Posto ai domiciliari con divieto assoluto di avere rapporti con terzi, i Carabinieri notano un pregiudicato citofonare al campanello. Revocati i domiciliari (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 7 febbraio 2024, n. 5501).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. LUCA RAMACCI -Presidente-

Dott. ALESSIO SCARCELLA -Consigliere-

Dott. ALBERTO GALANTI -Consigliere-

Dott. LUCA SEMERARO -Relatore-

Dott. ENRICO MENGONI -Consigliere-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 17/10/2023 del TRIB. LIBERTÁ di LECCE;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LUCA SEMERARO;

sentite le conclusioni del PG, Dott.ssa MARILIA DI NARDO

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilità del ricorso;

lette le conclusioni del difensore Il difensore, Avv. (OMISSIS) (OMISSIS), conclude affinché l’Ecc.ma Corte di Cassazione adita annulli, con ogni effetto e conseguenza di legge, l’ordinanza del Tribunale di Lecce – Sezione del Riesame del 17.10.2023.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza del 17 ottobre 2023 il Tribunale del riesame di Lecce ha rigettato l’appello proposto dal difensore di (OMISSIS) (OMISSIS) avverso l’ordinanza della Corte di appello di Lecce del 22 settembre 2023 con la quale, in aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari applicata dal Tribunale del riesame, è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere.

2. Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione avverso tale ordinanza.

2.1. Con l’unico motivo si deducono i vizi, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., di violazione degli artt. 276, 276, comma 1-ter, 299, comma 4, cod. proc. pen. e della motivazione – che sarebbe assertiva ed apodittica – sulla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato e sulla omessa qualificazione di lieve entità della violazione contestata al ricorrente, consistita nell’aver ricevuto presso la sua abitazione, nonostante il divieto di comunicazione con estranei al nucleo familiare, una donna, (OMISSIS) (OMISSIS), moglie di (OMISSIS) (OMISSIS), notato dai Carabinieri mentre citofonava nell’abitazione dell’imputato.

Dopo aver riportato l’atto di appello sulla lieve entità dell’episodio (pag. 2) si sostiene che il Tribunale del riesame non avrebbe fornito un’adeguata ed idonea motivazione sul perché la violazione non sia di lieve entità; avrebbe erroneamente interpretato gli eventi e non avrebbe valutato le concrete modalità della condotta del ricorrente.

L’ordinanza impugnata sarebbe priva della motivazione sull’inidoneità della misura cautelare dagli arresti domiciliari e si fonderebbe esclusivamente sui precedenti penali del ricorrente e di (OMISSIS) (OMISSIS).

Quanto al pericolo di reiterazione del reato ed alla inadeguatezza degli arresti domiciliari, dopo aver riportato il motivo di appello ed il contenuto della memoria difensiva, si sostiene che il Tribunale del riesame con motivazione apodittica e assertiva avrebbe ritenuto che la presenza di (OMISSIS) (OMISSIS) sia indice di pericolo di reiterazione dei reati relativi alle sostanze stupefacenti e che la misura cautelare degli arresti domiciliari sia inadeguata. Si richiama l’art. 274 cod. proc. pen. ed i concetti di concretezza ed attualità del pericolo (pag. 4 e 5 del ricorso).

2.2. Il difensore ha poi depositato una memoria, anche in replica alle argomentazioni del Procuratore Generale, sulla sussistenza della violazione degli artt. 276, 276, comma 1-ter, 299 comma 4, cod. proc. pen. e si ribadisce quanto rassegnato nel ricorso sulla lieve entità dell’episodio e sull’inesistenza del pericolo di reiterazione del reato, sulla adeguatezza della misura degli arresti domiciliari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen. nella parte deduce il vizio ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., che concerne la violazione di legge sostanziale, in relazione alla dedotta violazione di norme processuali.

1.1. Il ricorso è manifestamente infondato nella parte in cui deduce il vizio della motivazione.

Le affermazioni del ricorrente sulla apoditticità, assertività e non adeguatezza della motivazione sono del tutto generiche e prive di un concreto confronto con la motivazione dell’ordinanza impugnata.

Premesso che la valutazione sulla lieve entità della trasgressione dell’obbligo di comunicazione correlato agli arresti domiciliari è espressione di un giudizio di merito, la motivazione dell’ordinanza impugnata non presenta alcun vizio logico ed è corretta in diritto.

Il Tribunale del riesame ha ritenuto che la presenza nell’abitazione del ricorrente di (OMISSIS) (OMISSIS), moglie di (OMISSIS) (OMISSIS), e di quest’ultimo, notato dai Carabinieri mentre citofonava nell’abitazione dell’imputato, dimostri che il ricorrente non ha interrotto i rapporti con il soggetto da lui indicato quale suo fornitore delle sostanze stupefacenti.

1.2. La circostanza di fatto sulla sussistenza di tali rapporti è stata ritenuta, con motivazione logica, un elemento di aggravamento del pericolo di reiterazione dei reati e di inadeguatezza degli arresti domiciliari: l’esistenza di tali contatti, nonostante la misura detentiva, dimostra che gli arresti domiciliari non sono idonei ad impedire i contatti con quei soggetti che costituiscono concreta occasione per la ripresa dell’attività illecita.

1.3. Del tutto inconferenti sono i richiami alla concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, posto che l’imputato era agli arresti domiciliari, era dunque sottoposto a misura cautelare e ciò presuppone la persistenza delle esigenze cautelari.

2. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter , disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 24/01/2024.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.