REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da:
Dott. ROSA PEZZULLO – Presidente –
Dott. TIZIANO MASINI – Consigliere –
Dott. MARIA TERESA BELMONTE – Consigliere –
Dott. EGLE PILLA – Relatore –
Dott. VINCENZO SGUBBI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (CUI (omissis)) nato il xx/xx/19xx;
(OMISSIS) (OMISSIS) (CUI (omissis)) nato il xx/xx/19xx;
(OMISSIS) (OMISSIS) (CUI (omissis)) nato il xx/xx/19xx;
avverso l’ordinanza del 07/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa EGLE PILLA;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, Dott.ssa MARIELLA DE MASELLIS, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Lette le conclusioni scritte del difensore, avv. (omissis) (omissis), pervenute in data 6 dicembre 2023, per i ricorrenti che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 7 settembre 2023 la Corte di appello di Milano ha dichiarato la inammissibilità dell’atto di impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Milano del 26 maggio 2023 nei confronti di (omissis) (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) con la quale gli imputati erano stati condannati alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 497 bis cod. pen.
L’ordinanza ha ritenuto l’atto di appello inammissibile per violazione dell’art. 581 comma iter cod. proc. pen. introdotto dal D.Igs. 150/2022 (cd. Riforma Cartabia) in base al quale: “Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.
2. Avverso la decisione della Corte di Appello hanno proposto ricorso gli imputati, con atto sottoscritto dal comune difensore di fiducia, deducendo un unico motivo di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con l’unico motivo, è stata dedotta violazione di legge in relazione alla disposizione citata.
La difesa rappresenta che:
– il dettato dell’art. 581 comma iter cod. proc. pen. non prevede che la elezione di domicilio debba essere necessariamente effettuata dopo la pronunzia della sentenza impugnata e che debba essere una dichiarazione/elezione di domicilio espressamente finalizzata alla notifica del decreto di citazione;
– nel caso di specie l’allegazione era relativa all’elezione di domicilio espressamente effettuata in sede di convalida dell’arresto, ritenendosi così osservata la disposizione prevista a pena di inammissibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. L’unico motivo di ricorso risulta manifestamente infondato.
1.1. La nuova disposizione dell’art. 581, comma iter, cod. proc. pen., come introdotta dal d.Igs. 10 ottobre 2022, n. 150 riproduce quanto previsto dall’art. 1, comma 13, lett. a) della legge delega legge 27 settembre 2021, n.134: “fermo restando il criterio di cui al comma 7, lettera h), dettato per il processo in assenza, prevedere che con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, sia depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione”.
Nella Relazione illustrativa al d.lgs. n.150/2022 si legge: “[..] Il comma 1 ter dell’art. 581 cod. proc. pen., in attuazione del criterio di cui all’art. 1, comma 13, lett. a) della legge delega, introduce un’ulteriore condizione di ammissibilità dell’impugnazione: con l’atto d’impugnazione deve essere presentata la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione. [..1”.
La nuova disposizione dell’art. 581, comma iter cod. proc. pen. si coordina:
– con l’art. 157-ter comma terzo cod. proc. pen. (Notifiche degli atti introduttivi del giudizio all’imputato non detenuto) secondo cui: “In caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 581, commi 1 ter e 1 quatern;
– con il novellato art. 164 cod. proc. pen. la cui attuale rubrica è “Efficacia della dichiarazione e dell’elezione di domicilio” che stabilisce che: “La determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall’articolo 156, comma 1.”.
La nuova formulazione di quest’ultimo articolo ha modificato la precedente disposizione nella rubrica (la precedente rubrica era “Durata del domicilio dichiarato o eletto”) nonché il contenuto della stessa che in precedenza stabiliva che la dichiarazione o l’elezione di domicilio era valida “[..] per ogni stato e grado del procedimento [..]”.
La eliminazione di siffatta disposizione che riconosceva validità “illimitata” alla dichiarazione o l’elezione di domicilio già presente in atti, salvo la possibilità per l’interessato di comunicare eventuali variazioni o modifiche, consente di interpretare correttamente la norma in esame nel senso che il soggetto che intende impugnare la sentenza di primo grado non può “utilizzare” la dichiarazione o elezione di domicilio nel precedente grado effettuata, che non risulta più valida in ogni stato e grado del processo.
La conseguenza immediata è che con la presentazione dell’impugnazione l’adempimento richiesto non è soddisfatto con l’allegazione di una dichiarazione/elezione di domicilio in precedenza effettuata, non avendo più la stessa durata illimitata secondo le precedenti indicazioni dell’art.164 cod. proc. pen., ma è necessario che l’interessato fornisca nuovamente, anche nell’ipotesi in cui lo abbia già fatto in precedenza, la indicazione di un domicilio dichiarato o eletto.
1.2. Siffatta interpretazione risulta conforme altresì alla ratio della norma.
Al riguardo giova richiamare le recenti pronunzie di questa Corte, (Sez. 5 n.46831 del 22 settembre 2023, Iacuzio, non mass.; Sez. 4 n.43718 dell’11/10/2023, Ben Khalifa Mohamed, Rv.285324) che, chiamate a pronunziarsi sulla sospetta incostituzionalità dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. e ritenendo la questione manifestamente infondata, hanno ribadito quale sia la ratio legis che sostiene la disposizione in esame.
Le difese, infatti, avevano lamentato una possibile violazione dell’art. 3 Cost. per una denunciata disparità di trattamento, avendo il legislatore con la disposizione in esame richiesto non solo a chi mai abbia eletto domicilio, ma anche a chi abbia a tanto già provveduto nel corso del giudizio, una ‘nuova’ elezione/dichiarazione di domicilio.
Dopo avere chiarito che “quanto agli adempimenti richiesti dal legislatore per l’accesso al giudizio” il legislatore gode di ampia discrezionalità e il controllo di costituzionalità deve limitarsi a riscontrare se sia stato o meno superato il limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute, (Corte cost., sent. n. 212 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011, n. 229 del 2010, n. 50 del 2010, n. 221 del 2008 e n. 1130 del 1988; ordinanza n. 141 del 2001), questa Corte ha quindi proceduto a verificare la ragionevolezza (o meno) del “sacrificio”, consistente nella richiesta di allegazione di una (eventualmente nuova) dichiarazione o elezione di domicilio.
La ratio legis, condivisa da questo Collegio e dalla precedenti pronunzie, è stata individuata nella “esigenza generale, che ha inspirato la riforma del processo in absentia (ossia la certezza della conoscenza del processo a suo carico da parte dell’imputato)”, prevedendo a tal fine il legislatore “un onere collaborativo, riguardante sia il processo celebrato in assenza sia quello in cui l’imputato abbia avuto conoscenza del giudizio, onere finalizzato alla regolare celebrazione della fase del processo di secondo grado. E ciò [anche] ai fini di assicurarne la ragionevole durata ed impedire una eventuale dichiarazione di improcedibilità” (Sez. 4 n. 22140 del 03/05/2023, En Naji Kamal Rv. 284645).
Che l’adempimento richiesto sia finalizzato alla certa conoscenza del processo per l’imputato trova ulteriore conferma nella mancata applicazione di tale disciplina per il caso in cui l’imputato sia detenuto al momento della notifica dell’atto di citazione atteso che, in tal caso, la stessa andrà effettuata a mani proprie e, dunque, senza che sia necessario il deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio.
L’onere di elezione o dichiarazione di domicilio, in funzione del giudizio di impugnazione che si va a promuovere, ha poi una chiara funzione ulteriore: – quella di consentire la rapida notifica del decreto di citazione a giudizio, che è il primo atto introduttivo del grado da notificare personalmente all’imputato, come è per gli altri atti introduttivi, ai sensi degli artt.157-ter, commi 1 e 3, e 601 cod. proc. pen. esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto.
1.3. Il “sacrificio” richiesto all’appellante del deposito di una nuova dichiarazione/elezione di domicilio non appare, alla luce delle considerazioni espresse, irragionevole e/o ingiustificato se si confronta con la individuata esigenza della certa conoscenza della celebrazione del processo di appello e della partecipazione consapevole allo stesso, nonché della tempestiva notifica della citazione a giudizio.
La richiesta di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio, a pena di inammissibilità, per tutti coloro che dopo la celebrazione di un grado di giudizio, vogliano procedere ad un giudizio di impugnazione risulta “ragionevole” nei termini richiesti dalla giurisprudenza costituzionale.
Peraltro, questa Corte ha ulteriormente evidenziato – Sez. 5 n.46831/2023 cit.- che la richiesta di deposito di una nuova dichiarazione/elezione di domicilio, quale condizione di ammissibilità dell’impugnazione appare ragionevole anche in ragione “[..] della esperienza della durata dei giudizi e del tempo trascorso dalla fase delle indagini -nel corso della quale potrebbe già essere intervenuta la dichiarazione o elezione di domicilio ai sensi dell’art. 161, comma 1, cod. proc. pen. – a quella della impugnazione [..]”.
2. Nel caso di specie, dagli atti del fascicolo esaminati dal Collegio in considerazione del dedotto error in procedendo (Sez. U., n.42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv.220092) risulta che:
– in sede di udienza di convalida dell’arresto, svoltasi in data 24 aprile 2023, gli allora indagati, difesi di ufficio dall’avv. (omissis) (omissis), eleggevano domicilio ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen. “presso il difensore”;
– a seguito dell’udienza di convalida, il giudice pronunciava ordinanza con la quale disponeva la immediata liberazione degli indagati e disponeva procedersi con il giudizio direttissimo;
– il giudizio era rinviato all’udienza del 26 maggio 2023 per la definizione nelle forme del rito abbreviato;
– all’udienza del 26 maggio 2023 il Giudice monocratico condannava gli imputati alla pena di giustizia, previa riduzione del rito, condizionalmente sospesa;
– avverso siffatta sentenza il difensore in data 5 luglio 2023 proponeva appello nell’interesse degli attuali ricorrenti depositando l’atto di appello e allegando allo stesso l’elezione di domicilio effettuata dagli allora indagati nel corso dell’udienza di convalida.
2.1. Alla luce delle considerazioni sinora svolte l’avvenuta allegazione all’atto di appello della precedente elezione di domicilio effettuata in occasione dell’udienza di convalida dell’arresto e dunque nel primo grado di giudizio, non soddisfa la richiesta di deposito di dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione, richiesta a pena di inammissibilità: era necessario che gli imputati eleggessero o dichiarassero nuovamente un domicilio.
Siffatta nuova manifestazione di volontà, eventualmente confermativa della precedente dichiarazione/elezione, nasce dall’esigenza-sottesa alla ratio della norma- della necessaria e certa conoscenza del processo di impugnazione e della tempestiva notifica dell’atto introduttivo del nuovo giudizio.
3. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e alla corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 10 gennaio 2024.
Il Consigliere est. Il Presidente
Dott.ssa Egle Pilla Dott.ssa Rosa Pezzullo
Depositato in Cancelleria, Roma lì 24 gennaio 2024.
Il Funzionario Giudiziario
Dott.ssa Carmela Lanzuise