Lavoro in giornata festiva e niente riposo compensativo: sì alla maggiorazione del compenso, no al risarcimento (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 25 agosto 2022, n. 25336).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 439-2021 proposto da:

(OMISSIS) GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS) 100/C, presso lo studio dell’avvocato ANNA (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato BARTOLO GIUSEPPE (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

COMUNE di GRUMO NEVANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA (OMISSIS) 18, presso lo studio dell’avvocato NUNZIO (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1514/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 16/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/05/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO.

RILEVATO CHE

1. la Corte d’Appello di Napoli, adita dal Comune di Grumo Nevano, ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto il ricorso di Giuseppe (OMISSIS) ed aveva condannato l’ente municipale al pagamento della somma di € 9.373,00 a titolo di risarcimento del danno per l’attività di vigile urbano svolta in giorno festivo infrasettimanale senza fruire di riposo compensativo;

2. la Corte territoriale ha premesso che l’appellato aveva agito in giudizio invocando l’applicazione dell’art. 24, 2° comma, del CCNL 14.9.2000 per il personale del comparto enti locali, sul presupposto che le maggiorazioni previste da detta disposizione contrattuale fossero cumulabili con il trattamento per attività prestata in giorno festivo disciplinata per i lavoratori turnisti dall’art. 24 dello stesso CCNL;

3. il giudice d’appello ha interpretato le disposizioni contrattuali in rilievo e, richiamando anche giurisprudenza di questa Corte, ha affermato che in caso di prestazione resa in giornata festiva infrasettimanale o in quella domenicale i dipendenti che svolgono la prestazione lavorativa con il sistema dei turni possono rivendicare unicamente il trattamento retributivo previsto dall’art. 22 del CCNL che compensa interamente il disagio derivante dalla particolare articolazione dell’orario;

4. la Corte distrettuale ha aggiunto che quanto al godimento del riposo settimanale l’originario ricorrente aveva solo «accennato» al mancato riposo e non aveva introdotto la questione specifica dello «sforamento» del termine bimestrale previsto dalla contrattazione collettiva né aveva indicato quali giornate domenicali non fossero state recuperate;

5. ha precisato che dalla contumacia del Comune non derivava la non contestazione delle circostanze dedotte in ricorso ed infine ha rilevato che il danno da usura psicofisica doveva essere allegato e provato dall’appellato che nulla aveva dedotto al riguardo;

6. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Giuseppe (OMISSIS) sulla base di cinque motivi, ai quali il Comune di Grumo Nevano ha replicato con controricorso;

7. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

8. il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ.

CONSIDERATO CHE

1. con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 22 e 24 del CCNL 14 settembre 2000 per il personale del comparto enti locali, dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. e sostiene, in sintesi, che ha errato la Corte territoriale sia nel ritenere non cumulabili le maggiorazioni previste dagli artt. 22 e 24 del citato C.C.N.L. sia nell’omettere di pronunciare sulla questione, che era stata espressamente posta, della mancata concessione dei riposi compensativi;

1.1. richiama giurisprudenza di legittimità e di merito e deduce che i principi affermati dalla Corte territoriale non si attagliano alla fattispecie in quanto il ricorrente aveva espressamente dedotto di non aver fruito del riposo e, quindi, di avere superato l’ordinario orario di lavoro;

2. la seconda censura denuncia ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. la violazione degli artt. 36 Cost., 2109, 2043 e 2087 cod. civ. perché, contrariamente a quanto asserito dalla Corte territoriale, la domanda di risarcimento del danno era stata proposta proprio facendo leva sull’illegittimità del turno, che prevedeva la sistematica elusione del diritto al riposo settimanale;

2.1. aggiunge che le date nelle quali la prestazione lavorativa era stata resa oltre il sesto giorno risultavano certificate dal Comandante della Polizia Municipale e ribadisce che il Comune aveva sistematicamente violato il principio, di rilievo costituzionale, del necessario riposo settimanale;

3. con il terzo motivo, ricondotto al vizio di cui all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., il ricorrente si duole della violazione degli artt. 36 Cost., 2697 e 2059 cod. civ. e sostiene, in sintesi, che il danno da usura psicofisica, che può essere provato anche attraverso presunzioni, è in re ipsa qualora, come nella fattispecie, il lavoro venga prestato oltre il sesto giorno consecutivo;

4. la quarta critica, che addebita alla sentenza gravata la violazione dell’art. 1374 cod. civ., torna a sostenere che in caso di lavoro prestato nel settimo giorno la maggiore gravosità non può essere compensata solo dall’indennità di turnazione e, quindi, occorre applicare anche l’art. 24 del CCNL, specificamente rivolto a ristorare il sacrificio del dipendente chiamato a svolgere la prestazione in giorno festivo;

5. infine con il quinto motivo è denunciata la violazione degli artt. 416, comma 3, e 116 cod. proc. civ. nonché dell’art. 111 cost. perché ha errato la Corte d’appello nel ritenere i fatti non provati, fatti che non erano stati contestati dal Comune, rimasto contumace;

5.1. aggiunge il ricorrente che il Tribunale, proprio valorizzando la non contestazione, non aveva ammesso i mezzi istruttori, sicché il giudice d’appello, nell’esprimere un diverso convincimento quanto alle conseguenze della contumacia, ha finito per negare alla parte il diritto di provare i fatti costitutivi della sua domanda;

6. i primi quattro motivi di ricorso, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logica e giuridica, sono inammissibili, nella parte in cui addebitano alla Corte territoriale di non avere correttamente interpretato la domanda e di avere presupposto una ricostruzione dei fatti diversa da quella allegata, ed infondati per il resto;

6.1. quanto al primo aspetto, rileva il Collegio che le censure sono formulate senza il necessario rispetto degli oneri imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., perché il ricorso non riporta, nelle parti essenziali, il contenuto degli atti introduttivi del giudizio di merito, né fornisce indicazioni sulla loro localizzazione nel fascicolo processuale sicché non è dato comprendere ex actis (neppure dall’intera lettura del ricorso, carente nell’esposizione dei fatti quanto alla descrizione dei turni imposti dal Comune di Grumo Nevano) su quali basi fattuali il ricorrente avesse fondato la sua domanda, che la Corte d’appello ha respinto anche per la genericità delle allegazioni, rilevando, a pag. 6 della motivazione, che era stato solo accennato al mancato riposo e, comunque, non erano state indicate con la dovuta specificità, le giornate domenicali in concreto non recuperate;

7. la sentenza impugnata ha deciso la controversia attenendosi all’orientamento, inaugurato da Cass. n. 8458/2010 ed ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. fra le tante Cass. n. 32905/2021; Cass. n. 19326/2021; Cass. n. 28628/2020), secondo cui la speciale disciplina dettata dall’art. 22 del CCNL 2000 compensa interamente il disagio che deriva dall’articolazione dell’orario, a condizione che risulti rispettato il limite massimo settimanale, sicché l’applicazione dell’art. 24 dello stesso contratto, che riguarda l’attività prestata in giorno festivo, resta limitata ai casi in cui si verifichi un’eccedenza rispetto al normale orario di lavoro assegnato al turnista, ossia qualora, in via eccezionale ovvero occasionale, al lavoratore venga richiesto di prestare la propria attività nella giornata di riposo settimanale che gli compete in base al turno assegnato;

7.1. detto orientamento, qui ribadito, è stato richiamato anche dalla Corte territoriale la quale, con accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, ha dato atto dell’avvenuta corresponsione al ricorrente, da parte del Comune di Grumo Nevano, della maggiorazione prevista dall’art. 22 del CCNL ed ha escluso che il compenso potesse sommarsi con quello previsto dall’art. 24, perché la prestazione nel giorno festivo era stata resa nel rispetto dei turni programmati e senza che si fosse verificata un’eccedenza rispetto all’orario complessivo settimanale;

8. anche in relazione al danno da usura psicofisica i motivi presentano i medesimi profili di inammissibilità sopra evidenziati e sovrappongono e confondono l’ipotesi del mancato godimento del riposo, in relazione al quale il giudice d’appello ha escluso che fosse stata data la prova, con quella del godimento concesso oltre il settimo giorno;

8.1. questa Corte ha già affermato, ed il principio deve essere qui ribadito, che né la disciplina contrattuale applicabile alla fattispecie né le fonti normative interne e sovranazionali impongono che il godimento del riposo, che deve essere assicurato in ragione di un giorno su sette, debba anche avvenire sempre nel settimo giorno consecutivo e, pertanto, è smentita in radice la tesi del ricorrente, secondo cui il mancato rispetto dell’intervallo temporale sarebbe sufficiente a generare un danno da usura psico-fisica, risarcibile a prescindere da ogni allegazione e prova del danno (Cass. n. 41891/2021; Cass. n. 41273/2021);

8.2. né a diverse conclusioni sono giunti Cass. n. 24563/2016 e Cass. n. 24180/2013 che, in continuità con Cass. S.U. n. 142/2013, hanno riconosciuto il danno da usura psico-fisica in ragione della prestazione di lavoro nel settimo giorno consecutivo, perché in quei casi, pur venendo in rilievo il sistema di turnazione imposto da ente territoriale ad appartenenti alla Polizia Municipale, la Corte territoriale aveva accertato la totale soppressione del riposo settimanale, sia pure limitata ad una settimana su cinque, non già il mero spostamento temporale dello stesso;

8.3. quelle pronunce hanno ribadito che qualora la fruizione del risposo avvenga oltre il settimo giorno, ma nel rispetto della disciplina contrattuale e normativa inerente la specifica organizzazione del tempo di lavoro, al lavoratore, ferma la necessità di assicurare il riposo compensativo, per l’attività lavorativa svolta nel settimo giorno sarà dovuta solo la maggiorazione del compenso prevista dalle parti collettive, in ragione della maggiore gravosità del lavoro prestato;

8.4. la risarcibilità del danno da usura psico-fisica, invece, presuppone che la prestazione nel settimo giorno sia stata resa in assenza di previsioni legittimanti ed in violazione degli artt. 36 Cost. e 2109 cod. civ., perché o solo in tal caso la perdita definitiva del riposo settimanale è di per sé produttiva di danno, che può essere liquidato in via equitativa, a prescindere dalla prova del pregiudizio subito;

8.5. in altri termini quelle pronunce hanno affermato principi dai quali non si è discostata la Corte territoriale perché, anche in ragione della genericità delle allegazioni contenute nell’atto introduttivo, ha ritenuto non provata l’asserita violazione della normativa legale e contrattuale sul godimento del riposo settimanale;

9. infine è infondato anche il quinto motivo perché la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio di diritto secondo cui la contumacia del convenuto non vale a rendere non contestati i fatti allegati dall’altra parte, né altera la ripartizione degli oneri probatori e non esonera l’attore dal fornire la prova di tutti i fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio (cfr. fra le tante Cass. nn. 30908, 30326, 7860 del 2021);

9.1. quanto, poi, alla mancata ammissione dei mezzi istruttori (non ammessi dal Tribunale che, diversamente dal giudice d’appello, aveva ritenuto i fatti non contestati) il ricorrente, oltre a non riportare nel ricorso i capitoli non ammessi (il che impedisce ogni valutazione sulla decisività delle circostanze) non allega né dimostra di avere reiterato in appello le richieste istruttorie non ammesse;

9.2. va ribadito al riguardo che «nel rito del lavoro, l’appellante che impugna “in toto” la sentenza di primo grado, insistendo per l’accoglimento delle domande, non ha l’onere di reiterare le istanze istruttorie pertinenti a dette domande, ritualmente proposte in primo grado, in quanto detta riproposizione è insita nella istanza di accoglimento delle domande, mentre la parte appellata, vittoriosa in primo grado, non riproponendo alcuna richiesta di riesame della sentenza, ad essa favorevole, deve manifestare in maniera univoca la volontà di devolvere al giudice del gravame anche il riesame delle proprie richieste istruttorie sulle quali il primo giudice non si è pronunciato, richiamando specificamente le difese di primo grado, in guisa da far ritenere in modo inequivocabile di aver riproposto l’istanza di ammissione della prova» (Cass. n. 11703/2019);

10. alla luce delle considerazioni che precedono va disattesa l’istanza, formulata dal ricorrente nella memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ., di rimessione alle Sezioni Unite, perché va escluso il denunciato contrasto sulle questioni di diritto che vengono in rilievo e perché non vengono prospettati argomenti che possano indurre il Collegio a rimeditare un orientamento, ormai consolidato nelle pronunce di questa Corte, sulla base del quale il giudice d’appello ha deciso la controversia;

11. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

12. ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed € 3.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso nell’Adunanza camerale del 26 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.