L’estratto conto offre la prova del saldo, in combinazione con eventuali controdeduzioni e altre risultanze processuali, quando le movimentazioni siano ricavabili anche da altri documenti (Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, Sentenza 18 aprile 2023, n. 10293).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. NAZZICONE Loredana – Rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosma – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22909-2018 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente e controricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, e (OMISSIS), (OMISSIS) domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS) (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 815/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 11/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/11/2022 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza dell’11 maggio 2018, la Corte d’appello di Brescia ha respinto l’appello principale e l’appello incidentale proposti avverso la decisione del Tribunale di Mantova del 23 febbraio 2016, la quale aveva accertato un credito della società correntista, pari ad €  44.592,14  e €  0,47, rispettivamente per due conti correnti intrattenuti con la (OMISSIS) s.p.a.

Ha ritenuto il giudice d’appello, per quanto ora rileva, che:

a) l’appello principale della banca è infondato, essendosi limitato a censurare in modo generico le risultanze della c.t.u., senza adeguatamente confutare il metodo da questi seguìto;

b) l’appello incidentale della società è anch’esso infondato, in quanto censura l’omessa condanna per un pagamento indebito, pari ad € 20.747,63, sebbene accertato dal c.t.u., relativo al rapporto e successivo al 29 settembre 2006, ma l’appellante non ha considerato che, tuttavia, da tale data è valida la pattuizione inter partes delle clausole contrattuali.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la banca, sulla base di un motivo, e ricorso incidentale la società, per un motivo.

Le parti hanno depositato le memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Il motivo del ricorso principale della banca deduce la violazione dell’art. 2697 e.e. e la falsa applicazione dell’art. 117, comma 7, t.u.b., in quanto la corte territoriale ha condiviso le risultanze della c.t.u., nonostante che questa avesse utilizzato i dati del d. conto scalare, che, però, costituiscono un mero criterio presuntivo, senza che la società abbia invece prodotto gli estratti conto per l’intero rapporto.

1.2. – Il motivo del ricorso incidentale della correntista deduce la violazione e falsa applicazione degli 2697 c.c. e 345 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in quanto la relazione peritale – non interamente seguita dal giudice territoriale – aveva ricalcolato il dovuto, espungendo le poste indebite sino al 2006 e, quindi, per il periodo successivo a tale anno, aveva considerato solo gli effetti che il ricalcolo aveva prodotto sulle risultanze del conto, in quanto gli addebiti precedenti avevano comunque avuto ripercussioni per il periodo successivo, nonostante la liceità delle poste, oggetto di clausole pattuite nelle forme dovute dopo tale data.

In tal modo, sussiste il mancato esame delle risultanze peritali, con un vizio della decisione, per la mancanza di qualsiasi motivazione circa il dissenso dal suo ausiliario e l’apodittica riduzione della somma dovuta per circa un terzo.

2.1. – Il motivo del ricorso principale è inammissibile.

Esso invero intende riproporre un giudizio sul fatto, dal momento che la sentenza impugnata ha ritenuto di aderire alle risultanze dei calcoli operati dal c.t.u.: il quale si è sì fondato su conti c.d. scalari, ma ha rielaborato per intero il dovuto, espungendo le poste indebite risultanti.

Tale modus procedendi, da un lato, non incorre nella violazione delle norme invocate dalla ricorrente, e, dall’altro lato, appartiene all’ambito del giudizio sul fatto ed all’apprezzamento delle risultanze processuali, interamente affidato al giudice del merito.

Come è stato già rilevato (Cass. 27 ottobre 2020, n. 23476, non massimata), non è necessariamente inaffidabile il ricorso allo strumento degli estratti scalari (in cui, come ivi si osserva, vengono registrati con la medesima valuta i movimenti per somma algebrica); ed è una valutazione del giudice del merito, nel caso di specie positivamente svolta condividendo le risultanze del c.t.u., l’idoneità dei predetti estratti scalari a dar conto del dettaglio delle movimentazioni debitorie e creditorie (principio, del pari, già espresso da Cass. 30 giugno 2020, n. 13186, non massimata, in presenza di una valutazione di incompletezza degli estratti da parte del giudice del merito).

Va considerato, infatti, che le movimentazioni possono ricavarsi anche da tali documenti, i c.d. riassunti scalari, attraverso la ricostruzione operata dal consulente tecnico d’ufficio, secondo l’insindacabile accertamento in fatto del giudice di merito, ciò bastando ai fini probatori (Cass. 25 maggio 2022, n. 16837, non massimata sul punto).

Del resto, nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca, non è tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di restituzione soltanto mediante la produzione di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo la prova dei movimenti desumersi aliunde, vale a dire attraverso le risultanze di altri mezzi di prova, che forniscano indicazioni certe e complete, anche con l’ausilio di una consulenza d’ufficio, da valutarsi con un accertamento in fatto insindacabile innanzi al giudice di legittimità (Cass. 19 luglio 2021, n. 20621; nonché Cass. 29 marzo 2022, n. 10140; Cass. 19 gennaio 2022, n. 1538).

Ed invero, secondo l’indirizzo ormai consolidato, nei rapporti bancari di conto corrente, nel caso di domanda proposta dal correntista, come nella specie, l’accertamento del dare-avere non deve necessariamente essere effettuato mediante la documentazione delle singole rimesse suscettibili di restituzione, operata esclusivamente mediante la produzione di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo tale accertamento essere effettuato anche con l’ausilio di una consulenza d’ufficio, da valutarsi con un accertamento in fatto, insindacabile innanzi al giudice di legittimità.

L’enunciato principio di diritto afferma quindi come, a fronte di una produzione non integrale degli estratti conto, è sempre possibile, per il giudice del merito, ricostruire i saldi attraverso l’impiego di mezzi di prova ulteriori, purché questi siano idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto rapporto (Cass. n. 11543/2019; Cass. n. 9526/2019). La prova dei movimenti del conto può, pertanto, desumersi aliunde (Cass. n. 29190/2020), avvalendosi eventualmente dell’opera di un consulente d’ufficio che ridetermini il saldo del conto in base a quanto emergente dai documenti prodotti in giudizio, che devono fornire indicazioni certe e complete nei termini sopra illustrati (Cass. n. 20621/2021).

Ne deriva che la valutazione del materiale probatorio presente è attività riservata al giudizio del merito, senza che possa intervenire un sindacato e controllo da parte di questa Corte.

La censura in esame – a fronte di un giudizio di fatto operato dal giudice di merito, sulla base degli estratti scalari e della c.t.u. – tende ad un’inammissibile rivisitazione del merito; e la corte territoriale ha rilevato come la banca non avesse contestato il conferimento del quesito al c.t.u., sulla base della documentazione in atti, ossia degli estratti scalari, né tale contestazione era stata mossa nella richiesta di integrazione della consulenza (pp. 8 e 9), statuizione neppure specificamente impugnata.

2.2. – Il ricorso incidentale è fondato.

La sentenza impugnata espone, sul punto, una motivazione inadeguata e carente, inferiore al c.d. minimo costituzionale, in quanto non dà conto della necessità esposta nella c.t.u. – come riportata nel motivo e dalla stessa sentenza impugnata – di valutare gli effetti del ricalcolo anche per il periodo in cui, pure, la liceità delle clausole derivava dalla loro formalizzazione e liceità.

Essa dimostra, in tal modo, l’omesso esame di fatto storico, riportato dalla c.t.u., relativo alle conseguenze ed alle ripercussioni sull’indebito pagato dal cliente, anche nel periodo post 2006, proprio a causa (non della illiceità delle poste successivamente addebitate in virtù delle nuove clausole, ma) degli effetti che il ricalcolo del dovuto a tale data ha avuto anche per i rapporti di dare-avere successivi.

Infatti, si è già chiarito che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, e che la consulenza tecnica d’ufficio costituisce elemento istruttorio, da cui è possibile trarre il «fatto storico», accertato dal consulente (Cass. 24 giugno 2020, n. 12387; Cass. 7 settembre 2020, n. 18598; Cass. 31 maggio 2018, n. 13770) e del quale il giudice che procede non può omettere l’esame, senza adeguata motivazione in contrario.

Si tratta, dunque, dell’omesso esame di un fatto storico (gli effetti del ricalcolo del dovuto dal correntista sul periodo successivo al 30 settembre 2006), desumibile dalla c.t.u.

3. – La sentenza impugnata va dunque cassata, in accoglimento del ricorso incidentale, e la causa rinviata innanzi alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, perché riesamini gli elementi probatori e la consulenza in atti, nonché applichi il seguente principio di diritto:

«La produzione dell’estratto conto, quale atto riassuntivo delle movimentazioni del conto corrente, può offrire la prova del saldo del conto stesso, in combinazione con le eventuali controdeduzioni di controparte e delle altre risultanze processuali; là dove tali movimentazioni siano ricavabili anche da altri documenti, come i cosiddetti riassunti scalari, attraverso la ricostruzione operata dal consulente tecnico d’ufficio, secondo l’insindacabile accertamento in fatto del giudice di merito, ciò è sufficiente alla integrazione della prova di cui il correntista richiedente è onerato».

Ad essa si demanda pure la liquidazione delle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria, oggi 18 aprile 2023.

SENTENZA – originale -.