) di (omissis) e (omissis) Soc. Coop., (omissis) Caffè S.r.l., (omissis) S.r.l., nonché (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), la Ditta (omissis) (omissis), l’Agenzia delle Entrate e della Riscossione e l’INPS.
7. Il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo sostituto, ha presentato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
8. I controricorrenti hanno depositato memoria.
9. Destinata la trattazione del presente ricorso, inizialmente, all’udienza del 5 dicembre 2022, questa Corte, avendo rilevato un difetto nella notificazione del ricorso alle parti rimaste intimate, ne ha ordinato la rinnovazione a cura della ricorrente, ordine al quale essa risulta aver ottemperato.
È quanto emerge dalla nota di deposito del 24 marzo 2023, che attesta l’avvenuta notifica a mezzo posta – nei termini – a (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis).
Nella medesima nota si riferisce che, quanto alla (omissis) SPV S.r.l., alla (omissis) (omissis) S.p.a., alla Banca di (omissis) (omissis) dell’Umbria e del (omissis) (già Banca di (omissis) (omissis) di (omissis) e (omissis)), all’Agenzia delle Entrate e Riscossione, all’INPS, alla (omissis) Caffè S.r.l., alla (omissis) 2001 S.r.l. (già (omissis) S.r.l.) e alla (omissis) (omissis) S.r.l., la notificazione è avvenuta a mezzo PEC, precisando che “non è stato possibile caricare nella busta telematica le singole «Ricevuta di consegna a seguito di notifica PEC L. 53/94» in quanto la dimensione del singolo file (39 MB) supera il massimo configurato (30 MB)”, sicché “si deposita l’allegato in pdf di tutte le consegne delle n. 10 notifiche”.
10. All’udienza del 13 settembre 2023, al quale è stata rinviata la trattazione del ricorso, il Procuratore Generale presso questa Corte ha reiterato le conclusioni già rassegnate per iscritto, mentre sia il ricorrente che i controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
11. Il ricorso va accolto.
11.1. Il primo motivo è fondato.
11.1.1. La tesi, fatta propria dalla decisione impugnata, che ravvisa, in quello attribuito ai donanti, un diritto personale assimilabile a quello del locatore, risulta errata. Innanzitutto, perché l’attribuzione, a costoro, di un diritto “vita loro durante” appare in contrasto con la durata al massimo trentennale della locazione (art. 1573 cod. civ.).
Analogamente, benché in dottrina, in passato, non si escludesse la possibilità che il corrispettivo della locazione – che, nella specie, sarebbe costituito dal trasferimento della proprietà dell’immobile in favore del donatario– potesse essere diverso dal denaro, tale tesi deve ritenersi superata con l’avvento della legislazione sul canone “equo”, di cui alla legge 27 luglio 1978, n. 392.
Ma soprattutto, la soluzione accolta dal provvedimento qui in esame – essendo la locazione un contratto a prestazioni corrispettive – concepisce, di fatto, l’impegno oggetto dell’obbligazione modale come contropartita del godimento del bene, in contrasto con il principio per cui il “ modus ” non può assumere “natura di corrispettivo, trasformando il titolo dell’attribuzione da gratuito in oneroso” (Cass. Sez. 2, sent. 7 aprile 2015, n. 6925, Rv. 634982-01).
A tutto voler concedere, pertanto, si è in presenza di un diritto personale atipico di godimento, ricollegato al “modus” della donazione, di talché “la trascrizione della donazione modale non fa acquisire all’onere carattere reale, atteso il principio di tipicità dei diritti reali e la riconduzione della donazione modale nell’ambito dei rapporti obbligatori” (Cass. Sez. 2,sent. 9 giugno 2014, n. 12959, Rv. 631149-01).
Tanto esclude quindi l’opponibilità della clausola contrattuale ai terzi, o comunque ai creditori procedenti ed all’aggiudicatario, non potendo ricondursi né ad un diritto reale, né ad altro previsto dalla disciplina dei contratti, impregiudicata la responsabilità tra le parti, e quindi del donatario verso i donanti.
Né, infine, rileva, perché il diritto di cui si discute non si può assimilare a quello del locatario, che l ’ipotizzata locazione, ove pure anteriore od opponibile all’aggiudicatario, sarebbe da lui riconoscibile solo entro i limiti temporali massimi previsti dalla legislazione applicabile in ragione della destinazione –abitativa, non abitativa, agraria, etc.– del bene immobile.
11.2. I motivi di ricorso secondo e terzo restano assorbiti dall’accoglimento del primo.
12. In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto e l’ordinanza impugnata va cassata in relazione, in applicazione del seguente principio di diritto: “non è opponibile ai creditori procedenti ed all’aggiudicatario l’obbligazione assunta nell’atto di donazione di un immobile, dal donatario nei confronti del donante, avente ad oggetto la concessione in godimento del medesimo per tutta la vita naturale dei beneficiari”.
13. Tanto impone il rinvio al Tribunale di Perugia, in persona di diverso magistrato, per la decisione sul merito – alla stregua del principio enunciato al § 12 – e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti il secondo e il terzo, cassando in relazione l’ordinanza impugnata e rinviando al Tribunale di Perugia, in persona di diverso magistrato, per la decisione sul merito e delle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, all’esito dell’udienza pubblica della Terza Sezione civile della Suprema Corte di cassazione in data 13 settembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2024.