La Corte di Cassazione sul divieto di utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche in procedimenti diversi (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 7 ottobre 2021, n. 36353).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere –

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Rel. Consigliere –

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) VINCENZO nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 28/08/19xx;

avverso l’ordinanza del 06/08/2020 del TRIB. LIBERTA’ di BOLZANO;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANGELO MATTEO SOCCI;

lette le conclusioni del PG, Dott. PIETRO MOLINO: “Inammissibilità del ricorso”.

Ricorso trattato ai sensi ex art. 23 co.8 del DL n. 137/2020.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Bolzano, Sezione riesame, con ordinanza del 4 agosto 2020, ha rigettato l’istanza di riesame presentata da (OMISSIS) Vincenzo, avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano dell’8 giugno 2020 che aveva applicato nei suoi confronti la custodia cautelare in carcere relativamente ai reati di associazione per delinquere, contrabbando di carburanti con evasione delle accise e falso (art. 81, 416, commi 1, 2 e 5, cod. pen., 110, n. 7, cod. pen., 40, comma 1, lettera B, e comma 4, d. lgs. 504/1995, art. 3, legge 146 del 2006, 61 bis cod. pen., art. 110 e 515 cod. pen.).

2. Ricorre in cassazione l’indagato, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.

2.1. Violazione di legge (art. 191, 266, 267, 268, commi 1 e 3, 270 e 271 cod. proc. pen.); inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali e telefoniche per assenza della motivazione dei decreti di autorizzazione.

Con memoria ex ad 121 cod. proc. pen. la difesa aveva eccepito l’inutilizzabilità delle intercettazioni per assenza di motivazione dei decreti di autorizzazione.

I decreti sono motivati con formule di stile, e per le proroghe il Giudice per le indagini preliminari a penna aveva solo annotato un “visto degli atti”, senza autonoma valutazione rispetto alle richieste di proroga del P.M.

Erano state valorizzate solo i dati “di positioning” già acquisiti dalla P.G. con apparati GPS e, pertanto, l’invasività delle intercettazioni appariva sproporzionato ed ultroneo per le esigenze investigative.

Il Tribunale del riesame rispondeva in modo illogico, richiamando i gravi indizi di colpevolezza mai contestati dalla difesa, che, invece, aveva contestato l’assenza di un’autonoma valutazione del G.I.P. nell’autorizzare e prorogare le intercettazioni, limitandosi a ricopiare parti della richiesta e utilizzato formule di stile.

2.2. Violazione di legge (art. 270 e 271 cod. proc. pen.).

Nullità ed inutilizzabilità delle intercettazioni in considerazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 51 del 2020, con vizio della motivazione.

Le intercettazioni erano state autorizzate nel procedimento presso la D.D.A. di Trento per i reati di cui all’art. 416 bis cod. pen. e di contrabbando. Successivamente gli atti erano stati trasmessi per competenza alla Procura di Bolzano che apriva un nuovo fascicolo per altro reato (art. 416 cod. pen.).

L’insussistenza dell’iniziale reato ipotizzato (art. 416 bis cod. pen.) fa venire meno il presupposto della connessione e i reati contestati non permettono l’arresto obbligatorio in flagranza. Il Tribunale del riesame, invece, illogicamente ha ritenuto sia la connessione e sia il requisito dell’arresto obbligatorio in flagranza.

2.3. Violazione di legge (art. 189, 192, 273 e 274 cod. proc. pen.) e vizio della motivazione sulla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria, per i viaggi non sottoposti a controllo.

Solo in due casi il sequestro del carico aveva permesso di accertare la effettiva commissione dei reati contestati (con l’analisi del materiale trasportato e la discordanza documentale). Gli altri viaggi non possono ritenersi illeciti, in assenza di prove certe.

La sottrazione delle accise avveniva solo nelle ipotesi di consegna alle pompe di benzina. Inconferente il richiamo alla documentazione DAS (ritenuta falsificata), in quanto resta una mera petizione di principio, indimostrata, di tutti ì trasporti.

2.4. Violazione di legge (art. 275 cod. proc. pen.) e vizio della motivazione sull’adeguatezza della custodia cautelare in carcere in luogo degli arresti domiciliari.

Assolutamente erroneo ed immotivato il richiamo al pericolo di reiterazione dei reati, in quanto sia per l’attività di autista e sia per quella di prestanome dovrebbe aprirsi una nuova società con tutti gli adempimenti amministrativi e fiscali.

Del tutto assente il pericolo di inquinamento probatorio, in quanto le intercettazioni e le prove documentali sono già ampiamente acquisite. Inoltre, deve valutarsi il tempo trascorso dalla cessazione della condotta associativa.

Ha chiesto, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi.

3.1. Relativamente alla motivazione dei decreti di autorizzazione delle intercettazioni e alle proroghe il ricorso risulta generico limitandosi a reiterare il motivo del riesame senza specificare perché i decreti e le proroghe sono immotivati. Il Tribunale del riesame rileva che i decreti e le proroghe sono succintamente motivati.

Per le proroghe deve osservarsi che la motivazione può essere estremamente succinta limitandosi a dare atto delle ragioni della richiesta (“In tema di intercettazioni telefoniche, la motivazione dei decreti di proroga può essere ispirata a criteri di minore specificità rispetto alle motivazioni del decreto di autorizzazione, potendosi anche risolvere nel dare atto della plausibilità delle ragioni esposte nella richiesta del pubblico ministero.

Fattispecie in cui, in relazione a reato di corruzione, la Corte ha escluso la carenza motivazionale dei decreti di proroga, anche alla stregua dell’intervenuta modifica, per effetto del d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, della disciplina delle intercettazioni in relazione a tale delitto, cui si applica l’art. 13 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla I. 12 luglio 1991, n. 203, lì dove richiede non “gravi”, bensì “sufficienti” indizi di reità (Sez. 6, Sentenza n. 22524 del 01/07/2020 Cc. – dep. 27/07/2020 – Rv. 279564 – 01; vedi anche Sez. 4, Sentenza n. 16430 del 19/03/2015 Cc. – dep. 20/04/2015 – Rv. 263401).

Per i decreti autorizzativi la motivazione può essere la minima necessaria a chiarire le ragioni del provvedimento con l’autonoma valutazione del giudice sulle richieste del P.M., considerando che tali mezzi di ricerca della prova vengono disposti nella fase iniziale delle indagini, quando gli elementi in possesso dell’accusa sono limitati e le intercettazioni vengono utilizzate proprio al fine di acquisire ulteriori più chiari elementi probatori (vedi Sez. 5, Sentenza n. 784 del 15/02/2000 Cc. – dep. 29/03/2000 – Rv. 215731 e Sez. 6, Sentenza n. 4057 del 22/12/1998 Cc. – dep. 06/10/1999 – Rv. 214777).

Su questi aspetti il ricorso nulla obietta, limitandosi a reiterare il motivo del riesame senza alcun confronto con le motivazioni dell’ordinanza.

4. Manifestamente infondato anche l’altro motivo sulla utilizzabilità delle intercettazioni, in relazione alla decisione delle Sezioni Unite (Sentenza n. 51 del 28/11/2019 Ud. – dep. 02/01/2020 – Rv. 277395 – 01).

In tema di intercettazioni i risultati delle captazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi; per procedimenti diversi si devono intendere quelli instaurati in relazione ad una notizia di reato che deriva da un fatto storicamente diverso da quello oggetto del procedimento nel quale erano state disposte, originariamente, le intercettazioni.

Nel nostro caso la notizia di reato (e i fatti) sono gli stessi sia per il procedimento iniziato dalla DDA di Trento (per la ipotizzabilità del reato ex art 416 bis cod. pen.) e sia per il procedimento poi proseguito dalla Procura della Repubblica di Bolzano dopo la trasmissione degli atti da parte della DDA di Trento.

Quello che rileva è la medesima notizia di reato per gli stessi fatti di contrabbando e di reato associativo (a prescindere dalla qualificazione del reato associativo ex art. 416 bis o 416 cod. pen.).

Il procedimento è unico e, quindi, non trova applicazione l’art. 270 cod. proc. pen., come interpretato dalla citata sentenza delle Sezioni Unite n. 51 del 2020 (vedi sul punto Sez. 3, Sentenza n. 29856 del 24/04/2018 Ud. – dep. 03/07/2018 – Rv. 275389).

Infatti, letteralmente l’art. 270 cod. proc. pen. indica l’inutilizzabilità (tranne le eccezioni ivi previste) delle intercettazioni in “procedimenti diversi” e i due procedimenti in oggetto nascono da una stessa notizia di reato; quello che è mutato è solo la diversa qualificazione giuridica del reato associativo, non sufficiente a far ritenere diversi i due procedimenti.

Può pertanto esprimersi il seguente principio di diritto: “In tema di intercettazioni, i risultati delle captazioni disposte nell’ambito di un procedimento non possono essere utilizzate in procedimenti diversi, tali dovendo intendersi quelli instaurati in relazione ad una notizia di reato che deriva da un fatto storicamente diverso da quello oggetto dell’indagine nel corso della quale il mezzo di ricerca della prova sia stato autorizzato, anche se tale fatto è emerso dallo svolgimento delle stesse intercettazioni, salvo che tra i fatti-reato, nonostante la differenza storica, sussista una connessione ex art. 12 cod. proc. pen. o, comunque, un collegamento ex art. 371, comma 2, lett. b) e c), cod. proc. pen., sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico, che vale a ricondurre ad unitarietà i procedimenti.

In motivazione, la Corte ha precisato che deve ritenersi lo stesso procedimento quello iniziato presso la DDA per l’art. 416 bis cod. pen. e poi proseguito sugli stessi fatti associativi e di contrabbando presso la Procura della Repubblica per il reato ex art. 416 cod. pen.).

5. Sui gravi indizi di colpevolezza, sulle esigenze cautelari e sull’adeguatezza della misura custodiale il ricorso è estremamente generico, non contiene motivi di legittimità.

Sul punto dei gravi indizi di colpevolezza, comunque, l’ordinanza impugnata evidenzia, con adeguata motivazione immune da vizi logici, la ricorrenza di gravi e plurimi elementi a carico dell’indagato, evidenziando con esaustiva motivazione come il ricorrente agiva autotrasportatore (fermato in flagranza di reato nel luglio 2018) e quale prestanome del capo (OMISSIS) – quale intestatario della (OMISSIS) s.r.I., cartiera utilizzata per le frodi fiscali -.

Dalle intercettazioni emergeva la completa conoscenza del sistema di frode (vedi intercettazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS) a proposito del camion trattenuto da (OMISSIS) per ottenere il pagamento dei trasporti illeciti).

6. Per la concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione dei reati gravi, l’ordinanza impugnata deve ritenersi adeguatamente motivata, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità, nell’individuazione della condotta delinquenziale del ricorrente in relazione ai numerosi episodi di trasporto con evasione delle imposte per ben 4.300.000,00 e con la falsificazione della documentazione (sequestrati anche i punzoni); inoltre, il gasolio era anche di pessima qualità con il rischio di seri danni ai mezzi che lo utilizzavano.

Infatti, «Il nuovo testo dell’art. 274, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 47 del 2015, se non consente di desumere il pericolo di fuga e di recidiva esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede, non osta alla considerazione, ai fini cautelari, della concreta condotta perpetrata e delle circostanze che la connotano, in quanto la modalità della condotta e le circostanze di fatto in presenza delle quali essa si è svolta restano concreti elementi di valutazione imprescindibili per effettuare una prognosi di probabile ricaduta del soggetto nella commissione di ulteriori reati» (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017 – dep. 25/10/2017, Silvestrin, Rv. 27152201; vedi anche Sez. 1, n. 37839 del 02/03/2016 – dep. 12/09/2016, Biondo, Rv. 26779801).

L’ordinanza impugnata poi evidenzia come in considerazione della spiccata capacità a delinquere del ricorrente, che aveva partecipato quale autista e quale prestanome, con la sua assenza di scrupoli (evidenziata anche dall’episodio dello sversamento del petrolio in aperta campagna e dalle modalità operative con i telefoni e con il collegamento con gli altri indagati), l’unica misura idonea per prevenire il pericolo di recidiva è quella della custodia cautelare in carcere, mancando peraltro un giudizio positivo sull’affidabilità dello stesso.

Il contrabbando di carburante, del resto, costituisce un’importante fonte di reddito del ricorrente che potrebbe continuare nei contatti con l’organizzazione criminale anche dal domicilio, mettendo a disposizione le sue conoscenze nel campo.

Il sequestro dei mezzi e del denaro non incide sulla recidiva in quanto il sistema in relazione alla durata nel tempo e all’entità dei viaggi non episodica potrebbe sempre essere riattivato con altri mezzi, in relazione agli ingenti guadagni che derivano dalle operazioni di contrabbando.

Il ricorso sul punto non si confronta con le adeguate motivazioni ma in via generica e con argomentazioni in fatto, peraltro reiterative del motivo del riesame al quale l’ordinanza ha fornito adeguata risposta, prospetta un vizio della motivazione.

7. Relativamente all’uso del braccialetto elettronico deve rilevarsi che «Il giudizio del Tribunale del riesame sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sulla impossibilità di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall’art. 275-bis cod. proc. pen.» (Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017 – dep. 26/06/2017, Caterino, Rv. 27046301; vedi anche Sez. U, n. 20769 del 28/04/2016 – dep. 19/05/2016, Lovisi, Rv. 26665101).

Nel nostro caso, quindi, il Tribunale ha implicitamente valutato l’inidoneità del braccialetto elettronico per le gravi esigenze cautelari, in considerazione della ritenuta inadeguatezza pregiudiziale degli arresti domiciliari.

8. Alla dichiarazione dì inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter, disp.att.cod.proc.pen.

Così deciso il 9/3/2021.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.