La notifica della cartella di pagamento può avvenire anche mediante messaggio Pec allegando il documento informatico (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 18 ottobre 2023, n. 28852).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta da

FRANCO DE STEFANO       – Presidente –

CRISTIANO VALLE              – Consigliere –

AUGUSTO TATANGELO     – Consigliere –

PAOLO PORRECA               – Consigliere –

RAFFAELE ROSSI                 – Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2596/2021 R.G. proposto da

(omissis) (omissis) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in  (omissis)

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE

– intimato –

Avverso la sentenza n. 409/2020 del TRIBUNALE DI FROSINONE, pubblicata il 17 giugno 2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio tenuta il giorno 11 luglio 2023 dal Consigliere dott. RAFFAELE ROSSI.

FATTI DI CAUSA

1. La (omissis) (omissis) s.r.l. impugno una comunicazione preventiva di  iscrizione  di  fermo  amministrativo  su  veicolo  di  sua  proprietà notificata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, emessa, tra l’altro, per la soddisfazione di un credito causalmente ascritto a sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada.

2. Svolto il giudizio in contraddittorio con l’agente della riscossione, la domanda attorea e stata disattesa in ambedue i gradi di merito.

3. Ricorre per cassazione la (omissis) (omissis) s.r.l., affidandosi a sei motivi; non svolge difese in grado di legittimità l’intimata.

4. All’esito dell’adunanza camerale sopra indicata, il Collegio si e riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380-1 cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., si assume che il giudice territoriale abbia «erroneamente riferito il denunciato vizio della inesistenza della notifica dell’atto impugnato alla cartella di pagamento sottesa al preavviso di fermo non al preavviso, come invece denunciato dalla (omissis) (omissis).

La doglianza e inammissibile e, comunque, infondata.

1.1. Inammissibile per carente esposizione del fatto processuale, requisito prescritto dall’art. 366, primo comma, 3, cod. proc. civ.. L’impugnante lamenta, in sostanza, l’errata comprensione, ad opera del giudice di appello, dell’oggetto della domanda: ma di essa omette di riferire – per il tramite della trascrizione, nelle parti di interesse o comunque nei tratti essenziali, dei propri scritti difensivi nel ricorso di adizione di questa Corte – il contenuto in maniera compiuta ed idonea, mancando, in particolare, di precisare se la irregolarità della notificazione fosse stata lamentata con riferimento al preavviso di fermo oppure alla prodromica cartella.

Specificazione tanto più necessaria poiché la gravata sentenza, nella narrazione del fatto processuale, da conto di vizi notificatori denunciati con riguardo tanto alla cartella quanto al preavviso.

1.2. Ad ogni buon conto, la censura e destituita di fondamento.

La pronuncia in parola ha infatti vagliato nel merito i vizi di regolarità formale di tutti gli atti della riscossione dedotti in lite; ha poi argomentato la irrilevanza delle nullità notificatorie per intervenuta sanatoria facendo richiamo alla conoscenza del destinatario evinta dalla impugnativa proposta contro l’atto, circostanza univocamente riferibile soltanto alla comunicazione preventiva di fermo.

2. Con il secondo motivo, per violazione e falsa applicazione degli 20, 22 e 23 del codice dell’amministrazione digitale in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., si prospetta la giuridica inesistenza della notificazione, avvenuta a mezzo pec, per allegazione alla mail dell’atto in formato .pdf (copia per immagine su supporto informatico) e non già come documento informatico provvisto di firma digitale (.pdf nativo digitale).

2.1. Il motivo – sviluppato in maniera confusa ed aspecifica, dacché a tratti riferito alla notificazione della cartella, a tratti alla notificazione del preavviso di fermo – é inammissibile.

Sul punto, il giudice territoriale ha ritenuto irrilevante la mancata allegazione della copia della cartella di pagamento con file «pdf nativo» sul rilievo che si trattava di «atto già notificato nell’anno 2017, e quindi ben noto all’opponente, che, per di più, non contesta affatto la sua difformità rispetto all’originale».

L’argomentare del ricorrente non attinge criticamente la trascritta ratio decidendi: e tanto giustifica l’inammissibilità della doglianza.

2.2. Sol per dovere nomofilattico e nei limiti in cui il suo contenuto e dato evincere dalle modalità di formulazione della censura già rilevate ai fini della sua inammissibilità, si evidenzia la sua infondatezza.

Valorizzando le disposizioni dettate dall’art. 1, primo comma, lett. c), f) ed i-ter), del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 e dell’art. 20 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, questa Corte ha ripetutamente affermato che «la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”)», ossia, appunto, un file in formato PDF (portable document format), con l’ulteriore precisazione, che «nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale» (testualmente Cass. 27/11/2019, n. 30948; conf., ex multis, Cass. 05/10/2020, n. 21328; Cass. 08/07/2020, n. 14402).

Donde vizio della notifica per tale ragione non e dato riscontrare.

3. Il terzo mezzo rileva nullità della sentenza per motivazione inesistente ed apparente ex 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., in relazione all’eccepito vizio della notifica per assenza della relata.

3.1. Il motivo é infondato.

Ricorre «motivazione apparente», causa di nullità della sentenza, quando il giudice ometta di esporre i motivi, in fatto ed in diritto, della decisione, di rendere intellegibile l’iter logico seguito per pervenire al dictum reso, così impedendo la praticabilità di un controllo sull’esattezza  e  sulla  logicità  del  ragionamento  (sulla  nozione  di «motivazione apparente» cfr., tra le tantissime, Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. U., 22/09/2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 21/06/2016, n. 16599; Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 23/05/2019, n. 13977).

Nella vicenda in parola, il giudice territoriale ha compiutamente risposto al rilievo della parte attrice: «quanto alla relata di notifica» ha considerato «il vizio sanato con la proposizione dell’opposizione, avendo l’atto raggiunto il suo scopo, specie qualora non sia contestata la provenienza dell’atto».

Motivazione sintetica, ma adeguatamente sufficiente, poiché senza dubbio idonea a dare conto delle ragioni fondanti il dictum.

4. Con il quarto motivo, replicando in sostanza le deduzioni già poste a suffragio del secondo, il ricorrente assume violazione e falsa applicazione degli 20, 22 e 23 del codice dell’amministrazione digitale in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.: nuovamente sostiene la giuridica inesistenza della notificazione, dacché concretata nel caso dalla trasmissione di una mera scansione dell’atto, oltremodo priva della sottoscrizione digitale.

4.1. La doglianza e destituita di fondamento: valgano, a suffragio della conclusione, le argomentazioni già svolte sopra, sub § 2.2., da intendersi qui integralmente riportate e trascritte, in uno agli operati richiami ai precedenti arresti nomofilattici.

5. Il quinto motivo censura l’operata liquidazione delle spese legali, per violazione del m. 10 marzo 2014, n. 55, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ..

Sull’assunto che il valore della controversia era pari ad euro 1.066,20 (per essere l’impugnativa del fermo limitata alla sola cartella di pagamento per siffatto importo), l’impugnante rileva che i compensi liquidabili secondo i valori medi di tariffa (cui il giudicante aveva fatto richiamo) ammontano ad euro 640, sicche erronea risulta la quantificazione degli stessi in euro 2.025 operata in sentenza.

5.1. La doglianza e inammissibile, ancora una volta per carente esposizione del fatto processuale, in trasgressione del disposto dell’art. 366, primo comma, 3, cod. proc. civ..

La narrazione dello svolgimento della vicenda contenziosa compiuta nel libello introduttivo non consente a questa Corte – cui e precluso, per la natura del giudizio di legittimità ed altresì in considerazione del tipo di vizio dedotto, l’accesso ad altre fonti ed atti del processo – una chiara e sicura comprensione dell’esatto thema decidendum devoluto al giudice del merito e sul quale la gravata pronuncia ha statuito.

Più in particolare, la rappresentazione dei motivi dedotti a supporto dell’azione nel merito proposta genera non superabili incertezze circa la direzione della domanda di annullamento, cioè a dire se essa avesse ad oggetto la comunicazione di preavviso di fermo nella sua interezza (come sembrerebbe inferirsi da alcuni vizi denunciati, attinenti alla regolarità formale di tale atto nel suo complesso e, quindi, miranti ad una caducazione integrale dello stesso), oppure soltanto una cartella ad esso sottesa (cartella del valore di euro 1.066,20, ovvero parte del credito totale azionato con il fermo, pari ad euro 2.999,08).

Sul punto, non traendosi elementi dalla gravata sentenza, la mancata riproduzione, nel ricorso di adizione di questa Corte, delle conclusioni rassegnate nel giudizio di merito impedisce di poter apprezzare il valore della causa, parametro di determinazione della contestata liquidazione, e, quindi, in ultima analisi, di vagliare la fondatezza nel merito del motivo de quo.

6. Il sesto motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ..

Ad avviso dell’impugnante, e errata la «condanna al pagamento» del raddoppio del contributo unificato per difetto dei presupposti, in specie poiché l’appello non è stato dichiarato ne inammissibile, ne improcedibile ne rigettato integralmente.

6.1. La doglianza é inammissibile.

Basti, sul tema, ribadire il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la declaratoria della sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, in ragione della inammissibilità o improcedibilità o dell’integrale rigetto della impugnazione, non ha natura di condanna – non riguardando l’oggetto del contendere tra le parti in causa – bensì la funzione di agevolare l’accertamento amministrativo sulla correlata obbligazione tributaria: la attestazione resa dalla sentenza non può pertanto formare oggetto di impugnazione, restando riservata alla competente sede del giudizio tributaria ogni contestazione ad opera delle parti circa i presupposti della debenza del c.d. doppio contributo (in tal senso, ex multis, Cass. 27/11/2020,  n.  27131;  Cass.  13/11/2019,  n.  29424;  Cass. 11/06/2018, n. 15166; Cass. 09/11/2016, n. 22867).

7. Rigettato il ricorso, non vi e luogo a provvedere sulle spese del grado, in ragione della indefensio della parte

8. Atteso il rigetto del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 11 luglio 2023.

Il Presidente

Dott. Franco De Stefano

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.