È violenza privata sottrarre le chiavi del bus al conducente (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 20 aprile 2022, n. 15276).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. CATENA Rossella – Consigliere

Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta Maria – Rel. Consigliere

Dott. DE MARZIO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

1. (OMISSIS) BRUNO nato a ERICE il 09/11/19xx;

2. (OMISSIS) ANTONIO nato a ERICE il 05/09/19xx;

avverso la sentenza del 08/07/2020 della CORTE di APPELLO di PALERMO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

sentita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa Elisabetta Maria Morosini;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Ferdinando Lignola, che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna di (OMISSIS) Antonino per i reati di minaccia grave (capo C), porto di coltello in luogo pubblico (capo D), lesioni personali (capo E) e di (OMISSIS) Bruno per i delitti di violenza privata (capo B) e lesioni personali (capo E).

I delitti contro la persona sono stati tutti commessi ai danni di (OMISSIS) Livio, conducente di un autobus.

2. Avverso la sentenza ricorrono gli imputati, con un unico atto a firma del comune difensore, articolando due motivi.

2.1 Con il primo denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di violenza privata (capo B).

(OMISSIS) Bruno si sarebbe limitato a prendere le chiavi dell’autobus, tenendole per pochi istanti e restituendole subito dopo. In una simile condotta non potrebbe ravvisarsi alcuna coartazione della libertà psichica del conducente dell’autobus.

2.2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione di legge e vizio di motivazione circa la contravvenzione di cui al capo D).

Nessuno delle persone che ha assistito ai fatti ha riferito che (OMISSIS) Antonino avesse impugnato un coltello.

3. I ricorsi sono stati trattati, senza intervento delle parti, nelle forme di cui all’art. 23, comma 8 legge n. 176 del 2020 e successive modifiche.

4. I ricorsi sono inammissibili.

5. Il primo motivo di ricorso, che riguarda il capo B ascritto a (OMISSIS) Bruno, è manifestamente infondato.

I giudici di merito hanno ritenuto provato il seguente fatto: «(OMISSIS) Bruno, con fare prepotente e senza alcuna autorizzazione, si era impossessato delle chiavi di accensione del bus, spegnendo il motore del mezzo e impedendo a (OMISSIS), per alcuni minuti, di ripartire per proseguire il suo servizio di trasporto di linea» (pag. 3 sentenza impugnata).

Come ha sostenuto, correttamente, la Corte di appello, tale condotta è riconducibile al reato di cui all’art. 610 cod. pen., dato che l’impossessamento violento delle chiavi del mezzo genera una costrizione nel conducente del mezzo stesso, il quale perde, sia pure temporaneamente, il potere di utilizzo del veicolo e, quindi, di riprendere la marcia, così da subire una limitazione della propria libertà psichica (Sez. 5, n. 43563 del 21/06/2019, Fioretto, Rv. 277126; Sez. 5, n. 36082 del 09/07/2007, Ugliarolo, Rv. 237727).

6. Il secondo motivo di ricorso, che riguarda il capo D ascritto a (OMISSIS) Antonino, esula dal novero dei vizi deducibili.

La critica si risolve in mere doglianze circa la valutazione delle prove ed è meramente riproduttiva di un profilo di censura già adeguatamente vagliato e disatteso con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (cfr. pagg. 2 e 3 sentenza impugnata): sul porto del coltello ha riferito (OMISSIS) Livio, il quale ha descritto nei particolari l’arma che ha avuto modo di osservare bene, dato che (OMISSIS) Antonino gliel’ha mostrata per ben due volte, accompagnando il gesto con la “pertinente” minaccia verbale di “tagliare” la vittima.

7. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che si stima equa, di Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 08/02/2022.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.