L’imputato, con ricorso, ricusa il collegio giudicante del Tribunale per mancanza di imparzialità. La Cassazione rigetta (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 3 marzo 2023, n. 9106).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente –

Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere –

Dott. MENGONI Enrico – Rel. Consigliere –

Dott. MAGRO Maria Beatrice – Consigliere –

Dott. AMOROSO Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), nato a (OMISSIS), il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 26/9/2022 della Corte di appello ai Palermo;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MENGONI Enrico;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. SECCIA Roberto, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;

lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. (OMISSIS) Roberto Fabio, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 26/9/2022, la Corte di appello di Palermo rigettava la dichiarazione di ricusazione proposta da (OMISSIS) (OMISSIS) nei confronti dei magistrati componenti il collegio del Tribunale di Marsala chiamato a giudicarlo nel procedimento n. 437/2022, relativo ai delitti di cui all’art. 416 c.p., L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 4.

2. Propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, deducendo – con unica censura – l’inosservanza dell’art. 37 c.p.p., art. 3 Cost., art. 24 Cost., comma 2, art. 11 Cost., comma 2, art. 6, p. 1 CEDU, con vizio di motivazione.

3. La Corte di appello avrebbe rigettato la dichiarazione di ricusazione con argomento illogico e carente, che non esaminerebbe in modo adeguato il contenuto della sentenza n. 1765/2021, emessa dallo stesso collegio del Tribunale di Marsala il 15/12/2021, nel processo a carico di (OMISSIS) (OMISSIS) + altri; dal testo di questa (allegata alla dichiarazione ex art. 38 c.p.p.), emergerebbe infatti che la posizione del (OMISSIS) sarebbe stata valutata dai Giudici con riguardo alle medesime condotte contestate nel presente procedimento (anche per singoli aspetti del fatto), e con gli stessi riferimenti di Spazio e di tempo.

3.1. Con la propria decisione, dunque, la Corte di appello avrebbe violato non solo la norma processuale richiamata, ma anche i principi costituzionali e convenzionali indicati in rubrica, che affermano il diritto dell’imputato ad esser giudicato da un giudice indipendente ed imparziale.

Motivi della decisione

1. Il ricorso risulta infondato, in quanto la dichiarazione di ricusazione è stata rigettata dalla Corte di appello con adeguato apparato argomentativo, coerentemente legato al tenore della domanda e privo di vizi logici o di aporie. Come tale, dunque, non censurabile.

2. In particolare, occorre innanzitutto rilevare che la giurisprudenza costituzionale, con indirizzo ormai assolutamente costante, ha ben precisato le condizioni in presenza delle quali la previsione dell’incompatibilità del giudice deve ritenersi costituzionalmente necessaria, a causa di una “attività pregiudicante” compiuta dallo stesso.

2.1. In primo luogo, presupposto di ogni incompatibilità endoprocessuale è la preesistenza di valutazioni che cadono sulla medesima res iudicanda.

In secondo luogo – benché l’architettura del rito penale richieda, in linea di principio, che le conoscenze probatorie del giudice si formino nella fase del dibattimento – non basta a generare l’incompatibilità la semplice conoscenza di atti anteriormente compiuti, ma occorre che il giudice sia stato chiamato a compiere una valutazione di essi, strumentale all’assunzione di una decisione.

In terzo luogo, tale decisione deve avere natura non “formale”, ma “di contenuto”: essa deve comportare, cioè, valutazioni che attengono al merito dell’ipotesi dell’accusa, e non già al mero svolgimento del processo.

3. Da ultimo, affinché insorga l’incompatibilità, è necessario che la precedente valutazione si collochi in una diversa fase del procedimento, essendo del tutto ragionevole che, all’interno di ciascuna delle fasi, resti preservata “l’esigenza di continuità e di globalità”: prospettiva nella quale il giudice chiamato al giudizio di merito non incorre in incompatibilità allorché compia valutazioni preliminari, anche di merito, destinate a sfociare in quella conclusiva, venendosi altrimenti a determinare una “assurda frammentazione” del procedimento, che implicherebbe la necessità di disporre, per la medesima fase del giudizio, di tanti giudici diversi quanti sono gli atti da compiere (tra le altre, sentenze nn. 16 del 2022, 153 del 2012 e 131 del 1996).

4. Tanto premesso in termini generali, l’ordinanza in esame ha evidenziato che la documentazione allegata alla dichiarazione non consentiva neppure di comprendere se i fatti ascritti al (OMISSIS) nell’attuale procedimento fossero – per titolo ed epoca – gli stessi già accertati dal Tribunale di Marsala nel diverso procedimento, celebrato a carico di altri soggetti.

4.1. Ancora, si è sottolineato che lo stesso Tribunale – con la sentenza del 15/12/2021 – non aveva formulato affatto una autonoma valutazione di condotte riferibili proprio al ricorrente, né aveva esaminato il suo ruolo in una qualunque vicenda, ma si era limitato a riportate testualmente o per sintesi, “comunque in funzione di raccolta e disamina degli elementi probatori a carico di B.B.” – passaggi di conversazioni captate, nelle quali (OMISSIS) era comunque menzionato dagli interlocutori, anche con tono critico.

5. Con questi specifici argomenti, dunque, la Corte di appello ha fornito una congrua risposta a tutti i profili contenuti nella domanda di ricusazione, quantomeno a quelli non riconducibili al generico ed inammissibile richiamo alla “lettura della sentenza” (peraltro evocato anche nel ricorso).

Proprio nella dichiarazione di cui all’art. 38 c.p.p., infatti, il ricorrente aveva affermato che nella decisione n. 1765/2021, pronunciata dagli stessi magistrati che oggi lo hanno a giudizio:

a) dalla pag. 284 in poi, “affiora la figura di (OMISSIS)”, con descrizione dei “rapporti commerciali, in chiave accusatoria, intrattenuti con (OMISSIS) (OMISSIS)”;

b) alle pagg. 296 e 297 si menzionano conversazioni nelle quali si fa riferimento a “(OMISSIS)” e a “(OMISSIS)” con riguardo al settore delle scommesse;

c) alle pagg. 301-302 si afferma che “(OMISSIS), nel mondo delle scommesse illecite, avrebbe fatto concorrenza al (OMISSIS)”.

Ebbene, è proprio con questi argomenti – portanti la dichiarazione di ricusazione – che la Corte di appello si è effettivamente misurata nell’ordinanza in esame, valutandone il rilievo nell’ottica del profilo denunciato e, in tal modo, smentendo che i Giudici avessero “già espresso una valutazione di merito, con effetto pregiudicante, in ordine alla sussistenza del fatto reato oggi contestato al (OMISSIS) ovvero alla riconducibilità della responsabilità per tale fatto al (OMISSIS)”.

5.1. La risposta offerta dall’ordinanza impugnata, nei termini appena richiamati, sfugge dunque alle censure proposte, in sé, in quanto priva di vizi logici.

5.2. La motivazione stesa dalla Corte di appello, peraltro, non può essere superata, in questa sede, neppure con gli argomenti a sostegno del ricorso: come l’analisi delle intercettazioni citate è stata già compiuta dalla Corte di appello, con adeguata valutazione di merito che non può esser qui rinnovata, così risulta del tutto generica la considerazione secondo cui “la lettura attenta e corretta della motivazione della sentenza, allegata alla dichiarazione di ricusazione dalla difesa in stralcio cartaceo ed integralmente su dispositivo informatico, posta a confronto con il decreto che dispone il giudizio nell’odierno procedimento, avrebbe contribuito agevolmente di appurare la coincidenza tra epoca e luogo dei fatti attribuiti al (OMISSIS)”.

6. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, l’8 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria, Roma 3 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.