REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIMA Antonietta – Rel. Presidente –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15638-2021 proposto da:
(OMISSIS) LUIGI in proprio e nella qualità di erede di (OMISSIS) GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS) 31, presso lo studio dell’avvocato MARCO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato UMBERTO (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (OMISSIS) (OMISSIS) 8, presso lo studio dell’avvocato MILENA (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GAETANO DIEGO ANGELO (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) CRISTINA, (OMISSIS) AHMAD;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1249/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 23/11/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/10/2022 dal Presidente Relatore Dott.ssa ANTONIETTA SCRIMA.
FATTI DI CAUSA
In data 31 ottobre 2013 Lucrezia (OMISSIS) perse la vita in conseguenza del sinistro stradale occorso all’autovettura di proprietà di Ahmad (OMISSIS), sulla quale la (OMISSIS) viaggiava in qualità di trasportata.
Alla guida dell’autovettura vi era la figlia di Ahmad (OMISSIS), Mouna (OMISSIS), che non risultava in possesso di patente, ma esclusivamente di autorizzazione per esercitarsi alla guida (c.d. foglio rosa).
La madre e la sorella di Lucrezia (OMISSIS), Cristina (OMISSIS) e Valentina (OMISSIS), convennero in giudizio la Reale Mutua di Assicurazioni S.p.a., in qualità di compagnia assicuratrice del veicolo, chiedendone la condanna al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, non ritenendo satisfattive le somme di euro 50.000 per la madre e di euro 5.000 per la sorella, corrisposte dalla convenuta a titolo di indennizzo sul presupposto della totale mancanza di rapporti tra le attrici e la vittima.
Le attrici dedussero che la prova dell’intensità del vincolo affettivo fosse desumibile dalla documentazione prodotta e che la morte della loro congiunta, stante la dinamica del sinistro, fosse dipesa esclusivamente dalla condotta gravemente colposa della conducente del veicolo.
Con distinto atto di citazione, Luigi (OMISSIS), in proprio e congiuntamente a Melissa (OMISSIS), in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sui figli Giulia e Leonardo, fratelli di Lucrezia, nonché in qualità di erede di Giovanni (OMISSIS), nonno della stessa, (OMISSIS) Anna Maria, in qualità di nonna della ragazza deceduta, in proprio e quale erede di Giovanni (OMISSIS) e Gabriele, Michele nonché Lucia (OMISSIS), zii di Lucrezia, in qualità di eredi di Giovanni (OMISSIS), convennero in giudizio la Reale Mutua di Assicurazione, chiedendone la condanna al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, ritenendo anch’essi non satisfattivo l’indennizzo corrisposto al padre della vittima di euro 50.000 e ai due fratelli della stessa di euro 5.000 ciascuno, nonché ingiustificato il mancato riconoscimento di un danno in capo ai nonni.
Integrato il contraddittorio nei confronti del proprietario del veicolo su cui si trovava come trasportata Lucrezia (OMISSIS) e disposta la riunione dei giudizi, con sentenza n. 182 del 2019, pubblicata l’11 marzo 2019, il Tribunale di Cremona dichiarò cessata la materia del contendere, per intervenuta transazione, in relazione al rapporto processuale tra Valentina (OMISSIS) e la compagnia assicuratrice, e rigettò tutte le domande proposte dagli attori, non ritenendo sussistenti rapporti affettivi idonei a giustificare un risarcimento maggiore rispetto a quello riconosciuto in sede stragiudiziale, con compensazione delle spese di lite.
Avverso tale decisione proposero distinti gravami, innanzi alla Corte di appello di Brescia, sia Cristina (OMISSIS), da una parte, che Luigi (OMISSIS), (OMISSIS), Melissa (OMISSIS), Anna Maria (OMISSIS), Gabriele, Michele e Lucia (OMISSIS), dall’altra, chiedendo che, previo accertamento della esclusiva responsabilità della conducente dell’auto nella causazione del sinistro, fossero accolte le loro domande risarcitorie.
La Reale Mutua di Assicurazioni S.p.a., costituendosi, chiese il rigetto delle domande degli appellanti e, in caso di accoglimento, di accertare il concorso di colpa di Lucrezia (OMISSIS) nella causazione del sinistro e, conseguentemente, di ridurre proporzionalmente il risarcimento eventualmente riconosciuto in eccedenza rispetto a quanto già accordato.
Riuniti i due procedimenti, con sentenza n. 1249 del 2020, pubblicata il 23 novembre 2020, la Corte di appello di Brescia dichiarò che la morte di Lucrezia (OMISSIS) fosse da ascriversi, nella misura del 30%, a sua colpa concorrente e, nella misura del 70%, a colpa di Mouna (OMISSIS) e, per quanto qui di interesse, condannò la Reale Mutua di Assicurazioni S.p.a., in solido con Ahmad (OMISSIS), a pagare a titolo di risarcimento del danno da perdita di legame parentale gli importi come di seguito precisati:
– in favore di Cristina (OMISSIS), l’ulteriore somma di euro 64.005, oltre interessi legali;
– in favore di (OMISSIS) Anna Maria, euro 16.800, oltre interessi legali;
– in favore degli eredi di Giovanni (OMISSIS), la somma di euro 3.000, oltre interessi legali.
La Corte di merito ritenne, inoltre, non meritevole di accoglimento la domanda proposta iure proprio dal padre della giovane deceduta, Luigi (OMISSIS), confermando sul punto la decisione di primo grado, sia pure con diversa motivazione.
Avverso la richiamata sentenza della Corte di appello di Brescia Luigi (OMISSIS), in proprio ed in qualità di erede di Giovanni (OMISSIS), deceduto nel corso dei precedenti gradi di giudizio, ha proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi e illustrato da memoria.
Ha resistito con controricorso la Società Reale Mutua di Assicurazioni.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta «violazione e falsa applicazione degli articoli 1226 c.c., 2059 c.c. in relazione all’art.360, comma 1, n. 3 c.p.c.», sostenendo che la Corte di appello avrebbe liquidato, in suo favore, sulla base della «non effettività del legame padre figlia», il danno da perdita parentale al di sotto dei valori minimi di cui alle Tabelle di Milano, «senza motivare» al riguardo, così violando l’art. 1226 c.c..
Sul punto la Corte territoriale avrebbe, secondo il ricorrente, fondato la sua decisione esclusivamente sulla base di mere dichiarazioni rese da Luigi (OMISSIS) innanzi al Tribunale per i Minorenni (e tale circostanza non sarebbe, a suo avviso, sufficiente a giustificare l’operata liquidazione), omettendo di valutare le ulteriori dichiarazioni rese dallo stesso e dagli operatori dei Servizi Sociali del Comune di Cremona, da cui sarebbe emersa la volontà del padre di riavvicinarsi alla figlia e la conseguente permanenza del vincolo affettivo.
Il (OMISSIS) lamenta, inoltre, una disparità di trattamento con Cristina (OMISSIS), madre di Lucrezia, alla quale sarebbe stato riconosciuto un risarcimento determinato sulla base dei valori tabellari, nonostante, sostiene il ricorrente, avesse avuto un «trascorso di vita del tutto simile al padre, caratterizzato dall’analoga carenza del rapporto di convivenza con la figlia».
1.1. Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha espressamente richiamato l’orientamento di questa Corte in tema di danno da perdita del rapporto parentale (Cass. 21230/16 e 7743/20), secondo cui è onere dei congiunti provare l’effettività e la consistenza della relazione parentale rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ha, altresì, richiamato il principio giurisprudenziale secondo cui il giudice può discostarsi dalla misura minima prevista dalle Tabelle di Milano purché dia conto nella motivazione della specifica situazione che giustifica la decurtazione (Cass. n. 29495/19).
Dei richiamati principi la Corte di merito ha fatto corretta applicazione e, in particolare, contrariamente a quanto dedotto dal (OMISSIS), ha correttamente motivato il lamentato discostamento dai valori tabellari con riferimento alla situazione specifica.
Nel ritenere non provata l’effettività del rapporto parentale, con riguardo alla relazione padre figlia, la Corte territoriale ha in primis valutato la travagliata storia familiare di Lucrezia (OMISSIS) e, stante l’assenza di una stabile convivenza – per quanto qui rileva – con entrambi i suoi genitori, ha ancorato tale valutazione a quanto complessivamente risultante agli atti.
Tale disamina è stata effettuata disgiuntamente e con ampiezza di argomentazioni in relazione ai rapporti con ognuno dei genitori, risultando così evidente la diversa consistenza di tali rapporti; non può, pertanto, essere condivisa l’argomentazione del ricorrente, il quale ha rilevato come il rapporto parentale di Lucrezia con la madre sia stato considerato effettivo ed abbia condotto ad un risarcimento determinato sulla base dei valori tabellari, nonostante il «trascorso di vita del tutto simile al padre».
La Corte di appello ha concluso per la non effettività del rapporto parentale con il padre, non limitando il suo convincimento alle dichiarazioni tenute da Luigi (OMISSIS) innanzi al Tribunale per i Minorenni in data 27 settembre 2011, bensì considerando anche che, per stessa ammissione del padre, il rapporto con la figlia constava in contatti telefonici e manifestava la sua fragilità nella non partecipazione del (OMISSIS) agli incontri organizzati dai Servizi Sociali e nel fatto che non si fosse mai posto il problema del mantenimento della figlia.
Peraltro, va evidenziato che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto.
Stante la chiarezza e la logicità della motivazione in merito al discostamento tra il danno liquidato in favore di Luigi (OMISSIS), per la perdita della relazione parentale con la figlia Lucrezia (OMISSIS), e quanto astrattamente previsto dalle Tabelle di Milano, non può considerarsi violata la disciplina della liquidazione del danno in via equitativa né risultano sussistenti gli ulteriori vizi dedotti sicché il primo motivo di ricorso è infondato.
2. Con il secondo motivo, lamentando «violazione e falsa applicazione delle Tabelle del Tribunale di Milano, dei parametri dalle stesse forniti e del principio di valutazione equitativa del danno previsto dall’art. 1226 c. c., dall’art. 2056 c. c. e dall’art. 2059 c. c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», il ricorrente, nella qualità di erede del padre Giovanni (OMISSIS), sostiene che la Corte di appello sarebbe incorsa in una incongrua motivazione in relazione alla mancata applicazione delle Tabelle del Tribunale di Milano nella quantificazione del danno da perdita parentale con riferimento al nonno paterno di Lucrezia (OMISSIS), in quanto, ai fini di tale liquidazione, nonostante abbia riconosciuto l’intensità e la presenza del legame parentale tra i nonni paterni e la nipote, avrebbe ritenuto di procedere alla determinazione del quantum mediante l’utilizzo delle Tabelle esclusivamente in favore di Anna Maria (OMISSIS), noni accogliendo la richiesta di liquidazione sulla base dei medesimi valori tabellari avanzata da Giovanni (OMISSIS), ma procedendo nei confronti di quest’ultimo in via equitativa.
L’incongruità della motivazione, argomenta il ricorrente, consterebbe nell’essersi la Corte limitata a considerare il difetto di convivenza con la nipote, l’esiguo lasso di tempo intercorso tra la morte della stessa e quella del nonno e la presenza di altri familiari a sostegno del dolore patito dal nonno paterno in tale periodo.
2.1. Anche il secondo motivo di doglianza, con riferimento alla quantificazione del danno da perdita di rapporto parentale del nonno paterno di Lucrezia (OMISSIS), Giovanni (OMISSIS), è incentrato su un’asserita incongruità e contraddittorietà della motivazione in merito al discostamento effettuato dai valori astrattamente predisposti dalle Tabelle di Milano e alla diversa quantificazione del danno operata in favore dei due nonni paterni, con conseguente – ad avviso del ricorrente – violazione dell’art. 1226 c.c..
Va evidenziato che la Corte territoriale, in assenza di allegazioni specifiche, ha individuato il quantum del risarcimento del danno per la nonna paterna nel minimo previsto dalle tabelle milanesi, nel caso del nonno paterno, invece, ha posto in rilievo l’esiguità del tempo di sopravvivenza dello stesso rispetto alla data di morte della nipote e, stante l’assenza di convivenza della ragazza con i nonni ed il sostegno verosimilmente ricevuto dal resto della famiglia, ha rideterminato il quantum in via equitativa in euro 3.000.
Anche in questo caso, la motivazione risulta logica e congrua né sussistono gli ulteriori lamentati vizi, poiché la durata della sopravvivenza al parente defunto (sette mesi) e il sostegno ricevuto verosimilmente dagli altri componenti della famiglia sono parametri che ben possono essere considerati ai fini della liquidazione del danno da perdita parentale.
In caso di perdita definitiva del rapporto, parentale, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subìto, «in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all’età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto» (Cass. n. 9231 del 17/04/2013).
Anche il secondo motivo di ricorso è, quindi, infondato.
3. Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti degli intimati, non avendo gli stessi svolto attività difensiva in questa sede.
5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 12 ottobre 2022.
Depositato in Cancelleria, oggi 13 dicembre 2022.
SENTENZA – copia non ufficiale -.
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Una cosa non si riesce a comprendere in questa sentenza, che la ragazza trasportata sull’auto, gli é stato riconosciuto un 30% di colpa nella causazione del sinistro dove ella stessa é deceduta senza alcun cenno, da parte dei giudici territoriali, di una giusta motivazione (ex art. 150 c.p.). Perché la colpa del 30% é stata attribuita alla passeggera de cuius?