Il recesso legittimo dal preliminare di vendita, impone che il deposito cauzionale vada richiesto all’agenzia immobiliare (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 8 febbraio 2024, n. 3596).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA  CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Rosa Maria DI VIRGILIO      – Presidente

Mario BERTUZZI                   – Consigliere

Aldo CARRATO                     – Consigliere

Luca VARRONE                     – Consigliere

Cesare TRAPUZZANO         – Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 22137/2021) proposto da:

(omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. (omissis) (omissis) nel cui studio in Brescia, ha eletto domicilio;

ricorrente

contro

(omissis) (omissis);

intimata

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 116/2021, pubblicata il 2 febbraio 2021;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30 gennaio 2024 dal Consigliere relatore dott. Cesare Trapuzzano;

sentite le conclusioni rassegnate nel corso dell’udienza pubblica dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. Roberto Mucci, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso o il suo rigetto;

richiamata la precedente ordinanza interlocutoria n. 28452/2022, depositata il 30 settembre 2022, all’esito della camera di consiglio non partecipata dell’8 aprile 2022, di rimessione alla pubblica udienza.

FATTI DI CAUSA

1.- Con atto di citazione notificato ii 19 aprile 2013, (omissis) (omissis) conveniva, davanti al Tribunale di Brescia, (omissis) (omissis), al fine di sentire accertare la legittimità del recesso esercitato dal preliminare di vendita immobiliare concluso il 9 giugno 2011, nella qualità di promissaria acquirente, per inadempimento del promittente alienante, con la condanna, per l’effetto, del convenuto al pagamento della somma di euro 40.000,00, oltre rivalutazione ed interessi, a titolo di esazione del doppio della caparra confirmatoria versata.

Si costituiva in giudizio (omissis) (omissis) il quale contestava le pretese di parte attrice e, in specie, obiettava che, come risultava dagli atti, la (omissis) (omissis) non aveva effettuato alcun pagamento in favore del convenuto, dal momento che gli assegni, alcuni dei quali antecedenti alla data della sottoscrizione del preliminare, erano stati tutti emessi in favore dell’agenzia di mediazione (omissis) S.r.l., sicché doveva essere escluso che la dazione potesse essere ascritta al versamento di una caparra confirmatoria.

Evidenziava, altresì, che aveva, a propria volta, stipulato preliminare di acquisto di  un  immobile da frazionare e che, pertanto, nel preliminare sottoscritto con la (omissis) era precisato che non era il proprietario del bene.

Chiedeva, dunque, il rigetto delle domande di controparte e, in via subordinata, che la condanna fosse disposta nei limiti dell’importo di euro 20.000,00, a titolo risarcitorio.

Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 2945/2017, depositata il 17 ottobre 2017, dichiarava la legittimità del recesso dal contratto preliminare di vendita esercitato dalla (omissis) e condannava il (omissis) al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di euro 40.000,00, oltre interessi legali dalla notifica dell’atto di citazione al saldo, a titolo di esazione del doppio della caparra confirmatoria corrisposta.

2.- Con atto di citazione notificato il 17 novembre 2017, proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure (omissis) (omissis) il quale lamentava l’erronea qualificazione come caparra confirmatoria della dazione di denaro effettuata da (omissis) (omissis) in favore della mediatrice (omissis) S.r.l. e la completa omissione di alcuna indagine sulla reale intenzione delle parti, all’esito dell’interpretazione degli accordi convenzionali.

Si costituiva nel giudizio di impugnazione (omissis) (omissis) la quale concludeva per la declaratoria di inammissibilità dell’appello e, nel merito, per il suo rigetto.

Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Brescia, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanta di ragione l’appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza  impugnata, condannava al pagamento, in favore di (omissis) (omissis) del minor importo di euro 20.000,00, a titolo di restituzione della somma versata quale deposito cauzionale, in ragione della risoluzione del preliminare imputabile al promittente venditore.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanta interessa in questa sede:

a) che, in adesione alle censure mosse dall’appellante in relazione alla qualificazione come caparra confirmatoria della dazione di denaro pari ad euro 20.000,00, effettuata a mezzo assegno bancario, da una complessiva lettura delle clausole negoziali emergeva che, mentre a pag. 2, nella sezione prezzo e pagamento, le parti avevano dichiarato che “euro 20.000 (ventimila)  vengono  versate alla firma come caparra * a mezzo di assegni bancari”, la postilla * manoscritta a pag. 4, specificamente sottoscritta dai contraenti, aveva previsto “Si precisa che le somme vengono incassate dalla soc. (omissis) a titolo di deposito cauzionale e computate nel prezzo del rogito definitivo”;

b) che, pertanto, si rinveniva una discrepanza in ordine alla qualificazione del versamento della somma di euro 20.000,00, contrasto che doveva essere risolto attribuendo prevalenza al tenore della clausola manoscritta apposta in calce, richiamata a mezzo dell’asterisco, la quale prevaleva sulla clausola prestampata;

c) che, inoltre, significativamente l’assegno in oggetto era stato emesso ii 16 giugno 2011, ossia a distanza di  7 giorni dalla stipula del preliminare e non contestualmente alla conclusione del contratto, come indicato dall’art. 1385 c.c., mentre la dazione differita, in tutto od in parte, avrebbe precluso la produzione degli effetti sanciti dall’art. 1385, secondo comma, c.c.;

d) che, in conseguenza, l’assenza di contestualità fra la conclusione del contratto e la consegna dell’assegno, valutata unitamente alla mancanza di una manifestazione univoca in ordine alla pattuizione di una caparra confirmatoria, impediva di ritenere che, nel caso specifico, si fossero prodotti gli effetti di cui all’art. 1385, secondo comma, c.c., sicché non poteva essere accolta la domanda diretta ad ottenere il doppio dell’importo versato;

e) che, nondimeno, doveva essere accolta l’istanza di restituzione, in favore della promissaria acquirente, della somma versata, domanda che doveva reputarsi inclusa nella domanda di restituzione del doppio della caparra stessa;

f) che la parte appellata aveva corrisposto la somma al promittente venditore secondo le modalità pattuite dalle parti in contratto, vale a dire mediante assegno intestato alla (omissis) S.r.l., con l’effetto che del mancato versamento dell’importo da parte del terzo il (omissis) (omissis) avrebbe dovuto dolersi solo con la mediatrice;

g) che, essendo venuto meno, a seguito del legittimo esercizio del diritto potestativo di recesso, il titolo in forza del quale la consegna di detto importo era avvenuto, (omissis) doveva essere condannato al pagamento, a vantaggio di (omissis) (omissis) della somma di euro 20.000,00, oltre interessi legali dalla notifica dell’atto di citazione al saldo.

3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo (omissis) (omissis).

É rimasta intima (omissis).

4.- Con ordinanza interlocutoria n. 28452/2022, depositata il 30 settembre 2022, all’esito della camera di consiglio non partecipata dell’s aprile 2022, questa Corte ha rimesso la causa alla pubblica udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo svolto il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2033 c.c. nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi, per avere la Corte di merito ritenuto che il promittente alienante fosse legittimato passivo nei confronti della domanda di restituzione delle somme versate dalla promissaria acquirente, mentre, in realtà, questi non avrebbe ricevuto alcuna somma, invece corrisposta alla mediatrice, né la mediatrice avrebbe agito quale rappresentante del creditore, spendendone il nome.

Obietta il ricorrente che l’importo emarginato sarebbe stato, di comune accordo, versato alla (omissis) (omissis) S.r.l., a titolo di deposito cauzionale da computare nel prezzo al momento della stipula del definitivo, sicché l’agenzia di mediazione avrebbe assunto il ruolo di depositario degli importi corrisposti, cosi come per le restanti somme versate, alcune delle quali prima della stipula del preliminare, comprensive delle provvigioni spettanti al mediatore.

Assume, infine, l’istante che tale quadro descrittivo sarebbe stato suffragato dalla pronuncia di assoluzione dal reato di concorso in truffa n. 1795/2015 del Tribunale di Brescia, in sede penale, la quale avrebbe individuato le ragioni dell’emissione degli assegni a saldo del prezzo in favore della mediatrice e del relativo incasso prima della conclusione del preliminare, elementi del tutto trascurati dalla pronuncia impugnata.

1.1.- II motivo é fondato.

Infatti, la Corte territoriale non da alcuna contezza dell’esistenza di un potere rappresentativo della mediatrice ad incassare la somma contestata in nome e per conto del promittente venditore.

Sicche difetta alcun elemento di collegamento che consenta di ritenere che, a fronte del data pacifico del versamento di tale somma mediante assegno bancario intestato all’agenzia di mediazione, a titolo di deposito cauzionale da computare nel prezzo del rogito definitivo, la pretesa di ripetizione dovesse essere esercitata verso il promittente alienante.

Infatti, rispetto all’azione di ripetizione di indebito oggettivo e passivamente legittimato solo il soggetto che ha ricevuto la somma che si assume essere non dovuta, come si evince dalla formulazione letterale dell’art. 2033 c.c. (cass. Sez. 3, Ordinanza 27421 del 26/09/2023; Sez. L, Ordinanza n. 610 del 14/01/2019; Sez. 1, Sentenza n. 25170 del 07/12/2016; Sez. 3, Sentenza n. 11073 del 15/07/2003).

Solo ove vi fosse stato uno specifico mandato all’incasso ovvero il conferimento di un espresso potere rappresentativo, dell’azione di ripetizione avrebbe dovuto rispondere il mandante o il rappresentato.

Ed invero, ex latere accipientis, l’azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. deve essere rivolta all’effettivo accipiens, essendo inconferente la prova del materiale trasferimento delle somme dal mandatario all’incasso al creditore mandante (cass. Sez. 3, Ordinanza n. 27421 del 26/09/2023; Sez. 3, Sentenza n. 7871 del 06/04/2011; Sez. 3, Sentenza n. 13829 del 23/07/2004; Sez. 3, Sentenza n. 13357 del 19/07/2004; Sez. 3, Sentenza n. 5926 del 27/05/1995).

Risponde, difatti, ad un principio generale in tema di rappresentanza volontaria che gli effetti degli atti compiuti dal rappresentante, con spendita del nome del rappresentato, si producano direttamente nel patrimonio di quest’ultimo.

Ne consegue che deve essere esclusa la legittimazione passiva in proprio del rappresentante in un’azione promossa ai sensi dell’art. 2033 c.c. al fine di ottenere la restituzione di somme versate al medesimo in tale specifica qualità, spettando tale legittimazione esclusivamente al rappresentato (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4862 del 23/02/2021).

Nella fattispecie, e in adesione ai precetti innanzi enunciati, la somma di euro 20.000,00 risulta incassata dall’agenzia di mediazione (omissis) S.r.l., a titolo di deposito cauzionale, con la previsione che tale versamento sarebbe stato computato nella determinazione del prezzo complessivo da corrispondere al momento della stipula del definitivo.

In mancanza di alcun riferimento, neanche implicito, alla circostanza che tale incasso, per il titolo dedotto (recte deposito cauzionale, a garanzia di un eventuale obbligo di risarcimento del danno del cauzionante: Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6966 del 22/03/2007; Sez. 3, Sentenza n. 4411 del 04/03/2004; Sez. 1, Sentenza n. 2005 del 18/06/1968), avvenisse in nome e per conto del promittente alienante, il depositario doveva essere identificato direttamente nell’agenzia di mediazione, che avrebbe corrisposto la somma all’alienante al tempo della conclusione del contratto definitivo.

E tanto in quanto, in caso di deposito irregolare di beni fungibili, come ii denaro, quando non siano stati individuati al momento della consegna, essi entrano nella disponibilità del depositario che acquista ii diritto di servirsene e, pertanto, ne diventa proprietario, pur essendo tenuto a restituirne altrettanti della stessa specie e qualità, salvo che sia stata apposta un’apposita clausola derogatoria (cass. Sez. 3, Sentenza n. 17 512 del 23/08/2011; Sez. 1, Sentenza n. 5843 del 20/04/2001; Sez. 1, Sentenza n. 12552 del 22/09/2000).

2.- In definitiva, il ricorso deve trovare accoglimento, nei sensi di cui in motivazione.

La sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

“Nel caso di deposito cauzionale di una somma di denaro, collegato alla stipulazione di un preliminare di vendita, effettuato dal promissario acquirente in favore dell’agenzia di mediazione, senza che possa in alcun modo desumersi che essa abbia agito in rappresentanza del promittente alienante, l’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo in ordine alla somma versata, di cui si rivendichi la restituzione, deve essere proposta verso l’agenzia di mediazione e non verso il promittente alienante, privo di legittimazione passiva”.

P. Q. M.

La Corte Suprema di Cassazione

accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 30 gennaio 2024.

II Consigliere estensore

Cesare Trapuzzano

II Presidente

Rosa Maria Di Virgilio

Depositato in Cancelleria l’8 febbraio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.