Incidente mortale. Rapporto tra azione diretta del danneggiato e costituzione di parte civile nel processo penale (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 6 marzo 2023, n. 6602).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24330/2020 proposto da:

(OMISSIS) Ivano, (OMISSIS) Giuseppina, (OMISSIS) Silvio, domiciliati ex lege in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) Michele;

-ricorrenti-

contro

(OMISSIS) Andrea,

– intimato –

nonché contro

UnipolSai Assicurazioni Spa, quale società incorporante di Milano Assicurazioni Spa per atto di fusione per incorporazione di Unipol Assicurazioni Spa, Milano Assicurazioni Spa e Premafin HP Spa, in Fondiaria Sai Spa – con cambio di denominazione di questa UnipolSai Assicurazioni Spa, in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata in Roma Via (OMISSIS) 38 presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) Fabio, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) Andrea;

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 675/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 09/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/01/2023 dal Consigliere Dott. Pasquale Gianniti;

RILEVATO CHE:

1. In data 2 ottobre 2004 (OMISSIS) Simone, all’epoca di anni 16, figlio di (OMISSIS) Ivano e (OMISSIS) Giuseppina, nonché fratello di (OMISSIS) Silvio, alla guida del suo ciclomotore, in località Vallefoglia, rimaneva coinvolto in un incidente stradale con l’autovettura condotta da (OMISSIS) Andrea ed assicurata presso la Milano Assicurazioni s.p.a.

Nel tragico urto riportava gravissime lesioni personali che purtroppo ne provocavano il decesso poco dopo presso l’Ospedale San Salvatore di Pesaro.

2. Nel 2005 i suddetti congiunti convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Pesaro il (OMISSIS) e la di lui compagnia assicuratrice per sentire accertare e dichiarare la responsabilità del convenuto nella causazione dell’evento mortale, con condanna al risarcimento dei danni.

Si costituivano in giudizio sia il (OMISSIS), che denegava la propria responsabilità, pur ammettendo di aver superato il limite di velocità, che la compagnia assicuratrice, che si associava alle conclusioni del (OMISSIS).

La causa veniva istruita mediante c.t.u. medico legale e c.t.u. cinematica, nonché mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti (e, in particolare, della perizia acquisita nel procedimento penale n. 4516/2004, svoltasi davanti al Tribunale di Urbino).

In sede di precisazione delle conclusioni, la compagnia eccepiva l’intervenuta rinuncia al giudizio civile da parte degli attori, genitori della vittima, per essersi gli stessi costituiti parte civile nel processo penale successivamente alla proposizione del giudizio civile.

Il Tribunale di Pesaro, con sentenza n. 491/2012, dichiarava estinto il giudizio tra (OMISSIS) Ivano e (OMISSIS) Giuseppina da un lato e la compagnia assicuratrice e (OMISSIS) Andrea dall’altro in relazione alla richiesta di risarcimento del danno morale ex art. 75 c.p.p., demandando al giudice penale la liquidazione delle spese; e, riconosciuta la corresponsabilità del (OMISSIS) nella misura del 40% nella causazione del sinistro, condannava i convenuti in solido tra loro al risarcimento dei danni conseguenti.

3. Avverso la suddetta sentenza proponevano appello principale i congiunti della vittima ed appello incidentale condizionato la compagnia.

I primi sostenevano che la costituzione di parte civile nel procedimento penale rappresentava (non una rinuncia, ma) la volontà di perseguire la verità dell’accaduto e rilevavano che la causa del sinistro, emersa dalle perizie espletate, era la elevata velocità di marcia della autovettura condotta dal (OMISSIS).

La compagnia, invece, per il caso di accoglimento dell’appello principale, ribadiva le eccezioni e le domande formulate nel giudizio di primo grado in relazione alla necessità che la condanna fosse comunque contenuta entro il limite del massimale assicurativo, tenuto conto degli importi già versati.

La Corte di Appello di Ancona, con sentenza n. 675/2019, respingeva l’appello principale, confermando integralmente la sentenza di primo grado.

4. Avverso la sentenza della corte territoriale hanno proposto ricorso i congiunti della vittima, articolando due motivi.

Ha resistito con controricorso la compagnia assicuratrice.

La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380- bis.1. c.p.c.

Il Procuratore Generale presso la Corte non ha depositato conclusioni.

Non sono state depositate memorie

RITENUTO CHE:

1. Il ricorso è affidato a due motivi.

1.1. Con il primo motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., nonché degli artt. 141 e 145 del Codice della Strada, nella parte in cui la Corte territoriale ha sposato in pieno la ricostruzione adottata dal giudice di primo grado, secondo il quale la prevalenza di responsabilità di Simone (OMISSIS) nella causazione del sinistro era da rinvenire nel fatto che questi aveva omesso di dare la precedenza al (OMISSIS).

Osservano che il dictum del collegio di appello contrasta con quanto prescritto dall’art. 141 CdS, che pone in capo al conducente di vettura obblighi stringenti e non contempla alcuna mitigazione di responsabilità per l’ipotesi in cui la velocità tenuta dal guidatore, in corrispondenza di curve o di intersezioni, sia superiore a quella indicata nella segnaletica.

Rilevano che erroneamente entrambi i giudici di merito hanno imputato una maggiore gravità della condotta della vittima per il solo fatto che la stessa non aveva rispettato lo stop e che, alla luce del disposto di cui all’art. 2054 c.c. e dell’art. 145 C.d.S., avrebbero dovuto quanto meno attribuire ad entrambi i soggetti, coinvolti nel sinistro, una percentuale del 50% di responsabilità ciascuno, non essendo stata data dal (OMISSIS) la prova contraria ed essendo avvenuto il sinistro in prossimità di una intersezione.

1.2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 75 c.p.p. nella parte in cui la Corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado, ha dichiarato intervenuta la rinuncia dei genitori della vittima all’azione civile, per essersi gli stessi costituiti parte civile nel procedimento penale a carico del (OMISSIS).

Rilevano che l’art. 75 c.p.p., avendo natura derogatoria, deve essere interpretato restrittivamente, ragion per cui tra i due giudizi vi deve essere non soltanto identità di oggetto, ma anche di soggetto, in quanto, come rilevato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 13661 del 21 maggio 2019 <<… estendere l’applicazione di una ipotesi derogatoria ad un caso … in cui tutte le parti del giudizio civile non coincidano con tutte quelle del processo penale, sacrificherebbe in maniera ingiustificata l’interesse dei soggetti coinvolti alla rapida definizione della propria posizione, in aperta collisione con l’esigenza di assicurare la ragionevole durata del processo>>.

Con la conseguenza che, poiché nel caso di specie non vi era stata coincidenza tra i soggetti costituiti parti civile nel processo penale (i soli genitori della vittima) e coloro che avevano proposto il giudizio civile (oltre ai genitori, anche il fratello della vittima), erroneamente era stata ritenuta nella specie una rinuncia per fatti concludenti.

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico, e ciò anche per quanto concerne il punto specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all’art. 2054 cod. civ. (cfr., tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 1028 del 25/01/2012, Rv. 621316 – 01).

Nel caso di specie, i ricorrenti, pur evocando gli articoli di legge sopra citati, non censurano in realtà la violazione o falsa applicazione di alcuna norma di diritto, ma criticano la ricostruzione in punto di fatto delle rispettive responsabilità dei due conducenti nella causazione del sinistro, come operata in maniera concorde da entrambi i giudici di merito e come insindacabile da parte di questa Corte poiché sorretta da logica e congruente motivazione, alla quale i ricorrenti stessi si limitano a contrapporre, inammissibilmente, altra e diversa versione in fatto dell’accaduto.

3. Il secondo motivo non è fondato.

Parte ricorrente cita, a sostegno del proprio assunto, la pronuncia n. 13661/2019 delle Sezioni Unite di questa Corte, ma omette poi di considerare che detta pronuncia riguarda (non l’ipotesi della estinzione del processo civile, regolata dall’art. 75 primo comma, c.p.p., ma) quella della sospensione necessaria del processo civile (regolata dall’art. 75 terzo comma c.p.p.): la prima ipotesi ricorre quando, come nel caso di specie, il danneggiato, dopo aver promosso l’azione risarcitoria davanti al giudice civile, si costituisce parte civile nel processo penale; mentre la seconda ipotesi ricorre quando il danneggiato, dopo essersi costituito parte civile, promuove l’azione risarcitoria davanti al giudice civile.

Orbene, le Sezioni Unite di questa Corte con ordinanza n. 8353/2013 hanno avuto modo di precisare che «Il trasferimento dell’azione civile nel processo penale, regolato dall’art. 75 cod. proc. pen., determina una vicenda estintiva del processo civile riconducibile al fenomeno della litispendenza, e non a quello disciplinato dall’art. 306 cod. proc. civ., in quanto previsto al fine di evitare contrasti di giudicati».

I ricorrenti sostengono che non vi sarebbe coincidenza soggettiva tra l’azione risarcitoria, dagli stessi proposta in sede civile, e l’azione civile trasferita in sede penale sotto un duplice profilo: da un lato, perché in sede civile era stata proposta domanda ex art. 144 Codice delle assicurazioni anche nei confronti della compagnia assicurativa (all’epoca la Milano assicurazioni), che invece è rimasta estranea al processo penale dopo che l’azione civile è stata ivi trasferita; dall’altro, perché in sede civile era presente anche Silvio (OMISSIS), anch’esso rimasto estraneo al processo penale.

Sennonché, quanto a detto ultimo profilo, – in disparte il pur decisivo aspetto della carenza di interesse dei ricorrenti a sollevare tale eccezione – occorre rilevare che Silvio (OMISSIS), in quanto fratello della vittima, è portatore di un diritto al risarcimento autonomo rispetto a quello dei genitori, con la conseguenza che la sua presenza ab origine nel giudizio civile non inficia la validità della rinuncia ex lege agli atti del giudizio (che l’art. 75 primo comma c.p.p. fa dipendere dalla scelta di Ivano (OMISSIS) e di Giuseppina (OMISSIS) di costituirsi parte civile nel processo penale, così trasferendo in quest’ultimo l’esercizio del loro diritto risarcitorio, anch’esso autonomo).

Quanto poi alla presenza della Compagnia assicuratrice, parte ricorrente non considera che, nei confronti della compagnia, fu promossa soltanto l’azione diretta, prevista dall’art. 144 del Codice della strada, con la conseguenza che l’oggetto del processo civile – nonostante l’evocazione in giudizio della compagnia, nei cui confronti il danneggiato non è portatore di alcun diritto soggettivo – era soltanto il diritto risarcitorio dei genitori del giovane deceduto.

Per le ragioni che precedono, nel caso di specie, vi è piena coincidenza oggettiva e soggettiva tra l’oggetto del giudizio civile, originariamente instaurato, e l’oggetto del giudizio civile successivamente trasferito in sede penale; ragion per cui trova piena applicazione il principio di diritto sopra richiamato.

In definitiva, il Collegio, nel rigettare il secondo motivo, ritiene di dovere applicare alla fattispecie il seguente principio di diritto:

«L’azione diretta, prevista dall’art. 144 primo comma C.d.A. comporta una forma di legittimazione straordinaria (ad agire nei confronti della compagnia assicuratrice), che il legislatore prevede a favore del danneggiato da circolazione stradale al fine di rafforzare la tutela giuridica del suo diritto al risarcimento del danno, ma non comporta l’ampliamento dell’oggetto del giudizio civile instaurato dal danneggiato.

Detto oggetto rimane circoscritto al diritto del danneggiato al risarcimento del danno, producendo il contratto di assicurazione effetti soltanto tra l’assicuratore e l’assicurato/danneggiante e prescindendo l’azione diretta, per sua natura, dall’esistenza di un diritto sostanziale del danneggiato nei confronti della compagnia».

Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte controricorrente.

Va infine affermata la sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 5000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2023, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.