Gli autisti dei mezzi della società non pagano il casello: l’imprenditrice viene condannata per truffa (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 16 gennaio 2023, n. 1256).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PAOLA Sergio – Presidente –

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Rel. Consigliere –

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere –

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CERSOSIMO Emanuele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) ERNESTA nata a TORINO il 23/10/19xx;

avverso la sentenza del 13/04/2021 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. VINCENZO TUTINELLI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa LIDIA GIORGIO che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 D.L. n. 137/2020

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Torino, riqualificando il reato in contestazione in termini di truffa, ha dichiarato, ai soli effetti civili, la responsabilità da reato dell’odierna ricorrente così riformando la sentenza 10 dicembre 2018 del Tribunale di Torino che aveva invece disposto l’assoluzione dell’imputata.

La vicenda oggetto del giudizio riguardava plurimi passaggi dal casello autostradale riservato ai possessori di tessera o impianto TELEPASS.

2. Propone ricorso per cassazione l’imputata (OMISSIS) Ernesta con l’Avv. Priscilla (OMISSIS).

2.1. Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla operata riqualificazione dei fatti in contestazione in termini di truffa e non in termini di insolvenza fraudolenta.

Avrebbe dovuto considerarsi, a parere della ricorrente, la prevalente giurisprudenza di legittimità, espressa – da ultimo – nella sentenza 16 aprile 2014 n. 45654, che valorizza l’affidamento ingenerato ab origine sulla propria solvibilità dell’imputato che dissimuli la propria condizione di insolvenza e la propria preordinata intenzione di non adempiere.

La Corte territoriale nemmeno avrebbe considerato che, a caratterizzare il caso di specie, vi è la dichiarazione di non poter adempiere e che comunque, come specificato nel secondo motivo di ricorso, difetterebbe in radice la condizione di insolvenza.

2.2. Con il secondo motivo, si lamenta vizio di motivazione in ordine alla ritenuta penale responsabilità.

In sostanza, non si potrebbe ipotizzare alcun tipo di partecipazione dell’imputata perché in quel periodo erano stati dismessi molteplici mezzi – sebbene non rientranti tra quelli in relazione ai quali vi è stata condanna – e, successivamente, gli stessi mezzi avrebbero continuato a non pagare il pedaggio come desumibile da documentazione allegata della difesa e non richiamata dalla Corte d’appello.

Mancherebbe per altro verso la prova dell’esistenza di alcuna direttiva fornita dall’imputata, legale rappresentante della società, ai conducenti degli automezzi.

Mancherebbe la prova del fatto che vi sia stata richiesta di pagamento dei 32 pedaggi autostradali per cui è intervenuta condanna, riguardando la documentazione passaggi diversi e periodi precedenti o ulteriori. Inoltre, qualificante sarebbe il pagamento del pedaggio in altre occasioni perché incompatibile con la preordinata volontà di non adempiere.

Ancora, avrebbe dovuto considerarsi che la stessa imputata aveva riferito di un uso illecito del Telepass da parte degli autisti. Lo stesso valore irrisorio e, allo stato, indefinito dei pedaggi evasi dimostrerebbe la mancanza di alcun tipo di partecipazione e di interesse da parte dell’imputata.

2.3. Con il terzo motivo, la difesa lamenta la nullità del capo di imputazione in quanto formulato facendo richiamo a un foglio allegato e non ad un atto di indagine e perché tale foglio conteneva l’indicazione di condotte successive al 28 marzo 2013, indicato nel capo di imputazione come termine finale delle condotte medesime.

2.4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la mancanza di querela in relazione alle condotte poste in essere dall’automezzo avente targa EC (OMISSIS) che tra l’altro avrebbe compiuto il massimo numero di infrazioni.

2.5. Con il quinto motivo, si lamenta che il termine di prescrizione relativo alle condotte contestate sarebbe spirato prima della pronuncia di appello e segnatamente alla data 28 marzo 2019 con la conseguenza che -essendovi stata in primo grado l’assoluzione della ricorrente – non sarebbe stato nemmeno applicabile il disposto dell’articolo 578 cod proc pen.

3. La trattazione del ricorso è avvenuta con le forme previste dall’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176.

Il Procuratore Generale – in persona del sostituto Lidia Giorgio – ha depositato conclusioni scritte chiedendo rigettarsi il ricorso.

4. Con memoria depositata il difensore dell’imputata, Avv. Lidia (OMISSIS), ha ulteriormente illustrato i motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. il primo motivo di ricorso risulta essere manifestamente infondato essendosi la Corte conformata al principio di diritto espresso da questa Corte (Sez.7, Ord. n. 33299 del 27 marzo 2018-Rv. 273701-01; Sez. 2, sentenza n. 26289 del 18 maggio 2007-Rv. 237150-01) per cui integra il delitto di truffa e non quello di insolvenza fraudolenta, per la presenza di raggiri finalizzati ad evitare il pagamento del pedaggio, la condotta di chi transita con l’autoveicolo attraverso il varco autostradale riservato ai possessori di tessera Viacard pur essendo sprovvisto di detta tessera.

3. Il secondo motivo di ricorso è parimenti manifestamente infondato.

La sentenza impugnata desume dai documenti presenti nel fascicolo processuale la presenza di una condotta uniforme e consolidata, tenuta dai diversi autisti dei vari mezzi della società di cui l’imputata era legale rappresentate, consistente nel regolare passaggio ai caselli senza pagare ma in condizioni tali da determinare comunque l’apertura della sbarra di uscita.

Le risultanze di tali documenti e della testimonianza (OMISSIS) non sono state contrastate in sede dibattimentale e sul punto le contestazioni contenute in ricorso risultano fattuali e generiche.

Da essi risulta la presenza di 3154 solleciti – nella massima parte precedenti ai fatti – e 2001 passaggi senza pagamento tra il 2008 ed il 28.3.2013.

A fronte di tali evidenze, l’affermazione della presenza di una vera e propria prassi aziendale oggetto di rappresentazione e volizione anche da parte del legale rappresentante appare sorretta da motivazione logica, lineare, congrua, coerente con il contenuto del fascicolo processuale che – per tali caratteri – non risulta suscettibile di ulteriore sindacato in sede di legittimità.

La fondatezza di tale motivazione, peraltro, non viene intaccata dalla presenza di inadempimenti successivi commessi a bordo dei medesimi automezzi.

Irrilevante rimane il fatto che vi sia stato o meno il successivo sollecito di pagamento posto che la dichiarazione di non adempiere è risultata funzionale all’apertura della sbarra per uscire dall’autostrada.

Altrettanto irrilevante risulta il pagamento del pedaggio in altre occasioni, posto che trattasi di insolvenza non occasionale.

Nemmeno è possibile valutare le condotte oggetto dell’odierna contestazione come casi isolati in conseguenza della presenza di paralleli procedimenti per condotte omologhe e svolte nella medesima qualità evocate nel provvedimento impugnato e con cui il difensore della ricorrente nemmeno si confronta.

4. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

Risulta infatti del tutto priva di supporto a lamentata nullità del capo di imputazione in quanto integrato da un foglio allegato.

Nemmeno il ricorrente contesta che il foglio allegato sia stato notificato unitamente agli atti processuali che lo richiamavano.

Il profilo relativo alle date contenute nel foglio allegato e nel capo di imputazione risulta ulteriormente privo di fondamento in quanto si tratta di contestazione avvenuta ab origine, non implicante alcun profilo di equivocità e su cui il ricorrente ha concretamente svolto le proprie difese.

5. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Dal tenore della querela, risulta che la richiesta di punizione si estende a tutte le infrazioni commesse da mezzi della società gestita dall’imputata e che l’indicazione delle targhe di alcuni degli automezzi è meramente esemplificativa.

6. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile.

Infatti, la Corte territoriale si è conformata al consolidato principio di diritto per cui, all’esito del gravame proposto dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione, il giudice d’appello, anche qualora sia intervenuta la prescrizione del reato contestato, deve valutare la sussistenza dei presupposti per una dichiarazione di responsabilità limitata agli effetti civili e può condannare l’imputato al risarcimento del danno o alle restituzioni qualora reputi fondata l’impugnazione, in modo da escludere che possa persistere la sentenza di merito più favorevole all’imputato (Sez. 2 – , Sentenza n. 6568 del 26/01/2022 Rv. 282689 – 01).

7. Le suesposte considerazioni fondano la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che – valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso – si stima equa nella misura di euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.