REPUBBLICA ITALIANA
in nome del popolo italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
Dott. GERARDO SABEONE – Presidente –
Dott. ANGELO CAPUTO – Consigliere –
Dott. FRANCESCO CANANZI – Relatore –
Dott. PAOLA BORRELLI – Consigliere –
Dott. MICHELE CUOCO – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) (omissis) nato a FIRENZE il xx/xx/19xx;
avverso l’ordinanza del 05/07/2023 del GIP TRIBUNALE di FIRENZE;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FRANCESCO CANANZI;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, Dott. LUIGI ORSI, che ha chiesto annullarsi l’ordinanza impugnata limitatamente alla imputazione coatta relativa all’art. 167, comma 1, d.lgs n. 196 del 2003.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, a fronte della richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato avanzata dal Pubblico ministero nei confronti di (omissis) (omissis), in ordine al delitto di diffamazione in danno di (omissis) (omissis) (omissis), rigettava la richiesta e disponeva che il Pubblico ministero formulasse l’imputazione a carico dell’indagato per il delitto predetto e, anche, per il delitto previsto dall’art. 167, comma 1, d.lgs. 20 giugno 2003 n. 196.
2. Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di (omissis) (omissis) lamenta violazione di legge processuale penale, in particolare degli artt. 409, comma 5, cpp e 111 e 112 Cost. lamentando l’abnormità dell’atto.
Il motivo rappresenta come l’iscrizione nel registro degli indagati per (omissis) fosse solo relativa al delitto di diffamazione, per aver indicato come dedita all’accattonaggio e ripreso in un video elettorale la persona offesa.
Il ricorrente lamenta che il Gip, ravvisata dagli atti di indagine un’ipotesi di reato diversa da quella per cui era stata avanzata richiesta di archiviazione, ha assunto un atto abnorme, che legittima l’indagato all’impugnazione essendo stato leso nel proprio diritto di difesa.
3. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott. Luigi Orsi, ha depositato requisitoria con la quale ha chiesto annullarsi limitatamente all’imputazione non originariamente contestata l’ordinanza impugnata.
4. Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato limitatamente all’ordine di formulare l’imputazione relativa alla violazione dell’art. 167 d.lgs n. 196 del 2003.
2. Va premesso che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che «è inibito al giudice per le indagini preliminari ordinare al pubblico ministero la formulazione della imputazione nei confronti della persona indagata per ipotesi di reato diverse da quelle per le quali è stata richiesta l’archiviazione, dovendo in tal caso il giudice limitarsi a ordinare l’iscrizione nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen. degli ulteriori reati che abbia ravvisato nelle risultanze delle indagini portate a sua conoscenza» (Sez. U, n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, L., Rv. 257786).
Al riguardo, è stato infatti chiarito che «le disposizioni dell’art. 409 c.p.p., commi 4 e 5, concernenti i poteri di intervento del giudice delle indagini preliminari sull’esercizio dell’azione penale, devono formare oggetto di interpretazione estremamente rigorosa, al fine di evitare qualsiasi ingerenza dell’organo giudicante nella sfera di autonomia della pubblica accusa».
Nel caso in esame il Pubblico ministero ebbe a iscrivere l’attuale ricorrente nel registro degli indagati esclusivamente per il delitto di diffamazione.
Tale scelta dell’organo inquirente vincola l’ambito delibativo del Gip, in occasione della richiesta di archiviazione, in quanto gli epiloghi decisori previsti dal codice di rito (decreto di archiviazione/indagini suppletive/imputazione coatta) devono confrontarsi solo con l’ipotesi ritenuta, dal pubblico ministero, adeguata a giustificare l’iscrizione nel menzionato registro.
Ciò non di meno, il Gip ha la possibilità di ritenere, come nel caso in esame, che la condotta iscritta sia diversa da quella effettivamente emergente dagli atti, ma in tal caso non può, come ha invece in modo abnorme ritenuto fare il Gip dell’ordinanza ora impugnata, ordinare l’imputazione coatta rispetto alla diversa ipotesi di reato.
Difatti, oltre al principio espresso da Sez. U., L., anche più recentemente sono intervenute ulteriormente le Sez. U., n. 40984 del 22/03/2018, Gianforte, Rv. 273581 – 01, per ribadire che costituisce atto abnorme, ricorribile per cassazione anche dall’indagato, il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, non accogliendo la richiesta di archiviazione, ordini, ai sensi dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen., che il pubblico ministero formuli l’imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta.
In motivazione, con riferimento al caso concreto sottoposto alla valutazione della Corte, le Sezioni Unite rilevavano come fosse abnorme l’ordinanza ex art. 409, co. 5 cod. proc. pen. nella parte in cui ordinava l’imputazione coatta per il reato diverso da quello contestato, in quanto si trattava di una fattispecie non delibata da parte del pubblico ministero e del tutto estranea alle condotte per le quali il rappresentante della pubblica accusa aveva chiesto l’archiviazione della notizia di reato, il che è anche nel caso in esame quanto alla condotta prevista dall’art. 167 d.lgs cit.
3. In tal senso, deve quindi affermarsi come il Gip possa unicamente — laddove rilevi che il fatto diverso o anche quello ulteriore, come nel caso in esame, non sia stato adeguatamente valutato dal Pubblico ministero — ordinare l’iscrizione nel registro ex art. 335 cod. proc. pen., perché solo in tal modo vengono a essere salvaguardate per un verso le prerogative del Pubblico ministero, che a quel punto potrà evidentemente svolgere ulteriori indagini e indirizzarsi poi verso una richiesta di archiviazione o l’esercizio dell’azione penale; per altro verso quelle della difesa che, a buona ragione, nel caso di specie si duole di non essersi potuta confrontare con la nuova ulteriore contestazione, sia a mezzo delle facoltà conseguenti all’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen., sia anche in sede di udienza camerale ex art. 410 cod. proc. pen.
Questo l’«equilibrio» che le Sezioni Unite richiedono fra le prerogative delle parti e i poteri attribuiti al Gip, nella finestra di giurisdizione attribuitagli dagli artt. 409 e ss. cod. proc. pen., per verificare il rispetto del principio della obbligatorietà dell’azione penale.
4. L’indagato e il Pubblico ministero non si sono mai confrontati nel caso in esame con il delitto previsto dal citato art. 167 cit., che per altro costituisce condotta ulteriore e diversa e non mera riqualificazione giuridica del medesimo fatto (nel quale ultimo caso non si incorre in abnormità e l’ordinanza non è in alcun modo impugnabile – da ultimo, Sez. 5, n. 24616 del 16/03/2021, Di Cillo, Rv. 281441 – 01; conf. Sez. 1, n. 47919 del 29/09/2016 Cc., Rv. 268138 – 01; Sez. 2, n. 31912 del 07/07/2015 Cc., Rv. 264509 – 01; Sez. 6, n. 34284 del 22/06/2011 Cc., Rv. 250856 – 01).
5. Pertanto può affermarsi che l’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari ordini l’imputazione coatta per un fatto-reato diverso da quello iscritto nel registro ex art. 335 cod. proc. pen. per il quale è stata avanzata richiesta di archiviazione, è abnorme in quanto in palese violazione dell’«equilibrio» che deve sussistere fra i poteri e le prerogative delle parti rispetto a quelli del Gip, il quale, nell’ambito della finestra di giurisdizione assegnatagli per il controllo del rispetto del principio della obbligatorietà dell’azione penale ex art. 112 Cost., può solo ordinare l’iscrizione nel menzionato registro del fatto-reato diverso, sia per evitare l’ingerenza nei poteri propri del pubblico ministero di indagine e di determinazione quanto all’esercizio o meno dell’azione penale sul fatto ulteriore, sia anche per garantire i diritti di difesa dell’indagato, da esercitare rispetto alla diversa ipotesi di reato fin dalla fase delle indagini e non solo in fase dibattimentale.
6. Ne consegue l’accoglimento parziale del ricorso, in quanto processualmente immune da vizi è l’ordinanza impugnata in ordine alla imputazione coatta disposta per il delitto di diffamazione, mentre va disposto l’annullamento parziale quanto all’imputazione di cui all’art. 167 cit., per la quale il G.i.p. del Tribunale di Firenze provvederà, se del caso, in applicazione degli indicati principi, e a seguito di nuova udienza camerale, a ordinare al Pubblico ministero l’iscrizione nel registro ex art. 335 cpp.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, limitatamente ai fatti dì cui all’articolo 167, comma 1 d.lgs. n. 196/2003 e dispone la trasmissione degli atti al tribunale di Firenze.
Inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 01/12/2023.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2024.