REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da:
Dott. ROSSELLA CATENA – Presidente –
Dott. ANDREINA OCCHIPINTI – Consigliere –
Dott. MICHELE ROMANO – Consigliere –
Dott. FRANCESCO CANANZI – Relatore –
Dott. ELISABETTA MARIA MOROSINI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile (omissis) (omissis) (omissis) nata a (omissis) il xx/xx/19xx
nel procedimento a carico di:
(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 12/04/2024 del TRIBUNALE di Matera.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Francesco Cananzi;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dr.ssa ANTONIETTA PICARDI, che ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata;
lette le conclusioni e la memoria depositate dall’avvocato (omissis) (omissis), nell’interesse della ricorrente parte civile (omissis) (omissis) (omissis), con la quale vengono illustrati i motivi di ricorso e se ne chiede l’accoglimento;
lette le conclusioni dell’avvocato (omissis) (omissis) (omissis), nell’interesse dell’imputato (omissis) (omissis), che con memoria ha chiesto dichiararsi inammissibilità del ricorso e, depositando la nota spese, la condanna al pagamento delle stesse da parte della ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Matera, in composizione monocratica, quale giudice dell’appello, con sentenza del 12 aprile 2024 ha confermato quella del Giudice di pace di Pisticci nei confronti di (omissis) (omissis), che aveva mandato assolto l’imputato per insussistenza del fatto, in ordine al delitto di minaccia, «perché all’invito della vicina di casa (omissis) (omissis) (omissis) di far smettere di abbaiare i cani della famiglia (omissis), in considerazione dell’orario notturno e della circostanza che vedeva detti latrati già causa della improvvisa interruzione del sonno notturno, profferiva minacce di un danno ingiusto nei confronti della medesima (omissis), dicendole: “Stai zitta. Vattene dentro casa, brutta sfigata. Vattene a dormire, altrimenti vengo a prenderti a casa”».
2. Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse della parte civile (omissis) (omissis) (omissis) consta di unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3. Il motivo deduce violazione di legge penale in relazione alla configurabilità del delitto di minaccia.
Lamenta la ricorrente che la sentenza impugnata abbia presupposto che la persona offesa dovesse essere effettivamente intimidita per la configurazione del reato, circostanza che risulterebbe comunque dal verbale allegato al ricorso, avendo la parte civile chiesto l’intervento della polizia.
Ad ogni buon conto, vertendosi in tema di reato di pericolo, per il quale non è richiesta l’efficacia della intimidazione, né la serietà della minaccia non sarebbe elisa dalla circostanza che l’accesso alla abitazione della persona offesa richiedeva la collaborazione di quest’ultima.
Il vizio di violazione di legge si sarebbe verificato trascurando il Giudice dell’appello che sia sufficiente che la minaccia sia formulata con condotta idonea ad incidere sulla libertà morale della vittima. D’altro canto, la condotta provocatoria della persona offesa non elide la minaccia, né la circostanza che si vertesse in tema di battibecco fra vicini poteva far escludere la serietà della condotta minatoria.
4. Il ricorso, depositato dopo il 30 giugno 2024, è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi del rinnovato art. 611 cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022 e successive integrazioni.
5. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott. Antonietta Picardi, ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata.
Il difensore dell’imputato, avvocato (omissis) (omissis) (omissis), ha rappresentato come la minaccia debba essere potenzialmente realizzabile e la sua gravità va verificata nel contesto concreto, valutazione svolta con esito negativo correttamente dalla sentenza impugnata, non sindacabile in sede di legittimità quanto alla ritenuta inidoneità della minaccia, come anche va tenuto in conto l’interesse patrimoniale della parte civile, che incide sulla attendibilità della stessa e della sua narrazione.
Il difensore della parte civile ricorrente, avvocato (omissis) (omissis), ha depositato memoria in replica, ribadendo le ragioni del ricorso, eccependo che il richiamo, operato dalla difesa dell’imputato, alla documentazione relativa ai decreti penali di condanna, che avevano raggiunto la attuale parte civile per condotte contro l’imputato, non fosse consentita, in quanto tali atti non erano mai stati ammessi al materiale probatorio dal Giudice d’appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
2. Va premesso che nei confronti del provvedimento impugnato trova applicazione la disciplina che, ai sensi della lett. e) dell’art. 606 c.p.p., e in particolare ai sensi del comma 2-bis dello stesso articolo e dell’art. 39-bis del d. Igs. n. 274/2000 (così come introdotti dal d. Igs. n. 11/2018, entrato in vigore il 6 marzo 2018), rende inammissibili tutte le censure avanzate dal ricorrente contro le sentenze di appello pronunziate per reati di competenza del Giudice di Pace qualora il ricorso per cassazione sia proposto per motivi diversi da quelli previsti dalle lett. a), b) e c) del citato art. 606 c.p.p., rimanendo dunque inibita la prospettazione di meri vizi della motivazione (Sez. 5, n. 22854 del 29/04/2019, De Bilio, Rv. 275557).
La regola di cui all’art. 606, comma 2-bis, cod. proc. pen., per altro, è applicabile anche al ricorso per cassazione proposto dalla parte civile, in ragione della lettera della disposizione, che non contiene alcuna distinzione, e del principio costituzionale di uguaglianza (Sez. 4, n. 38625 del 05/10/2021, Sperati, Rv. 282058 – 01).
A ben vedere nel caso in esame tale limitazione determina l’impossibilità di valutare la doglianza relativa alla circostanza che la parte civile ebbe a chiedere l’intervento della polizia, dato non emergente dalla sentenza impugnata e come tale veicolabile solo come vizio di motivazione, censura non consentita.
3. Quanto alla dedotta violazione di legge, la motivazione impugnata risulta non fare buon governo dei principi in materia, nel senso che afferma l’assenza di metus scaturente dalla distanza fisica esistente fra i contendenti, rilevando la assenza di serietà della minaccia e del difetto di volontà effettivamente intimidatoria.
Il Giudice d’appello, che colloca la vicenda in un battibecco fra vicini, rende una motivazione apparente, che non si confronta con il principio per cui integra il delitto di cui all’art. 612 cod. pen. l’espressione, rivolta all’indirizzo di una persona, che possa prospettare un’ulteriore attività aggressiva illegittima, ove valutata nel contesto e nel momento in cui è stata proferita, avuto riguardo ai toni e alla cornice di riferimento, non rilevando che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito (il caso esaminato da Sez. 5, n. 9392 del 16/12/2019, dep. 10/03/2020 Di Maggio, Rv. 278664 – 01 riguardava l’espressione “comunque non finisce qui”, la quale, pur non avendo in sé una connotazione univocamente minacciosa era stata pronunciata dall’imputato mentre si allontanava, dopo aver aggredito e causato lesioni alla persona offesa).
D’altro canto, è pacifico l’orientamento della Corte di legittimità che ritiene, ai fini dell’integrazione del reato di minaccia, che, vertendosi in tema di delitto di pericolo, non sia necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo semplicemente sufficiente che la condotta posta in essere dall’agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo, il che va valutato con criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto (Sez. 1, n. 44128 del 03/05/2016, Nino, Rv. 268289 – 01; Sez. 5, n. 6756 del 11/10/2019, Giuliano, Rv. 278740 – 01, richiede che, rispetto alla situazione contingente, la condotta posta in essere dall’agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale della vittima; nello stesso senso, Sez. 2, n. 21684 del 12/02/2019, Bernasconi, Rv. 275819 – 02).
In tale prospettiva l’analisi di contesto da parte del Giudice dell’appello risulta del tutto apparente, limitandosi a una valutazione di fattibilità fisica nella realizzazione della minaccia, che invece avrebbe richiesto la verifica dei rapporti precedenti al fatto, anche al fine di comprendere se in altre occasioni fossero state effettuati analoghe minacce, le stesse avessero o meno avuto seguito, quale fosse la natura dei rapporti fra i contendenti.
4. Ne consegue l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell’art. 622 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortino, Rv. 256087 – 01; Sez. 1, n. 42039 del 14/01/2014, Simigliani, Rv. 260508 – 01), in quanto la sentenza di proscioglimento dell’imputato viene caducata esclusivamente in accoglimento del ricorso della parte civile (Sez. 3, n. 46476 del 13/07/2017, Ostuni, Rv. 271147 – 01).
5. Nulla per le spese richieste dalla difesa dell’imputato, stante la soccombenza dello stesso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso in data 25/10/2024.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2025.