LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
composta dai signori magistrati:
dott. Franco DE STEFANO – Presidente
dott. Pasqualina Anna P. CONDELLO – Consigliera
dott. Augusto TATANGELO – Consigliere – relatore
dott. Raffaele ROSSI – Consigliere
dott. Salvatore SAIJA – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 17776 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto da
(omissis) (omissis), (omissis) (omissis) (omissis) rappresentati e difesi dagli avvocati (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis);
-ricorrenti-
nei confronti di
(omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) rappresentati e difesi dall’avvocato (omissis) (omissis);
-controricorrenti-
per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 566/2022, pubblicata in data 2 maggio 2022;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal consigliere dr. Augusto Tatangelo.
Fatti di causa
All’esito di un procedimento esecutivo per l’esecuzione di obblighi di fare promosso nei confronti di (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis), i creditori procedenti (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis) hanno chiesto ed ottenuto decreto d’ingiunzione per la liquidazione delle relative spese, ai sensi dell’art. 614 c.p.c., per un importo pari ad € 16.000,00.
Gli obbligati ingiunti hanno proposto opposizione.
Il Tribunale di Pesaro ha accolto l’opposizione, revocato il decreto ingiuntivo e condannato gli ingiunti al pagamento della minor somma di € 11.912,21, oltre accessori.
La Corte d’appello di Ancona, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato improseguibile l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dagli obbligati.
Ricorrono (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (omissis), sulla base di tre motivi.
Resistono con controricorso (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), anche quali eredi di (omissis) (omissis) (omissis), deceduto nel corso del giudizio di merito.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
1. Risulta logicamente preliminare l’esame del secondo motivo del ricorso, con il quale si denunzia «violazione degli artt. 614 e 645 c.p.c.in relazione all’art. 360 comma 1° n. 3 c.p.c.».
Secondo i ricorrenti, vi sarebbe una «competenza, funzionale ed inderogabile, del G.E. (prima della riforma del Pretore) sia ad emettere il decreto ingiuntivo ex art. 614 c.p.c., sia a decidere sulle opposizioni avverso detto decreto»; ne conseguirebbe, non solo «che il ricorso per decreto ingiuntivo non viene iscritto al Ruolo Generale ordinario per poi essere assegnato al G.E., ma viene depositato direttamente nel fascicolo al quale si riferisce presso la Cancelleria Esecuzioni», ma ne dovrebbe altresì discendere che sarebbe «quindi incomprensibile ed illogico il motivo per cui l’opposizione a decreto non debba seguire una sorte analoga, dovendo invece transitare per una diversa Cancelleria per poi essere assegnata al giudice competente, già perfettamente identificato».
Il motivo è infondato.
Non vi è dubbio che sussiste la competenza funzionale ed inderogabile del giudice dell’esecuzione, in quanto tale, ad emettere il decreto d’ingiunzione di cui all’art. 614 c.p.c. e va, in proposito, senz’altro confermato il consolidato principio di diritto, richiamato dai ricorrenti, secondo il quale la relativa istanza può essere proposta allo stesso giudice dell’esecuzione, con ricorso a lui diretto e depositato nel fascicolo dell’esecuzione già formato, senza necessità di alcuna iscrizione a ruolo, in quanto si tratta di un decreto d’ingiunzione con un particolare oggetto, cioè la liquidazione delle spese del processo esecutivo per l’esecuzione degli obblighi di fare, e la competenza a liquidare le spese di qualunque processo, in base ai principi generali, spetta, di regola ed in via esclusiva, al giudice davanti al quale il processo si è svolto, sia esso un processo di cognizione, sia esso un processo di esecuzione.
Lo stesso art. 614 c.p.c., d’altra parte, prevede espressamente, nell’ambito delle disposizioni di cui al Titolo IV del Libro III, dettate per la disciplina del processo di «esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare», che è proprio il giudice dell’esecuzione, in quanto tale, che «quando riconosce giustificate le spese denunciate, provvede con decreto a norma dell’articolo 642» (cioè, con un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo).
Nulla prevede, invece, tale disposizione in ordine all’opposi- zione al decreto d’ingiunzione emesso dal giudice dell’esecuzione, per la quale, di conseguenza, si applicano le disposizioni ordinarie (artt. 633 e ss. c.p.c.).
Ne deriva che, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, la competenza funzionale ed inderogabile a decidere in ordine all’opposizione al decreto d’ingiunzione emesso dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 614 c.p.c., non è una “competenza funzionale” del giudice dell’esecuzione in quanto tale, trattandosi, invece, dell’ordinaria competenza funzionale ed inderogabile a decidere sull’opposizione al decreto ingiuntivo prevista dall’art. 645 c.p.c., cioè quella che spetta, in generale, all’ufficio giudiziario «al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto»: in questo caso, dunque, all’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice dell’esecuzione che ha emesso il decreto di cui all’art. 614 c.p.c. (in passato, il Pretore, oggi il Tribunale, pur sempre intesi ciascuno come ufficio giudiziario nel suo complesso).
Ne deriva, altresì, che l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 614 c.p.c., a differenza del ricorso per l’emissione di detto decreto (che, come appena chiarito, può effettivamente essere depositato nel fascicolo dell’esecuzione già formato ed iscritto nel relativo registro, senza ulteriore iscrizione nel ruolo degli affari contenziosi o dei procedimenti speciali, in quanto la sua emissione spetta al giudice dell’esecuzione stesso, in quanto tale), va senz’altro iscritta nel ruolo generale degli affari contenziosi dell’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice dell’esecuzione stesso, e la sua trattazione spetta a tale ufficio giudiziario, ma non necessariamente al medesimo giudice dell’esecuzione che lo ha pronunciato, ai sensi dell’art. 645 c.p.c., pur non essendo –naturalmente– illegittima (anzi probabilmente essendo addirittura opportuna) una eventuale previsione di natura meramente tabellare ed interna del singolo ufficio giudiziario che ne preveda l’assegnazione ad un giudice destinato allo svolgimento di funzioni di giudice dell’esecuzione.
È poi appena il caso di precisare che nulla osta alla designazione dello stesso giudice dell’esecuzione che lo abbia emesso (circostanza che, peraltro, non modifica in alcun modo il regime dell’iscrizione a ruolo, nella specie rilevante), visto che non opera, quanto alla opposizione a decreto ingiuntivo ed in ragione della sua struttura di ordinario giudizio bifasico ad ambito differenziato di cognizione ed a contraddittorio differito ed eventuale, il criterio della prevenzione idoneo a postulare l’esigenza di una alterità soggettiva tra il giudicante che ha pronunciato il decreto monitorio e quello investito della successiva fase di opposizione.
Di conseguenza, il motivo di ricorso in esame deve ritenersi infondato, in applicazione dei seguenti principi di diritto:
«poiché l’art. 614 c.p.c. prevede la competenza funzionale ed inderogabile del giudice dell’esecuzione, in quanto tale, ad emettere il decreto d’ingiunzione per la liquidazione delle spese del processo esecutivo per obblighi di fare, la relativa istanza può essere proposta allo stesso giudice dell’esecuzione, con ricorso a lui diretto e depositato nell’ambito del fascicolo dell’esecuzione già formato, senza necessità di alcuna ulteriore iscrizione a ruolo; al contrario, l’opposizione al suddetto decreto ingiuntivo emesso dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 614 c.p.c., per la quale tale ultima disposizione non prevede alcuna competenza funzionale ed inderogabile del giudice dell’esecuzione in quanto tale, è regolata dalle disposizioni generali dettate per il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo e, di conseguenza, ai sensi dell’art. 645 c.p.c., il giudizio di opposizione rientra nella competenza funzionale dell’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione stesso, indifferenziatamente inteso, non ravvisandosi tra giudici dello stesso ufficio giudiziario (tranne il solo caso di alcune sezioni specializzate) alcuna questione di competenza; pertanto, il relativo atto introduttivo va iscritto nel ruolo generale degli affari contenziosi di tale ufficio ed il procedimento va assegnato in base ai criteri stabiliti dalle tabelle di ripartizione degli affari previste dall’art. 7 bis del r.d. n. 12 del 1941, che legittimamente possono prevedere anche la designazione, peraltro senza diretta rilevanza per la validità degli atti del procedimento, di un magistrato incaricato delle funzioni di giudice dell’esecuzione o, perfino, dello stesso giudice che ha emesso il decreto opposto».
2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia «violazione degli artt. 156, c.3, 165, 168 c.p.c. e 71 disp.att. c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1° n. 3 c.p.c.».
Con il terzo motivo si denunzia «Violazione degli artt. 113, 156, c.3,165, 168 c.p.c. e 71 disp.att. c.p.c. in relazione all’ art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c.».
Il primo e il terzo motivo sono logicamente e giuridicamente connessi e possono, pertanto, essere esaminati congiuntamente.
I ricorrenti contestano la sentenza impugnata «per aver ricollegato acriticamente alla sola mancanza della nota d’iscrizione l’invalidità della costituzione in giudizio» (primo motivo) e per avere (terzo motivo) omesso di valutare che «la mancanza della nota di iscrizione a ruolo non ha comportato, tra l’altro, alcuna compromissione del contraddittorio, dal momento che i sig.ri (omissis)-(omissis) si erano costituiti il 18.11.2016 proprio nella causa di opposizione avanti al G.E., in tempo utile per l’udienza del 07.12.2016 (che poi il G.E. non tenne), senza eccepire la mancanza della nota di iscrizione a ruolo e svolgendo anzi le difese nel merito, quindi accettando il contraddittorio».
Anche questi motivi sono infondati.
Il deposito dell’atto di opposizione e degli altri documenti (fascicolo documenti, contributo unificato e marca di iscrizione a ruolo, secondo quanto riferiscono gli stessi ricorrenti) è, pacificamente, avvenuto nel fascicolo dell’esecuzione già formato per lo svolgimento del procedimento di esecuzione forzata per obblighi di fare, che risultava, ovviamente, iscritto non nel ruolo degli affari contenziosi ma nel registro speciale dei procedimenti esecutivi (precisamente al n. 207 dell’anno 2004 del R.G.E.), mentre non vi è stata, in tale fase, alcuna iscrizione del giudizio di opposizione nel ruolo degli affari contenziosi (R.G.A.C.), come sarebbe stato necessario per consentirne la trattazione, appunto in sede contenziosa, da parte dell’ufficio giudiziario.
Di conseguenza, del tutto correttamente il giudice dell’esecuzione, ritenuto di non poter procedere alla trattazione del giudizio contenzioso di opposizione, in mancanza della sua iscrizione nel ruolo generale degli affari contenziosi, ha disposto che gli opponenti vi provvedessero.
Gli opponenti, invece di effettuare immediatamente l’iscrizione a ruolo (anche per l’avvenuto decorso del relativo termine perentorio), hanno, in realtà, operato una riassunzione del giudizio stesso, ai sensi dell’art. 50 c.p.c., di modo che l’iscrizione del procedimento di opposizione nel ruolo degli affari contenziosi civili ha avuto luogo solo in virtù di detta riassunzione (l’iscrizione risulta avvenuta al n. 3638 dell’anno 2016 del R.G.A.C.).
In tale situazione, la corte d’appello, contrariamente a quanto affermano i ricorrenti, ha del tutto correttamente rilevato che la costituzione degli opponenti non poteva ritenersi valida, non per il semplice omesso deposito o per una irregolarità della nota di iscrizione a ruolo, ma per avere essi, radicalmente, omesso di provvedere tempestivamente alla stessa iscrizione nel ruolo generale degli affari contenziosi del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, da loro instaurato con la notificazione dell’atto di opposizione, il che (a differenza della mera irregolarità formale della nota di iscrizione o il mero mancato deposito della stessa, pur in presenza di una regolare iscrizione, concretamente avvenuta) certamente implica l’omessa costituzione degli opponenti.
Altrettanto correttamente, la corte d’appello ha rilevato che, in mancanza di una tempestiva iscrizione della causa nel ruolo degli affari contenziosi, oltre a non essere possibile la trattazione del giudizio in tale sede, non era neanche possibile alcuna riassunzione del medesimo, tanto meno ai sensi dell’art. 50 c.p.c..
Né sarebbe possibile attribuire alla costituzione degli opposti alcun rilievo sanante, in proposito, in conformità all’indirizzo consolidato di questa Corte (che il ricorso non offre motivi idonei a rimeditare) secondo il quale «nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la tardiva costituzione dell’opponente va equiparata alla sua mancata costituzione e comporta, indipendentemente dalla circostanza che l’opposto si sia costituito nel suo termine, l’improcedibilità dell’opposizione» (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6304 del 22/06/1999, Rv. 527795 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 849 del 26/01/2000, Rv. 533173 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 16117 del 14/07/2006, Rv. 591568 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 5039 del 08/03/2005, Rv. 579681 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 18203 del 03/07/2008, Rv. 605012 -01).
3. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole in complessivi € 3.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 20 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2024.